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Mario & Luigi: Fraternauti alla carica | Recensione | Un graditissimo canto del cigno

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Sono passati oltre 2800 giorni da quando Nintendo Switch è stata distribuita per la prima volta in tutto il mondo: un periodo che ha eletto questa console ibrida come la seconda più venduta di sempre della casa di Kyoto nonché la terza più venduta in assoluto considerando tutte le console uscite fino a questo momento; numeri davvero pazzeschi che siamo qui a elencare per una motivazione ben precisa e che è davanti agli occhi di tutti, ovvero che il ciclo vitale di Switch sta volgendo ufficialmente al termine e la grande N non poteva lasciar andare via una delle sue console migliori senza un graditissimo canto del cigno.

Al fine di dare il definitivo addio a Nintendo Switch, l’azienda giapponese ha chiaramente sfoderato il suo ultra trentennale asso nella manica che porta il nome di Super Mario, ma l’ha voluto fare in un modo molto particolare: non un titolo della saga principale, che probabilmente arriverà con il nuovo hardware, ma con un nuovo capitolo di una delle saghe spin-off dell’idraulico baffuto più amate, ma allo stesso tempo sottovalutate e per questo anche meno attese, ovvero Mario & Luigi: Fraternauti alla carica, pubblicato lo scorso 7 novembre in esclusiva su Nintendo Switch grazie agli sforzi di Nintendo stessa e di Acquire, alla sua prima esperienza con la saga dopo la bancarotta della vecchia software house AlphaDream.

La saga di Mario & Luigi non tornava da quasi 10 anni con l’ultimo capitolo, Paper Jam Bros. uscito nel 2015 su Nintendo 3DS, che univa elementi delle due saghe RPG principali del mondo di Super Mario ovvero Paper Mario e chiaramente Mario & Luigi; con questo inedito capitolo, Fraternauti alla carica, Nintendo ha pensato bene di fare un passo indietro e tornare al setting generale dei capitoli più vecchi della saga, ma con uno sguardo molto attento al futuro unendo elementi tradizionali e contemporanei soprattutto dal punto di vista dello stile grafico: sarà riuscito come esperimento?

Una nuova missione per Mario e Luigi, questa volta lontano dal Regno dei Funghi

Come ogni videogioco di Mario che si rispetti, anche Fraternauti alla carica inizia con l’armonia del Regno dei Funghi che viene improvvisamente spezzata da un evento misterioso: questa volta Mario e suo fratello Luigi vengono risucchiati in un battibaleno da uno strano vortice energetico finendo su un’isola misteriosa, lontana dal mondo che abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni nei videogiochi di Super Mario sia dal punto di vista dell’aspetto esteriore che della conformazione del terreno.

Dopo un iniziale senso di smarrimento, Mario e Luigi cercano di tornare nel Regno dei Funghi inoltrandosi verso le zone interne dell’isola fino ad arrivare a uno strapiombo: proprio in questo punto incrociano lo sguardo con l’Isola Solcamari, ovvero una nave che ha il compito di trainare le isole dell’intero continente di Elettria; non avendo altra scelta i due fratelli si lanciano a bordo della nave e fanno la conoscenza di Condina, una giovane elettriniera che racconta ai due idraulici baffuti che il continente è stato spaccato e i collegamenti tra la nave e le isole si sono spezzati.

Il ritorno al Regno dei Funghi può attendere dato che Mario e Luigi si offrono volontari per ricollegare le varie isole alla Solcamari e ricostituire il continente di Elettria: è proprio questo l’incipit che dà il via all’avventura di Mario & Luigi: Fraternauti alla carica con un’avventura che da lì a poco sarà un continuo loop di viaggi tra la nave e le varie isole fino a collegarle tutte che è appunto l’obiettivo finale del gioco; nonostante i titoli di Mario non abbiano mai brillanto dal punto di vista della trama, la storia di questo gioco è abbastanza avvincente con qualche colpo di scena e sicuramente molto lineare accompagnando il giocatore dall’inizio alla fine, seguendo l’evoluzione dei personaggi e anche le loro reazioni con ciò che accade intorno a loro, insomma un world building ben costruito e sicuramente degno di un RPG.

