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Recensioni

Recensione Valkyrie Drive Bhikkihuni

Nell’ultimo anno il Giappone si è affacciato al mercato PC occidentale, rilasciando sulla piattaforma digitale Steam numerosi porting di titoli provenienti soprattutto dalla console portatile PS Vita come questo Valkyrie Drive Bhikkikuni

Il parco giochi dello sfortunato membro della famiglia Sony è infatti rifiorito totalmente, grazie ad una massiccia operazione di marketing e distribuzione da parte delle numerose case di sviluppo, che hanno ricevuto immediato sostegno e giubilo dagli acquirenti d’Europa ed America, contenti di poter usufruire di titoli nuovi di zecca e spesso mai sentiti nominare in occidente.

Dopo i vari Danganronpa, picchiaduro e versioni remastered di titoli passati, ci fu però un’ondata gigantesca di titoli dal dubbio gusto morale e pudico: visual novels, gdr e giochi generalmente Ecchi (dal giapponese “frivolo”).

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Giochi che in passato venivano considerati di nicchia dai videogiocatori e per pervertiti dal resto della società, sono ora quasi la norma nel panorama del digital delivering, ed il loro basso prezzo in quanto porting stimola spesso l’acquisto. Tra le varie case di sviluppo specializzate in tali titoli vi è la Marvelous, conosciuta soprattutto per i Senran Kagura, titoli Musou con protagoniste avvenenti ragazze ninja. Dopo le più che buone vendite dei porting dei loro ultimi titoli su Steam, hanno appena rilasciato una nuova IP proveniente dall’ormai lontano 2015.

Un altro pezzo del giappone strano riesce ad arrivare sui computer europei con il suo carico di “esotico” divertimento

Si tratta di Valkyrie Drive: Bhikkuni, un gioco che ai più appare come un clone della molto più famosa saga sorella della Marvelous, ma che sotto sotto nasconde delle potenzialità che potrebbero migliorare di molto il futuro di questo genere di giochi, sempre se si scende a compromessi con gli innumerevoli quantitativi di fan service e “giapponesate” proprie di questi titoli.

La carica ecchi è comunque di un certo livello.

Generalmente la Storia è solo un pretesto per far avanzare il gioco sia nei Musou che nei titoli Ecchi, e la Marvelous ha dimostrato ciò nei Senran Kagura, dove ogni profezia, vendetta insensata e avvenente provocazione sono unicamente motivi per menare le mani.
Per quanto possa sorprendere, in Valkyrie Drive non è esattamente così.

La Storia del gioco ha un background decentemente sviluppato forse anche grazie all’aiuto della serie animata andata in onda nel 2015: un misterioso virus, l’A-Virus, colpisce gran parte della popolazione femminile del mondo, costringendo le varie nazioni a prendere tempestivi provvedimenti. Vengono create delle isole artificiali dove poter gestire, isolare e soprattutto studiare i pazienti.
La peculiarità di tale virus è conferire ad alcune donne l’abilità di trasformarsi in arma sotto stimolazione sessuale, mentre ad altre la capacità di brandire tali armi. Queste vengono chiamate, rispettivamente, Exters e Liberators. L’isola di Bhikkhuni ospita una delle più avanzate strutture di ricerca di tale virus, specializzata soprattutto nello studio e nel controllo del ceppo V, che conferisce al proprio ospite entrambe le abilità. Il gioco, dopo una breve esposizione, introdurrà le protagoniste, le sorelle Rinka e Ranka Kagurazaka, al loro arrivo nell’isola, dove incontreranno i vari comprimari non giocanti e le altre cinque protagoniste, ognuna con una propria peculiarità sia nell’aspetto che nel comportamento, tipica caratterizzazione di questo genere di giochi

Una storia di tette, sberle e virus dalle strane funzionalità

La Storia verrà narrata attraverso delle cut-scenes in cui i modelli in-game dei personaggi s’incontrano per discorrere degli avvenimenti in una semplice schermata fissa, intervallate da alcune immagini in stile visual novel.

