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Recensioni

Freedom Wars Remastered | Recensione (PS5) | Distopie delle anime

Non ci sono poi così tanti videogiochi che hanno avuto l’effetto perturbante che ha avuto la saga di Monster Hunter sul mercato da una ventina di anni a questa parte, specie se rimaniamo all’interno di generi videoludici in cui l’aspetto “massivo” dell’esperienza non esiste. 

Durante il corso dei vent’anni di storia del brand molteplici sono state le iterazioni e le copie carbone, chi più riuscite (Wild Hearts), chi meno riuscite (Dauntless, Hunter Blade e così via); quello che però ha valore dal punto di vista storico è tutto quell’universo di videogiochi che, specie sulle console portatili di Sony, ha cercato di cavalcare l’onda lunga del successo di Monster Hunter Freedom/Portable, unendo quel tipo di gameplay con un estetica e in generale un gusto stilistico tipico degli anime. Freedom Wars, uscito originariamente nel 2014 su Playstation Vita e sviluppato dai giapponesi Dimps, è esattamente questo, in buona compagnia con i vari God Eater, Toukiden e chi più ne ha più ne metta.

A dieci anni dalla sua uscita originale (arrivato da noi in Europa con un po’ di ritardo) c’è però Freedom Wars Remastered che trasla all’interno dei nuovi contesti tecnologici l’esperienza originale. Vediamo insieme come se la cava in questa recensione!

Di futuri imperscrutabili

Una delle caratteristiche più interessanti di Freedom Wars Remastered è senza dubbio il suo impianto narrativo, ancor più della sceneggiatura vera e propria. Il mondo di Freedom Wars è una distopia ultrafuturistica che parla di un pianeta terra in cui l’intera umanità è confinata all’interno di enormi prigioni sotterranee denominato Panopticon.

Fin qui tutto ok direte: dove le cose si fanno interessanti è nella natura degli abitanti dei Panopticon! Gli esseri umani, infatti, sono condannati fin dalla loro nascita a un milione di anni di servitù nei confronti di chi gestisce le strutture a causa della totale assenza di risorse nel mondo; ogni vita è un peso sulla società che va tenuto d’occhio e che va burocratizzato, così da poter ottimizzare i processi che permettono alla collettività di sopravvivere.

Questa situazione è ulteriormente compromessa da un dato non da poco: tutti i Panopticon sono in guerra tra loro proprio per il dominio sulle varie risorse, che sono talmente scarse da far si che chiunque sia adatto a guerreggiare sia impiegato militarmente; non la migliore delle prospettive per chi deve vivere una vita in cui anche le azioni più banali rischiano di penalizzare in una qualche maniera il proprio futuro. A rendere ulteriormente grave la situazione ci sono gli Abductor, enormi mostri meccanici in forza agli Abductor che possono essere utilizzati per una montagna di scopi diversi, nessuno di questi positivi nei confronti degli esseri umani.

Purtroppo nonostante un setting oggettivamente interessante, che rilegge in una chiave ancora più estrema le impostazioni di sopravvivenza pura alla Hunger Games, Freedom Wars soffre di un problema tipico di tanta narrativa giapponese. Eccesso di carne quando il fuoco non brucia abbastanza: molti personaggi sono ridotti a macchiette e non particolare risalto viene dato ai tanti comprimari che intersecano la storia nel nostro protagonista, lasciando quindi sullo sfondo montagne di vicende potenzialmente interessanti.

A caccia di colossi metallici

Freedom Wars Remastered, come abbiamo sostanzialmente anticipato in apertura, altro non fa che attingere a piede mani da videogiochi come Monster Hunter per proporre un gameplay da hunting game in terza persona. Parliamo quindi di battaglie strategiche contro nemici di grandi dimensioni in cui il button mashing non ha spazio; per abbatterne uno è necessario essere pazienti, strategici e avere coordinazione con i membri del party, siano questi controllati da esseri umani o dalla CPU.

Il gameplay è rimasto sostanzialmente inalterato rispetto l’originale: grandi avversari, tante armi, la presenza di un rovo, ovvero di un rampino, con cui poter scalare parzialmente i nemici o con cui poterli bloccare per qualche secondo. Gli Abductor sono composti da molteplici parti che possono venir rimosse singolarmente così da ridurre il loro grado di pericolosità, offrendo un ulteriore componente strategica al giocatore.

Purtroppo i dieci di anni di vita che il gameplay ha sul groppone si sentono, specie se si è appassionati del genere e si è giocati videogiochi come Wild Hearts o più recenti Monster Hunter World e Rise. Per quanto all’epoca la proposta ludica di Dimps potesse risultare interessante agli appassionati, a oggi sembra un pizzico troppo lenta rispetto alla concorrenza.

Fortunatamente gli appassionati di theorycrafting nella remaster di Freedom Wars troveanno pane per i loro denti in quanto la più grande delle migliorie poste al gioco riguarda proprio l’aspetto “roulistico” del videogioco. Il titolo originale, infatti, aveva un crafting system molto elaborato che permetteva al giocaore di costruire le proprie armi partendo dal loot trovato alla fine di ogni missione; il problema era che parte di questo crafting system era legato alla casualità dei potenziamenti ottenuti, cosa che diminuiva di molto la gradevolezza dell’esperienza (ma che era anche figlia dei suoi tempi). Dimps ha rivisto completamente il sistema, rendendolo più deterministico e meno legato alle fluttuazioni del caso; gli appassionati del gioco originale, quindi, saranno particolarmente felici di ciò!

La parte desiderata dall’occhio

Dal punto di vista tecnico si è fatto quel che si è potuto, con upscaling delle texture e maggior livello di dettaglio dei modelli poligonali. La versione da noi provata su PS5 aveva anche il vantaggio di avere tempi di caricamento praticamente annullati complice la presenza dell’SSD e il frame rate è stato stabile durante tutte e venti le ore di gameplay. Purtroppo esteticamente il gioco sente un po’ il peso degli anni, nonostante tutte le migliorie tecniche ma siamo particolarmente sicuri del fatto che chiunque acquisterà questo gioco non lo farà con l’idea di essere davanti la next big thing dei comparti grafici.

Quello che invece non ci è piaciuto è l’assenza di crossplay tra piattaforme Sony (il gioco è disponbile su PS4 e PS5) e PC, cosa che mutilerà il comparto multiplayer rendendo l’esperienza più sgradevole per molti giocatori che nel frattempo hanno cambiato piattaforma principale. Gran peccato perché il titolo pone un grande accento sulla componente multigiocatore, tra battaglie cooperative, momenti PVP e classifiche da scalare a suon di anni di prigionia da farsi eliminare missione dopo missione. Il gioco è perfettamente fruibile anche in single player (che è come lo abbiamo esperito noi, complice anche una decente intelligenza artificiale per il giocatore) ma è chiaro che è nel multiplayer che la visione originale degli sviluppatori si concretizza.

Conclusioni

La remaster di Freedom Wars è indubbiamente una produzione che guarda con occhi lucidi ai nostalgici di PSVita e che porta il gameplay del videogioco originale raffinato di qualche spigolo ai giorni nostri, non riuscendo però ad essere perfettamente al passo con i tempi. La mancanza del crossplay con la piattaforma PC è un qualcosa che di certo scontenterà diversi giocatori e che inficia sulla valutazione finale ma poco importa: il titolo resta comunque consigliato a chiunque sia interessato di Monster Hunter, distopie futuristiche ed estetiche da film anime.

This post was published on 8 Gennaio 2025 17:00

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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