Con Silent Hill continua la nostra rubrica settimanale #venerdìnostalgia dedicata al retrogaming.
Se vi siete persi gli articoli precedenti dedicati al retrogaming potrete ritrovarli comodamente tutti a questo link. Troverete Final Fantasy, Resident Evil, Silent Hill e molte altre chicche raccolte solo per voi!
Horror e videogiochi sono da sempre un connubio vincente. Il particolare meccanismo di questi ultimi, infatti, si sposa alla perfezione con i tempi e gli espedienti di questo genere. Il solo fatto di vivere in prima persona determinate storie o ambientazioni, aumenta il grado di coinvolgimento del fruitore, restituendo emozioni e sensazioni molto più forti che con ogni altro media. L’unico mezzo che può competere in questa battaglia (e forse vincere) è il libro. Il grado di coinvolgimento tra i due è infatti quasi identico, potendo immedesimarsi nei pensieri e nelle paure del protagonista nello stesso modo. Il videogioco però ci offre l’opportunità di interpretare la situazione a modo nostro, lasciando una certa libertà che rende il tutto ancor più spaventoso. Un bell’esempio lo abbiamo potuto leggere nell’articolo dedicato al mito di Slenderman.
Questa breve premessa era necessaria per riuscire a comprendere appieno il successo di un capolavoro uscito nel 1999 per Playstation One. Una storia spaventosa e affascinante, fatta di nebbia, mostri raccapriccianti, incubi e pareti che si sgretolano davanti ai nostri occhi. Un mondo che poteva essere partorito solamente dalle menti geniali e contorte di un gruppo di sviluppatori giapponesi guidati da un uomo chiamato Keiichiro Toyama e destinato a fare scuola. Questo mondo avrebbe lentamente e maleficamente cancellato e riscritto del regole del genere, dettate nel tempo dal colosso della Capcom “Resident Evil“, proiettandoci nel cupo mondo di Silent Hill.
Tutto ha inizio con l’adozione di una neonata trovata in strada da parte di una coppia di coniugi, Harry e Jodie. Questa bambina, chiamata Cheryl, diventerà il fulcro di tutte le nostre future peregrinazioni. Dopo molti anni, l’ormai vedovo Harry viene convinto dalla figlia a visitare con lei la misteriosa città di Silent Hill, a causa di un incidente d’auto però, l’uomo si ritrova solo e sperduto in mezzo alla nebbia. Attaccato e ucciso e da strane creature, si risveglierà all’interno di un bar, insieme all’agente di polizia Cybil. Da qui in poi saremo noi a prendere il controllo di Harry nella sua disperata ricerca.
In una città misteriosa, dove la nebbia incombe su tutti i nostri orizzonti, tra vie di fuga crollate, strade con nomi molto particolari (tutti scrittori horror realmente esistenti), il nostro viaggio ci porterà a visitare una serie di luoghi collegati da un terribile segreto. Il meccanismo di gioco è abbastanza semplice, ci sono fasi di esplorazione e fasi combattimento, intervallate dalla presenza di enigmi e rompicapo da risolvere per andare avanti nella storia. Il tutto pensato con una visuale in terza persona semi-libera, in controtendenza rispetto al taglio cinematografico con inquadratura fissa di Resident Evil. La scelta fu quella di cambiare l’approccio in base all’ambiente in cui ci si sarebbe trovati. L’inquadratura, infatti, pur parendo da alcuni punti fissi, era sempre libera di muoversi assieme al protogonista, sopratutto negli spazi aperti. Negli spazi chiusi e angusti invece, non era raro avere dei “tagli” registici più simili al diretto concorrente.
Uno degli elementi più riusciti di Silent Hill è la presenza di due realtà ben distinte. Ogni luogo nel quale ci addentreremo infatti, che sia l’inquietante ospedale cittadino Alchemilla, la scuola elementare, la chiesa o il parco giochi Lakeside, avrà una versione normale e una versione demoniaca, appartenente all’altra realtà. Questo meccanismo, evidente da un certo punto in poi del gioco, all’inizio ha il potere di confondere e disorientare il giocatore. Trovarsi negli stessi identici ambienti, ma completamente rovinati, ingialliti, putrescenti e pieni di creature orribili è stata una delle chiavi del successo di Silent Hill.
L’altro elemento caratterizzante di questo titolo è la presenza di una fitta nebbia incombente su tutti gli ambienti del gioco. Ogni strada, ogni luogo viene inghiottito da questa bianca coltre, dalla quale può spuntare un pericolo in ogni istante, creando un costante senso di pericolo e isolamento. La mancanza di orizzonte, come la mancanza di speranza del protagonista, è stato forse l’elemento più importante di tutta la narrazione. Pensare che questo era più che altro un espediente tecnico, per ridurre la profondità di campo da caricare nella console e quindi rendere meno pesante il gioco sulla Playstation 1. Quando si dice “prendere due piccioni con una fava”.
