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The Thaumaturge | Recensione (PC) | Demoni e Dei

Esoterismo, Europa dell’Est, inizio Novecento. Quali pensieri vi suscita questa combinazione di fattori? L’idea di intrighi di corte in qualche palazzo mittle-europeo? L’immagine di umidi e freddi ritrovi notturni di carbonari e socialisti che complottano al grido di “morte allo Zar”? O forse la mitologia qabbalistica ebraica e le sue leggende sul Golem che si aggira nelle notti nebbiose a perseguitare intere generazioni di disgraziati?

Che abbiate provato una qualunque di queste suggestioni o anche tutte assieme, non preoccupatevi: The Thaumaturge le contiene tutte, assieme ad altre che impongono nel giocatore riflessioni quantomai attuali sui concetti di identità nazionale, destino dei popoli e quella contrapposizione tra vita individuale e corso della Storia che è tra i principi cardine della letteratura russa moderna a partire da Tolstoj. Con un particolare importante: il team di sviluppo è polacco e la storia messa in scena dal gioco è un frammento di storia della Polonia, in un momento in cui non le era concesso di autodefinirsi tale; una scelta che pone il lavoro di Fool’s Theory in diretto dialogo con la Storia che viviamo oggi, e che ha innanzitutto il sapore di una presa di posizione politica.

Se l’impatto del titolo sulla coscienza del giocatore di oggi è sicuro, quello sulla sua esperienza di gioco lascia però un po’ a desiderare, azzoppata da qualche magagna tecnica e soprattutto da scelte di design non troppo riuscite. Il bilancio è un gioco di ruolo coinvolgente a livello narrativo ma non particolarmente avvincente su quello prettamente ludico.

Varsavia, 1905

Cartoline da Varsavia

Wiktor Szulski è un taumaturgo. Questo termine, storicamente, è stato associato a figure diverse, anche a seconda della religione di riferimento, ma lo si può sommariamente immaginare come un santone o un mistico. Figure costantemente in bilico tra la santità e la dannazione, i taumaturghi sono stati sia venerati come portatori di prodigi miracolosi sia osteggiati come stregoni che operano per conto del maligno. Tentare di imbrigliare queste figure sfuggenti in definizioni univoche è uno sforzo destinato a fallire, e il team polacco Fool’s Theory ha giocato sulle sfumature per elaborare una propria mitologia originale attorno a tale denominazione.

In The Thaumaturge, i taumaturghi sono esseri umani dotati di una particolare sensibilità che permette loro una percezione oltre il velo della realtà immanente. In particolare essi sono in grado di percepire la presenza dei Salutor, entità extracorporee che si legano a singoli individui in virtù di emozioni molto forti, a loro volta scaturite da vizi e/o colpe originali quali demagogia, veemenza, negligenza, ambizione o nel caso del nostro protagonista Wiktor, superbia. A contrario del resto degli altri esseri umani, i taumaturghi sono in grado di percepire l’eventuale presenza di un Salutor associato ad una persona, ed eventualmente scacciarlo da essa. Ma ciò che rende del tutto particolare il nostro “eroe” è la capacità straordinaria di legare a sé anche i Salutor altrui, fatto assolutamente unico e che pone nelle mani di Wiktor un potere che nessun taumaturgo ha mai avuto prima. Come deciderà di usarlo, tuttavia, spetta solo a lui, cioè a noi.

Non ho messo la parola eroe tra virgolette a caso: The Thaumaturge è un gioco di ruolo puro in questo senso, poiché si muove costantemente in una scala di grigi in cui i confini tra bene e male non sono affatto chiari e spetta al giocatore decidere di volta in volta quale causa imbracciare, lavorando per sé stesso o mettendo le sue facoltà al servizio di una causa superiore. Meglio dire subito che, al di là delle scelte intraprese, che cambiano effettivamente il corso degli eventi, si avverte nel processo di scrittura una evidente presa di posizione politica da parte dello studio polacco: la Varsavia del 1905 ritratta da The Thaumaturge è una città avvilita, in cui il fuoco della passione nazionalista brucia di nascosto, al riparo dagli occhi indiscreti e sempre vigili dell’esercito zarista che considera la Polonia nient’altro che una provincia dell’impero russo, negandole lo status di nazione sovrana e il diritto all’autodeterminazione. I parallelismi con la situazione europea attuale sono chiari, come chiara è la posizione degli autori nel tratteggiare con connotati eroici i tanti rivoltosi che agiscono nell’ombra e cercano in tutti i modi di preservare la propria libertà di pensiero e di azione, dipingendo altresì il controllo governativo russo come quello di una tirannide che impone uno stato di polizia in cui nessuno possa mai sentirsi veramente al sicuro.

