Se c’è un genere che sembra andare per la maggiore all’interno dell’universo dei videogames indipendenti, questo altro non è che quello dei metroidvania. Combinazioni più o meno interessanti e più o meno attente di elementi platform e action, con una nota d’attenzione per quanto riguarda il comparto dell’esplorazione, che rappresenta in tutto e per tutto il fulcro dell’esperienza. Il giocatore, attraverso l’esplorazione delle mappe di gioco, scopre elementi di gioco, mostri, scontri, segreti e sopratutto abilità di movimento, queste indispensabili per allargare il proprio bagagli di tecniche per muoversi all’interno delle mappe.
Nell’universo del videogioco indipendente tale genere è molto popolare per una questione prettamente pragmatica: non sono così difficili da realizzare. In prevalenza, infatti, parliamo di videogiochi bidimensionali che hanno bisogno di un buon level design e game design ma che possono tranquillamente fare a meno di un comparto tecnico all’avanguardia per risultare interessanti. Una volta che il giocatore ha la possibilità di esplorare una mappa che risulti soddisfacente ai suoi occhi e una volta che il giocatore ha un sistema di controllo che sia considerabile come affidabile, e sopratutto, sfaccettato, taac, il metroidvania è fatto.
A questo bisogna aggiungere poi un’indicazione di carattere industriale (che brutto chiamare i videogiochi indipendenti un’industria): di metroivania ce ne sono molti ma è difficile definire il mercato come saturo. Solitamente i metroidvania hanno una struttura tale da durare una decina di ore e questo implica che i giocatori appassionati sono sempre (o quasi) alla ricerca di un prodotto del genere da provare, proprio perché parliamo di una struttura unica e dai gameplay loop sorprendentemente solidi.
Questo potrebbe essere, almeno in parte, il caso di The Weird Dream, un metroidvania bidimensionale sviluppato dalla software house cinese Shangai AmberDragons e pubblicato da Whisper Games. Si tratta di un primo prodotto, e per di più, di un videogioco dal costo ridotto e lanciato senza particolare marketing intorno, motivo per cui ci sentiamo di tenere tutte queste informazioni in mente prima di procedere all’analisi vera e propria.
Prima di partire alla scoperta dell’opera di Shangai Amberdragons, andiamo invece a scoprire più da vicino cosa si cela dietro l’utilizzo della definizione “metroidvania”. Se solitamente i generi videoludici hanno nomi che derivano una tassonomia paragonabile a quella della letteratura o dei film (action, avventura, horror, sci-fi), in questo caso con il termine metroidvania si intende un videogioco che si ispira ai canoni e alle lezioni impartite da una coppia di videogiochi, distanti tra loro per età ma non per filosofia.
Il primo è l’originale Metroid di NIntendo, uscito inizialmente nel 1986 sul primo Nintendo Entertainment System e capitanato dall’incredibile mente di Gunpei Yokoi (lo stesso che ha inventato il Game Boy, per intenderc). Il primo metroid è ricordato da molti per essere uno dei primissimi videogiochi a integrare un protagonista di sesso femminile (anche se storicamente non è il primissimo ma poco cambia) ma, sopratutto, è ricordato per aver utilizzato il framework del videogioco platform per offrire l’esplorazione aperta, una caratteristica già arcinota nel mondo videoludico (basta guardare semplicemente i giochi di ruolo di stampo occidentale su PC) ma che su console, tolto The Legend Of Zelda, non aveva trovato il suo alfiere.
Tutto ok per quasi dieci anni, con Metroid che continua a raffinare la sua formula in maniera sempre più certosina fino a raggiungere una specie di scolastica perfezione con Super Metroid uscito nel 1994, in cui l’esplorazione non lineare raggiunge una specie di apice deterministico grazie a un level design di fattura incredibile; la seconda parte della miscela è arrivata qualche anno dopo quando Konami, con Igarashi alla guida, decide di rivoluzionare l’anima puramente avventurosa di Castlevania per introdurre al suo interno degli elementi light RPG.
Questa è la parte vania dell’esperienza, ovvero la presenza di elementi ruolistici (intesi come parametri, statistiche e livelli, non come agency del giocatore) all’interno di un videogioco dove l’esplorazione non lineare di un mondo è al centro dell’esperienza. Nasce con Simphony Of The Night il termine metroidvania, ora più interessante per mai.
Nel corso dei decenni il genere viene iterato moltissimo, specie nel mercato indipendente, diventando progressivamente sempre più apprezzato. Videogiochi come Hollow Knight, Dead Cells, Bloodstained, Blasphemous, Axiom Verge e così via diventano piccole hit all’interno del mercato indipendente, arrivando a sfiorare (o raggiungere) lo stato di opere di culto; nel frattempo i budget si sono alzati, le innovazioni del game design hanno ibridato il genere con moltissime altre cose e c’è sempre più mercato per quello che una volta era un genere non genere, con tutti i problemi di tassonomia che questo genere di concetti portano con sé.
