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Speciali

[La tana dell’Orso] Loki, Supernatural e la mitologia norrena

Nel settimo appuntamento con la Tana dell’Orso andremo a dare un’occhiata a una serie TV che, ormai da anni, appassiona chi vi scrive: preparatevi a un tuffo nei meandri oscuri -e a tratti perversi- del rapporto tra Supernatural e la mitologia norrena.

Sì, ho aspettato di arrivare al numero mistico per eccellenza, il sette, per scrivere di Supernatural: una serie TV che, diciamocelo, potrebbe alimentare da sola anni e anni di questa rubrica per giocatori burberi e assolutamente orientati al single-player col tasto per la pausa, ma interessati alla mitologia, alla teogonia e alla cosmogonia nei nostri media preferiti: romanzi, videogiochi, serie TV e film, non necessariamente in quest’ordine.

Ma torniamo a noi: in questa puntata scopriremo la storia e la vera identità di un personaggio ambiguo ma simpatico, che ci ha accompagnato per un decennio. Avete già capito a chi mi riferisco, non è vero? Proprio lui, ma c’è dell’altro.


Disclaimer, come al solito:
a poco meno di sei mesi dall’uscita della puntata in questione, spero di poterne parlare senza essere accusato di spoiler; in ogni caso tenete presente, cari lettori, che quanto segue riguarderà in modo abbastanza approfondito una trama secondaria di Unfinished Business, cioè la puntata 13×20 di Supernatural.

Un recap del rapporto tra Supernatural e la mitologia norrena

Nel corso delle sarcastiche, eroiche e moralmente grigie avventure di Sam & Dean Winchester, come sapete, abbiamo più volte assistito a degli scontri frontali con entità e divinità del pantheon norreno.

Nella prima stagione, ad esempio, abbiamo visto uno spaventapasseri che si è rivelato essere Vanir: un chiaro rimando alla stirpe dei Vanir, quella dal conflittuale rapporto con i cugini Aesir.

Dalla seconda stagione abbiamo fatto la conoscenza di Loki, che non è niente di meno che l’Arcangelo Gabriele. Ecco, immaginate di frequentare il catechismo, da ragazzini, e di scoprire che angeli, arcangeli, santi e affini del Cristianesimo in realtà sono le vecchie divinità del pantheon nordico, greco, romano, eccetera. Wow.

A proposito di religione cattolica: nella puntata di Supernatural 13×20 c’è anche un rovesciamento della celebre Pietà di Michelangelo. Beccatevi questa perla tra Mary (Maria) e Jack (tecnicamente l’AntiCristo).


Lucifero
VS resto del mondo

Mentre aspettiamo il blitz delle forze armate vaticane, che probabilmente sono già in viaggio verso l’Abruzzo, arriviamo alla quinta stagione di Supernatural, in cui c’è tanta, tantissima carne al fuoco: quella di buona parte delle divinità di varie civiltà umane, cucinate a fuoco lento da uno dei personaggi meglio riusciti della serie: Lucifero, interpretato in modo magistralmente inquietante da Mark Ross Pellegrino, che abbiamo già conosciuti in diversi capolavori e anche in lavori più di nicchia: da X-Files a Il Grande Lebowski, passando per CSI, Dexter, Grey’s Anatomy, Knight Rider, Prison Break, The Mentalist, Being Human, Lost, Chuck, Grimm, 13 Reasons Why, solo per citarne alcuni, e che ha lavorato anche nel videogame Far Cry 5 nel ruolo di Jacob Seed.

Nel suo esplosivo intervento nell’Hotel dei Campi Elisi, infatti, il villain per eccellenza ha sfoltito le religioni di mezzo mondo, facendo fuori -tra gli altri- lo sfortunatissimo Baldur, che è un po’ il Sean Bean del pantheon norreno, ma anche Odino stesso, Mercurio, Baron Samedi, Ganesh e Iside; si salvano soltanto Zao Shen, che però poi viene infilzato e ucciso da Dean, e la potente dea Kali, attualmente irreperibile.


E come dimenticare l’apparentemente innocuo Vili, dio della volontà? Lo abbiamo brevemente conosciuto in occasione dell’asta indetta dal dio Plutone, in cui vengono battuti artefatti come Mjöllnir, la Parola di Dio e il misterioso Amuleto di Hesperus, pagati in moneta nanica sonante oppure con altri artefatti, come ad esempio un dito di Ymir, il Padre dei Giganti. In quell’occasione, per giunta, abbiamo sentito nominare per la prima volta uno degli dèi nordici più amati: Thor, di cui vediamo in azione il possente martello. Chissà che prima o poi non lo vedremo nella serie?