Un gameplay loop gestito alla perfezione

Come accennato in precedenza, il gameplay di Mario & Luigi: Fraternauti alla carica si basa principalmente su un’azione che va ripetuta diverse volte nel tempo, ovvero individuare un’isola attraverso il cannocchiale della Solcamari, lanciarsi sulla sua superficie, raggiungere il Fiorfaro dell’isola e collegarlo con la nave; un gameplay loop che si ripete decine di volte nel corso delle quasi 40 ore di gioco e che detta così sembra assolutamente noioso, ma che in realtà è stato gestito talmente bene che nemmeno per un minuto dà l’impressione di “già visto” offrendo sempre delle novità al giocatore nonostante di base stia facendo sempre la stessa azione a ripetizione.

Le isole che è necessario visitare integralmente per avanzare nell’avventura, infatti, offrono sempre una sorpresa al giocatore: nonostante, come già detto, su ogni isola lo scopo è sempre quello di raggiungere il faro e riaccenderlo, nel percorso che porta Mario e Luigi dal punto di approdo al punto finale è presente tutta una serie di espedienti di gameplay che variano da isola a isola per diversi fattori come può essere la difficoltà dei nemici, il percorso da compiere, gli enigmi ambientali da risolvere, il level design, i collezionabili da raccogliere, i dialoghi dei personaggi, l’estetica stessa delle isole, missioni secondarie e una serie di altri elementi che ci fanno percepire Mario & Luigi: Fraternauti alla carica come una macro avventura che contiene tante piccole avventure singole al suo interno.

Mario & Luigi: Fraternauti alla carica è però prima di tutti un RPG e come ogni gioco del genere che si rispetti ha bisogno di un combat system legato a doppio filo con l’avventura, il quale si evolve nel tempo con l’avanzare dell’esperienza accumulata sia dai personaggi che dal giocatore stesso e che riesca a essere stratificato e variegato sempre per la questione del gameplay loop citato in precedenza: il sistema di combattimento di Fraternauti alla carica sarà riuscito a rispettare questi elementi? Vediamolo subito.

Un RPG poco stratificato, ma è davvero questo quello che si chiede a Mario & Luigi?

Il mondo degli RPG si è evoluto molto nel tempo e ha accolto tra le sue fila tantissimi titoli che hanno fatto tesoro di questo genere e lo hanno plasmato a loro forma e piacimento, modificando e talvolta anche eliminando alcuni parametri che hanno reso famoso e molto amato il gioco di ruolo: la serie di Mario & Luigi è sempre rimasta salda e ancorata ai binari dell’RPG classico e anche questo inedito capitolo non è da meno offrendo ai giocatori una soluzione sicuramente non originale dal punto di vista del combat system, ma certamente funzionale per lo scopo che il gioco desidera raggiungere.

Il sistema di combattimento di Mario & Luigi: Fraternauti alla carica è quanto di più classico si può vedere all’interno di un RPG vecchio stampo: mostri allo stato brado che possono interagire con i protagonisti in overworld (sia attaccando che venendo attaccati) e schermata che cambia dando vita alle più tradizionali delle battaglie a turni; a differenza di altri giochi del genere dove magari il protagonista o il party di protagonisti hanno a disposizione diversi attacchi da selezionare, le abilità di Mario e Luigi sono ridotte all’osso e almeno inizialmente i due fratelli possono attaccare solamente tramite il martello o il salto, come accadeva già nei precedenti capitoli della saga oppure anche in altri giochi RPG con protagonista la mascotte di Nintendo come ad esempio Paper Mario.

Avanzando nel corso dell’avventura ci sarà poi la possibilità di sbloccare e utilizzare le “mosse fratelli”, ovvero delle particolari mosse speciali che possono essere eseguite solamente se Mario e Luigi sono entrambi in salute e che fanno più danno delle azioni base, ma allo stesso tempo consumano la barra dei “PA”; queste super mosse aggiungono sicuramente una scelta al giocatore che può decidere se fare meno danno non consumando PA oppure fare molto più danno consumando invece i punti azione, ma in generale non aggiungono mai un valore strategico ai combattimenti.

A differenza di altri titoli RPG dove nelle battaglie c’è anche una componente strategica, in Mario & Luigi questo non accade dato che non esistono mosse particolarmente efficaci su determinati mostri, debolezze o resistenze di sorta, immunità, mosse con effetti secondari particolari e altri elementi tipici del combat system dei giochi di ruolo che rendono la scelta delle mosse da utilizzare più strategica: il più delle volte in questo titolo, invece, si schiaccia banalmente il tasto per eseguire la mossa più potente per fare più danno possibile cercando di evitare gli attacchi avversari con l’unica difficoltà di dover stare attenti a schiacciare i tasti col giusto tempismo per fare più danni o per non subirne dai mostri (una meccanica molto cara ai titoli RPG di Mario).

