Quando penso a Children Of The Sun penso a molte cose: penso a un bel puzzle game, di quelli che ti costrignono a provare a e riprovare più volte alla ricerca dell’eleganza del ragionamento, penso a quanto alta ho ascoltato la colonna sonora mentre di cranio in cranio pulivo i vari livelli, penso a quanto poco sia stato efficace Far Cry 5 a mostrare la tematica delle sette in quell’America rurale che spesso mi capita di guardare su Youtube.
I bambini del sole, al netto della somiglianza del nome con un vecchio gruppo pop italiano, sono tutti riversi a terra; chi con il cranio spappolato, chi con il cuore bucato, chi senza un braccio, chi senza una mano; di alcuni non rimane più niente perché sono riuscito a infilare il proiettile all’interno di un serbatoio di un auto, che allora ha deciso di rispondere in una maniera che soltanto Micheal Bay: esplodendo.
E nel fare tutto questo mi sono divertito, divertito come un matto.
Children Of The Sun è un puzzle game in cui si ha l’obbiettivo di eliminare tutti gli elementi di un livello avendo un singolo proiettile. Fortunatamente l’odio fa miracoli e questo proiettile può cambiare traiettoria dopo aver eliminato qualcuno dalla faccia della terra, alle volte in maniera parziale, altre volte in maniera completa.
Non solo persone ma anche animali selvatici, uccelli o automobili possono essere utilizzate per redirezionare i proiettili, dando al gioco un minimo di varietà dei bersagli e costringendo il giocatore a portare avanti una serie infinita di ragionamenti su come ottimizzare il proprio percorso.
Se da un punto di vista prettamente ludico ci troviamo davanti a una specie di bizzarro connect-the-dots in versione truculenta, dal punto di vista visivo René Rother, il developer, ha fatto un lavoro di primissimo livello.
Stilisticamente, infatti, il gioco presenta tutta una serie di richiami visivi e non a un universo mezzo weird che pesca a piene mani dall’america pulp, intrecciandola con delle suggestioni e delle scelte cromatico/estetiche che abbiamo visto fatto diventare famose (almeno per i videogiocatori) dai videogiochi di Suda51 (Il meraviglioso Killer7 ne è un buon esempio).
Tutto questo viene amalgamato da una valanga di fanghiglia noise che sicuramente stranierà alcune tipologie di giocatori ma che, all’atto pratico, rendono l’esperienza sensoriale di Children Of The Sun un viaggio nichilista di cranio in cranio, alla ricerca di altra materia grigia da spappolare. Limitato in termini di varietà di approcci e di strumenti narrativi, ma incredibilmente efficace di far fronte a tali mancanze con uno studio delle inquadrature e delle simbologie che poco lascia al caso.
La reiterazione della violenza è una tematica che molto spesso fa capolino nel mondo videoludico e Children Of The Sun narra di una vendetta crudelissima per mezzo di un singolo proiettile, che di sicuro avrà esplorato più menti di quanto potremo fare noi nel corso della nostra vita, costringendo il giocatore ad applicare violenza su violenza per arrivare alla completa dipanazione della storia. Un puzzle game atipico, dall’immaginario fervido e dal sonoro coraggiosissimo, che non avrà il miglior gameplay del mondo ma che rimane un’interessante proposta videoludica adatta a chi cerca qualcosa di saporito.
This post was published on 20 Aprile 2024 21:30
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