L’esperienza completa del nuovo JRPG di Gust conferma i limiti riscontrati nell’anteprima: un gioco per i fan del franchise che difficilmente convincerà i neofiti.
Si torna per la terza volta a parlare di Fairy Tail 2. Dopo l’hands on al Tokyo Game Show e l’anteprima relativa ai 4 capitoli iniziali, questa volta siamo alla recensione del gioco completo. Le 30 ore passate in compagnia del nuovo JRPG di Gust non hanno fatto altro che confermare le impressioni riportate negli articoli precedenti: con rammarico, ho constatato l’assenza di miglioramenti nell’esperienza di gioco rispetto alle prime ore.
Fairy Tail 2 è un completamento ideale per chi abbia giocato il primo titolo pubblicato nel 2020, nonché un titolo adatto ai fan del franchise, di cui ricalca fedelmente la narrativa (il manga di Hiro Mashima si è concluso nel 2017). Ma è anche un gioco di ruolo talmente basilare da avere scarsa attrattiva nel panorama odierno, zeppo di alternative molto più ricche e profonde a livello di meccaniche ed esperienza complessiva.
Come anticipato in sede di anteprima, Fairy Tail 2 porta a compimento l’arco narrativo dell’Impero di Alvarez, culmine dello stesso manga. Al termine dei primi 4 capitoli del gioco abbiamo lasciato il mondo sull’orlo del baratro: Natsu ha scoperto di essere nient’altro che l’incarnazione del demone E.N.D., creato dal perfido imperatore Zeref che si è rivelato essere suo fratello. Inoltre, la maga Irene Belserion, membro degli Spriggan 12 (potentissimi maghi al servizio di Zeref) lancia l’incantesimo di trasformazione Universe One che rimodella la morfologia dell’intero regno di Fiore. Separati gli uni dagli altri, i membri della gilda Fairy Tail devono ora riunirsi il più velocemente possibile per fronteggiare l’armata nemica, che muove alla conquista del continente. In tutto ciò incombe persino la minaccia del drago malvagio Acnologia con le sue mire di distruzione e conquista.
Le premesse per una narrazione epica e accattivante ci sono tutte, ma sono purtroppo tradite da un’esecuzione fiacca e mancante di coinvolgimento. L’universo narrativo dell’opera così come gli antefatti su storia e personaggi sono demandati a una enciclopedia consultabile all’intero dei menù di gioco e continuamente richiamabile tramite parole chiave presenti nelle finestre di dialogo. I concetti, i fatti e i personaggi menzionati sono decine e decine, e rende difficile unire i puntini e farsi una chiara visione d’insieme se non dopo molte ore di gioco.
La mancanza di qualsivoglia riassunto, in forma di cutscene o testo, degli eventi del primo gioco fa sì che l’azione cominci in medias res, ponendo chi non ha familiarità con la storia in una condizione di difetto che impiegherà parecchio tempo a correggere. Gust si è curata talmente poco di venire incontro al giocatore sul fronte narrativo da suscitare il sospetto che il titolo sia stato sviluppato esclusivamente per i fan del franchise, che costituiscono la principale – forse l’unica – target audience del gioco.
Da questo punto di vista, Fairy Tail 2 fa poco o nulla per farci affezionare ai personaggi: le interazioni tra i membri della gilda sono delegate a scenette sbloccabili con l’avanzare dei livelli e il progredire della storia. Riproducibili quando raggiungiamo i falò sparsi per il mondo, queste scene sono quasi sempre degli intermezzi umoristici che narrano episodi del passato inerenti questo o quel personaggio, ma non svelano quasi nulla della loro backstory, e sono realizzati in uno stile da visual novel (animazioni ridotte al minimo, fade to black, personaggi che parlano in visione frontale al giocatore) che lascia quasi tutto all’immaginazione.
La regia delle cutscene è basilare, e le sequenze animate davvero spettacolari si riducono a una manciata, relegate soprattutto nelle fasi finali dell’avventura. L’unico elemento di novità rispetto alla build dell’anteprima è la possibilità di muovere la telecamera virtuale durante i dialoghi obbligatori. Di certo non un grande passo avanti in termini di fruizione narrativa e coinvolgimento. È evidente che il gioco non brilli in termini di scrittura, e che gli sviluppatori abbiano concentrato tutte le loro energie nel rendere appagante e divertente il combat system, unico elemento davvero valido dell’operazione.
In Fairy Tail 2 passeremo la maggior parte del tempo a combattere. Per fortuna, aggiungerei, dato che questo è l’unico frangente in cui il titolo è in grado di giocare alcune carte vincenti. Riprendo qui i concetti fondamentali del combat system che ho esposto nell’anteprima.