Per quanto i dialoghi siano stereotipati all’inverosimile nella scrittura e nel doppiaggio e la staticità delle cut-scenes tenda ad annoiare dopo poco tempo, la Storia presenta alcuni colpi di scena e momenti non affatto malvagi, ed ha una certa serietà nella narrazione che veicola tutta la trama. Il giocatore capace di sorvolare sopra questi problemi potrà apprezzare una storia discreta contenente tutti i vari elementi dell’animazione giapponese più leggera, una trama sicuramente superiore a quella proposta in altri titoli della Marvelous.

Occhi giganti, forme prosperose e capelli dagli strani colori; animazione giapponese.

Proseguendo con la Story Mode si potranno sbloccare due diverse modalità: la Survival Mode, dove dovremmo affrontare diverse ondate di nemici con difficoltà crescente, e la Challenge Mode, che consiste in numerose sfide di abilità, come ad esempio eseguire un determinato numero di combo aeree e così via. Abbiamo poi il Training Mode, dove potremo imparare o rivedere tutti i vari comandi e tecniche insegnateci nelle prime missioni della storia e sperimentare liberamente il combattimento con un infinito numero di nemici.

Il gioco supporta anche una semplice modalità online competitiva, in cui si dovrà lottare contro un massimo di altri tre giocatori o CPU perseguendo vari obiettivi, come un semplice KO o la rottura completa del vestiario nemico per guadagnare punti.
Al momento della recensione il netcode, purtroppo, non era molto stabile, e le partite di prova contro avversari umani sono state parecchio frustranti.

Abbiamo poi il negozio, da dove possiamo acquistare i numerosi accessori, immagini, sound-track e costumi alternativi che sbloccheremo durante il proseguimento della storia.
La Dining Room è invece una sorta di hub centrale da cui possiamo accedere a tutte le modalità della storia principale ed attivare delle conversazioni secondarie tra le varie protagoniste, sebbene queste scene siano unicamente doppiate ma non animate.
Infine c’è la Dressing Room, in cui possiamo cambiare vestiti, accessori e pettinature delle varie donzelle ed anche “giocare” con loro in un particolare mini-game di stampo molto ecchi.

Un musou in piena regola, divertente ma incatenato agli stilemi di un genere estremamente uguale a se stesso.

Il nocciolo principale dell’intero titolo è, come intuibile, il gameplay. Il titolo è un Musou, un genere che qui in occidente non ha mai attecchito molto poiché considerato troppo ripetitivo, e sebbene Valkyrie Drive sia un ottimo esponente della propria famiglia, con idee e meccaniche che movimentano un po’ la monotonia del classico one man (o in questo caso girl) vs one army, non è un gioco che può piacere a tutti.

Nelle sequenze di combattimento il giocatore prenderà il controllo di una delle sette protagoniste scelte dalla sequela di eventi, e dovrà farsi largo attraverso ondate di nemici decisamente poco numerose ma molto, molto diversificate (ci sono circa una decina di tipologie di mob differenti, ognuno con particolari attacchi e difese, una rarità per il genere).

Così si presenta l’HUB principale del gioco

Ciò che rende particolare il titolo è la presenza di almeno due combo uniche per ogni protagonista che verranno effettuate con la pressione alternata del tasto Quadrato/X e Triangolo/Y, ed ogni combo si evolve con ogni trasformazione delle fanciulle, qui denominate Drive: una volta riempita una certa barra, la Liberator e la Exter si potranno fondere tra loro fino ad un massimo di 4 volte, cambiano l’estetica dell’arma e, alla fine, della protagonista. Le combo sono coreograficamente ben fatte, ognuna riflette lo stile di combattimento della propria ragazza e, soprattutto grazie all’evoluzione del Drive e al continuo cambio di personaggi, rimangono diversificate e non annoiano mai.

Un altro focus molto importante di Valkyrie è il combattimento aereo: premendo il tasto Cerchio/B il personaggio effettuerà un montante che solleverà i nemici, ed alla successiva pressione del medesimo tasto si librerà in volo verso di essi.

Ogni combo aerea può essere aumentata con successivi scatti e montanti, ed ogni combo messa a segno in questo modo aumenterà di una percentuale direttamente proporzionale al proprio Drive il danno massimo. Inoltre, dal Second Drive in poi, si potranno effettuare ben tre attacchi speciali devastanti, uno per ogni Drive successivo, sempre con il riempimento dell’apposita barra.

