Il videogioco è un medium molto particolare, che ha vissuto negli anni una continua evoluzione, molto diversa da quella di altri medium artistici, per via delle caratteristiche insite nel suo modo di comunicare con i fruitori. Banalmente, ogni nuova generazione di console risulta un rischio molto serio, un rischio di perdere per sempre la possibilità di fruire di giochi che non potranno girare sui nuovi sistemi di gioco.
L’industria videoludica è però molto consapevole di questo limite. D’altronde, il videogioco è forse il medium che più di altri, per progredire, ha necessità di rompere continuamente le tradizioni che esso stesso crea, in nome di un’innovazione che non risparmia nessuno. Il tuo videogioco preferito può valere qualcosa per l’industria ma, se non riesce ad adattarsi ai tempi che corrono, finirà semplicemente con l’essere facilemente dimenticato.
In questo senso, citando il giurista Norberto Bobbio, l’industria videoludica è un princeps solutus legibus, dato che le uniche regole che governano questo mondo, artisticamente parlando, sono quelle che solo chi crea i videogiochi riesce a imporsi. Regole che poi, dovranno necessariamente intrecciarsi con le esigenze di mercato o che, in caso di titoli più carismatici, dovranno essere in grado di dare vita a nuove esigenze a cui poi altri dovranno adeguarsi.
Quando il tempo passa inesorabile dunque, sono due le strade che possono essere percorse: essere dimenticati o rinnovarsi. Ma come ci si rinnova?
L’industria è colma di brand che affondano le proprie radici in periodi ormai estremamente distanti, come gli anni’80 e ’90, in cui a essere diversa non era solo la concezione che si aveva del videogioco come medium ma persino il modo di fruirne: uscire di casa, carichi di monete per recarsi in una sala giochi in cui pagare per ogni partita, è un concetto che ormai risulta non solo sconosciuto alle nuove generazioni (compresa la mia, da 27enne che tanto ha praticato quegli ambienti) ma totalmente inapplicabile alla vita di tutti i giorni, in cui sistemi casalinghi come console e PC riescono a regalare comodità e potenza di calcolo, permettendo di stare tranquillamente seduti sul divano di casa.
Molti titoli del passato, riuscendo a cogliere bene il salto generazionale, fatto anche dallo spostamento dai sistemi arcade cabinati ai sistemi casalinghi, sono stati in grado di evolvere nella specifica direzione della memoria: prendiamo per esempio ciò che Capcom fece con Street Fighter il cui secondo capitolo della saga, uscito nel 1991, aveva toccato picchi di vendite mai più raggiunti, riuscendo a imporsi in ogni sala arcade che si rispettasse; passata l’era delle sale giochi però, Capcom non si adagia sugli allora e prima con Street Fighter IV (2008) e poi con Street Fighter 6 (2023) continua a scuotere nuove tipologie di fruitori, venendo incontro alle esigenze che il gaming casalingo imponeva.
Esistono però altri brand che, nell’intraprendere questo processo, hanno continuato ad annaspare, procedendo con incostanza e, a volte, superficialità.
Se ripenso alla mia infanzia, Contra è uno di quei titoli che mi torna alla mente. Grazie a una finta console con 1000+ giochi dentro, riuscii alla tenera età di 6 anni, a giocare al primo Contra coadiuvato da mio padre. “Il gioco dei fratelli che sparano” lo chiamavo e, per anni, quel titolo rappresentò una perfetta cornice al mio intrattenimento pomeridiano.
Crescendo e perdendo di vista il brand, solo pochi anni fa decisi di immergermi nuovamente in quel mondo che ricordavo in maniera sommaria. Rimasi abbastanza deluso.
Se fino a Contra: Hard Corps, la progressione fu tutta abbastanza gradevole, i veri problemi iniziarono ad arrivare con Legacy of War, che tentava di sfruttare la potenza di PlayStation per utilizzare tutte e tre le dimensioni di movimento, risultando in un mediocre tentativo che non riuscirà a essere epurato nemmeno da C: The Contra Adventure, che tentò di mischiare lo scorrimento laterale alle tre dimensioni e alla visuale top down, fallendo nel compiacere i fan di vecchia data.
