A distanza di due anni dalla sua uscita su PC, finalmente Victor Vran è giunto a sterminare mostri anche su console, in una versione super completa intitolata Overkill Edition, che include persino un’espansione a tema Motörhead (difatti, l’edizione prende il nome da un loro pezzo).
Sostanzialmente ci troviamo di fronte ad un classico titolo “alla Diablo”: un hack & slash-RPG isometrico, che per alcuni aspetti può risultare una valida alternativa per gli appassionati del genere, per altri invece non riesce a tenere sufficientemente testa a titoli simili.
La trama del gioco è quanto di più banale e stereotipato possa esistere. Victor Vran è un cacciatore di demoni, una pallida copia di Van Helsing il cui unico pregio è essere doppiato da Doug Cockle, noto per aver prestato la sua voce anche a Geralt di Rivia in The Witcher. Durante una spedizione per trovare un suo altro amico cacciatore, di nome Adrian, il nostro VV si ritrova suo malgrado a dover aiutare la regina Katarina a liberare la città di Zagoravia dai mostri di ogni tipo che l’hanno devastata, e far luce sugli oscuri (ma molto poco interessanti) retroscena di questa vicenda.
Senza troppi giri di parole, la trama è sicuramente il punto più debole del titolo, e sebbene non sia prerogativa di questo tipo di giochi raccontare storie profonde ed affascinanti, sicuramente un pizzico di originalità in più fornisce sempre al giocatore un ulteriore motivo per proseguire nell’avventura.
Sotto il profilo del gameplay invece Victor Vran ha molto da offrire. Certo, in buona parte nulla che non si sia già visto e stravisto, ma forse appunto per questo funziona. Un grande punto a favore del titolo è l’ampia possibilità di personalizzazione dell’esperienza di gioco: tra diversi livelli di difficoltà selezionabili, un’ampia scelta di armi, abilità attive e passive, e costumi dalle caratteristiche differenti, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Gli slot inizialmente a disposizione per l’equipaggiamento sono pochi e vanno sbloccati di volta in volta con il guadagno di punti esperienza e l’avanzamento di livello. Le armi equipaggiabili in totale sono due (utilizzabili solo una per volta), e si possono scegliere a piacimento tra quelle per gli scontri ravvicinati o dalla distanza: spade, martelli, falci, fucili, mortai, fino ad arrivare ad armi steampunk come i fucili elettrici, altre più fantasy come i tomi magici, o addirittura… chitarre (quest’ultime introdotte con il DLC Motörhead: Through the Ages).
Le armi sono divise per rarità, e ognuna dispone di parametri ed effetti aggiuntivi diversi, ma il loro utilizzo in battaglia non cambia, poiché gli attacchi e le loro animazioni rimangono gli stessi in base alla tipologia a cui appartengono.
Con le armi a disposizione è possibile compiere solo 3 tipi di attacchi: semplice, alternativo (che può essere più potente o con un effetto particolare) e da mischia. Questi ultimi due, come molti altri elementi all’interno del gioco, sono soggetti a cooldown, caratteristica che aggiunge un po’ di profondità in più al gameplay e costringe a ragionare sulle strategie da adottare.
Victor però può ricorrere anche a dei poteri demoniaci, equipaggiabili fino ad un massimo di 2. Anche qui troviamo un ottimo ventaglio di possibilità, sebbene risulti da subito evidente come alcuni di questi siano decisamente più efficaci rispetto agli altri. Per evocarli, dovremo caricare la barra della Rabbia (una sorta di Mana), infliggendo danni ai nemici con le armi, ma avranno un ruolo nell’accumulo di questo “carburante” per i poteri anche costumi, pozioni varie e abilità passive. Quest’ultime sono rappresentate da delle carte (simili ai tarocchi), e tornano utili per un sacco di altri motivi, poiché forniscono bonus significativi in grado di rispecchiare perfettamente qualsiasi stile di gioco adottato: ad esempio, utilizzate molto il martello? Bene, c’è una carta che vi darà dei punti di armatura in più per questo.
I combattimenti in Victor Vran riescono ad essere abbastanza dinamici ed offrono un livello di divertimento e sfida a metà tra l’ignoranza di un musou e la profondità di un gioco di ruolo come si deve. In alcune situazioni non è semplice tentare di dosare bene l’uso di pozioni, poteri e attacchi speciali con i loro relativi cooldown, schivare, cambiare rapidamente arma in base alle necessità durante gli scontri o addirittura (visto che ci è concesso) mettere in pausa quando serve per modificare l’equipaggiamento ed adottarne uno più efficace in quel momento. Altre caratteristiche molto utili sono la possibilità di girare la telecamera a 360° per avere sempre una visuale ottimale, e quella di saltare: sembrano stupidaggini, ma non si vedono così spesso nei titoli isometrici. Nella maniera più classica di sempre, inoltre, le vittorie ci verranno ricompensate da loot di varia natura.
