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Visions of Mana | Recensione (PS5) | La fiaba di Cuore che rincorreva la sfuggente Tecnica

Visions of Mana, la nuova iterazione della saga nata da alcune delle menti creative dietro ai primi Final Fantasy, è ormai giunto sul mercato e punta a riportare in auge la serie di Seiken Densetsu (Mana). Sarà riuscito nel suo intento?

Quando un brand del passato ritorna, evoca sempre diverse sensazioni, prima fra tutte le curiosità di capire quanto bene potrebbe fare quella nuova iterazione alla memoria storica di un brand che, ancora oggi, resta nei cuori di tutti gli appassionati di JRPG. La serie “Mana” infatti, sin dalla sua nascita nel 1991, ha tentato di rappresentare l’alternativa a Final Fantasy, tentando però di puntare su elementi diversi che riuscissero a caratterizzarla e renderla identitaria.

Visions of Mana rappresenta il perfetto prosieguo del discorso che Square Enix aveva intrapreso prima col remake di Secrets of Mana (2018) e poi con Trials of Mana (2020), anch’esso remake di un titolo del passato, Seiken Densetsu 3. Sebbene Secrets of Mana resti ancora oggi tra i capitoli più amati dai fan, per un perfetto mix di narrativa intrigante e gameplay avvincente, con Visions of Mana si tenta di puntare esattamente su ciò che aveva permesso ai fan di affezionarsi alla serie in prima battuta. Che ci siano riusciti?

La fiaba incostante – personaggi e dialoghi, uniti per il tedio

La serie Mana non si è mai contraddistinta per la narrativa, che ha sempre avuto un piglio molto infantile o comunque estremamente semplicistico. Con Visions of Mana, la situazione non cambia poi molto. Ciò che però fa più storcere il naso, non è tanto la bonomia di scrittura e personaggi, di cui già vi avevamo parlato in sede d’anteprima, quanto più l’incostanza con il quale il racconto procede.

Si nota un distacco estremamente netto tra la prima e la seconda parte di gioco. Per le prima 8-9 ore infatti, la narrazione sarà estremamente lineare, quasi bambinesca nella messa in scena di diverse soluzioni, per non parlare della scrittura dei personaggi e dei dialoghi, un vero pugno allo stomaco che rendono le prime ore di gioco un incubo, soprattutto se si lega questo problema a delle mancanze di design decisamente fastidiose come la durata delle cut scene che finiscono col rallentare l’intero ritmo di gioco, unitamente a degli inneschi veramente mal pensati.

Non ci siamo

Tante, troppe volte, si è presentata la situazione in cui dopo una cut scene durata svariati minuti, ci venisse dato un obiettivo, illudendoci di star finalmente per giocare, per ritrovarci semplicemente a fare pochi, pochissimi metri in avanti col personaggio, semplicemente per far partire l’ennesima cut scene di durata consistente. E sarà veramente difficile trovare una cut scene che valga la pena seguire, dato che, come detto, la trama e la narrazione nella prima parte, tentano di ricalcare una fiaba ma si perdono in una ridondanza fastidiosa e pedante.

La seconda parte di gioco, viene inaugurata da un plot twist decisamente interessante, che cambia di tanto il mood narrativo generale, dando un taglio più “reale” alle reazioni dei personaggi, introducendo nuovi temi come la lotta tra tradizione dogmatica e dubbio umano, sulla scelta da effettuare tra la soddisfazione personale e l’evitare di deludere chi ci sta intorno pur di essere felice. Il problema è che, anche a queste conclusioni si giunge in maniera fin troppo repentina e senza una vera e propria costruzione delle tematiche, che avrebbe sicuramente migliorato l’impatto emotivo di certe scelte.