Nella nona stagione sentiamo parlare anche di Fenrir, che -comprensibilmente- viene venerato dai licantropi, e avanti così fino alla tredicesima, in cui il pantheon norreno fa di nuovo irruzione con prepotenza.

La tredicesima stagione di Supernatural

Arriviamo alla ciccia, come ultimamente scrivo troppo spesso.
Quale espediente avranno trovato gli showrunner per convincere Gabriel ad aiutare i nostri Sam & Dean? Semplice, gli fanno sistemare dei conti in sospeso: Unfinished Business, appunto.

Vecchi e nuovi rancori tra divinità norrene, un kazoo magistralmente suonato e un elegante set di wakizashi in legno presentato da Giorgio Mastro-ta-tro-ta-tro-ta (se non conoscete i Nanowar of Steel correte su YouTube, march!): nella puntata 13×20 di Supernatural troviamo tutto questo e altro ancora, insieme a un’ondata di Roaring Rampage of Revenge, un po’ in stile Kill Bill.

In cosa consiste la vendetta di Gabriel? Fare secchi quelli che l’hanno tradito e venduto al crudele Asmodeus, precedentemente nuclearizzato dalla sua furia arc-angelica, e che quindi sono indirettamente responsabili degli anni di torture e abusi subiti dal più simpatico degli Arcangeli.

Ma procediamo nell’ordine in cui Gabriel / Loki (?) incontra le sue nemesi.

Fenrir, figlio di Loki e flagello di Odino?

Gabriel si rivolge a quell’ubriacone barbuto di Fenrir come Flagello di Odino. In realtà Odino è stato accoppato da Lucifero, ma son dettagli: ormai sappiamo che, nel mito, il fato di Odino era tra le fauci del mostruoso lupo. Andiamo avanti.


Tra un flashback e l’altro scopriamo che, dopo aver finto la propria morte, Gabriel si è rifugiato a Monte Carlo da alcuni amici nordici: Fenrir, Narfi e Sleipnir. Tra prostitute pornostar, poker e tute molto, molto slave, i tres amigos e l’Ingannatore trascorrono delle piacevoli serate, finché i primi non decidono di tradire il secondo che, una volta tornato in libertà, stila una lista di nomi da sbarrare col sangue.

E il primo è Fenrir, che -come già sappiamo- è figlio di Loki.
*Record scratch*
*Freeze frame*
Gabriel è Loki, quindi Fenrir è figlio di Gabriel? No.


Se siete sorpresi continuate a leggere fino alla fine, e capirete cosa intendo.

Fenrir nella mitologia norrena

Ricapitoliamo brevemente per i nuovi lettori che, dopo questo articolo, andranno a recuperare le precedenti puntate della rubrica della Tana dell’Orso. Non è vero?

Fenrir, nel mito, è un immenso lupo mostruoso, generato da Loki e dall’oggettivamente malvagia gigantessa Angrboða; quindi è anche il fratello del Serpente del Mondo (Miðgarðsormr o Jǫrmungand) e della Regina dei Morti (Hel).

È previsto che Fenrir uccida Odino durante il Ragnarok, per poi essere accoppato dal silenzioso dio della vendetta, Vidarr; per evitare questo spargimento di sangue, gli dèi l’hanno legato con una catena magica chiamata Gleipnir, forgiata dai Nani usando componenti rari o impossibili da trovare: il rumore dei passi di un gatto, la barba di una donna, le radici di una montagna, i tendini di un orso, il respiro di un pesce e la saliva di un uccello.

In breve, per legare Fenrir con questa serica catena il dio Tyr ci rimetterà una mano, e infatti da lì in poi verrà chiamato il monco; in alcune interpretazioni, inoltre, alla fine dei tempi Fenrir divorerà anche il resto del dio nordico della guerra.

Questo espediente, però, ritarda soltanto la fine: il Ragnarok arriverà ugualmente, Fenrir si libererà dalla catena nanica e provvederà a sbranare il Padre di Tutto.

In Supernatural, quindi, la storia va in un modo decisamente diverso. Nonostante il muso da lupo, gli artigli e le fauci, il lupetto dagli occhi di un blu luminescente viene infilzato da Gabriel, con buona pace dei suoi adoratori licantropi.

Narfi, il figlio controverso

Il corpo di Fenrir viene rinvenuto dagli altri fratelli, Narfi e Sleipnir. È il primo a dedurre il coinvolgimento di Gabriel, tra una battuta e l’altra sul presunto alcolismo del fratello, e lo fa assaggiando del sangue raccolto dall’asfalto, in barba a ogni norma igienica più elementare.

Dopo aver contattato il padre Loki, che da quel che sappiamo dovrebbe essere Gabriel stesso, i fratelli rintracciano l’Arcangelo ma lo trovano in compagnia di Sam e Dean Winchester.