Il dispositivo narrativo del gioco, che prende le mosse dal tentativo di Szulski di mettersi in contatto nientemeno che con Rasputin, guaritore di fama da cui spera di poter ottenere aiuto per recuperare il legame con il suo Salutor che si affievolisce sempre di più, è un biglietto di ingresso per immergersi in un contesto storico estremamente affascinante tantopiù che raramente fa parte del bagaglio di nozioni storiche di noi italiani, almeno per quanto riguarda le nozioni apprese all’interno del percorso scolastico obbligatorio. Una volta guarito e ripreso possesso dei suoi poteri, Wiktor farà ritorno nella natìa Varsavia per presenziare al funerale del padre, recentemente scomparso, anch’egli taumaturgo di fama e morto in circostanze misteriose. L’indagine sulla sua dipartita porterà Wiktor alla scoperta di un sottobosco di intrighi, trame politiche e occultismo che riesce a mantenersi interessante per tutta la durata dell’avventura, completabile in un lasso di tempo che varia tra le 20 e le 30 ore – io ne ho impiegate 28 concludendo la gran parte delle quest secondarie.

La città è divisa in quartieri che si sbloccheranno col prosieguo dell’avventura

Il gioco infatti è strutturato come un insieme di quest, alcune obbligatorie e altre no, la maggior parte delle quali interessanti e utili ad immergerci sempre più nel contesto sociopolitico dell’epoca. Nel corso delle nostre peregrinazioni da un capo all’altro della città sbloccheremo l’accesso a vari quartieri, ciascuno raggiungibile tramite viaggi rapidi sempre accessibili, e caratterizzati da precisi connotati sociali ed estetici: si va dai ricchi quartieri centrali alla dimessa e poco raccomandabile area portuale, dal plumbeo cimitero al vivace quartiere che ospita il grande mercato cittadino, fino all’immancabile ghetto ebraico. Ciascuna area è popolata di umanità variegata ed afferente a ceti sociali diversi, che contribuiscono a restituire la sensazione di una città viva e problematica, con molte contraddizioni.

Lo svolgimento delle quest seguirà bene o male sempre lo stesso schema, debitore di un’impostazione di gioco fortemente legata ai dialoghi a scelta multipla. A seconda di quanti e quali Salutor siano in nostro possesso, avremo accesso a più o meno opzioni di dialogo nel corso delle nostre conversazioni, e le scelte che compiremo potranno influenzare il rapporto che instauriamo con alcuni NPC ricorrenti. I valori di tali rapporti sono nascosti, cos come le conseguenze del dirottare gli stessi verso amicizia o ostilità. Dovremo insomma ruolare alla cieca, per così dire, senza sapere quanto e come le nostre azioni e le nostre parole potranno influenzare il destino nostro e di alcuni personaggi. In un caso, ad esempio, il modo di rapportarmi ad uno dei personaggi ha portato poi alla sua dipartita in una fase avanzata dell’avventura, cosicché non mi abbia potuto fornire supporto nell’epilogo della stessa. Insomma le nostre decisioni hanno un peso concreto sull’andamento della vicenda e la sorte di alcuni personaggi, e ciò stimola a soppesare sempre le nostre scelte.

Se quindi la scrittura del gioco si dimostra di buona fattura, la recitazione è un po’ troppo impostata per risultare davvero incisiva, inoltre non è aiutata da animazioni che non sono esattamente il top della categoria – tanto che spesso il gioco sfuma a nero per non dover rappresentare determinate azioni, come l’irruzione in un edificio, una scazzottata e in generale qualsiasi evento minimamente concitato. Questi limiti rappresentativi, dovuti in parte al budget non enorme e in parte forse alla mancanza di know-how dello studio, frenano il giocatore dal provare particolare empatia nel corso di alcuni eventi cruciali di trama, il che è senza dubbio un peccato. The Thaumaturge offre una storia godibile e intrigante, ma poco coinvolgente: i limiti di messa in scena fanno sì da renderla tutto sommato dimenticabile, facendo rimanere impresso solamente il contesto storico così particolare. In ogni caso, la narrativa può considerarsi il pezzo forte dell’esperienza, perché il gioco risulta particolarmente zoppicante quando si prende in considerazione il suo elemento puramente ludico, ovvero il gameplay.

Il (video)gioco delle tre carte

Rune di The Witcher, a me!

A livello di meccaniche di gioco, The Thaumaturge cerca di far convergere elementi provenienti da tradizioni RPG diverse: in particolare mescola l’impianto da gioco di ruolo investigativo alla Disco Elysium, l’utilizzo delle rune per influenzare NPC e scovare indizi ambientali già visto in The Witcher, ed un sistema di combattimento basato sugli status e il monster taming che sembra in qualche modo debitore dei Megaten/Persona. Detto così sembrerebbe un piatto ricchissimo di cibi golosi di cui volersi abbuffare. La realtà dei fatti però è un po’ diversa e, purtroppo, deludente nel suo insieme.

