Konami ripropone due storici JRPG dell’era PlayStation in una collezione con ammodernamenti grafici. Pronti a reclutare le 108 Stelle del Destino?
Era il 1995 quando Konami diede alle stampe Genso Suikoden, JRPG creato da Yoshitaka Murayama per l’allora neonata PlayStation. Inizialmente Konami lo aveva pensato come parte della lineup di lancio di un progetto che stava sviluppando internamente, e che avrebbe dovuto rappresentare uno spartiacque nel mondo delle console domestiche, aprendo le porte alla grafica tridimensionale. Era un periodo d’oro per la compagnia giapponese sul fronte software, grazie a successi del calibro di Metal Gear, Contra e Castlevania, tanto che Konami sperava di poter avere altrettanta fortuna sul lato hardware. I costi di sviluppo elevati e l’approdo sul mercato del monolite di Sony fecero però riconsiderare l’idea ai dirigenti della società, valutando che fosse più conveniente rimanere concentrati sullo sviluppo di giochi e sfruttare le potenzialità di PlayStation per offrire titoli innovativi e spettacolari.
La profondità narrativa e le originali meccaniche di gioco di Suikoden e del successivo Suikoden II decretarono il successo del franchise in Giappone. I due giochi furono distribuiti anche in occidente, sebbene il gap temporale ne decretò una sconfitta commerciale a confronto della più blasonata serie Final Fantasy di Squaresoft, specialmente quando il settimo capitolo divenne la killer application mondiale per Sony, surclassando il primo Suikoden che uscì pochi mesi prima sul mercato PAL. In breve, i due giochi di Konami arrivarono sul mercato occidentale già vecchi e ciò impedì loro di raccogliere il successo che avrebbero meritato.
Ora Konami ha deciso di riproporli al pubblico del 2025 con questa collezione che offre una grafica rinnovata e funzionalità aggiuntive. In attesa di scoprire se si tratti solamente di un passo preliminare al recupero dell’intero franchise, ho sondato la bontà di questa operazione di rimasterizzazione giocandola per svariate decine di ore. La sensazione è che si potesse offrire di più al videogiocatore contemporaneo, ma che nonostante ciò siamo di fronte a un’ottima occasione per mettere (o rimettere) mano a un’IP storica del videogioco di ruolo alla giapponese.
Le 108 Stelle del Destino

Le vicende dei due giochi sono ambientate in un mondo fantastico e sono consequenziali l’una all’altra, sebbene siano fruibili anche indipendentemente. In Suikoden, la storia prende avvio all’interno dell’Impero della Luna Scarlatta, dove il giovane Tir McDohl, figlio del grande generale Teo McDohl, scoprirà le nefandezze di cui il suo imperatore si è macchiato nella conquista del potere, finendo con il disertare e guidare la ribellione con un manipolo di reietti intenzionati a proclamare la repubblica. Le forze sono del tutto impari, l’impresa si preannuncia disperata, Ma Tir ha un asso nella manica: per una serie di circostanze diventerà portatore di una delle 27 Grandi Rune, artefatti magici ancestrali che racchiudono un immenso potere, salvifico e al tempo stesso distruttivo. Ingrossando le fila della ribellione, Tir dovrà vedersela con avversari sempre più temibili, compresi il suo stesso padre, l’imperatore e la sua malefica consorte.
La trama di Suikoden II presenta uno svolgimento simile, sebbene le premesse siano diverse: ambientato 3 anni dopo il primo capitolo, si concentra sulla vicenda del giovane Riou, della sorella Nanami e dell’amico d’infanzia Jowy: reclute dell’esercito delle Highland, Riou e Jowy vengono a conoscenza del piano diabolico ordito dal principe Luca Blight, che massacra una guarnigione del proprio esercito raccontando poi di un agguato ordito a tradimento dalle città-stato di Jowston, creando le condizioni per una campagna di conquista. Venuti fortuitamente in possesso della Runa della Spada e dello Scudo, due metà della potentissima Runa dell’Inizio, starà ai nostri eroi mettere insieme la Resistenza e riportare la pace nella regione.

