Una roadtrip che sembra essere l’unica via d’uscita da un sistema di governo distopico che vuole eliminare tutti i Devianti (o meglio Anomali) come la protagonista Pax e i suoi amici. Con il potere della propria voce, queste persone speciali possono influenzare la mente umana, ma da dove provengono queste misteriose capacità, quali sono i rischi e la fuga sarà davvero la scelta migliore? Dustborn vi farà immergere in un’atmosfera in pieno stile fumetto americano, mettendo alla prova la vostra morale con tantissime scelte in una folle avventura distopica.
Pubblicato da Quantic Dream, ma sviluppato da Red Thread Games, segue la scia di avventure grafiche come Detroit: Become Human e Life is Strange, aggiungendo un tocco di Road 96, un pizzico di Oxenfree e tanti personaggi memorabili. Vediamo cosa ci è rimasto davvero dopo le circa 20 ore passate sulle desertiche strade americane tra robot e relazioni complicate.
Nord America, 2030, in un universo alternativo in cui J. F. Kennedy ha perduto sua moglie in un attentato, sposato poi Marilyn Monroe e istituito la Giustizia, un severo organo pubblico che contrasta l’illegalità e i Devianti come i nostri protagonisti: stanchi della loro vita di oppressione nella futuristica Pacifica, la tostissima afroamericana Pax convince la nerboruta amica con la vitiligine Sai e l’ex fidanzat* non-binary Noam a seguire il misterioso quarantenne Theo in una missione letale che prevede il furto di alcuni dati top secret da vendere e la fuga disperata verso Nuova Scozia, dall’altra parte del continente.
Questo il party principale, già abbastanza “woke”, al quale si aggiungeranno l’ansiosa sorella asiatica di Pax con occhio prostetico, un robot in cerca della propria identità e altri personaggi tutti estremamente inclusivi e variegati. Il gioco non ricade in particolari stereotipi, ma è evidente l’intento di includere veramente qualunque archetipo possibile in questo strambo team che tutto sembra tranne che un gruppo di fuggitivi che vorrebbe passare inosservato. La loro copertura da bizzarra band indie rock però regge bene e le canzoni, giocabili in sezioni rhythm game ben fatte, sono molto orecchiabili e memorabili.
Tant’è che più volte i nostri protagonisti si ritroveranno a dover ricorrere all’uso della Vox, i propri poteri personali legati al linguaggio che spaziano dall’inganno alla super-forza, oppure direttamente alle mazzate e ai pugni in sezioni di gameplay action non troppo complesse (c’è anche la modalità storia per semplificare ulteriormente questa parte del gioco). La Vox può essere usata anche in combattimento per bloccare i nemici umani, metterli l’uno contro l’altro, spingerli o sfruttare altre utili abilità.
Sebbene il mondo di gioco sia rilevante e la protagonista sia strettamente legata alla Vox, agli echi e a ciò che sta turbando la quiete del Nord America, ciò che definisce le vere differenze di trama sono le relazioni tra Pax e i suoi compagni di viaggio che influiscono sui vari finali. Le icone in alto e il menù di gioco aiutano a comprendere chiaramente verso quale finale si sta andando con ogni personaggio (in teoria ogni compagno ha tre finali, anche se alcuni eventi ci sono sembrati assolutamente imprevedibili e inevitabili).
Tutti i dialoghi sono in tempo reale, cosa che comporta ovviamente una generale lentezza che potrebbe infastidirvi, ma che è fondamentale per la meccanica del silenzio che caratterizza le scelte di Dustborn: talvolta l’ascolto è più importante della risposta lampo, mentre altre volte si può attendere troppo e perdere l’opportunità di dire qualcosa di importante. Le scelte e il tempo vanno di pari passo, rendendo molto intriganti le discussioni e i ricorrenti falò attorno al fuoco dove si sviluppano maggiormente le relazioni tra Pax e gli altri, ma anche tra gli stessi compagni di viaggio.
Il gameplay è lento, ma almeno il tutto è ben doppiato in inglese e interamente tradotto in italiano, cosa che rende il titolo molto più fruibile e piacevole da giocare. Non mancheranno colpi di scena, divertenti assurdità, battute irriverenti e ahimè anche buchi di trama; la storia infatti ci ha lasciato con varie domande e questioni irrisolte, soprattutto sul finale, ma ciò ci può solo far sperare in un ampliamento del mondo distopico di Dustborn in futuro.
Dustborn cerca con successo di combinare gli aspetti migliori dei predecessori del suo stesso genere, ma si perde un po’ nel tentativo di lasciare la trama aperta (forse in prospettiva di un secondo capitolo), spiegando poco dell’effettivo impatto dei personaggi sul mondo di gioco. Ben gestiti però alcuni archi narrativi dei protagonisti e il sistema di scelte che prevede anche la possibilità di rimanere in silenzio e sbloccare nuove opzioni di dialogo. Con uno stile incredibile e una colonna sonora indie rock memorabile riesce comunque a distinguersi e vi farà passare una ventina di ore incollati allo schermo. Peccato per alcuni bug e soprattutto per l’assenza di una velocizzazione del testo o selezione dei capitoli che invoglierebbe i giocatori a fare più di una singola run, così da esplorare tutti i segreti e finali disponibili.
This post was published on 14 Agosto 2024 16:00
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