Non è mia intenzione passare al microscopio ognuno dei 15 giochi della saga anche se ci sarebbe tanto da dire. Per ora, mi limito a evidenziare come Contra: Operation Galuga, titolo sviluppato da WayForward e di prossima pubblicazione da Konami il 12 marzo 2024, voglia in qualche modo tentare di passare una spugna sugli insuccessi, cercando di rappresentare un nuovo punto d’inizio per una saga che rischia di sparire a causa dei vari insuccessi e del disinteresse generale per il genere run N’ gun, uno di quelli che ha fatto più fatica di altri ad abbandonare l’universo arcade.
La domanda è: ci saranno riusciti?
Una cultura di (non) appartenenza
Mi sia concesso un cappelletto, prima di parlare delle meccaniche, per spiegare quello che vedo come un problema serio per il nuovo titolo di WayForward.
Riguardando Contra, il primo, con gli occhi di chi ha approfondito tanto del mondo videoludico, risulta normale notare alcuni dettagli, che in passato mi saranno sicuramente sfuggiti. Prima di tutto, è giusto analizzare il periodo d’uscita di un gioco, per capire bene a chi tentasse di rivolgersi e quali fossero le sue finalità.
Il primo Contra, prendeva a piene mani da una cinematografia estremamente muscolare, che puntava a far spegnere il cervello per quelle due ore di film. Personaggi come Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone (insieme ad altri nomi come Jean Claude Van Damme o Kurt Russell) rappresentano un po’ la summa di quel filone, a cui presero attivamente parte con film come Commando o Rambo. Non a caso, due dei principali protagonisti della serie Contra, riprendono tanto delle fattezze di Schwarzenegger e Stallone: ipertrofici uomini armati della cosa più grossa che potessero trovare, che indefessi, lottano senza paura qualunque pericolo gli si pari dinnanzi.
Non si tratta degli unici riferimenti alla cinematografia anni ’80/’90: da Terminator ad Alien, da Starhip Troopers a Predator, le citazioni visive hanno continuato ad abbondare nella serie di Contra, senza riuscire in realtà mai a scollarsi, diventando una parte essenziale del processo creativo di ogni titolo. Qui nasce il vero problema.
Contra: Operation Galuga, rappresenta un vero e proprio tuffo nel passato, in un passato estremamente radicato, con un intento abbastanza chiaro di continuare a raccontare la cultura muscolare di quegli anni, in un periodo in cui però, quel tipo di fruizione è ormai vista al massimo con gli occhi della nostalgia. Se la forza del primo Contra era il riscontro in un medium forte come il cinema, per avvalorare l’appartenenza a una determinata cultura, in Operation Galuga tale operazione appare quantomeno caricaturale.
Sebbene possa sembrare un dettaglio da poco, si tratta in realtà di un fattore molto importante: Contra, checché se ne dica, non è un brand forte. Non è quel brand il cui solo nome fa mettere mano al portafoglio, tanto meno quello che riesce a generare discussioni di community di appassionati. È dunque la mossa corretta, continuare a puntare solo e soltanto sulla nostalgia?
La risposta che mi do in sede di recensione è no e lo faccio con la speranza di essere smentito, perché mi piacerebbe veder tornare Contra al suo meglio.
Tre modalità d’inferno
Iniziamo ora ad addentrarci in ciò che è Contra: Operation Galuga a livello puramente ludico, iniziando col dire che si tratta di un run N’ gun action a scorrimento laterale, che cerca di restituire al giocatore il classico feeling dei cabinati degli anni ’80 e di quel genere che tanto si addiceva a quel mondo. Il titolo è caratterizzato da un’elevata difficoltà nel completamento dei livelli anche se, proprio in nome di quella ricerca d’innovazione (non molto riuscita) sono state introdotte delle meccaniche per semplificare il tutto.
Il gioco è diviso in tre modalità: Storia, Arcade e Sfida.
La modalità Sfide è abbastanza esplicativa: si tratta appunto di livelli speciali da affrontare seguendo determinate regole di completamento, in cui non si avranno potenziamenti di sorta e bisognerà fare affidamento semplicemente su abilità e riflessi. È una modalità molto diretta, con pochi fronzoli, da affrontare quando si sarà già riusciti a diventare abbastanza competenti in fatto di riflessi e gestione delle sezioni più vicine alla definizione di bullet hell che si incontreranno progredendo nei livelli.
