La Nintendo è una delle aziende simbolo del panorama videoludico, e forse l’unica a poter vantare un pubblico così fedele e appassionato. Ogni singola console targata Nintendo, come dimostrato dal successo del NES e dello SNES mini, gode di un seguito di culto e di videogiocatori pronti a scannarsi alla prima occasione su quali siano le uscite migliori su ognuna di esse.
Sia chiaro, non è assolutamente mio intento discreditare l’azienda nipponica. Giochi come Super Mario Bros 3, Super Metroid, The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Super Smash Bros. Melee, Mario Galaxy e il recentissimo Mario Odyssey sono indiscutibilmente pietre miliari della storia videoludica globale. Il mio intento è di cercare di contrastare quel fanboyismo dilagante che designa Nintendo come la fautrice di ogni novità e innovazione, senza tuttavia aver effettuato alcuna previa ricerca che confermi le proprie idee.
Ecco a voi quindi 5 cose la cui invenzione viene comunemente attribuita a Nintendo, ma che in realtà hanno una origine precedente.
Lo stick analogico
Lo stick analogico, utilizzato da Nintendo per la prima volta nel 1996 sulla sua console Nintendo 64 non dovrebbe nemmeno appartenere a questa lista poiché la sua invenzione appartiene a tempi ben più remoti. La primissima console commerciale ad avere utilizzato questa tecnologica appartiene alla serie Prinztronic /Acetronic / Interton commercializzata per la prima volta nel 1978 (di cui sono poi stati realizzati numerosissimi cloni poiché l’hardware è stato licenziato).
Anche andando più in là nel tempo in lidi meno inesplorati, il classico Atari 2000 già possedeva controller dotati di uno stick analogico. Non si capisce come quindi ci possa essere gente convinta che possa essere stata una invenzione Nintendo.
Il battery back up (o batteria interna)
Una cosa che forse molti videogiocatori non sanno è che inizialmente i giochi non erano dotati di alcuna funzionalità di salvataggio, costringendo quindi i giocatori a riprendere dall’inizio la propria avventura o utilizzare macchinosi sistemi di password. Non parliamo di cartucce per Game Boy o additurra Super Nintendo, ma di giochi usciti per NES e console precedenti.
Generalmente, il trofeo per il primo gioco a possedere un battery back up che permettesse di riprendere successivamente il gioco da un certo punto viene assegnato alla versione americana di The Legend of Zelda, il capostipite della celebre saga (leggi anche: il più papabile The Legend of Zelda a ricevere un remake) uscito per Nintendo Entertainment System nel lontano 1987.
Questa convinzione, rafforzata anche dal fatto che nel Guinness World Record venga ribadito come Nintendo sia stata la prima ad utilizzare tecnologica, risulta priva di fondamento. Il primo gioco a permettere salvataggi è stato infatti Hydlide 2, il secondo capitolo della saga di action RPG nata su hardware MSX. Non solo: anche sul NES stesso The Legend of Zelda non è stato il primo ad utilizzare il battery back up: la medaglia d’oro spetta a Morita Shogi 4 pubblicato da SETA, che permetteva di riprendere la propria partita ricaricando la scacchiera così come l’avevamo lasciata.
I giochi platform
Innanzitutto, un piccolo background. Forse non tutti sanno che Nintendo è stata sull’orlo del fallimento dopo aver fallito nell’inserirsi nel mercato delle sale giochi nordamericane con il proprio clone di Space Invaders chiamato Radar Scope. Era il 1979 e al game designer Shigero Miyamoto fu dato un ultimatum e gli fu concesso di programmare un ultimo gioco, utilizzando lo stesso hardware del gioco sopracitato per motivi economici. Fu così che nacque nel 1981 Donkey Kong, considerato generalmente il primo esponente del genere platform.