Per quanto riguarda il primo aspetto, saremo chiamati ad esplorare ogni anfratto delle mappe di gioco alla ricerca di indizi, interrogare persone e risolvere misteri, da bravi detective. Il problema è che non serve alcuna materia grigia per farlo: i poteri di taumaturgo di Wiktor fanno sì che, per ogni missione e sotto-obiettivo delle stesse, sapremo quasi sempre dove andare a guardare. Le tracce emozionali lasciate dalle persone e impresse su oggetti, ambienti e così via ci attireranno con quella che di fatto è una traccia ben visibile che ci sposta di punto in punto, guidandoci di fatto ad una caccia all’indizio che caccia non è: al semplice schiocco di dita comparirà infatti per qualche breve istante una scia rossastra che ci indicherà la prossima destinazione; una volta raccolto l’indizio corrispondente ci potremo muovere verso il successivo e così via.

Non sempre le procedure sono così guidate: a volte il nostro “sesto senso” non sarà in grado di determinare con chiarezza una strada da seguire; altre volte non avremo sufficiente dimestichezza in un’abilità specifica per poter decifrare correttamente un indizio, e ci troveremo momentaneamente bloccati. In tali casi molto spesso è sufficiente svolgere altri incarichi in attesa di possedere le caratteristiche sufficienti a risolvere l’impasse, o attendere che si raggiunga il momento più opportuno legato agli eventi della trama principale.

Per capirci, è impossibile rimanere bloccati in The Thaumaturge, e sebbene ciò sia per molti versi un aspetto positivo del gioco, è anche vero che risolvere i numerosi misteri, individuare i colpevoli di un delitto o ritrovare un oggetto a lungo ricercato non provoca alcuna soddisfazione particolare nel giocatore poiché non richiede in effetti nessuna abilità o ingegno da parte sua. In molte occasioni, insomma, mi è sembrato di star giocando una visual novel piuttosto che un gioco di ruolo, per quanto guidato fosse il gameplay. Di certo non un punto a favore della varietà o del coinvolgimento.

L’utilizzo dei glifi da taumaturgo, poi, richiama molto da vicino quello delle rune di The Witcher: non è un caso che Fool’s Theory sia al lavoro proprio sul remake del primo capitolo della trilogia dello strigo, e che nelle fila dello studio militino alcuni ex dipendenti di CDPR. Lo stesso CEO dello studio, Jakub Rokosz, fu quest designer su The Witcher 2 e The Witcher 3, il che dipana ogni dubbio circa il rapporto di filiazione di questa particolare meccanica. Tramite i suddetti glifi potremo influenzare la mente dei nostri interlocutori, ottenendo informazioni preziose o facendo sì che agiscano a nostro favore, ad esempio rinunciando ad attaccarci o concedendoci favori insperati. Avremo accesso a queste possibilità solo in momenti specifici decisi dai programmatori, o eventualmente qualora scovassimo alcuni “punti deboli mentali” dialogando con gli NPC: in questi casi potremo “seguire il filo dei loro pensieri”, andando alla ricerca di quegli oggetti che per loro hanno un significato profondo, e da lì risalire a loro traumi personali, segreti inconfessabili e altre verità nascoste, che potremo poi sfruttare a nostro vantaggio manipolandoli a nostro piacimento (e in barba a qualsiasi scrupolo morale, se lo riteniamo opportuno). Si tratta di una meccanica interessante, ma anche in questo caso estremamente guidata.

Tuttavia i glifi hanno anche una certa importanza in combattimento, e proprio il combat system è il comparto fortunatamente più riuscito dell’intero gameplay, in grado di regalare soddisfazioni e sano divertimento.

Botte da orbi

Il combattimento in The Thaumaturge si svolge a turni ed è direttamente influenzato dal numero di Salutors che avremo raccolto nel corso dell’avventura. Questo perché ciascuna creatura sarà in grado di abbattere specifici bonus in possesso dei nostri avversari. Il nostro turno di combattimento è quindi spartito tra le azioni di Wiktor e quelle delle nsotre creature, e starà alla nostra attenta pianificazione elaborare la miglior strategia di attacco, tenendo conto dell’ordine di turno che sarà sempre visibile nella parte alta dello schermo, oltre che influenzabile da tutta una serie di abilità nsotre e degli avversari. Per quanto riguarda Wiktor, il nostro eroe dispone di una barra della salute e un indicatore del Focus, per csì dire la sua energia mentale. Quest’ultima non serve di per sé a nulla, ma dovremo cercare di mantenerla sempre alta perché, qualora si esaurisse, ci esporrebbe per un turno alla mercé deglia ttacchi avversari. Anche noi possiamo azzerare il focus dei nemici, ovviamente, e questo stagger sblocca la possibilità di infierire su di loro con tutta una serie di mosse speciali, diverse per ogni Salutor, più una specifica di Wiktor.