Le Sfide saranno abbastanza varie, permetteranno di esplorare le varie possibilità che il gioco mette a disposizione, spingendo il giocatore al suo limite. Una di quelle modalità da giocare armandosi di pazienza.
La modalità Arcade è quella su cui viene voglia di passare più tempo possibile, soprattutto se si è insieme a un amico e si ha voglia di affrontar dei livelli ben studiati, con un crescente livello di difficoltà, che cercano di restituire al meglio la sensazione del cabinato. Ad aiutare, oltre alle tante citazioni visive ai primi Contra (dal primo fino ad Alien Wars circa), vi sarà il level design di cui però parleremo più nel dettaglio in una sezione dedicata.
Si tratta della modalità per eccellenza, quella che permette di spegnere il cervello, avventurandosi tra gli 8 stage sbloccabili con la modalità Storia, tra alieni di ogni forma, boss imponenti dal design mostruoso e livelli al cardiopalma, come quelli sulle motociclette. Contra al suo massimo.
Modalità Storia, ahi ahi ahi
Se per le precedenti modalità non mi sono voluto dilungare più di tanto, data la loro natura abbastanza straight forward, il discorso cambia parlando della modalità Storia, quella che ho ritenuto gestita peggio per tutte le 5 ore che ho impiegato a completarla.
Prima di tutto, cerchiamo di capire una cosa: a cosa serve una modalità Storia in un gioco come Contra?
L’intera saga di Contra ha sempre avuto un focus particolare sul gameplay, puntando ad alzare di volta in volta la difficoltà, aggiungendo meccaniche uniche per ogni gioco come quando in Contra Force del 1992, introdussero la possibilità di poter scegliere tra 4 personaggi ognuno con abilità uniche o come l’introduzione dei livelli in moto in Contra 3 Alien Wars.
Una modalità Storia dunque, in titoli così tanto incentrati sul fare meglio della run di prima, con zero necessità di puntare sulla profondità dei personaggi che mai hanno avuto caratterizzazioni forti, sulla complessità della trama che ha sempre rasentato i B/Z Movie, dovrebbe quantomeno servire per offrire un plus al giocatore, qualcos’altra da fare per riuscire a tenere gli appassionati sul titolo. In Operation Galuga però, la storia diventa un semplice pretesto per ottenere delle lungaggini innecessarie.
La trama sicuramente non brilla: siamo davanti all’ennesima invasione aliena che solo l’unità Contra può Contra-stare, il tutto intrecciato a doppia mandata con un rito Maya che implica l’invocazione di una divinità, mentre il cattivissimo Generale Varanis tenterà in ogni modo di recuperare un inestimabile manufatto che permetterà di abbattere le barriere gravitazionali della Terra provocando l’entrata di altri alieni ancora più cattivi.
Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che la trama è ovviamente portata avanti tramite dialoghi statici tra personaggi senza spessore, che interagiscono o in fantascienzese o con frasette a effetto che non riescono a restituire per nulla la gravità di una situazione che, se raccontata diversamente, avrebbe potuto risultare almeno interessante, nonostante il trash che si respira in tutti gli 8 stage della Storia.
Ma la cosa peggiore si ha quando, i dialoghi per portare avanti la trama, non avvengono a livello concluso ma nel bel mezzo del livello: se da un lato possono essere considerati dei veri e propri checkpoint, in grado di far respirare il giocatore dopo aver superato orde di alieni bavosi e armati fino ai denti, dall’altra finisce con lo spezzare il ritmo in modo estremamente fastidioso.
Non si tratta di dialoghi o cutscene chissà quanto lunghe, raggiungeranno al massimo il minuto ad andare larghi. Quei secondi o quel minuto però, non vanno presi come enti separati dal contesto, un contesto rappresentato da un titolo estremamente veloce e frenetico in cui la sfida con se stessi è rappresentata dal finire i livelli nel minor tempo possibile. Ciò significa che 1 minuto, su un livello che completi in 7-8 minuti, diventa un tempo praticamente infinito perché per i restanti 6-7 minuti, il gioco ti abitua a dei ritmi forsennati.
