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Speciali

5 motivi per cui la Corea Del Sud è l’Olimpo degli eSports

Il 2017 ha confermato che la Corea Del Sud è il paese in cui fioriscono i migliori talenti del mondo degli sport elettronici. È un dato incontrovertibile quello che vuole i sudcoreani come, semplicemente, i più forti negli eSports. Quest’anno i tornei vinti da giocatori o team del paese asiatico sono davvero tanti e coprono ogni tipologia di videogioco.

Quali sono i motivi di questo dominio incontrastato? Abbiamo cercato di selezionarne cinque che possano spiegare perché la Corea Del Sud è l’Olimpo degli eSports. Prima, però, è meglio fare un ripasso.

Corea Del Sud padrona degli eSports nel 2017

A ottobre, il coreano Kim “Surrender” Jung-soo ha vinto l’HCT Summer di Hearthstone e ha portato a casa ben 60.000 dollari. Lo strapotere coreano si è materializzato, senza che destasse troppo stupore, anche durante i Worlds di League of Legends. I due team finalisti erano entrambi sudcoreani: Samsung Galaxy ha battuto il team favorito della competizione, SK Telecom.

Molto spesso questa è la scena che vediamo alla fine di un torneo.

L’Overwatch World Cup ha dimostrato che la Corea Del Sud è un team affiatato anche in giochi diversi da quelli in cui solitamente stravince. La nazionale asiatica ha stracciato tutti gli avversari, compresa la Russia che era stata finalista dell’edizione 2016 (e chi vinse? Indovinate un po’). In finale ha avuto la meglio in maniera netta sul Canada.

Al BlizzCon c’è stato un dominio quasi imbarazzante. Due i coreani finalisti del WCS di Starcraft II: SoO contro Rogue, con quest’ultimo che si aggiudica la vittoria. Lo StarCraft: Remastered Ultimate Title Fight è stato vinto da  Kim “Bisu” Taek Yong, mentre nelle HGC Finals trionfano i sudcoreani (ma va?) del team MVP Black.

L’ultimo trionfo in ordine cronologico della Corea Del Sud è avvenuto pochi giorni fa a Busan dove la nazionale sudcoreana è arrivata prima in classifica nell’Esports World Championship.

5 motivi per cui la Corea Del Sud è l’Olimpo degli eSports

1. Gli eSports sono una cosa seria

Il primo motivo che ha portato la Corea Del Sud a essere il paese degli eSports per eccellenza è abbastanza scontato: in questo paese gli eSports, i videogiochi in generale, sono una cosa seria.

Non è un cosplay perfetto, ma basta il pensiero.

La cultura del videogioco presente in Corea Del Sud si percepisce in maniera evidente guardando la società da ogni angolazione possibile. Gli stati dell’Estremo Oriente e del Sud Est Asiatico hanno in comune una certa predisposizione a trasformare tutto come se fosse un videogioco o un manga. L’esempio più chiaro ci viene dato da Shinzo Abe, premier del Giappone che, per presentare le Olimpiadi del 2020 che si terranno a Tokyo, si è vestito da Super Mario.

Capirete, dunque, che se i videogiochi entrano addirittura nella politica di questi stati, significa che la faccenda è considerata molto seria. In Corea Del Sud la situazione prende una connotazione ancor più autorevole. Perché se in Giappone c’è una visione più giocosa, in Corea il videogioco diventa strumento per eccellere e distinguersi dal punto di vista sociale.

La prima associazione ufficiale di eSports è proprio sudcoreana: si tratta della KeSPA di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa riguardo a uno scandalo corruzione. Certo, non è un bel biglietto da visita, ma la sua fondazione ha un significato molto chiaro: gli eSports in Corea hanno fin da subito avuto una considerazione importantissima e, quindi, si è sentito il bisogno di “regolamentarli” e di avere una figura “istituzionale” di riferimento.

2. Cultura dell’eccellenza

Il secondo motivo per cui la Corea Del Sud è il paese dominante della scena eSport internazionale deriva da una cultura dell’eccellenza insita nel paese asiatico e che viene inculcata a chiunque, in ogni settore.

In Corea Del Sud gli eSports non sono visti come una distrazione, ma come uno dei tanti campi in cui eccellere e distinguersi. Avete presente quel cliché che vuole i ragazzini sudcoreani bravissimi nelle materie scientifiche e in matematica? Oppure avete mai sentito dire a qualcuno, scherzando, che dando un pianoforte a un bambino sudcoreano questo imparerà a suonare Schubert o chi per esso in pochissimo tempo? E che dire di quei fenomeni che risolvono il cubo di Rubik in tre secondi netti?

Surrender, un giocatore fenomenale di Hearthstone.

