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Recensioni

Silent Hill 2 Remake | Recensione (PS5) | Il ritorno più desiderato

La storia di James Sunderland e del suo ritorno a Silent Hill è una di quelle che ha cambiato per sempre il mondo dei videogiochi. Team Silent, nel 2001, aveva cambiato le carte in tavola in maniera davvero efficace con il secondo capitolo di Silent Hill, mescolando in una maniera quasi unica per il mercato mainstream l’horror psicologico e meno “splatter” a una trama di una profondità reale, con abbastanza livelli di lettura da soddisfare i videogiocatori adulti o quasi.

Ventitré anni dopo, dopo quasi una decina d’anni passati a rincorrere il desiderio di un rifacimento di quest’opera, Bloober Team finalmente mette sul campo un remake confezionato in maniera particolarmente competente, il tutto nonostante una campagna marketing un po’ claudicante che male aveva fatto sperare ai videogiocatori e che tanto aveva fatto parlare di sé.

Eppure poche altre volte nella mia carriera di videogiocatore tanto mi sono impressionato davanti al valore tecnico di certe scene, alla sottigliezza di certe animazioni, all’emozione che è riuscita a trapelare dagli occhi digitali di un personaggio mai esistito. 

Disclaimer per fifoni e pignoli

Giusto un presupposto: chi vi sta parlando di SH2, purtroppo, non ha mai avuto modo di giocare in maniera approfondita l’originale per la più naturale delle questioni ovvero LA PAURA. Le venti ore passate davanti a Silent Hill 2 Remake, in tal senso, sono state più una tortura che un piacere ma il “doverlo fare per lavoro” in un certo senso ha smorzato la carica horrorifica di certe scene.

“E questo che ci frega” direte voi?! Questo è importante perché siamo più che sicuri che il gioco faccia diversi richiami a delle sottigliezze del capitolo originale e che, a causa della nostra sua conoscenza più enciclopedica che esperienziale, questi non abbiano attecchito, né più né meno. Fortunatamente l’opera di Bloober ha muscoli sviluppati abbastanza da non rappresentare in alcuna maniera un problema ma andiamo con ordine.

Ricreare il terrore

Silent Hill 2 Remake è una riproposizione aggiornata dal punto di vista ludico, registico e soprattutto tecnico dell’opera originale uscita nel 2001 su PlayStation 2 e arrivata poi su altre varie ed eventuali piattaforme. Nel riproporre l’opera Bloober ha fatto tutto il necessario per lasciare la narrativa dell’originale intatta, andando a modificare in maniera parziale alcune scene per delle questioni di fotografia e regia, in favore di un videogioco più attuale e in un certo senso “commerciale”.

Questo significa che gli appassionati di vecchia data possono stare relativamente tranquilli in quanto il tipo di modifica posta al gioco snatura davvero in maniera minima l’opera originale. La regia di alcune scene (vedi il primo incontro di Pyramid Head con le infermiere) è stata modificata a favor di PEGI, alcune scene “madri” hanno inquadrature leggermente diverse ma nella stragrande maggioranza dei casi tutto ciò è fatto per porre ulteriormente l’accento sulla qualità tecnica del gioco e non per rimuovere qualcosa dalla trama del gioco, che oggi come ieri colpisce ancora fortissimo il cuore del giocatore.

Rinfreschiamo la memoria a tutti quelli che non sanno di che stiamo parlando: Silent Hill è il nome di una località turistica immaginaria che si trova nel Maine, in America, sulle coste del lago Toluca. Il protagonista della nostra storia, James Sunderland, riceve una lettera da parte della moglie Mary in cui lei dice di aspettarlo nel loro “posto speciale”, ovvero Silent Hill.

C’è un problema: lei è morta da tre anni e la lettera, oltre a essere recente, mette sul piatto tutta una serie di dati e informazioni che soltanto Mary poteva sapere. Tutto questo porta James a fare il viaggio più importante della sua vita: arrivare a Silent Hill per vederci chiaro. Il percorso di James sarà irregolare: da complessi di appartamenti abbandonati a ospedali, passando poi anche per luoghi più metafisici per così dire. Non mancherà, chiaramente, la realtà parallela dell’“altro mondo” con cui Silent Hill è diventato famoso, quindi più rugginosa, marcescente e disagiata che mai.