La cosa, tuttavia, non potrebbe essere più errata. Il primo platform ad essere stato documentato è infatti Space Panic, pubblicato nel 1980 da Universal Entertainment. Il gioco presentava tutti quegli elementi che sarebbero poi stati reintrodotti e popolarizzati da Donkey Kong, come scale che connettono varie parti dello scenario, nemici che si muovono lungo il livello, un protagonista ben riconoscibile e, soprattutto, il platforming.
Una critica che viene mossa generalmente è che Space Panic non offriva la possibilità di saltare, il ché lo pregiudicherebbe dall’essere considerato un platform a tutti gli effetti. Anche in questo caso, tuttavia, DK non sarebbe il primo esponente del genere. Già Crazy Climber nel 1981 offriva meccaniche paragonabili ai platform moderni e il successivo di pochi mesi Jump Bug non solo introduceva la meccanica del salto ma anche la concezione di collectables, diventando forse il primo platform a tutto tondo della storia.
I motion controls
Dopo l’insuccesso del Nintendo GameCube, per riportarsi al pari del rivale nipponico Sony o del colosso ma non ancora completamente affermato in ambito videoludico Microsoft, a Nintendo serviva o un miracolo o una idea geniale.
Wii è stato proprio questa seconda cosa. Nintendo grazie alla sua console è riuscita dove tutti fino ad ora avevano fallito, ovvero entrare nelle case di tutte quelle famiglie che prima vedevano con occhio critico i videogiochi. Wii nel 2005 è riuscito quindi ad accaparrarsi quella fetta di casual players che ancora era scoperta grazie a titoli innovativi come Wii Sports o Wii Fit, ancora tra i titoli più venduti di sempre. La gimmick principale, come tutti sappiamo, sono appunto i motion control, la cui introduzione viene generalmente assegnata a Wii.
Questo, tuttavia, è assolutamente falso. Per quanto riguarda l’introduzione in sala giochi, il primo esempio di motion controls è di SEGA con il suo Super Hang On, videogioco motociclistico commercializzato nel 1987. Il primo prototipo sulle console casalinghe è arrivato nel 1981 con Le Stick, periferica ideata da Datasoft per console Atari. Non si trattava, tuttavia, di un vero e proprio sistema di motion control, in quanto i movimenti erano determinati dallo spostamento di del mercurio presente all’interno dei joystick, che andavano di conseguenza a mandare un input direzionale alla console ad ogni minimo spostamento.
Il primo vero esempio invece di motion control che usavano un piccolo box ad infrarossi da posizionare in cima al proprio televisore è stato realizzato per Phillips CD-i. Mad Dog McCree, The Lost Gold e Crime Patrol sono alcuni dei vari videogiochi che sfruttavano una LightGun unita a motion controls per sparare ai propri nemici.
Il dpad (o croce direzionale)
Il dpad è un altro simbolo generalmente associato alla grande N che il grande pubblico ha conosciuto grazie alla serie di giochi portatili (o handheld, in inglese) Game&Watch introdotti all’inizio degli anni 80. L’idea, tuttavia, non è stata frutto dell’insegno Nintendo. Già da prima in sala giochi esistevano cabinati con una configurazione di 4 bottoni distinti sulle 4 direzioni, e già esistevano alcuni giochi handheld con una croce direzionale.
Il primo esempio ufficiale di dpad, tuttavia, appartiene a Microvision, ideata da MB. Microvision, commercializzato nel 1979 non solo è stato il primo esempio di console portatile ma è stata anche la prima a permettere l’utilizzo di una croce direzionale. Microvision permetteva infatti di cambiare a proprio piacimento il controller da utilizzare e, nel caso di Cosmic Hunter del 1981, data la sua complessità fu fornito un controller che presentava una croce direzionale come la conosciamo noi oggi. Vi sono stati inoltre numerosi altri esempi di console handheld come croce direzionale come ad esempio il meno noto Munchman.
Speriamo che questo excursus sul mondo dei videogiochi vi abbia interessato. Non dimenticate di commentare se vi vengano in mente altre tecnologie erroneamente associate a Nintendo che erano già presenti!