Se dunque, la modalità Storia dovrebbe rappresentare il plus di un titolo fortemente incentrato sul gameplay, qui finisce per rappresentare un vero e proprio malus all’esperienza, mancando anche di un’eventuale chiave ironica alla Duke Nukem (anche un pelino meno magari) che permetterebbe di stemperare le situazioni assurde in cui ci si imbatte, che vengono invece trattate con estrema serietà in un contesto che non ne richiede.
Se però ne avrete voglia e riuscirete a finire la modalità Storia, non alzatevi subito dalla sedia perché ci sarà una scena dopo i titoli di coda che (SPOILER) introdurrà, molto probabilmente, al prossimo titolo sviluppato da WayForward: Alien Wars.
Armi, potenziamenti e difficoltà, un passo verso le nuove generazioni
Scendendo più a fondo nelle meccaniche di gioco, è d’obbligo parlare di tre aspetti fondamentali che ho estremamente apprezzato di questo nuovo Contra ovvero le armi, i potenziamenti e, soprattutto, il selettore della difficoltà. Si tratta di tre passi, veramente importanti sta volta, verso le nuove generazioni, un po’ come tendere una mano verso chi vede delle insormontabili barriere in entrata a un genere che, negli ultimi anni, non ha certamente brillato di popolarità.
Armi
Iniziamo con le armi. In Operation Galuga, per continuare ad alimentare il ritorno ai tempi che furono (come se non bastasse già il setting e tutte le altre citazioni visive), vi è il ritorno di armi viste nei primi tre Contra come il lanciarazzi o arma H, il super-spread o arma S e così via. Ogni arma ha un output di danno diverso e un funzionamento diverso, starà dunque al giocatore capire come adattarle al meglio alle situazioni che si affrontano, anche se la modalità con queste spawnano sulla mappa è estremamente strategica in ottica di fornire un aiuto al giocatore.
La novità di Operation Galuga non è soltanto il poter equipaggiare due armi per volta, cosa resa possibile già da Contra Force, ma il poter avere due slot disponibili per le armi. Sarà dunque possibile portare con sé, potenzialmente per tutto il livello (a meno di eventuali morti) due armi, potendo scegliere quelle con cui ci si trova meglio, relegando un pezzettino di gameplay anche al pensiero un po’ più tattico.
Inoltre, raccogliendo due armi dello stesso tipo, queste non si andranno a sostituire ma si sommeranno, creando delle versioni potenziate della stessa arma. In Operation Galuga saranno 5 i personaggi giocabili (7 nella modalità Arcade) e ognuno di questi, avrà un modo unico di utilizzare le armi, che renderà ogni nuova run una sfida. Se si viene colpiti mentre si ha un’arma potenziata equipaggiata, il potenziamento verrà perso; se si perde una vita, verrà perduta soltanto l’arma che si ha equipaggiata in quel momento e non quella dello slot che rimane passivo (cosa che comunque può essere tamponata con i giusti potenziamenti acquistabili al Negozio Abilità).
Sarà possibile poi, portare le armi al sovraccarico. Ogni arma sovraccaricata, sprigionerà una potente abilità unica. Come detto pocanzi, si tratta di un’utile aggiunte in chiave tattica, andando a svecchiare, anche se non in maniera troppo originale, la formula run N’ gun.
Potenziamenti
Man mano che si progredisce coi livelli, si otterrano dei crediti che possono essere investiti per l’acquisto di potenziamenti vari.
Anche qui, nulla di troppo originale anche se è palese che l’intezione non era apparire originali quanto concedere opzioni di accessibilità ai meno esperti del genere.
I potenziamenti possono essere di vario tipo: da quelli che possono essere applicati su tutti a quelli personali, da quelli che permettono di iniziare ogni livello con l’arma che si preferisce a quelli che fanno diventare ogni arma direttamente di secondo livello, aumentando sin da subito la potenza di fuoco disponile; e ancora, potenziamenti alla barra della vita, vite aggiuntive, frame d’invincibilità durante le schivate.