Una storia immortale

Ancora oggi la trama di Silent Hill 2, partendo da una proposta così semplice, viaggia fino ad arrivare a livelli altissimi. Bloober guarda con grande rispetto alle caratterizzazioni dei personaggi e delle vicende, portando una grandissima cura nella realizzazione del cast di figure che animano i nebbiosi vicoli della città. Ancora più cura, però, è stata riposta nella riproposizione delle ambientazioni che qui più che mai raggiungono delle vette veramente altissime di bellezza.

Silent Hill non è mai stato un “bel posto” in cui vivere ma di sicuro è un luogo categorizzabile come affascinante; in Silent Hill 2 Remake il lavoro fatto da Bloober Team per adattare quell’immaginario e quell’estetica alle tecnologie e alle possibilità moderne è veramente da applausi sperticati.

Passeggiare per le vie di Silent Hill è più inquietante che mai, complice una nebbia di un fotorealismo probabilmente senza precedenti nel mondo dei videogiochi, che accompagna il giocatore durante tutti quanti i processi esplorativi. Quando non è la nebbia a dare inquietudine sono le ambientazioni, le scelte di illuminazioni fatte, le palette di colori impiegate, le scelte registiche che forzano leggermente la telecamera su un dettaglio piuttosto che un altro: di paura, in Silent Hill 2 Remake, ce n’è tanta ed è sempre gestita in maniera intelligente, utilizzando in maniera formalmente ineccepibile tutte le sottigliezze del gioco base per offrire un’esperienza intensissima.

Altro appunto incredibilmente positivo: la recitazione dei modelli poligonali! La qualità media della recitazione digitale dei personaggi è elevatissima, con personaggi come James che raggiungono dei picchi onestamente insperati; in diverse cutscene del gioco si rimane onestamente a bocca aperta per l’espressività sommessa del protagonista o di alcuni dei personaggi che animano la vicenda centrale del gioco, che con giusto un paio di sguardi riescono a far trasparire il loro essere persi, il loro disagio o ancora peggio il loro dolore. Ci sono alcune scene recitate peggio di altre, questo è indubbio, ma fidatevi se vi diciamo che il livello medio è molto alto.

Il suono della paura

Se c’è una cosa potenzialmente ancora più immortale del Silent Hill 2 del 2001 è la sua colonna sonora curata da Akira Yamaoka, con un suo mix immortale di strumenti rock, momenti ambient, atmosfere industrial e in generale una capacità senza precedenti di sonorizzare a schermo alcuni dei luoghi più inquietanti e macabri che siano mai apparsi all’interno di un’opera audiovisiva. A questa colonna sonora, inoltre, si accompagnava un sound design di primissimo livello che, sfruttando l’inserimento procedurale di suoni all’interno delle ambientazioni, andava ad arricchire ulteriormente il tutto per un risultato finale che giustamente è entrato nella storia.

La paura per come tutto questo sarebbe stato trattato all’interno del remake era tanta e giusto l’annuncio ufficiale di Akira Yamaoka a lavoro sulla riedizione delle canzoni con la collaborazione di Bloober aveva calmato parzialmente le acque. Dopo esserci rovinati il sonno per una ventina di ore, comunque, possiamo tirare le somme e dire che anche questo comparto del gioco è stato saggiamente modernizzato.

Se la colonna sonora sicuramente farà storcere il naso a qualcuno (perché quella del remake è un pizzico meno lo-fi dell’originale) ma si mantiene su livelli di totale eccellenza, ad aver sorpreso per il livello di qualità raggiunta è il sound design. In primis durante il nostro playthrough abbiamo maledetto fortissimamente Bloober per aver avuto la geniale ma inquietante idea di gestire i suoni della radio (che con le sue interferenze funge da “radar” per i mostri) attraverso lo speaker integrato del joypad, in secondo luogo invece giocare il titolo in cuffia permette di immergersi in maniera veramente totalizzante all’interno di una delle esperienze più inquietanti e intense di recente memoria. Gli stridii delle porte, i respiri che si avvicendano passo dopo passo, i passi che si fanno ora pesanti ora ovattati, i latrati e i mugolii: tutto un insieme di ingredienti che innalzano ancor più l’esperienza orrorifica.