Certo, saranno cliché… ma sono veri. L’istruzione e il modo di approcciare all’apprendimento sono molto diversi da come avviene in Occidente. Ai ragazzi coreani viene inculcato fin dalle elementari che il primo obiettivo di un essere umano è diventare qualcuno nella vita. Gli eSports non sono esclusi da questa filosofia. In Italia, se un ragazzino comunicasse ai genitori di voler intraprendere la strada dei videogiochi competitivi verrebbe diseredato o portato dall’esorcista.

In Corea Del Sud, le famiglie e lo Stato sono i primi a invogliare i ragazzi a eccellere in qualsiasi campo, anche in quello dei videogiochi competitivi, perché l’importante è il traguardo e, soprattutto, perché in Corea avere successo negli eSports potrebbe davvero portare vantaggi economici.

3. Allenamenti scientifici

Gli eSports sono uno sport? Non vogliamo continuare la diatriba anche perché l’articolo parla di altro, ma se c’è una cosa che accomuna gli eSports alle discipline olimpiche è l’allenamento. Non si può diventare pro player senza allenamenti mirati e intensivi.

Già questa considerazione, comunque, risponde alla domanda di cui sopra. I sudcoreani, in quanto “sportivi elettronici” svolgono degli allenamenti molto duri e probabilmente unici nel panorama esportivo. In Occidente, l’allenamento è molto più “soft” (non stiamo dicendo peggiore, ha semplicemente un approccio più simile alla cultura dei paesi che lo praticano). In Europa, ai giocatori è consentito allenarsi facendo leva sul proprio talento innato, sulle proprie peculiarità e sui propri pregi e difetti.

MVP Black, campioni di Heroes of the Storm.

In Corea del Sud, gli atleti attuano un allenamento più scientifico. I giocatori non sono visti come singolarità con i propri pregi e i propri difetti, i difetti vanno eliminati e gli imprevisti non sono contemplati. Ogni giocatore deve compiere un’azione seguendo delle indicazioni precise e che non ammettono deviazioni. I giocatori diventano, in pratica, ingranaggi di una macchina più complessa in grado di sezionare ogni singola azione di gioco per ricrearla in maniera perfetta.

Potrebbe sembrare un metodo alienante e che lascia poco spazio all’improvvisazione del singolo e, probabilmente, è così. In Corea, però, gli eSports sono visti come una professione e una possibile fonte di sostentamento, quindi, ogni dettaglio viene analizzato in maniera scrupolosa.

4. Giocare ovunque e quando vuoi

Nei primi tre punti abbiamo analizzato i motivi più pratici e tecnici per cui la Corea Del Sud è il paese numero uno degli eSports. Adesso dobbiamo concentrarci sulle motivazioni “social”.

Come abbiamo detto, in Corea Del Sud i ragazzi vanno bene anche a scuola e hanno comunque una vita sociale. Il sudcoreano pieno di brufoli e impacciato che non esce di casa per giocare a WoW è una visione molto stereotipata. Questo non significa che le ore concesse al gioco siano poche, anzi.

Un internet cafe di Seoul, capitale della Corea Del Sud.

I ragazzini sudcoreani hanno moltissime opportunità di giocare e per farlo non hanno bisogno di un pc da gaming. Avete capito bene: in Corea Del Sud ci sono internet cafe disseminati in ogni angolo della strada. Si stima che gli internet cafe in Corea Del Sud siano circa 20.000.

Il costo è oltretutto irrisorio, circa un dollaro all’ora. Vien da sé che trovare un modo o un posto per giocare diventa facilissimo per un coreano. Inoltre, esiste una parolina magica che fa la felicità di questi ragazzi: streaming.

Basta avere una TV, una connessione a banda larga e si può iniziare a giocare in streaming.

5. Gaming come social

Questo punto si ricollega a quello precedente. In un editoriale di qualche settimana fa, vi abbiamo spiegato come gli eSports possano funzionare anche da rete sociale. In Corea Del Sud non è raro che molti giovani, e non solo, riescano a interfacciarsi meglio con i coetanei e con l’altro sesso utilizzando proprio i videogiochi.

Tra i giovani sta diventando naturale conoscere gente attraverso il gaming, e le relazioni sentimentali non fanno eccezione. Questa situazione non prevede necessariamente il rimanere chiusi in casa perché, come abbiamo detto nel punto 4, i sudcoreani hanno la possibilità di giocare ovunque, anche uscendo per locali.

Gaming e socializzazione sono strettamente legati. Va chiarito che tutto questo non porta, nello stato asiatico, come in tanti altri, all’indifferenza nei confronti del fenomeno della videogame addiction, il quale esiste ed è stato denunciato negli scorsi anni. La differenza sta nel fatto che in Occidente, spesso, tutto ciò che è legato al digitale viene demonizzato, mentre in Corea del Sud hanno deciso di esplorare attentamente le potenzialità dei videogiochi facendoli diventare parte integrante della quotidianità.

This post was published on 17 Novembre 2017 14:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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