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Speciali

Games & Books – Death by Video Game di Simon Parkin

Games & Books è la rubrica settimana di Player.it dove andiamo a parlare di libri che parlano di videogiochi, come se già videogiocare non fosse un hobby che porta via abbastanza tempo. Questa settimana parliamo di un libro che parla di gente che muore perché giocava ai videogiochi, senza demonizzare nulla ma portando avanti un fenomeno che si è venuto creando nel corso degli anni.

Death By Video Game: Tales of obsession from the virtual frontline è un libro scritto dal giornalista inglese Simon Parking pubblicato nel 2015 che parla di morte, un trait-d’union tra videogiochi e vita reale che alle volte si fa sentire in modo pesante a causa della scelleratezza dell’umana natura.

Vediamo insieme di cosa tratta questo libro più nello specifico.

Cosa vuol dire morire di videogiochi?

“I videogiochi non contribuiscono in modo significato alla sopravvivenza e alla propagazione del genere umano, anzi, nel corso degli anni abbiamo potuto osservare come questi ultimi sembrano remare contro il nostro buon futuro a suon di morti esilaranti.”

La sostanza è purtroppo chiara: esplorare mondi virtuali attraverso mouse, tastiere, pad dedicati o smartphone è positivo ma non privo di rischio, specie quando si ha a che fare con menti giovani e malleabili. L’assuefazione da videogioco è un rischio reale che si è già portato via qualcuno riverso senza vita sulla tastiera all’interno della propria abitazione o di un qualche tipo di internet café, come nell’idea tipica del sud-est asiatico.

Questo fenomeno però non viene demonizzato e attaccato da Parkin che, fortunatamente, è interno al settore videoludico. Esso viene analizzato, sminuzzato, seghettato e riproposto spiegato in differenti capitoli in cui vengono esaminate alcune caratteristiche dei videogiochi che hanno permesso loro di diventare motivo di morte.

I capitoli hanno nomi altisonanti: “senso di appartenenza” “empatia” “potere curativo” “incuria del tempo che scorre”, tutte caratteristiche che in un modo o nell’altro caratterizzano l’esperienza videoludica nel suo toto. L’incuria dello scorrere del tempo, nel libro, viene addirittura definita attraverso il neologismo Chronoslip: una parola che definisce la sensazione di perdere il conto del tempo che passa dopo essersi immersi in un mondo videoludico.

Tutto questo viene fatto per evitare di stare a piangere sui corpi esanimi di chi si è abbandonato, tutto questo è fatto nella speranza che questo non accada più.

Perché si muore davanti ai videogiochi? Il potere taumaturgico dello sparire.

Il giornalismo di Parkin si addentra finemente all’interno dell’argomento tirando fuori un sacco di storie da cui poter prendere esempio e da cui poter comprendere le motivazioni che il libro cerca. Il suo osservare, però, non è completamente passivo ma diventa alle volte narrazione attiva quando tira fuori qualche storia molto più personale con cui poter spiegare i perché e i come.

Racconti in cui molti lettori, specie se già vicini al mondo dei videogiochi, potranno immedesimarsi: dalle maratone notturne di GoldenEye 007 sul Nintendo 64 fatte durante il periodo universitario insieme a degli amici alla volta in cui l’autore osservò sua moglie giocare immobile ad Animal Crossing per ore ed ore. Gli stralci descritti da Parkin mostrano lati positivi e negativi del fenomeno videoludico come la gioia dell’aggregazione o l’isolamento,.

Il capitolo migliore del libro, però, risulta l’ottavo “Hiding Place”, dove Parking racconta l’escapismo videoludico nel mondo moderno attraverso tre storie piuttosto toccanti.

La prima storia narra dei meccanismi di sopportazione del dolore che una donna è riuscita a creare attraverso l’utilizzo sistematico di Skyrim; per fuggire da una dolorosa complicazione legata alla propria gravidanza solo le gelide terre del nord di Tamriel sono riuscite a far sopportare la situazione a chi di dovere.

La seconda invece ha invece per protagonista un ragazzo iracheno destinato a rivelarsi uno dei migliori giocatori mondiali di Battlefield 3, titolo ameri-centrico indirizzato al pubblico occidentale dove il giocatore si ritrova ad ammazzare proprio gli iracheni. Una descrizione di come l’aspetto ludico di qualcosa è in grado di dare un bias tutto nuovo ad un prodotto che altrimenti sarebbe risultato quantomeno offensivo nei confronti di determinati tipi di giocatori.

La terza storia è la più personale dell’interno platter e parla dell’autore stesso.
Simon Parkin permette al lettore di osservare il momento in cui si rifugiò all’interno di Final Fantasy VII per sopravvivere alla separazione dei genitori trovando nel titolo Squaresoft un qualcosa da seguire per abbattere il malessere giornaliero. Un episodio in cui il videogioco si è mostrato base d’appoggio quando tutto il resto sembrava collassare a causa della caducità delle relazioni umane.

Nessuna paura.

Death by Video Game nelle sue quasi trecento pagine mostra uno spaccato culturale importante sul mondo dei videogiochi finendo per illustrarne, in modo egregissimo, più i motivi per cui i videogiochi fanno rimanere in vita che quelli per cui ammazzano la gente.

Lo stile di Parkin si mostra perfettamente efficace nel delineare le storie umane dietro determinati avvenimenti, senza dimenticare un lato più tecnico in grado di descrivere in modo rapido e funzionale i videogiochi descritti all’interno del titolo. Parkin non dimentica per un singolo momento che tutto quel codice che compone il mondo ludico è stato pur sempre scritto e realizzato da essere umani in tutto e per tutto.

Death By Videogame analizza un argomento complesso come la morte e la vita all’interno dei videogiochi in un modo tanto approfondito quanto accessibile. Una lettura estremamente consigliata per tutti quelli  che apprezzano tanto il mondo dei videogiochi quanto per i genitori impauriti dall’effetto che questo medium può avere sui loro bambini.

Il libro è disponibile unicamente in inglese, scritto in modo molto comprensibile, sia in versione eBook che in versione cartacea.

This post was published on 17 Novembre 2018 15:10

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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