Per chiudere il discorso su narrativa e personaggi dunque, diciamo che la scrittura non è certamente il punto forte di Visions of Mana, che propone un susseguirsi di eventi abbastanza tagliato con l’accetta, con pochi spunti emotivi che permettano di empatizzare coi personaggi. Il tutto, mentre dialoghi al limite della tautologia si conseguono imperterriti, lasciando il giocatore con la speranza che finiscano il prima possibile, così da tornare a divertirsi con ciò che di effettivamente divertente ha il gioco: il gameplay.

Combattere ed esplorare – la vera fantasia finale

Pronti alla ciccia?

Il gameplay, come già succedeva negli scorsi capitoli della serie, rappresenta un po’ il cuore dell’esperienza, ciò che davvero può permettere ai giocatori di apprezzare i vari titoli e Visions of Mana non fa eccezione anche se, e questo lo premettiamo, vari aspetti sono comunque estremamente perfettibili. Dividiamo dunque il gameplay in due macro categorie, combattimento ed esplorazione, e vediamone per bene i punti di forza e debolezza.

Combattimento

Visions of Mana per il combattimento, opta per la formula da JRPG con combattimenti in tempo reale, riuscendo però a trovare un buon compromesso: come spiegato in sede d’anteprima, per ogni gruppo di nemici che si incontra, il gioco creerà un’istanza di combattimento (visibile grazie a un cerchio luminoso entro cui lotteremo) da cui, solo in certi casi, sarà possibile fuggire. In tal modo, nonostante i combattimenti in tempo reale, non si rischierà di trovarsi circondati da mostri vari con aggro sbarazzino e il combattimento rimarrà circostanziato.

Parlando di combat system e meccaniche, il gioco da sicuramente il meglio. Oltre alle classiche combo con attacchi pesanti e leggeri, il cui moveset cambia in base all’arma equipaggiata, vi saranno diversi altri livelli di profondità dati dagli incantesimi, dagli incantamenti all’arma e soprattutto, dai “Vessel” elementali: speciali artefatti che, una volta equipaggiati sbloccano un’abilità unica e proprietaria del Vessel oltre che un albero delle abilità diverso per ogni Vessel, che permette di avere accesso a mosse e incantesimi unici.

Pronti a combattere?

Il fattore “elementale” sarà fondamentale, dato che il gioco basa tanto sul trovare il giusto elemento per contrastare il giusto nemico, cosa che richiede continui cambi di Vessel, trovando la giusta distribuzione di questi all’interno del party di eroi che ci accompagneranno per l’avventura. E parlando del party d’eroi, stupisce quanto sia scattante l’intelligenza artificiale di ogni nostro compagno (che potremo comunque decidere di controllare in ogni momento, con la semplice pressione di un tasto), che potremo inoltre “educare” tramite un apposito menù, che imporrà a ognuno una tattica diversa da seguire: dall’essere più offensivo a essere più difensivo, dall’attaccare un nemico diverso a quello che stiamo attaccando noi fino a scegliere l’ingordigia con cui potrà avere accesso agli oggetti di cura in modo autonomo.

Vengono fuori ovviamente delle mancanze, soprattutto a causa di collisioni non proprio perfette e una difficoltà che, a livello “Normale” punta decisamente al ribasso, tanto da rendere non necessario il corretto sfruttamento delle difese elementali. Si tratta comunque di un combat decisamente profondo e scenografico, che se gestito con maggiore cura e maestria, avrebbe sicuramente potuto risultare più pulito e immediato, oltre che meglio integrato con la narrazione che lo presente in maniera fin troppo diluita.

Esplorazione

Durante le fasi esplorative, vengono fuori davvero le mancanze del team, probabilmente non troppo numeroso, né esperto o con a disposizione troppo budget.
Mancano quasi del tutto le interazioni ambientali, se non per i menù dei mercanti e dei dialoghi che puoi effettuare con quei pochi npc che popolano le mappe e che comunque, finiscono col rappresentare soltanto una perdita di tempo che non aggiunge nemmeno molto alla narrazione ambientale.