Tra spranghe e indovinelli

Ok ma quindi questo remake è una riproposizione 1:1 estremamente fedele dell’originale? Fortunatamente per i nostri polpastrelli abituati al gameplay moderno no: Bloober Team in tal senso ha fatto un buon lavoro andando a digerire e reinterpretare la struttura del TPS survival horror a là Resident Evil Remake maniera. La telecamera passa dall’essere fissa a essere mobile, stavolta posizionata dietro le spalle del nostro protagonista;  il control scheme prevede un po’ meno menu crawling, con la possibilità di selezionare le armi al volo tramite i tasti direzionali o di poter usare le armi melee direttamente usando il grilletto destro del pad. Il gunplay non è esattamente soddisfacentissimo ma senza dubbio è strumentale all’esperienza di gioco, che tutto prevede fuorché il giocatore si senta “potente” contro le minacce che Silent Hill gli propone.

L’unica “aggiunta” vera e propria al gameplay è stata fatta con l’introduzione di una schivata, che può aiutare il giocatore nell’evitare gli attacchi a distanza ravvicinata e che è anche piuttosto semplice da sfruttare, non richiedendo un particolare tempismo. Va detto che la difficoltà del gioco è bilanciata in maniera interessante, con la modalità normale che in tale contesto si configura come veramente quella perfetta per neofiti e non da giocare.

Alcuni cambiamenti sono stati fatti ai boss, che diventano leggermente più spettacolari da combattere con delle fasi o delle cutscene extra per attacchi specifici: tutto il necessario per offrire un pizzico di contorno in più all’esperienza. 

Chiaramente Silent Hill 2 Remake non è un gioco con al centro i combattimenti: di esplorazione ce n’è tantissima ed è anche fatta in maniera più che dignitosa. Per evitare di creare un fastidioso effetto deja vu Bloober ha modificato tutti i puzzle che permettono al giocatore di proseguire nell’avventura, offrendo un selettore di livelli di difficoltà che vanno a modificare in maniera rilevante la progressione nell’avventura. Il nostro playthrough è stato giocato a modalità normale e i puzzle rilevanti sono stati bilanciati, interessanti e intelligenti, con qualche svista di troppo in giusto un paio di occasioni che possono andare a peggiorare leggermente l’esperienza.

Cosa non va?

Il problema “maggiore” dell’esperienza lo abbiamo riscontrato nella gestione di tre elementi: schivate, telecamere e intelligenza artificiale dei nemici.

Per quanto funzionali, le schivate non sempre si comportano nella maniera che vogliamo, facendoci beccare diversi colpi in maniera del tutto gratuita con i nemici che letteralmente “pattinano” verso la nostra direzione; se a questo aggiungiamo una telecamera che non si comporta granché bene quando gli spazi si restringono, costringendoci alla cecità, abbiamo situazioni in cui letteralmente si finisce per morire senza nemmeno capire da dove arrivano i colpi.

Fortunatamente l’intelligenza artificiale dei nemici non è esattamente sviluppata ma non è che questo sia proprio “d’aiuto”. Chiaramente non c’è la pretesa di un AI come quella di un F.E.A.R. o di un Selaco (per fare i moderni) ma più volte abbiamo visto i nemici incastrarsi dove non avrebbero dovuto o nascondersi in piena vista, consapevoli del loro essere sotto tiro ma senza l’agency necessaria per dire “forse è meglio attaccarlo subito”; niente che non si possa risolvere con una patch.

Se a questo sommiamo i leggeri problemi tecnici che abbiamo notato, con qualche calo di frame sotto i 30 in momenti con un sacco di effetti a schermo, abbiamo qualche scheggina su di un’esperienza davvero vicina all’eccellenza più assoluta

Conclusione

Bloober è riuscita nel difficilissimo compito di attualizzare un capolavoro videoludico attraverso una certosina gestione di gameplay e aspetto tecnico, seppur con qualche inciampo. Le modifiche al materiale originale sono contestualizzate per il panorama odierno dei videogiochi e nulla tolgono alla qualità complessiva del gioco, che rimane estremamente alta. Silent Hill 2 Remake ha la migliore nebbia mai vista in un videogioco, uno dei sound design più viscerali e crudeli della storia del medium e racconta, ancora una volta, una delle storie più emotivamente forti con tutti i vantaggi dell’avere dei veri e propri attori digitali a sua disposizione. Ce ne fossero di Remake come questo.

This post was published on 4 Ottobre 2024 9:00

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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