I canovacci dei due giochi seguono strutture simili e possono apparire poca cosa rispetto alle narrative estremamente elaborate di alcuni JRPG a loro coevi, tuttavia non lasciatevi ingannare da queste semplificazioni: al di là della semplicità dell’intreccio, Suikoden è stato celebrato per il suo afflato antibellicista, e per la mancanza di remore nel mostrare la guerra in tutto il suo orrore, specialmente nel secondo gioco che raggiunge vette di crudeltà inedite fino ad allora nel medium. Lungi dall’essere titoli spensierati, i due Suikoden raccontano storie di tradimenti, brutalità e caos morale in cui i concetti di Bene e Male assoluti quasi non esistono, sostituiti da una scala di grigi che rappresenta uno stacco netto rispetto a narrazioni ben più manichee. Se il primo Suikoden appare tutto sommato piuttosto scarno a livello di profondità narrativa o scavo psicologico dei protagonisti, il salto di qualità si percepisce distintamente in Suikoden II, il cui villain Luca Blight è annoverato tutt’oggi come uno degli antagonisti più memorabili della storia del genere.
Tutti per uno
L’espediente narrativo che ha reso famoso il franchise è incentrato sul reclutamento dei potenti guerrieri con cui costituire i vertici del proprio esercito. Per fare ciò il nostro protagonista dovrà girare in lungo e in largo per il mondo di gioco, scovando le 108 Stelle del Destino (espediente mutuato dal romanzo I briganti, classico della letteratura cinese la cui traduzione nipponica è appunto Suikoden), individui prescelti che lo aiuteranno in battaglia. Avere ben 108 personaggi giocabili era un assoluto unicum per l’epoca, e ha avuto ben pochi eguali anche dopo (forse solo i musou di Omega Force raggiungono roster simili), almeno fino all’uscita di Eiyuden Chronicle: a Hundred Heroes, sorta di successore spirituale dei Suikoden nonché ultima opera di Murayama, deceduto a febbraio 2024. Alcuni di questi eroi si uniscono a noi spontaneamente, ma la maggior parte di essi dovremo andarli a cercare attivamente, e possono nascondersi ovunque nel mondo, dietro gli innocui panni di un venditore di oggetti o infrattati nei meandri di una caverna.

Oltretutto molti eroi si uniranno a noi solamente se soddisfaremo condizioni particolari, come aver già reclutato altri specifici combattenti, svolgere determinate attività, persino batterli a simpatici minigiochi. In qualche frangente rischiamo addirittura di mancarli per sempre, oppure che periscano a seguito di nostre scelte o nelle battaglie in campo aperto (ci torno più sotto). Non è obbligatorio trovarli tutti per finire il gioco, ma riuscirci garantisce di ottenere il finale migliore in entrambi i giochi. D’altro canto ciò significa che, se giocate senza guide, è assai probabile che alla prima run non otterrete la conclusione più positiva e sarete costretti a una seconda partita. Ulteriore stimolo all’impresa è che il nostro quartier generale si ingrandirà man mano che reclutiamo nuovi eroi, e ci permetterà di accedere molto più velocemente a servizi utili quali negozi, fabbri e spostamenti rapidi.
La seconda particolarità del gameplay di Suikoden è l’alternanza di 3 sistemi di combattimento. Per molti versi questi giochi si configurano come classici JRPG a turni: gli incontri casuali si traducono in istanze di combattimento contro nemici disposti su più file, mentre il nostro party si compone di 6 personaggi, schierati anch’essi su due file. Ogni eroe dispone di un’arma specifica che lo rende un combattente a corto, medio o lungo raggio, definendone di conseguenza le possibilità di attacco e il posizionamento in fase di creazione della formazione. Inoltre i personaggi possono equipaggiare una runa, che conferisce loro magie di vario rango o tecniche speciali. Le rune sono intercambiabili, rendendo possibili approcci diversi agli scontri, e uno studio attento dei sistemi può portare a bypassarne i limiti, ad esempio riuscendo a utilizzare dalle retrovie un eroe che normalmente disporrebbe di soli attacchi a corto raggio. Infine, avere in formazione determinati eroi consente loro di scagliare potentissimi attacchi combinati con esiti devastanti.

