Uscito su Ps2, Xbox e PC, Marc Ecko’s Getting Up: Contents Under Pressure è un videogioco del 2006 sviluppato da The Collective e pubblicato da Atari. Era un buon mix di generi, dal picchiaduro al platform, che ci vedeva impegnati in una lotta contro un governo oppressivo.
Le uniche armi di cui disponevamo erano una bomboletta spray e tanta fantasia, messe al servizio della libertà di espressione. Il protagonista è un writer, cioè un artista di strada che lancia i suoi messaggi tramite graffiti e disegni spesso dissacratori. E no, il suo nome non è Marc Ecko, ma Trane. E allora chi è il Marc Ecko del titolo? È un personaggio che esiste realmente: un artista e fashion designer americano, fondatore della Ecko Unlimited, compagnia di urban fashion. Il gioco utilizzò la licenza proprio di quella azienda.
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Il protagonista di Marc Ecko’s Getting Up è Trane, un ragazzo afroamericano con la passione per la street art. Il suo sogno, contro il volere della nonna con cui vive, è diventare il più grande writer della sua città: New Radius. Il contesto in cui ci muoviamo non è esattamente dei più rosei. Nella città si è insidiato il sindaco Sung che ha dichiarato guerra ai graffiti. Il governo oppressivo di New Radius impedisce qualsiasi forma di espressione, la città è stata militarizzata con la fondazione di un nuovo corpo di polizia, la CCK (Civil Conduct Keepers), impegnata a far rispettare le leggi con qualsiasi mezzo, anche la violenza.
Trane si unisce alla Still Free Crew, una banda di writer che lotta contro questo governo di stampo orwelliano. In città, però, esiste un’altra crew molto potente i cui membri si fanno chiamare Vandals of New Radius. I due gruppi si scontreranno, ma poi prenderanno la decisione di creare un’alleanza per sconfiggere il sindaco Sung e il suo regime.
Marc Ecko’s Getting Up aveva un gameplay abbastanza vario, infatti, c’era un combat system che ci consentiva di fronteggiare gli agenti della CCK, erano presenti parecchie fasi platform, fondamentali per raggiungere luoghi impervi, dove dare sfoggio della nostra arte, e non mancavano anche sezioni stealth, in cui avevamo il compito di passare inosservati, mentre la nostra bomboletta spray agiva con il favore delle tenebre.
La meccanica di gioco più importante, però, era rappresentata dalla possibilità di disegnare i graffiti un po’ ovunque. Le missioni che componevano la campagna avevano quasi sempre lo stesso obiettivo: andare in un luogo – che fosse presidiato, facile da raggiungere o, viceversa, posto in una zona difficilmente percorribile – e sfidare il governo disegnando graffiti più o meno complessi con uno scopo satirico e di rivalsa sociale.
La componente più divertente e su cui si fondava l’intero gameplay di Marc Ecko’s Getting Up era il fatto che i graffiti dovevamo davvero farli noi, visto che questi non apparivano per magia semplicemente agitando per qualche secondo la bomboletta (come avveniva in GTA: San Andreas, ad esempio). Ovviamente la libertà d’azione aveva comunque dei paletti: i graffiti erano precalcolati, non potevamo decidere cosa disegnare, e sulla superficie da imbrattare appariva la silhouette del disegno finale.
Il nostro scopo era quello di riempire lo spazio non colorato utilizzando la bomboletta. Cosa più facile a dirsi che a farsi. Il nostro strumento di critica al governo doveva essere usato con criterio: era nostra premura agitare ogni tot secondi la bottiglietta per impedire che il colore macchiasse troppo e non uscisse in modo uniforme. Inoltre, per i disegni più grandi, poteva accadere che la bomboletta finisse; era nostro compito, dunque, prendere alcuni bonus sparsi sulla superficie che ricaricavano lo spray.
Ora, prendete le meccaniche di gioco appena descritte e immaginatele mentre decine di agenti della CCK vi stanno cercando oppure con un timer che vi intima di finire il disegno prima di essere scoperti. Spesso, completare la nostra opera non era una passeggiata. Come abbiamo già accennato, molte volte non si veniva spediti in un semplice vicoletto buio a mostrare la nostra avversione nei confronti della legge oppressiva di New Radius, ma in luoghi impraticabili per chiunque altro… non per Trane.
Il ragazzo aveva doti funamboliche niente male che gli permettevano di salire su impalcature sospese a decine di metri dal suolo, su cartelloni pubblicitari e su qualsiasi altro posto ben in evidenza. Le missioni più divertenti (e difficili)? Quelle sulla metropolitana.
No, no, non dentro il treno, ma sopra… e con la vettura in movimento. In alcune missioni, il nostro compito era salire al volo su un treno in movimento e disegnare graffiti lungo tutta la fiancata dei vagoni prima che questo raggiungesse la destinazione. Fare giù e su per i vagoni per evitare i semafori nel tunnel, stare ben aggrappati a un veicolo che supera i 100 km/h, ricordarsi di agitare la bomboletta, fare in fretta perché il treno sta per raggiungere la stazione… una faticaccia, ma una delle meccaniche più divertenti che io ricordi in un videogioco per PS2 (versione da me giocata ai tempi).
Il contesto del gioco aveva un che di stereotipato, con i ragazzi del ghetto che si salutano con strette di mano improbabili e pronunciano l’intercalare mothefucka ogni virgola, ma per l’atmosfera del gioco andava più che bene. Lo stile in generale ricordava un po’ altre produzioni simili come The Warriors, anche se quest’ultimo era di un livello nettamente superiore.
Siamo molto lontani dallo stile più colorato e sbarazzino di Jet Set Radio per Dreamcast. Il protagonista di Marc Ecko’s Getting Up si muove in un contesto urbano degradato, in cui l’unica legge da seguire senza remore è quella della strada, mentre una lotta tra ordine e caos va di scena. Ordine e caos che, però, spesso si confondono dotandosi di pensieri e strumenti non conformi a ciò che dovrebbero essere.
Nel complesso, un titolo piacevole da giocare, con un livello di sfida neanche così basso e un significato di fondo di tutto rispetto.
This post was published on 5 Ottobre 2018 12:00
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