Come se non bastassero nebbia e oscurità a regalarci attimi di puro panico, gli sviluppatori introdussero altri due elementi dal notevole impatto. La torcia e la radio. La prima, ovviamente, ci permetteva di illuminare parzialmente zone buie, mentre la seconda emetteva un particolare rumore in presenza di nemici. Questo rumore, oltre a riempirci di angoscia, attirava verso di noi altre creature nei paraggi, diventando un vero coltello a doppio taglio. Elementi in grado di minare ogni nostra certezza, immergendoci in un mondo di costante tensione.
Un’altra delle particolarità di Silent Hill è la possibilità di finire il gioco in vari modi, a seconda di come si è portata avanti la partita. Avremo quindi ben cinque finali: molto cattivo, cattivo, buono, molto buono e “bonus”. I finali dipendono dalla nostra capacità di salvare o meno due personaggi fondamentali per la trama: Kaufmann e Cybil. Il primo è il medico primario dell’ospedale di Silent Hill, pesantemente invischiato nei fatti che hanno reso la cittadina il piccolo inferno che è. Quando lo troveremo sotto attacco da parte di un Mumbler, potremo decidere se salvarlo o lasciarlo morire, influenzando così il finale. Stesso discorso per l’agente di polizia Cybil, che verrà infettata vicino al parco divertimenti.
Per quanto riguarda la storia e la linea temporale di Silent Hill, il finale canonico sarà solamente quello in cui concluderemo la partita salvando unicamente il dottore. In questo finale Harry si troverà tra le braccia una neonata, generata alla fine del gioco, mentre lo stesso dottore sarà trascinato per sempre nell’altra realtà. Gli altri finali sono più o meno tragici o interessanti, e gli sviluppatori, da grandi burloni quali sono, hanno anche voluto inserire una conclusione degna di Giacobbo con il suo Voyager.
Spesso i videogiochi traggono spunto da leggende, miti, fatti realmente accaduti. Anche Silent Hill trova un singolare punto di contatto con la realtà. Esiste infatti una città, negli Stati Uniti d’America, in Pennsylvania, che ha moltissimi punti in comune con la città del videogioco. Questo posto prende il nome di Centralia. La città di Centralia, sorta su una terra venduta dai nativi americani ai coloni nel 1749, è costruita su alcuni imponenti giacimenti di antracite. Per delle cause mai del tutto accertate, un immenso incendio si è sviluppato al di sotto della città stessa. Gli stessi abitanti non si resero conto della gravità della situazione fino al 1979, anno in cui uno dei benzinai della zona si rese conto che la temperatura delle sue cisterne era di 80 gradi centigradi.
Nel tempo si è provato in diversi modi a spegnere l’incendio, ma nessuno ha mai avuto successo. La città è stata cosi evacuata, passando dai quasi tremila abitanti del 1890, ai soli sette del 2013. Il perenne incendio ha dissestato strade e costruzioni, creando degli sbuffi di fumo dal sottosuolo. Secondo alcune stime, sottoterra c’è talmente tanto materiale infiammabile da garantire altri 250 anni di fuoco ininterrotto. Oggi Centralia è diventata una meta turistica e gli sceneggiatori l’hanno utilizzata come fulcro per l’adattamente cinematografico dello stesso Silent Hill.
In Silent Hill le citazioni si susseguono continuamente. Se, per quanto riguarda la densa nebbia, è facile pensare al film del 1980 “The fog” di John Carpenter, più sottili sono le altre citazioni. Tutte le strade della cittadina di Silent hill riportano nomi di autori di libri gialli o horror, avreste mai pensato di essere in Crichton street? Quando saremo nella stanza di Alessa (personaggio legato a doppio filo alla piccola Cheryl), nell’altra dimensione, ai piedi del letto ci sono dei pupazzetti che assomigliano tremendamente agli alieni del finale bonus. La stessa Alessa, in origine, si doveva chiamare Asia, in omaggio alla figlia di Dario Argento. Poi la produzione ritenne il nome troppo poco comune (invece Alessa…)
Quando nell’ospedale di Silent Hill, passeremo per la prima volta nell’altra dimensione, sui comandi dell’ascensore comparirà il quarto piano. Se la cosa non ci spaventa è solamente perché siamo europei, in Giappone infatti il numero quattro è considerato un numero nefasto, legato alla morte. La parola quattro infatti si traduce “shi” come “morte”. Non è raro, nel paese del Sol Levante, di imbattersi in Hotel e ospedali senza il bottone del quarto piano nel pannello di controllo. Un’altra chicca è la stazione di servizio, che riporta il logo della famosa catena Shell, ma senza la S, in un macabro gioco di parole con “hell” inferno.
Una volta arrivati alla fine del gioco, finiti anche i titoli di coda, i programmatori hanno inserito degli intermezzi in cui i protagonisti si comportano come se avessero commesso degli errori sul set: i cosidetti “bloopers“. Accanto a queste scene compare quello che sembra essere una specie di casting. Dopo quasi venti anni, Silent Hill continua ancora a stupire per la sua profondità e per come ha riscritto le regole del genere survival horror.
This post was published on 19 Gennaio 2018 12:00
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