Dopo qualche ora però si inizia ad avvertire una certa ripetitività, che aumenta man mano che si va avanti, e dopo un po’ ci si ritrova ad affettare orde di nemici spesso sempre uguali in maniera svogliata, tant’è che ad un certo punto potreste avere voglia di evitarli, quando possibile, e correre semplicemente dal punto A al punto B della mappa per proseguire verso il finale. Il discorso cambia un po’ con i boss, ma anche lì ci ritroviamo spesso di fronte a pattern poco originali che fanno gradualmente scemare il divertimento.
Un’altra cosa che non ho apprezzato molto è la divisione del gioco in “comparti stagni”: abbiamo sempre un hub centrale in cui è possibile commerciare ed eseguire le Trasmutazioni (ci arriverò tra poco), ma soprattutto una mappa per teletrasportarci di volta in volta nelle zone d’interesse. E si procede sempre così: hub, missione nella zona, ritorno all’hub, nuova missione, e via discorrendo…
Per fortuna la monotonia è spezzata da zone speciali e dungeon in cui metterci alla prova (non fondamentali all’avanzamento nella campagna), ma anche dalla possibilità di portare a termine specifici obiettivi in ogni area (ad esempio sconfiggere un certo numero di mostri entro un tempo preciso) per ottenere delle ricompense. A volte per fare questo sarà richiesta anche l’attivazione di determinati Malocchi, dei malus attivabili per rendere il gioco più impegnativo. Tutto ciò, assieme alle modalità multiplayer online e in locale, e i ben 71 trofei sbloccabili, contribuisce a fornire una una discreta longevità al titolo, nonché una notevole rigiocabilità: sicuramente uno dei maggiori punti a suo favore.
In quanto alla Trasmutazione di cui ho accennato prima, si tratta di una specie di crafting che ci consente di unire più oggetti dello stesso tipo o rarità per crearne uno nuovo. Difatti, oggetti come le armi in questo gioco non sono soggetti ad usura, e collezionarne un po’ nell’inventario torna utile più che altro a questo o alla semplice rivendita.
Anche da un punto di vista artistico, Victor Vran non brilla particolarmente. Soprattutto per quel che riguarda i nemici, se ne incontrano di tanti tipi diversi nella sostanza, ma tutti troppo simili nell’aspetto; persino la maggior parte dei boss, esclusi gli ultimi due, esteticamente non sono altro che i soliti nemici, ma più grandi e con qualche accessorio in più.
Poi semplicemente il mondo creato è troppo disomogeneo, per quanto si tenti di dargli forzatamente un senso. In una stessa zona possiamo ritrovarci ad affrontare contemporaneamente: ragni, scheletri, scheletri di soldati in stile ‘800 (?), spettri, creature elementali, non-morti ballerini (??). Tutto questo, compreso il poter usare una chitarra elettrica come arma, potrebbe anche essere divertente e spiritoso, se non fosse che il contesto che gli viene creato attorno è fin troppo serioso, al pari di un romanzo fantasy di serie B, quindi alla fine l’unica cosa che riesce a trasmettere è nonsense.
Mentre nel DLC Fractured Worlds le cose non cambiano granché, il discorso si fa decisamente diverso in quello dei Motörhead, dove incontriamo finalmente nemici diversi, che formano sempre un’accozzaglia incredibile, ma almeno sono inseriti in un contesto molto più scanzonato. E poi avere come colonna sonora i brani cantati dalla buon’anima di Lemmy non può che rendere l’esperienza nettamente più godibile.
Del comparto artistico ho trovato interessanti solo le cutscene, composte da illustrazioni davvero ben realizzate.
Tecnicamente invece il titolo si è dimostrato molto solido: sebbene la grafica non faccia gridare al miracolo, il colpo d’occhio funziona e c’è una bella pulizia generale dell’immagine. Anche in situazioni concitatissime poi il frame rate rimane abbastanza stabile sui 60fps, con cali rari o comunque non significativi, e non mi sono imbattuto in alcun tipo di bug o glitch, neanche del tipo più insignificante. Inoltre i comandi sono intuitivi e responsivi, quindi da questo punto di vista i ragazzi di Haemimont Games hanno fatto decisamente un ottimo lavoro.
Una curiosa e gradita finezza nella versione Playstation 4 è l’uso del led di cui è fornito il Dualshock 4, che diventa rosso e lampeggia quando ci troviamo in fin di vita, effetto (ovviamente) particolarmente efficace quando si gioca in una stanza poco illuminata.
Un ultimo appunto è necessario riguardo la versione italiana: il gioco non è doppiato nella nostra lingua, ci sono i sottotitoli ma non sono granché, così come tutti gli altri testi nel gioco, che spesso lasciano intravedere un lavoro di traduzione abbastanza approssimativo.
Victor Vran: Overkill Edition è un gioco capace di intrattenere per una marea di ore, grazie anche alle espansioni incluse. Fatta eccezione per il mondo dei Motörhead però pecca di originalità e alla lunga soffre di una certa ripetitività sia visiva che di gameplay, ma se siete in cerca di un’alternativa leggera a “Diablo 3″ o “The Incredible Adventures of Van Helsing” merita sicuramente di essere provato.
Special thanks to Wired Productions
PRO
CONTRO
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This post was published on 3 Luglio 2017 15:00
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