Fatevi il segno della croce, se volete. Tanto non vi servirà a nulla.
Recensire questo gioco ha poco senso, o almeno lo ha tanto quanto recensire la Bibbia. Quindi tanto vale recensirla:
La Bibbia offre una narrazione potente e longeva, in grado di tenere incollati milioni di lettori – passati, presenti e futuri – fino all’ultima pagina. Peccato per qualche caduta di stile qua e là, nonché per la caratterizzazione schizofrenica del personaggio principale, ma nel complesso è senza dubbio un libro da avere.
Ecco, ora posso procedere e parlarvi di Indika, anche se in realtà mi piacerebbe limitarmi a suggerirvi di giocarlo. In questo gioco si parla di Dio, del Diavolo, di una suora che disquisisce col secondo circa l’esistenza del primo, di miracoli e malattie mentali; in questo gioco sono presenti tanto l’iconografia ortodossa quanto la musica elettronica e dei minigiochi simil 8-bit (dopo ve ne offro uno screenshot in omaggio); la sua protagonista si eleva tanto nei cieli del trascendente quanto sprofonda negli orrori dell’immanente. Indika parla della ricerca dell’Altissimo, del Tutto, e della disperazione di doversi rassegnare al Bassissimo, al Nulla. Indirettamente, si affronta anche il tema dell’invasione russa dell’Ucraina, con la convinzione che il videogioco possa, debba parlare di tutto questo e anche di più.
Volevo farmi un corso accelerato su Wikipedia di letteratura russa, per potervi agevolmente parlare dei rimandi alle opere di Bulgakov e Dostoevsky contenute in questo gioco. Ma in definitiva potete farlo da soli, se vi interessa, e non servirebbe a molto. Mi limiterò invece a dirvi che Indika è un’avventura narrativa prevalentemente in terza persona, in cui vestiremo la tunica di una giovane suora, Indika appunto, reclusa all’interno di un austero convento perso nelle steppe russe di inizio Novecento per motivi che poco hanno a che fare con la vocazione. Il passato della protagonista sarà svelato poco a poco nel corso del gioco, sotto forma di flashback decisamente sui generis (vorreste che ve ne parlassi, e invece non lo farò).
Indika non si caratterizza solamente per la sua fede problematica, ma anche per una facoltà ben più imbarazzante per una Sorella: la ragazza parla col diavolo. O meglio, il satanasso commenta le sue azioni e i suoi pensieri con una voce suadente e sardonica che solo lei può sentire, e che la povera umiliata non può in alcun modo scacciare. Ogni tentativo di ribattere al sulfureo tarlo che le assilla il cervello non fa altro che aizzarlo a ulteriori e più cinici rimbecchi, in un’eterna sevizia che solo le preghiere più forsennate – quelle che fanno stringere il rosario talmente forte da sanguinare – possono scacciare, pur solo momentaneamente. Ma perché Satana ha preso di mira proprio Indika? E perché il destino – o la Provvidenza – sembra sottoporla a un viaggio iniziatico che la porterà molto lontana dalle tranquille e asfittiche mura del convento?
Ma cosa si fa in questo gioco? Si cammina un po’ – o se preferite si corre – si raccolgono immagini votive e si accendono candele, si prega, si scappa da cani giganti… sì, avete letto bene, cani giganti!
La verità è che non vorrei dirvi assolutamente nulla di questo gioco per non guastarvi il piacere della scoperta. I tortuosi labirinti mentali percorsi dalla protagonista si traducono in un’altrettanto surreale esplorazione di una Russia trasfigurata nel tempo e nello spazio, dove banali mulini ad acqua diventano fortezze pericolanti, campanili di chiese ortodosse assumono proporzioni epiche e il freddo glaciale della steppa… beh quello rimane tale.
In questa avventura completabile in poco più di 4 ore si esplorano ambienti claustrofobici e scenari vastissimi, risolvendo rompicapi ambientali piuttosto semplici e si “sale di livello” accumulando esperienza. A cosa serve salire di livello? Ad aumentare la vostra fede! A cosa serve aumentare la vostra la vostra fede? A essere buoni cristiani, che domande! A cosa serve…
Sappiate che dire qualcosa di sensato su questo gioco senza fare spoiler è una vera impresa, e ciò mi costringe a rimanere estremamente generico. Se volessi adottare un approccio meramente analitico, direi che il gioco combina elementi tipici del walking simulator con brevi istanze proprie di altri generi come il platform o il puzzle, ma in definitiva il gameplay è un corollario all’esperienza narrativa e non il contrario, come avrete capito.
La portata tematica del gioco è il suo punto di forza, e l’elemento di crisi che ha fatto ripiegare i ragazzi di Odd Meter dalla Russia al Kazakistan, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il publisher 11 Bit Studios, che ha fortemente creduto nel progetto, ha aiutato il team a emigrare e portare a termine il lavoro, che come avrete capito non ci va proprio leggero con la critica alla cultura ortodossa di quel paese e alla mentalità a essa soggiacente.
Farei presto a elencare i difetti – ma parlerei piuttosto di limiti – di design di Indika, primo fra tutti il non aver sfruttato a sufficienza l’unica vera meccanica originale del gioco, ovvero l’alternanza tra la realtà fisica e quella trasfigurata dal demonio, il cui passaggio dall’una all’altra tramite la preghiera è utile alla protagonista per risolvere un paio di sezioni del gioco. Ma sono dettagli del tutto secondari in un disegno generale che mostra una raffinatezza di scrittura e una padronanza registica da far invidia a tanti studi assai navigati.
Non fatevi scoraggiare dalla breve durata e giocate Indika: il vostro spirito vi ringrazierà. E per chiudere, come promesso, uno screenshot di un minigioco simil 8-bit.
Indika è una preghiera laica, un inno alla ragione, una condanna al dogma e una triste ma necessaria meditazione sulla condizione umana, una forma di vita che è artefice tanto della propria gloria quanto della propria dannazione. Un videogioco da non perdere.
This post was published on 1 Maggio 2024 16:00
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