Si è provato comunque a dare un po’ di brio alle battaglie con l’introduzione di una meccanica inedita proprio in questo nuovo capitolo, ovvero le spine sinergiche: si tratta di oggetti che forniscono particolari abilità a Mario e Luigi o specifici effetti secondari alle mosse per un numero limitato di turni come ad esempio la possibilità di curarsi autonomamente senza selezionare l’oggetto dalla borsa, applicare un effetto di scottatura o congelamento alle proprie mosse oppure evitare più facilmente gli attacchi avversari; si tratta in ogni caso di meccaniche di combattimento che negli altri RPG sono intrinseche alle mosse stesse e che in Mario & Luigi si finirà per utilizzare solo nelle battaglie più complesse dato che, una volta terminati i turni a disposizione, le spine sinergiche hanno bisogno di un tempo di ricarica sempre basato sui turni.

Questo sistema di combattimento è poco stratificato senza ombra di dubbio, ma questo non è necessariamente un difetto: la serie di Mario & Luigi e, in generale, i titoli RPG di Super Mario non hanno mai brillato da questo punto di vista offrendo sempre combat system molto basilari concentrandosi sempre su tantissimi altri aspetti come l’esplorazione, gli enigmi ambientali, le missioni, la trama e anche le fasi platform che non possono mai mancare in qualsiasi gioco con protagonista l’idraulico baffuto di Nintendo.

Sensazione di scoperta perenne, tipico di Super Mario

Se da una parte il combat system non è sicuramente brillante e originale, il punto forte di Mario & Luigi: Fraternauti alla carica è sicuramente tutto ciò che accade al di fuori delle battaglie contro i mostri selvatici: l’esplorazione delle isole del continente di Elettria nasconde sempre delle gradite sorprese dando quella sensazione perenne di scoperta che nasconde sotto al tappeto quello che è un gameplay loop come abbiamo accennato anche in precedenza; nonostante non sia un platform e nonostante le ambientazioni non siano ampie e aperte come in Super Mario Odyssey, il gioco riesce a sfruttare a pieno il poco spazio a disposizione con un level design impeccabile fatto di alture, bivi, strade nascoste, sistemi di caverne stratificate e ingarbugliate, interni di edifici che contengono a loro volta diversi piani da esplorare, sotterranei che non vedi l’ora di esplorare dato che ogni volta che si approda su un’isola la telecamera mostra dall’alto l’intero percorso da compiere instillando nel giocatore curiosità e voglia di procedere oltre.

Il level design, da solo, però non basta perché c’è bisogno anche di inserire contenuto al suo interno per rendere chiaramente il raggiungimento dell’obiettivo più stimolante e anche più difficoltoso per il giocatore: oltre ai mostri selvatici, che procedendo con l’avventura diventano sempre più difficili da evitare, Mario & Luigi: Fraternauti alla carica svolgono egregiamente questo lavoro con due sfaccettature di gameplay delle quali Nintendo è maestra assoluta: le fasi platform e gli enigmi ambientali che sono sempre stati gli elementi cardine di tutti i titoli della saga di Super Mario, considerando sia quella principale che spin-off.

Il platform è il genere di Super Mario e anche questo titolo, sebbene sia un RPG, lo dimostra ampiamente: l’esplorazione delle isole non viene fatta solamente camminando lungo dei percorsi spianati ma, grazie al perfetto level design di cui abbiamo parlato in precedenza, Mario (e di conseguenza anche Luigi che si muove in automatico seguendo il fratello) si ritrova molto spesso a saltare da una parte all’altra evitando ostacoli e pericoli, camminare su pedane sospese in aria cercando di non cadere, scalare alture o scendere nelle profondità della terra utilizzando anche particolari abilità in coppia con il fratello di cui parleremo tra poco in merito agli enigmi ambientali.

Sebbene non sia un gioco platform, dunque, Mario & Luigi: Fraternauti alla carica è totalmente apprezzabile anche dagli amanti di questo genere che sicuramente non troveranno la stratificazione dei percorsi vista in Super Mario Odyssey o la serie di salti a ripetizione tipica dei Mario in 2D come Wonder, ma ci sarà comunque pane per i loro denti nel corso delle esplorazione delle isole per arrivare all’obiettivo finale del faro.