Si tratta di un sistema ATB con lievi meccaniche rhythm; ciò significa che l’avversario non aspetterà che compiamo le nostre mosse, ma agirà non appena ciclerà il suo tempo di azione, e noi potremo fare altrettanto. Andremo in battaglia con uno schieramento da uno a tre eroi, ma in ogni momento potremo effettuare sostituzioni con i personaggi “in panchina”. Ciascun membro della gilda ha uno o più elementi che contraddistinguono i suoi attacchi (ghiaccio, fuoco, metallo, luce, veleno…), inoltre ogni attacco ha un suo stile specifico (mani nude, magico, arma bianca…). La combinazione di questi fattori determinerà l’efficacia di ogni singola abilità nei confronti dell’avversario di turno, che avrà le proprie debolezze e resistenze a ciascuno di essi.
Parte del divertimento consiste nello scoprire quale attacco sia più efficace contro un determinato nemico, ma in realtà non c’è bisogno di andare a casaccio, poiché in qualsiasi momento la battaglia può essere messa in pausa per consultare una tabella di stato tanto dei nostri eroi quanto dei nemici, da cui saranno esplicitati i punti forti e quelli deboli.
Allora dov’è la sfida? Proprio nel tempismo di reazione e nella rapidità di esecuzione: a volte dovremo usare i giusti set di abilità per interrompere la carica di devastanti attacchi nemici, impedendo loro di castare; altre volte dovremo parare col giusto tempismo degli attacchi in arrivo per ridurne sensibilmente i danni; e di continuo dovremo valutare se sacrificare un attacco per curarci uno status alterato, cambiare un personaggio a rischio K.O. o debuffare l’avversario in vista di un attacco potente in arrivo. Il tutto cercando al tempo stesso di spezzare la guardia degli avversari con attacchi ad hoc, in modo da esporli per vari secondi alla mercé dei nostri colpi migliori.
Si tratta di un sistema molto divertente da giocare, basato sulla rapidità delle nostre risposte alle azioni avversarie, e infiocchettato da animazioni esagerate e coloratissime che risolvono l’esecuzione delle tecniche in un tripudio di effetti. Vero, alla centesima volta che lanciamo un attacco speciale e dobbiamo sorbirci l’animazione (ciascuna dura almeno una manciata di secondi) si inizierà ad avvertire una certa esasperazione, ma fortunatamente quelle più lunghe possono essere skippate.
Inoltre il roster di eroi, che conta ben 10 personaggi giocabili più altri di supporto che possono intervenire in battaglia in nostro favore, contribuisce ad aggiungere varietà e stimola la scoperta di tutte le abilità della gilda, le quali aumentano di numero man mano che i personaggi salgono di livello.
Il sistema di progressione è molto semplice e si sviluppa in tre rami: abilità di combattimento, abilità di supporto e aumento di attributi. Lo sblocco delle abilità più avanzate potrà richiedere più di un singolo level up, oppure il possesso di oggetti particolari, elementi che spronano all’esplorazione del mondo e a non evitare le battaglie. A questo concorre l’utile accortezza di poter sconfiggere gli avversari più deboli con un singolo colpo nella world map, senza quindi generare un’istanza di combattimento, il che velocizza di molto la pulizia di vaste porzioni di mappa dagli avversari più deboli per un rapido looting.
Possiamo assegnare un massimo di 6 abilità a personaggio, dunque dovremo sperimentare varie soluzioni per raggiungere l’equilibrio perfetto, o lo stile di gioco che preferiamo. Inoltre va tenuto conto che ciascuna abilità richiede più o meno SP per essere lanciata (i punti si accumulano sferrando attacchi normali contro l’avversario), quindi equipaggiare solo abilità di alto rango finirebbe con l’essere controproducente.
D’altronde, mettere a segno attacchi di alto livello farà salire più velocemente il nostro rank in battaglia, utile a lanciare attacchi speciali che possono risultare parecchio utili (specialmente quelli curativi/di supporto) nelle boss fights più impegnative. Infine, subire danni permetterà l’accumulo di energia che potrà essere spesa per ottenere un boost temporaneo di abilità e rigenerazione della salute che, se giocato al momento giusto, potrà volgere lo scontro a nostro favore da un momento all’altro.
In sede di anteprima accennavo a un livello di difficoltà (ce ne sono 4 tra cui scegliere) tarato verso il basso. Fortunatamente nella seconda metà dell’avventura la situazione migliora, proponendo qualche scontro stimolante anche al livello Bilanciato. Tuttavia i veterani degli RPG non troveranno sfide davvero appaganti al di sotto del livello Difficile.