Prima di iniziare un livello, ogni giocatore potrà scegliere con che personaggio giocare e, di volta in volta, quali potenziamenti equipaggiare su quel personaggio (non più di 2 per volta comunque). Si tratta di un’intelligente soluzione, che non mina la richiesta forsennata di abilità per il completamento dei livelli, ma amplia il ventaglio di possibilità per ogni tipo di giocatore. Permette inoltre di sperimentare vari modi giocare, da quello basato sulle schivate perfette a quello sulla forza di fuoco esagerata e sull’alta resistenza vitale.
E pensare che bastava mutuare Jetpack Joyride.
Difficoltà
Al netto di quanto detto però, sia sulle armi che sui potenziamenti, Contra: Operation Galuga, porta con sé quell’alto grado di difficoltà tipico del brand.
Più si andrà avanti coi livelli, più si rimarrà a bocca aperta davanti alla follia che gli sviluppatori hanno pensato di mettere in scena, con livelli che diventeranno sempre più lunghi e opprimenti, in cui sarà difficile intravedere degli spazi scevri di proiettili. Ancora una volta però, è stato un ottimo lavoro per rendere il gioco il classico easy to learn, hard to master ma adatto un po’ a tutti, almeno in entrata.
Oltre al classico selettore della difficoltà, che permette di scegliere tra tre livelli di difficoltà, vi è anche un selettore della tipologia di punti di vita che si vogliono: si potrà scegliere infatti se avere una barra della salute che permetterà di ricevere un tot di colpi prima di perdere una vita, o sarà possibile selezionare la voce “uccisione istantanea” con la quale a ogni colpo corrisponde la perdita di una vita.
Sempre in ottica di accessibilità, viene data la possibilità di scegliere se mirare a 360° grazie alla flessibilità offerta dagli stick dei pad, o se utilizzare il sistema di mira a 8 direzioni, tipico dei cabinati arcade. Nella modalità storia poi, compariranno a schermo dei suggerimenti, che aiuteranno a capire quale potrebbe essere la chiave per abbattere nemici più ostici.
Insomma, si tratta di tante piccole opzioni che però, nel computo finale, permettono di avere una visione d’insieme abbastanza rassicurante su quello che potrebbe essere il futuro della serie: un vero segnale d’apertura, verso chiunque voglia almeno tentare di capire cosa ci sia di speciale in quel Contra di cui sente tanto parlare, ma che non ha il coraggio di avvicinare per l’eccessiva difficoltà.
Direzioni artistica altalenante
In un gioco che vive di alti e bassi, la direzione artistica non può essere da meno.
Per Contra: Operation Galuga è stato scelto uno stile simil cell-shading, dai colori estremamente accessi, vivaci e saturi che aiutano a rendere visivamente più appaganti le varie situazioni a schermo, considerando inoltre l’ottima fattura degli effetti particellari.
Diversi stage risultano poi molto gradevoli e ben pensati, riuscendo a mettere insieme il lato artistico a quello di level design in una maniera molto intelligente, sfruttando la natura basilare delle sezioni platform e arricchendola con giochi prospettici parecchio intriganti. Sugli stage dunque, non c’è tanto altro da dire: sono di buona fattura, offrono una buona varietà anche se i nemici sono per lo più sempre gli stessi con skin differenti.
A livello musicale, le tracce sono tutte di un discreto livello, in grado di restituire bene la dinamicità tamarra degli scontri. Null’altro da dire, fanno il loro lavoro ma, come molti elementi del gioco, non sono nulla di indimenticabile.
La mediocrità arriva, a mio modo di vedere, con il chara design di personaggi e boss.
Per chi ha la mia età, penso non ci sia frase più esplicativa di “sembrano usciti dai Power Rangers”. Se i protagonisti godono di un anonimato preoccupante a livello visivo, rendendoli estremamente dimenticabili, i boss rappresentano la morte di quel labile concetto che è l’originalità.
Vi è un cosciente riutilizzo di modelli di boss, presi pari pari dai vecchi Contra, modelli che a loro volta erano ispirati in maniera estremamente prepotente a personaggi della cinematografia dell’epoca, dal T800 di Terminator allo Xenomorfo di Alien. È ovviamente chiaro l’intento di presentare un finto non remake, un omaggio continuo ai primi e seminali titoli della saga. Ma è proprio riguardo a ciò che il discorso fatto in precedenza, sui riferimenti di una cultura che non appartiene a questo periodo, ritornano più forti nella mia testa.