La saga di Super Mario, oltre chiaramente alle fasi platform, è sempre stata minuziosamente attenta anche agli enigmi ambientali: il percorso per arrivare alla meta non è mai lineare, ma non solo per il level design intricato e complesso, ma anche perché il giocatore è spesso messo alla prova con puzzle da risolvere per procedere nell’avventura che durante le prime ore di gioco sono abbastanza semplici e diretti, come ad esempio schiacciare un pulsante per far abbassare un ponte, ma che man mano che si procede nell’avventura diventano sempre più complessi e richiedono una serie di azioni concatenate talvolta controllando singolarmente Mario e Luigi per far sì che il percorso si sblocchi.

Il tutto è reso poi ancora più stratificato da tre abilità speciali che i fratelli possono utilizzare insieme, ovvero l’UFO, utile per sorvolare burroni che non possono essere superati con un semplice salto; la palla, per passare all’interno di condotti o buchi nelle pareti; e infine il fiore di ghiaccio e il fiore di fuoco, i quali permettono di congelare percorsi magmatici o sciogliere oggetti ghiacciati e anche per abbattere ostacoli troppo grossi che non si possono rompere con una semplice martellata.

Questi tre poteri particolari non solo rendono il percorso fino alla fine dell’isola più complesso permettendo al giocatore di ragionare sul da farsi e comprendere quale abilità utilizzare per superare un determinato ostacolo, ma permettono anche di raggiungere strade secondarie che nascondono segreti oppure oggetti rari da raccogliere, dando anche una scusa al giocatore per ritornare sulle isole già visitate per raggiungere una determinata zona che alla prima visita non era raggiungibile dato che non si era acquisito quel determinato potere, un espediente di gameplay che vediamo spesso ad esempio nei metroidvania.

Il percorso, inoltre, è ricco di collezionabili: oltre alle intramontabili monete, utili ad acquistare strumenti ed equipaggiamento per migliorare le proprie statistiche, Mario e Luigi possono unire le loro forze per colpire i tipici blocchi gialli tipici del mondo dell’idraulico baffuto dove si nascondono strumenti utili all’avventura; insomma anche se non ci troviamo nel Regno dei Funghi, i tipici elementi del mondo di Mario ci sono tutti.

Legandoci al discorso del ritornare sulle isole già visitate, possiamo sottolineare uno di quelli che ho reputato essere un difetto del gioco: ovvero che il ritmo con il quale l’avventura avanza è davvero molto lento in diversi frangenti e questo aspetto diventa molto percepibile soprattutto nelle fasi finali dove il gioco ti costringe a fare una serie di piccole missioni una dietro l’altra prima di arrivare al sodo e molto spesso si ha l’impressione che questo aspetto sia più uno stratagemma per allungare il brodo piuttosto che una scelta di game design sensata, il che è molto strano dato che comunque si tratta di uno dei titoli più longevi della serie di Mario.

Tornare sulle isole già visitate, come detto, ha molto senso perché ci sono dei percorsi aggiuntivi che prima non si potevano raggiungere senza l’abilità adatta e in fin dei conti, data la bellezza estetica dei vari mondi, è anche piacevole tornarci, ma è capitato spesso, soprattutto nelle fasi finali del gioco, di dover tornare su una stessa isola più e più volte anche se era del tutto completata: il più delle volte, inoltre, questo significava semplicemente tornare sull’isola e fare un singolo dialogo con un NPC per procedere con l’avventura, un aspetto che sicuramente può avere senso a livello di world building e di trama, ma che a livello ludico diventa pressoché noioso e ripetitivo.

Fortunatamente con l’avanzare del gioco si sbloccano modi molto più rapidi per raggiungere le isole già visitate, anche quelle molto lontane che non sono in traiettoria con la Solcamari: questo è sicuramente un aspetto positivo che rende lo sviluppo delle missioni più veloce anche se resta comunque l’impressione che, a parer mio, alcuni frangenti potevano essere ridotti o addirittura eliminati per arrivare dritti al sodo.