Pare infatti di muoversi all’interno di grandi diorama, in cui nulla è vivo seppur tutto sia bellissimo. Il problema aumenta quando, negli spazi più aperti che è possibile esplorare anche a dorso di cavalcatura, si trovano perlopiù gruppi di nemici tematici, collezionabili e forzieri che però, soltanto in rarissimi casi ricompensano con degni premi, che sono invece spesso rappresentati da oggetti di cura ben poco affascinanti, contando anche la semplicità con cui è possibile reperirli dai mercanti.

Un’esplorazione che lascia un po’ l’amaro in bocca, al netto di diversi sistemi di movimento integrati, che si intrecciano con lo sfruttamento di quei Vessel elementali di cui parlavamo prima, che potrebbero avere il potenziale di creare collegamenti unici grazie allo sfruttamento della verticalità e che dovrebbero spingere a fasi di approfondito backtracking, man mano che vengono sbloccati i Vessel giusti per accedere a determinate fasi, prima precluse. Ma anche nei rari casi in cui ciò accade, tutto ciò che si ritrova a fare è aprire l’ennesimo forziere che continuerà a lasciarci con l’amaro in bocca, un gioco che non varrà la candela.

Sulle quest secondarie ben poco da dire: si tratta per la maggior parte, di fetch quest per nulla interessanti, necessarie più che altro ad ammazzare il tempo e racimolare qualche soldo in più per compare risorse.

L’Arte di Mana

Bello eh, ma…

L’art direction di Visions of Mana, nella macroscopia, riesce facilmente a regalare belle sorprese, tra scorci mozzafiato e uno stupendo design degli ambienti. Come detto, il grande problema, anche all’interno di ambienti più microscopici creati con una certa cura per l’impatto visivo, è la mancanza di qualsivoglia tipo di interazione, fattore che tende a spegnere un ambiente che cerca invece di ravvivarsi di continuo.

Per quanto riguarda il design dei personaggi, si trovano alcuni guizzi qui e là, che non permettono di urlare al miracolo ma finiscono col risultare gradevoli alla vista. Stesso discorso può farsi per l’enemy design, che passa dal puccioso all’anonimo allo spaventoso, senza riuscire mai a trovare una chiave di lettura univoca che riesca a dare identità al mondo.

Ottima colonna sonora, che soprattutto nella seconda metà di gioco, riesce ad accompagnare veramente molto bene quelle, non troppe, scene emozionanti che vale la pena vivere.

Per quanto riguarda le prestazioni, dobbiamo però dirci abbastanza delusi. Abbiamo potuto giocare il titolo su PS5 e tante sono state le mancanze che sono venute fuori, da un pop up degli oggetti estremamente vicino a una profondità di campo quasi inesistente, fino a continui cali di frame sia durante determinate cut scene che durante le fasi più concitate. Il titolo risulta perfettamente giocabile, ma considerando che si tratta di un’avventura da completare in circa una 30ina d’ore, in cui gran parte degli spazi saranno perlopiù dei corridoi chiusi, utili a raggiungere il prossimo trigger di trama, si sarebbe sicuramente dovuto fare di più, anche al netto di una grafica che seppur coloratissima, non ricalca sicuramente standard odierni.

Conclusioni

Visions of Mana è un titolo che riesce a far tornare a parlare della serie Mana, cosa più che positiva. Tuttavia, non riesce quasi mai a brillare, lasciando il giocatore con la convinzione che se delle mani più esperte e sapianti l’avessero lavorato, tentando magari di creare una narrativa più interessante, bilanciando meglio il ritmo di gioco, creando un’esplorazione più appagante e rifinendo bene le già belle idee di combat system, sarebbe potuto essere qualcosa di davvero stupendo che invece, può fermarsi giusto un passo avanti la mediocrità, anche a causa di limiti tecnici sensibili. Un’esperienza gradevole e semplice, che dimostra tanto cuore e che fa rimpiangere ciò che sarebbe potuto essere.

This post was published on 29 Agosto 2024 9:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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