Perché presentare uno Xenomorfo o un T800 in maniera così palese, riprendendo sia esteticamente sia di game design delle boss fight già presenti nei vecchi Contra, con pochissimo sforzo nel riadattarle ai tempi e all’estetica che corrono, significa sicuramente prendere una posizione netta e decisa ma, al contempo, si rischia di — come dirlo delicatamente — finire col farsi le pippe da soli.
E questa non è una semplice critica ma è rabbia. Perché provo rabbia nel vedere come un brand come Contra, che andrebbe preservato per quello che ha rappresentato per il mercato, venga ridotto a un circle jerking, diventado una blanda operazione nostalgia.
Quando in apertura parlavo di quei giochi che fanno di tutto per non essere dimenticati, mi venivano in mente operazioni alla Final Fantasy VII, in cui un mondo vecchio di quasi 30 anni viene portato ai giorni nostri, risultando un’epserienza nuova per quanto derivativa di un universo che già aveva avuto successo nel passato, nel — suo — passato. Contra: Operation Galuga in questo senso, sprigiona una pigrezza nauseabonda e pare tracciare una strada molto precisa per il futuro del brand.
E per concludere la sfilza di fastidi in fatto di direzione artistica: per tutto il gioco, le cutscene e le interazioni tra i personaggi avvengono in grafica di gioco, con semplici testi statici all’interno di riquadri che appaiono nella parte bassa dello schermo. Per il finale invece, gli sviluppatori hanno avuto l’idea di raccontare tutto tramite un fumetto dinamico, con l’abbandono della grafica di gioco in favore di immagini disegnate a mano, con una palette di colori più scarica.
La vera domanda in questo caso è “perché”: perché virare così repentinamente su un tipo d’aret totalmente diverso da quanto messo in scena per l’intero goco? Perché farlo solo sul finale? Potrebbe essere magari una scelta veloce, dovuta alla necessità di raccontare più di quanto la semplice grafica di gioco permetteva di fare ma, se così fosse, perché non utilizzare la tecnica del fumetto per raccontare tutto il gioco? Sarebbe stato sicuramente più gradevole che leggere dialoghi tra personaggi immobili, dovendo sospendere l’incredulità in modo quasi grottesco e ridicolo.
Non è magari un errore classificabile come tale, ma è un sintomo della confusione che ha distinto quest’operazione di reinvenzione di un brand difficile da svecchiare. La tecnica del fumetto non sarebbe stata la cosa più innovativa del mondo ma avrebbe almeno contribuito a spezzare in maniera gradevole il ritmo di gioco, tenendo alta la soglia d’attenzione del giocatore.
Conclusioni
Contra: Operation Galuga è uno di quei giochi che ho avuto una voglia matta di recensire sin dal primo annuncio e che poi, una volta tra le mie mani, è risultato molto meno entusiasmante di quanto mi aspettassi. Dalle preview, il mantra che ha iniziato a circolare era quello secondo cui “Contra è tornato”, anche se, a mio modo di vedere, la verità è un’altra. Operation Galuga è un’operazione nostalgia, anche ben riuscita ma sicuramente non ciò che permette di urlare a gran voce il ritorno in pompa magna di un brand del genere. Un buon gioco, un run N’ gun difficile, che permette di spegnere il cervello ma che non fa una singola cosa per rendersi indimenticabile, mancando del carisma dei predecessori e della capacità di leggere il periodo e i giocatori di oggi. Il primo passo fatto in termini di accessibilità, necessita però di un implementazione per tutto ciò che potrebbe sembrare contorno ma che rappresenta, in verità, lo scheletro di una saga che, per quanto tamarra e volutamente esagerata, ha sempre raccontato qualcosa e che oggi, ha solo dato aria alla bocca senza però riferire nulla di rilevante.
PRO
- Il gioco, in modalità Arcade, è perfetto per chi cerca sfide difficili basate sui riflessi
- È stato fatto un ottimo lavoro in fatto di accessibilità
- Graficamente risulta gradevole e stimolante
CONTRO
- Non riesce a portare nulla di nuovo al brand
- In modalità Storia, l'inserimento di dialoghi e cutscene nel mezzo dei livelli, spezza fastidiosamente l'azione
- Il tutto risulta in una stanca operazione nostalgia
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