Su questo canovaccio, che ripetiamo è estremamente interessante per le produzioni a basso budget per questioni pratiche e di design che abbiamo spiegato in apertura, si instaura la storia del nostro coniglietto dotato di motosega e di Alpha City.
The Weird Dream, come abbiamo accennato in apertura, è un metroidvania bidimensionale con grafica non pixel art (ma su questo torneremo dopo). Ambientato all’interno della città di Alpha City, il gioco mette il giocatore al comando di un misterioso coniglio che avrà il compito di scoprire cosa è accaduto alla città, distrutta da un misterioso cataclisma che risulta difficile da spiegare altrimenti.
Fin da subito quello che traspare agli occhi del giocatore è un pesante senso di smarrimento, visto che il nostro protagonista si sveglia come coniglio, privo di memoria del suo passato (ma armato di una simpatica motosega). Tutta quanta l’avventura vede il nostro protagonista andare a esplorare la città e i suoi dintorni proprio alla ricerca di motivazioni e racconti su cosa è successo tanto alla città, ormai ridotta a una carcassa di metalli fumanti, quanto a sé stessi
Non è chiaramente tutto: Alpha City, tra le altre cose, sembra improvvisamente essere diventata popolata da mostri di vario genere e di tutte le forme. Queste forme di vita in bilico tra l’universo naturale e quello sintetico minacciano l’esistenza tanto delle creature pacifiche quanto dei pochi sopravvissuti che, di luogo in luogo, lasciano indizi sulla propria posizione.
Ok, questo è il momento adatto per parlare della narrativa. The Weird Dream gioca in maniera piuttosto conservativa in tal senso proponendo una storia f r a m m e n t a t a.
in TWD c’è quindi il classico set di scelte fatte per rendere la narrativa fruibile in maniera indiretta: diari da leggere, descrizioni da recuperare attraverso gli oggetti, informazioni di vario genere nascoste tanto in narrativa ambientale quanto in definizioni dei mostri e così via.
Fortunatamente il comparto narrativo è interessante e per quanto si mantenga, in generale, in linea con le produzioni dell’animazione giapponese shonen, il gioco risulta essere godibile a più riprese. Peccato giusto per la localizzazione inglese che è un po’ claudicante, con frasi scritte in maniere bizzarre e frammenti di testo più da interpretare che da tradurre realmente. Niente, comunque, che non si possa risolvere nel giro di qualche patch correttiva.
La parte chiaramente più interessante della produzione è rappresentata dal sistema di combattimento e di movimento. The Weird Dream in questo è molto classico, proponendo un sistema di combattimento basato sull’utilizzo di armi e abilità prevalentemente a distanza ravvicinata con il quale affrontare i molteplici avversari che si pareranno davanti durante il corso dell’esperienza.
Questo sistema di combattimento è in parte personalizzabile attraverso l’utilizzo di un sistema di rune che permette al giocatore di gestire in maniera originale le proprie abilità. Un plauso importante va fatto proprio al sistema di rune che offre effettivamente un elevato livello di personalizzazione; all’atto pratico i giocatori più spassionati potranno divertirsi a costruire almeno una decina di diverse build per costruire personaggi sempre più letali nei confronti degli avversari. La cosa sarà quasi obbligatoria se si vogliono affrontare i boss più complicati dell’esperienza, che per inciso da questo punto di vista non scherza affatto.
The Weird Dream, infatti, offre ai suoi giocatori oltre 40 bossfight diverse con le quale interagire; il livello è abbastanza variabile e non si raggiungono particolari picchi di inventiva o design (complice anche un discorso estetico che affronteremo più avanti) ma di certo c’è abbastanza materiale con il quale sperimentare le varie build e possibilità messe in piedi dal sistema di combattimento e di personalizzazione delle rune. Il livello di difficoltà non ci è sembrato sempre bilanciato, ma per una questione
Buona parte del divertimento, comunque, viene offerta da un sistema di movimento realizzato con una grande cura da parte della software house, che volontariamente ha deciso di impegnarsi molto per offrire un’esperienza di rilievo da questo punto di vista. The Weird Dream offre un sistema di movimento realizzato in maniera certosina, con cui è possibile giocare in maniera intelligente attraverso lo studio delle mosse e delle abilità di movimento al fine di ottenere qualche pixel di spostamento in più, così da semplificare l’esecuzione di alcuni salti o di alcune situazioni.