Non ci sono solamente le isole da salvare

Un’altra parte del gameplay che, secondo me, è poco riuscita rispetto al resto del gioco che ci ha abituati a standard molto elevati è quello delle missioni secondarie che, per definizione, sono totalmente slegate da quella principale e sono utili solamente per ottenere oggetti aggiuntivi, scoprire qualche retroscena particolare su alcuni dei personaggi principali dell’avventura oppure semplicemente per fare qualche lotta in più per guadagnare esperienza e salire di livello migliorando ulteriormente le proprie statistiche di base.

Un aspetto sicuramente positivo delle missioni secondarie è che non interrompono troppo il flusso principale dato che si sbloccano solamente tra una quest principale e l’altra e sono utili per dare un po’ di respiro al giocatore in attesa della prossima avventura più complessa, ma in fin dei conti la maggior parte di queste sono principalmente delle fetch quest durante le quali bisogna consegnare degli oggetti particolari agli NPC o addirittura fare semplicemente dei dialoghi che non aggiungono nulla al gameplay, sono apprezzabili invece le quest secondarie dove bisogna affrontare delle lotte impegnative oppure quelle che permettono di scoprire alcuni retroscena dei personaggi principali che si incontrano nel corso dell’avventura così da dargli molta più profondità, ma in ogni caso rappresentano solamente una piccola percentuale di tutte le quest secondarie che a un certo punto sono destinate a essere ignorate per concentrarsi su quella principale.

Una perenne gioia per gli occhi: quadri in movimento

Uno degli aspetti positivi del visitare le isole di Mario & Luigi: Fraternauti alla carica è sicuramente il loro impatto visivo; Nintendo e Acquire hanno portato a termine un lavoro davvero magistrale nel creare un ecosistema differente per ogni isola del gioco sotto ogni punto di vista, lavorando talmente nel dettaglio per far capire subito al giocatore in che tipo di mondo si trova, quali nemici incontrerà lungo il percorso e farsi un’idea anche su quali ostacoli si troverà lungo il proprio cammino.

Lo stile grafico del gioco, che comprende ambientazioni, personaggi e tutti gli elementi a schermo del titolo, resta sui binari cartoon che abbiamo potuto notare nelle ultime iterazioni principali di Mario, come Odyssey e Wonder, ma con l’aggiunta di un cel-shading davvero molto gradito che riesce a essere un punto di rottura con il passato, ma essendo comunque coerente con lo stile di Super Mario che abbiamo imparato a conoscere negli anni, uno stile magari scelto proprio in base al mood generale del titolo che richiama molto la magia e i sogni.

Un plauso agli sviluppatori va fatto anche per le magistrali animazioni: le espressioni facciali e i movimenti del corpo di Mario e Luigi sono talmente curati che i due protagonisti riescono a comunicare anche senza dire una singola parola; animazioni che raggiungono livelli altissimi in battaglia dove i due fratelli si muovono verso il nemico in maniera coerente e realistica, con impatti sul nemico percepibili dallo schermo e sequenze animate esclusive per le mosse speciali talmente ben fatte che viene voglia di selezionarle solamente per guardare e riguardare le animazioni.

Standard molto alti che si mantengono anche per il design dei mostri che, come ogni gioco di Mario che si rispetti, è molto caratteristico e mai banale sia dal punto di vista dell’aspetto esteriore che per le animazioni dentro e fuori dai combattimenti, uniche e che non si ripetono mai: un lavoro a dir poco magistrale se pensiamo che in questo capitolo sono stati ideati dei mostri totalmente nuovi e che non fanno parte delle creature tipiche del Regno dei Funghi.

Conclusione

Mario & Luigi: Fraternauti alla carica non è sicuramente il miglior RPG sul mercato, ma nemmeno è intenzionato a esserlo: è invece un’avventura studiata nei minimi dettagli ricca di esplorazione, scoperta, meraviglie visive, dialoghi, colpi di scena, enigmi e combattimenti che sicuramente si pone tra i migliori giochi di Mario della storia. Nintendo ha deciso di chiudere il capitolo Switch con questo gioco che, per diverse scelte di trama e di game design, dà quasi l’impressione di essere un enorme tributo alla storia di Super Mario, una chiusura in bellezza come si suol dire.

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This post was published on 18 Novembre 2024 12:00

Salvatore Montagnolo

Nasce il 21 maggio 1996 a Napoli e cresce con la passione per i videogiochi e per tutto ciò che c'è di tecnologico nel mondo. Preme il suo primo tasto "START" all'età di 6 anni con Crash Bandicoot per l'inizio di una grande avventura all'insegna di console, comandi e schermi.

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