A meno che non si voglia prender dei danni per svestire le prosperose protagoniste, è consigliabile utilizzare spesso la schivata (dalle meccaniche simili a quella vista in Bayonetta), specialmente contro le numerose boss fight. Anche qui una novità: non dovremo solamente scontrarci con le altre giovani protagoniste (spesso più e più volte consecutivamente, vista la carenza del roster), ma anche con enormi robot dalle sembianze animalesche alla fine di ogni capitolo.
Una ventata di freschezza che rompe grandiosamente la monotonia dei più classici combattimenti.

Il lato negativo è che per godere pienamente del gameplay i personaggi dovranno essere livellati al completamento di ogni missione, sbloccando così le fusioni Drive più avanzate.
Questo sistema di esperienza annoia molto nelle prime missioni di gioco, che saranno stracolme di tutorial e varie limitazioni, ma già dopo il secondo atto della campagna si potranno effettuare tutte le combinazioni possibili. La risposta dei comandi è pressoché istantanea, e in recensione non sono stati riscontrati problemi dovuti a ritardi delle combo, cosa che di norma grava su questo genere di titoli.

Quando invece non si combatte sulle mappe parecchio chiuse e scialbe della Storia si cercano i vari collezionabili, qui sotto forma di una medaglia divisa in tre parti, un robot nascosto che “testerà” le qualità della fanciulla di turno e dei livelli segreti con delle piccole e semplici sfide.
Il premio per il completismo?
Lingerie.
Precisamente.

La telecamera ovviamente tende a puntare alle parti “salienti” dei personaggi.

Ogni obiettivo secondario all’interno della storia donerà un nuovo completo intimo da far indossare alle prosperose protagoniste. Oltre a ciò è possibile acquistare un numero di 100 bikini nel Negozio, seppur ogni volta verranno scelti casualmente, e nella versione completa di DLC avremo ben due personaggi aggiuntivi e un altro centinaio di capi di vestiario da sbloccare.
Pane per i denti dei giocatori che vogliono completare al 100% ogni gioco.

Dal punto di vista tecnico non c’è molto da dire: il titolo è un porting di un gioco del 2015 per PS Vita, quindi le textures degli ambienti e la loro risoluzione sono parecchio sgradevoli. In compenso il framerate è granitico anche nelle situazioni più concitate, gli effetti particellari sufficienti e i modelli poligonali delle protagoniste, con animazioni e texture a loro dedicate, sono il piatto forte dell’intero comparto.

Tecnicamente non c’è nessuna grande lamentela da fare una volta  considerata la natura porting e low budget del titolo

Il gioco regge i 1080p ed il supporto nativo per risoluzioni fino ai 4K, in più risulta molto leggero e scalabile. Il comparto sonoro è di ottima qualità, integrando un completo doppiaggio per ogni forma di dialogo, effetti sonori stile anime ed una soundtrack niente male che risulta essere molto azzeccata con le varie atmosfere delle location. E’ consigliabile l’utilizzo di un joypad, sebbene l’uso di mouse e tastiera sia possibile.

Le opzioni non sono tantissime ma si è visto molto di peggio in ambito porting.

Valkyrie Drive Bhikkhuni compie egregiamente il proprio lavoro: un Musou divertente, originale e con un pizzico di tecnicismo, ricercatezza e varietà nei combattimenti che lo fanno risaltare agli occhi dei suoi rivali.
Titolo impreziosito da un prezzo budget e da una sostanza di qualità, viene un po’ affossato dalla sua natura di Musou (genere di nicchia) a sfondo Ecchi (che può piacere e non piacere).

Pro                                                                  Contro

1. Museo qualitativamente ottimo con basso numero di nemici su schermo

2. Ottimo porting e prezzo budget

  1. E’ comunque un musou con tutti i limiti del genere

2. Narrazione noiosa

3. Protagoniste uniche e ben caratterizzate

4. Semplicemente divertente

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This post was published on 6 Luglio 2017 12:00

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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