Narfi, il cui vero volto ricorda quello di un teschio stilizzato, viene trapassato da un ligneo wakizashi e in seguito trasformato in marmellata con l’aiuto di un compattatore per autodemolizioni. Niente mezze misure, quando si tratta di semi-dèi!


Narfi nel mito

Figlio di Loki e della gigantessa Sigyn, il che ribadisce ancora una volta la passione di Loki per la morte da snu-snu, anche nel mito Narfi fa una brutta fine: viene sbranato dal fratello Vali, per l’occasione trasformato dagli dèi in un feroce lupo.

E perché gli dèi avrebbero fatto questo? Per vendicarsi delle malefatte di Loki.

Secondo altre fonti, invece, Vali è figlio di Odino, non di Loki, e quindi è fratello di Thor, Baldr e Vidarr; è proprio Vali a far secco l’innocente Hodr, che Loki ha ingannato così da fargli uccidere Sean Bean Baldr.

Sì, le cene di famiglia nel pantheon norreno sono un incubo.

In sostanza sono le interiora di Narfi, opportunamente trasformate, a trattenere Loki sulle tre rocce coinvolte nella sua divina punizione, che comprende anche il veleno di un serpente e altre cosette.


Sleipnir, la mount epica di Odino

Due giù, ne restano ancora due.

Lo stiloso e ben vestito Sleipnir è abbastanza mingherlino e molto meno potente degli altri fratelli, tanto da essere sopraffatto fisicamente da Dean. Come vediamo in una scena piuttosto buffa, Sleipnir è goloso di mele e soprattutto carote, ed è comprensibile: il suo vero aspetto è quello di… un cavallo. Letteralmente.

Già, perché Sleipnir è il cavallo a otto zampe cavalcato da Odino.

Sleipnir, il cavallo a trazione integrale 8×8

Odino deve aver farmato parecchio, visto che ha una mount leggendaria.

Il nome Sleipnir significa scivoloso, colui che scivola rapidamente. Ma non è questo l’elemento degno di nota nella storia di quello che viene definito il miglior cavallo tra gli dèi e gli uomini.

Il concepimento di Sleipnir merita di restare inciso per sempre nella storia umana. Questo cavallo, infatti, è figlio di Loki e del cavallo del costruttore delle mura di Asgard.

Per una questione contrattuale Loki si è trovato a dover rallentare i lavori di ristrutturazione, e ha ben pensato di sabotare i mezzi di produzione: si è trasformato in giumenta e ha attirato via il cavallo che faceva gran parte del lavoro, facendosi inseguire dal possente equino.

Il cavallo, però, dev’essere stato più veloce di Loki, perché il nostro Ingannatore preferito è tornato dagli dèi solo qualche mese dopo, accompagnato da suo figlio: un cavallo con otto zampe, chiamato Sleipnir lo Scivoloso.

Zeus, sullo sfondo, annuisce compiaciuto.


Il gran finale: Loki / Gabriel

Ed eccoci allo scontro finale.
Dean irrompe nell’attico dell’edificio in cui si svolge lo scontro, e vede… Gabriel.

O meglio, Loki. Che non è Gabriel.
O meglio ancora, Gabriel ha assunto le sembianze di Loki per qualche millennio, ricevendone anche i compiti e i poteri, mentre il vero Ingannatore manteneva un basso profilo. In realtà, quindi, non abbiamo mai visto il vero volto di Gabriel.

Il vero Loki ha venduto Gabriel ad Asmodeus perché incolpava l’Arcangelo della morte di Odino, per mano di Lucifero. Già, perché nella serie, che in questo si discosta parecchio dalla mitologia nordica propriamente detta, Loki è figlio di Odino. Come nel M.C.U.!

Dopo drammi e combattimenti vari, Sam e Dean aiutano Gabriel a portare a termine la sua vendetta e, di rimando, il percorso di crescita dell’Arcangelo, che ora è pronto ad aiutare i nostri a portare a termine la quest della stagione.

Carry on my wayward son

Don’t you cry no more [riff di chitarra].


Scusate, non ho resistito. E c’è di più! Per restare in tema Supernatural, nel the road so far della rubrica non mancano tanti altri articoli sulla mitologia nel cinema e nelle serie TV, tra cui quello sulla Marvel e la mitologia norrena, oppure il pezzo sull’arrivo di Kaos su Netflix. Se invece preferite restare in ambito videoludico, avete già letto l’analisi approfondita in merito all’influenza della mitologia nordica in Max Payne?

Al netto di eventuali tagli delle Norne, la tana dell’Orso vi dà appuntamento alla prossima settimana, con… no, non ve lo dico. Lo scoprirete Mercoledì prossimo!

This post was published on 17 Ottobre 2018 20:25

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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