In tal senso abbiamo trovato l’esperienza complessiva più che divertente, risultando sopra la media del genere complice anche la scelta di rendere possibili combinazioni di azioni solitamente vietate. Passerete sicuramente qualche minuto a cercare di capire come è possibile combinare gli slide con i salti, magari integrando nel mezzo anche eventuali attacchi per capire come il gioco gestisce il jump counter così da massimizzare le proprie possibilità di movimento.
Come gioco The Weird Dream è indubbiamente divertente, almeno per quello che mette sul piatto. Il problema principale dell’esperienza, però, è che sembra mancare quel livello di polish tipico di chi nel corso della sua carriera ha fatto diversi videogiochi ed ha acquisito, con l’esperienza, le competenze necessarie per far sembrare un prodotto curato. Il posizionamento dei nemici, ad esempio, sembra un po’ raffazzonato, con gli avversari messi in maniera non tanto casuale quanto poco pensata per semplificare la vita al giocatore alla ricerca della route più veloce per atraversare una stanza.
Discorso similare si può fare per quella parte del level design che dovrebbe giustificare, da un punto di vista pragmatico, perché andare dal punto A al punto B al fine di servire la narrazione; qui non abbiamo trovato molto del genere ma ci rendiamo conto che si tratti di una richiesta piuttosto onerosa per uno studio alla prima produzione.
Più in generale un problema che ci ha fatto storcere il naso è l’assenza di una golden path in qualche modo definita dagli elementi a schermo per capire, di preciso, in che direzione andare. Quasi come nei vecchi metroidvania, infatti, in The Weird Dream ci si ritrova, purtroppo, a girare in tondo perché non si capisce, di preciso, dove si deve andare; questo, considerando il numero di maniere intelligenti con cui i prodotti più moderni hanno risolto il problema, ha davvero il sapore della scocciatura dura e pura.
Esteticamente, purtroppo, The Weird Dream è dove mostra maggiormente il fianco alle critiche. Dal punto di vista prettamente stilistico, infatti, il gioco non vanta grandi picchi cromatici o semplicemente di design, utilizzando una grafica bidimensionale colorata si, ma priva di un qualche guizzo artistico vero e proprio. Si sente che l’ispirazione più vicina è, plausibilmente, quella di Team Cherry e del loro Hollow Knight ma a mancare lo studio attento delle atmosfere e dell’illuminazione all’interno del mondo di gioco.
Le animazioni, nello specifico, sembrano soffrire in generale di una carenza di dettaglio, con raccordi tra movimenti non particolarmente intriganti da guardare e animazioni d’attacco che pure non offrono granché in termini di risposta visiva alle azioni. Quando si combatte, quindi, non si percepisce un feedback adeguato e pertanto la soddisfazione visiva che si riceve è poca; fortunatamente in termini di hitbox (che diciamo è la cosa più importante nel contesto ludico) non abbiamo granché da recriminare: l’esperienza risulta essere divertente nella stragrande maggioranza dei casi e giusto in alcuni boss molto avanzati (per non dire proprio segreti) ci siamo ritrovati sommersi da talmente tanti attacchi che ci è stato difficile leggere correttamente i pattern.
Anche il sound design non ci è sembrato brillare granché, ne dal punto di vista del mero accompagnamento musicale nè da quello della sonorizzazione dell’avventura. Nel primo caso, infatti, abbiamo a che fare con canzoni di accompagnamento forse un po’ troppo corte in termini di costruzioni melodie e atmosfere rispetto al quantitativo di tempo che è necessario passare a esplorare e a backtracckare, senza dimenticare che non abbiamo trovato nei brani una personalità di quelle soverchianti. Gli effetti sonori, anche loro, rientrano nell’universo degli elementi ne infamia ne lode, visto che fanno il loro senza però convincere o coinvolgere ulteriormente il giocatore; non è da escludere che siano state fatte scelte di comodo utilizzando dei soundpack ma considerando il budget e la portata del progetto ci stupiremmo del contrario.
Comunque, nella nostra valutazione, non ci sentiamo di valutare in maniera negativa questo genere di elementi: funzionalità > bellezza, per quanto ci riguarda.
Si vede e si sente il fatto che The Weird Dream è una prima produzione, almeno con questa scala di contenuti e questo genere di budget. Il prodotto di Shangai AmberDragons è un metroidvania dal core gameplay abbastanza solido, che interessa grazie a un sistema di personalizzazione dell’esperienza interessante e a un buon sistema di movimento, in grado di rivaleggiare anche con alcune produzioni molto più blasonate. Il titolo viene ostacolato da un comparto tecnico e sonoro un po’ privo di personalità, che non permette alla storia di risultare memorabile o emozionante ai giocatori meno attenti alla parte scritta della narrativa. Buona la prima, vediamo la seconda come procederà.
This post was published on 30 Marzo 2024 19:30
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