Vi sono poi le battaglie campali, in cui le nostre armate si scontrano contro quelle avversarie. Qui le dinamiche differiscono tra Suikoden I e II: nel primo caso abbiamo la scelta di utilizzare guerrieri, maghi e arcieri in una classica dinamica sasso-carta-forbice, seppur arricchita da unità extra con funzioni particolari (ad esempio i ninja possono spiare la prossima mossa avversaria). Nel secondo c’è una dinamica più propriamente strategica in cui muoviamo ogni singola truppa in una plancia isometrica con griglia a scacchiera. L’esito di questi scontri è determinante per l’avanzamento nel gioco, e i nostri eroi potrebbero morire a seguito degli assalti avversari, impedendoci così di ottenere l’ambito good ending. Si tratta di esperienze strategiche tutto sommato limitate, ma che se non altro aggiungono varietà nel mix e contribuiscono a restituire l’idea di prender parte a una grande guerra per il destino del mondo.

Infine vi sono i duelli, scontri uno a uno contro i più temibili generali nemici in cui si replica la dinamica carta-sasso-forbice con un layout da picchiaduro (barra della vita nella parte alta dello schermo che diminuisce ad ogni colpo andato a segno). Anche in questo caso si tratta di un espediente riuscito nel far sì che il giocatore si immedesimi nel momento e viva con più partecipazione uno scontro chiave per l’evoluzione della storia, ma d’altra parte ha il limite di essere in buona parte affidato al caso (sebbene le battute pronunciate dall’avversario possano fornire qualche indizio rispetto alla sua prossima mossa).

Combattimento e reclutamento a parte, restano i classici canoni di gameplay dei videogiochi di ruolo alla giapponese, che comprende l’esplorazione di un vasto mondo aperto zeppo di città e castelli, in cui vagabondare a piedi, in nave o con altri mezzi, nonché numerosi dungeon colmi di bauli del tesoro e boss in agguato. La presenza di minigiochi, parentesi umoristiche, questline secondarie legate ai singoli eroi e le accattivanti melodie composte da Miki Higashino e Keiko Fukami sono tutte ottime ragioni per rigiocare questi grandi classici.
Una Remaster con poco sforzo
Se Suikoden I & II HD Remaster Gate Rune and Dunan Unification Wars raccoglie due titoli che ogni fan dei JRPG dovrebbe recuperare, ciò non significa che sia la miglior remaster possibile. In effetti la mia sensazione è che il lavoro di Konami sia stato piuttosto pigro, limitandosi al rinnovamento grafico e a minime aggiunte ormai irrinunciabili in questo tipo di operazioni, come la velocizzazione dei combattimenti (che possono anche essere automatizzati) e il registro dei dialoghi con cui salvare le informazioni più significative per non rischiare di dimenticarsi informazioni importanti. Al pubblico italiano poi farà sicuramente piacere la nuova localizzazione dei due giochi in lingua nostrana. Il punto è che si poteva fare ben di più per offrire un’esperienza davvero moderna e user-friendly al giocatore del 2025.

Il principale vantaggio della collezione, in termini di pura interazione tra i due titoli, è l’aver mantenuta la possibilità di sbloccare contenuti bonus in Suikoden II caricando un salvataggio di Suikoden I. Questa feature, presente anche nei titoli originali, vi permette di accedere a una storyline secondaria nascosta, oltre a poter reclutare alcuni eroi presenti nel primo gioco già ad alti livelli, e provvisti degli stessi equipaggiamenti. Non si tratta di un modo per rendere l’esperienza di gioco più semplice – anche perché sono giochi molto accessibili in termini di difficoltà – quanto più per stabilire una connessione ancor più diretta e significativa tra i due titoli. Se poi completate Suikoden I con il roster completo, avrete diritto a qualche chicca extra.
Il rinnovamento più lampante di questa remaster riguarda il comparto grafico. Pur mantenendo gli sprite bidimensionali di personaggi e NPC, i fondali sono stati completamente rifatti con uno stile disegnato, che a seconda dei gusti può piacere o risultare un po’ asettico rispetto alla pixel art dei tempi andati. Sebbene l’effetto complessivo sia tutto sommato gradevole, molti ambienti risultano fin troppo spogli, specialmente in Suikoden I: quasi come se l’eccessiva aderenza al contenuto originale fosse risultata controproducente. Una volta deciso di ridisegnare in toto l’ambiente gli artisti si sarebbero potuti prendere qualche libertà nell’arricchire di elementi gli ambienti, rendendoli più vivi e caratteristici. Invece sembra che da questo punto di vista sia stato fatto, se non il minimo indispensabile, non certo il massimo possibile.

