Fu proprio quando EA decise di chiudere Criterion Games e muoverne tutto il personale in Ghost Games (adesso impegnato sulla saga Need For Speed) che nacque l’esigenza di un nuovo Burnout. E chi potrebbe svilupparne uno se non due veterani della serie? Nello specifico Alex Ward e Fiona Sperry, che un paio di anni fa decisero di fondare assieme Three Fields. Danger Zone è la terza fatica del piccolo studio britannico ed è considerato l’erede spirituale della saga Criterion: l’abbiamo recensito per voi qui di seguito.
L’idea alla base di Danger Zone è pressoché la stessa della modalità Crash di Burnout. Il giocatore sarà posto alla guida di una vettura in una ventina di scenari stradali virtuali, caratterizzati da un numero variabile di incroci e di ondate di traffico. Prima di ogni prova, un breve filmato vi illustrerà “i punti caldi” della mappa. I controlli sono ridotti all’osso: grilletto destro per accelerare e grilletto sinistro per frenare; gli stick analogici sinistro e destro sono rispettivamente deputati allo sterzo e alla visuale, mentre il pulsante cerchio sarà utilizzato per attivare lo SmashBreaker, del quale parleremo più avanti. Scopo del gioco è impattare la propria vettura contro gli altri veicoli e creare il maggior numero più danni possibili, quantificati in $. In base al proprio tipo (taxi o bus, ad esempio), ogni veicolo ci permetterà di guadagnare una quantità differente di punti, che saranno incrementati nel caso il mezzo in questione sia esploso. Lo scontro terminerà con successo quando tutte i veicoli saranno transitati o saranno stati coinvolti, o con un fallimento nel caso la vostra auto dovesse cadere oltre i limiti della mappa o il punteggio accumulato non sarà sufficiente. Il totale raggiunto per quello stage vi permetterà di ottenere una medaglia (bronzo, argento o oro a seconda del punteggio raggiunto) ed il vostro record sarà inserito in una classifica mondiale.
Ad aiutarci a seminare panico e distruzione tra gli ignari manichini virtuali c’è il già citato SmashBreaker, che sarà reso disponibile dopo un certo numero di vetture coinvolte nello scontro, e che una volta attivato permetterà alla vostra vettura di esplodere. In questo modo, creeremo una reazione a catena con le auto circostanti e riassumeremo il controllo del nostro veicolo – o meglio, di quel che ne rimane. Disseminati per lo scenario vi saranno delle “monete” che potrete raccogliere e che andranno ad incrementare il vostro punteggio al termine dello scontro. Raccogliendo tutte le monete di bronzo e d’argento, una moneta d’oro apparirà e potrà essere raccolta. Ulteriori bonus nel punteggio saranno addizionati al totale nel caso il giocatore riesca a raccogliere tutte le monete o riesca a raccoglierle in un certo ordine. Tra le altre, potremmo raccogliere una particolare “moneta” che ricaricherà istantaneamente o accumulare un ulteriore SmashBreaker.
L’intento degli sviluppatori ricreare la stessa esperienza di gioco offerta dai vecchi Burnout sfruttando però la potenza di PS4 e degli odierni PC per rendere la fisica degli impatti e delle esplosioni più realistica. Il gioco infatti è stato infatti realizzato sfruttando l’ultima versione dell’Unreal Engine, che garantisce una buona resa grafica e fisica – sulla carta. Le gradevoli esplosioni non sono sufficienti a compensare la scelta di ambientare il gioco in una simulazione virtuale, che sembra quasi giustificare l’assenza di una scenografia completa di ostacoli e oggetti distruttibili che sarebbero invece stati offerti da un setting realistico. I danni, inoltre, sono riprodotti sulle vetture in maniera superficiale: sebbene siano soggette a saltare in aria tra fumo, scintille e fiammate, in seguito ad un qualunque scontro le auto “avversarie” non sembrano conservare alcuna deformazione. Assente ingiustificata qualunque tipo di colonna sonora: ad accompagnarvi saranno soltanto il suono dell’interfaccia nel menù principale, e i vari effetti sonori durante il gioco.
Se Danger Zone fosse uno studente, ed io fossi un insegnante, direi di lui che “è un ragazzo intelligente, ma non si applica”. Il titolo Three Fields è basato su un’idea che ha già più volte dimostrato di poter essere fruttuosa, ma l’impegno del team di sviluppo sul lato tecnico e sulla longevità è appena sufficiente per stuzzicare l’interesse dei veterani dei vecchi Burnout. Il risultato è un rip-off privo di identità propria, realizzato superficialmente e venduto ad un prezzo adeguatamente basso.
Pro:
+ Effetto nostalgia
+ Prezzo contenuto
Contro:
– Longevità ridotta all’osso
– Musiche? Cosa sono?
– Nessuna personalizzazione
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Sì ringrazia Three Fields Enterteinment per il materiale fornitoci.
This post was published on 16 Giugno 2017 12:00
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