È un peccato che tutto ciò che fa da contorno al cobmat system di Fairy Tail 2 sia estremamente tedioso in termini di gameplay e sciatto in termini di design: la trama, che risolve nel dover riunire la banda e andare a picchiare i cattivi, non offre spunti narrativi interessanti; il quest system è ridicolo, e si risolve in missioni principali (andare dal punto A al punto B dove ci attende un boss) e secondarie (tutte fetch quest di interesse zero, che non si capisce perché sianos tate implementate) senza mai un guizzo di novità.
Gironzolare per la mappa di gioco offre pochissime attività: il mondo di gioco è completamente inerte, le uniche interazioni possibili sono la distruzione di casse e barili (da cui arraffare qualche risorsa) o di ostacoli che chiudono momentaneamente dei percorsi fino a che non ci verrà data la possibilità di rimuoverli. Al di là di qualche tesoro da aprire e di campioni di zona da sfidare (miniboss la cui sconfitta ci rivelerà la posizione degli oggetti nell’area circostante) non ci sarà altro da fare che combattere.
Questo è ben poco entusiasamente in termini in random encounters: i mostri vagano liberamente per la mappa e la loro unica routine comportamentale consiste nel venirci o addosso o scansarci a seconda del nostro livello. La varietà del modelli nemici è limitata, e dopo aver stesso l’ennesima orda di soldati avversari non vedremo l’ora di procedere alla prossima bossifght, nella speranza di vivere uno scontro degno di nota.
Malgrado qualche scorcio carino, le varie regioni del mondo sono rappresentazioni generiche di deserti, pianure, giugnle, spiagge e zone innevate, senza alcuna perosnalità. Le uniche due città visitabili sono completamente vuote e quasi del tutto disabitate: vero, ci sono ragioni narrative per questo, ma la giustificazione appare come una pezza messa ad aggiustare un buco troppo grande. Per di più l’avventura ci obbligherà ad attraversare più volte le stesse aree, sbloccando nuovi percorsi che però non offriranno nulla di nuovo in termini di varietà di gameplay.
A muovere le fila è il Katana Engine, motore proprietario già usato da Gust per serie Atelier, ma anche per tanti altri giochi della compagnia, da Fate/Samurai Remnant a vari giochi e spinoff della serie Warriors, e si vede: la bassa mole poligonale e la scarsa interagibilità degli ambienti rimandano ad altre opere Koei Tecmo, in primis i musou di Omega Force, e i difetti sono solo parzialmente occultati da una grafica in stile anime che si esprime decentemente solo nel character design.
Poco da dire anche in merito al comparto audio che, a fronte di un buon doppiaggio, propone una colonna sonora rockettara molto generica – anch’essa richiama molto i musou – con qualche melodia più piacevole nei momenti clou. La OST mi è sembrata esigua anche dal punto di vista quantitativo, con poche tracce ripetute di continuo.
Piccola nota positiva per l’endgame che, a storia finita, permette di vivere qualche capitolo extra dalla narrativa umoristica, utile qualora si voglia esplorare tutto l’esplorabile e completare lo sviluppo di ogni personaggio. Sarà anche possibile sbloccare la riproduzione di tutti i firmati e della OST del gioco, oltre ad ammirare i modelli di tutti i personaggi. In questo modo la longevità potrà essere ampliata di qualche ora, oltre ala trentina scarsa necessaria per giungere ai titoli di coda. Sempre che qualcuno sia interessato a farlo…
Fairy Tail 2 non riesce a elevarsi oltre la soglia di un tie-in sufficiente. L’adattamento dell’opera di Hiro Mashima ha dalla sua un combat system articolato che premia riflessi e rapidità d’esecuzione, pur senza sacrificare del tutto la componente strategica. Il risultato è divertente anche in virtù di animazioni esagerate e coloratissime. Tuttavia, l’impianto da battle manga ha castrato il design complessivo del gioco, che pecca in tutti gli altri fronti: la narrativa è fin troppo esoterica per chi già non la conosca; l’esplorazione del mondo di gioco è avara di stimoli e il comparto artistico e sonoro appare pigro, con l’eccezione del character design molto fedele al fumetto. Il tutto si traduce in un’esperienza di gioco estremamente ripetitiva, dilatata per un numero di ore eccessivo. Il panorama videoludico è ricco di offerte RPG ben più ricche dal punto vista dei sistemi e dell’arte. In questo senso l’opera di Gust fatica a brillare di luce propria.
This post was published on 11 Dicembre 2024 12:00
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