Malgrado gli effetti visivi rinnovati, come la volumetria dell’acqua e i VFX in combattimento, il colpo d’occhio complessivo è ben lontano da analoghe operazioni di recupero recenti, vedi ad esempio lo splendido Dragon Quest III HD-2D Remake (qui la mia recensione), che peraltro fa molto meglio in termini di aggiunte quality-of-life che Konami ha colpevolmente omesso. Tolte le già citate velocizzazioni e log dei testi, infatti, il team si è limitato ad una generale uniformità delle interfacce dei menù tra un gioco e l’altro, ma non ne ha approfittato per introdurre aggiunte e scorciatoie che avrebbero permesso di risparmiare tempo prezioso. Ci sono momenti in cui l’aderenza totale all’originale costituisce un difetto invece che un pregio, e questo è un caso lampante.
Un esempio su tutti è la terribile gestione dell’inventario di Suikoden I che, in mancanza di una borsa comune, obbligherà ogni pochi minuti a fare micro-managment delle risorse spostandole da un personaggio all’altro, una pratica tediosa che raggiunge vette di frustrazione altissime quando si tratta di equipaggiare armi e armature. L’introduzione dell’autosalvataggio poi è talmente mal implementata da essere inutile. Il gioco salverà automaticamente ogniqualvolta si entri in una schermata di gioco in cui è presente un savepoint. Di fatto quindi l’unica fatica che ci risparmia è quella di toccare il suddetto savepoint e aprire un menù, ma non sarà disponibile in nessuna altra circostanza! Ad esempio non è possibile salvare in qualunque momento nella world map, né è presente una funzione per ripetere immediatamente un combattimento in caso di game over. Può darsi che sia un limite della review build e che tali funzioni saranno introdotte in futuro, ma allo stadio attuale la loro assenza è un limite grave alla bontà della collezione.

Altre volte si tratta di semplici accortezze che avrebbero potuto far risparmiare tempo ma che per qualche motivo gli sviluppatori non hanno considerato di adottare: ad esempio, è possibile consultare la mappa del mondo in ogni momento, ma per farlo bisogna aprire il manuale di gioco, che si trova all’interno del sottomenù impostazioni: un giro ridicolmente arzigogolato per una funzione che poteva essere deputata direttamente a un tasto specifico. Ulteriore motivo di delusione sono i “contenuti extra”, che extra non sono affatto: si tratta di gallerie di filmati, eventi, e musiche, che potremo riprodurre dopo aver completato il gioco corrispondente. Onestamente gli unici elementi interessanti di queste raccolte sono i finali, di cui potremo vedere le varianti senza dover rigiocare gli interi titoli. Poteva essere l’occasione per mostrare gallerie di bozzetti, documenti preparatori o altri documenti di lavorazione, invece che un pugno di contenuti già visti in-game che quasi nessuno si andrà a rivedere nuovamente…
Giudizio finale
Suikoden I & II HD Remaster Gate Rune and Dunan Unification Wars è una collezione imperdibile per gli amanti dei JRPG. Che li abbiate già giocati all’epoca o che siate neofiti della serie, sono molte le ragioni per recuperare questi due storici titoli e mettervi alla ricerca delle 108 Stelle del Destino. La loro importanza storica e l’originale commistione di combattimento a turni e gioco strategico, oltre alla profondità narrativa di Suikoden II, ne fanno un recupero quasi obbligatorio, incrociando le dita per un’eventuale futura operazione analoga circa i successivi capitoli della serie. La collezione in sé tuttavia è avara di contenuti extra, e al di là della rinnovata veste grafica e di un paio di aggiunte utili, non lavora abbastanza sul miglioramento della quality of life dell’utente, risultando in un lavoro un po’ troppo pigro. Un peccato, al netto del quale questa collezione risulta probabilmente il modo più pratico e piacevole di immergersi oggi nell’opera di Yoshitaka Murayama.
PRO
- Due titoli che hanno fatto la storia dei JRPG anni Novanta
- Nuova veste grafica in stile disegnato piacevole...
- Preservata la presenza di contenuti bonus in Suikoden II caricando un salvataggio completo di Suikoden I
CONTRO
- Mancano molti miglioramenti di quality of life
- ...ma che non regge il confronto con analoghe operazioni recenti
- Zero contenuti extra
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