Scateniamo i nostri Salutor contro i nemici!

Non è finita, perché ogni azione è ulteriormente personalizzabile con l’aggiunta di un buff, da scegliere da un ventaglio di possibili bonus che sbloccheremo aumentando di livello. Questa organizzazione di abilità+buff potrà essere gestita in ogni momento al di fuori del combattimento, e appena prima dell’inizio degli stessi. In questo modo sarà possibile redistribuire i buff associandoli ad abilità diverse di volta in volta, oppure cambiarli totalmente. Questo approccio strategico consente grande sperimentazione e suscita un certo divertimento nella messa a punto di combo di effetti potenzialmente devastanti. Proprio come negli Shin Megami Tensei, l’individuazione dei punti deboli dell’avversario e, di conseguenza, la creatura più efficace da utilizzare contro di esso sarà la chiave id volta che potrà decretare il successo o il fallimento di un combattimento. Va detto, comunque, che a livello di difficoltà standard il gioco offre raramente sfide davvero impegnative, ed in effetti solamente lo scontro finale mi ha obbligato a diversi tentativi per ottenere la vittoria.

Gli scontri poi, va detto, mancano decisamente di varietà in termini dei nemici che effettivamente da affrontare: essi sono solamente umani, che ci si pareranno dinanzi a gruppi di 2-4 persone e in alcuni casi a molteplici ondate. Provoca una certa dissonanza osservare uno scontro in cui utilizziamo creature demoniache per attaccare zotici ubriachi che ci caricano a suon di badili e mani nude! Nel miglior dei casi avremo a che fare con guardie armate, che comunque non sembrano mai particolarmente minacciose. Nel gioco esistono delle boss fights, in cui incappiamo ogniqualvolta sfidiamo i Salutor che possiedono un altro personaggio, e solitamente ne entriamo in possesso una volta sconfitto. Anche questi scontri però si riducono a scazzottate, poiché non combattiamo direttamente la creatura bensì delle proiezioni umanoidi che quest’ultima ci scaglierà contro a più riprese.

Le boss fights non si distinguono particolarmente da una normale sessione di combattimento

In definitiva si tratta di un sistema di combattimento solido ed appagante, ma la sensazione è che abbia del potenziale che sia rimasto inespresso: poteva essere arricchito da una maggior tipologia di nemici, da ulteriori fattori condizionanti come ad esempio alterazioni di status – che pure ci sono ma riguardano banalmente fattori parametrici e non alterazioni del campo di battaglia o impedimenti di azioni – e sicuramente si poteva fare di più per distinguere le boss fights dai normali combattimenti, dotando i Salutor avversari di azioni più caratteristiche e meccaniche originali. Pur con i suoi limiti il combat system risulta l’elemento di gran lunga più gratificante dell’intero pacchetto di gameplay offerto da The Thaumaturge, tanto che a fine partita sono rimasto con la voglia di indugiare ancora un po’ nelle sue meccaniche, auspicando magari qualche modalità post-game come boss rush o sfide multigiocatore.

Niente di tutto questo è presente, qualora ve lo chiedeste, e la rigiocabilità del titolo è esclusivamente legata alla vostra volontà di ottemperare scelte differenti per osservare altre diramazioni narrative possibili. Volendo si può anche andare a caccia di collezionabili: vinili con brani musicali d’epoca, capi di abbigliamento con cui personalizzare il look di Wiktor, bozzetti ritraenti vita quotidiana e/o situazioni fuori dall’ordinario che animavano la vita cittadina dell’epoca. Piccole aggiunte gradevoli ma che di certo non bastano da sole a giustificare una seconda run che non aggiunge nulla di diverso rispetto alla prima.

Zoppico!

Il fascino delle ambientazioni non compensa del tutto le magagne tecniche

La prova del codice review di The Thaumaturge non è stata indolore. La build fornita dallo sviluppatore, aggiornata e cambiata in corsa un paio di volte, soffriva di diverse magagne tecniche, tra cui caricamento delle texture a rilento, intangibilità con gli oggetti chiave che a volte costringevano a ricaricare la partita, qualche raro freeze che mi ha obbligato anch’esso a chiudere e riaprire il gioco. L’arrivo di una versione più stabile è giunta a pochi giorni di distanza della scadenza dell’embargo, e caricarla avrebbe significato corrompere i salvataggi precedenti, ricominciando di fatto l’avventura dall’inizio. Ho dunque finito il gioco con la prima versione della build, e ho dato un’occhiata veloce a quella nuova, che dovrebbe corrispondere alla versione di lancio che ogni giocatore si troverà fra le mani. La situazione sembra molto migliorata, anche se non siamo ancora arrivati ad un codice totalmente privo di sbavature: continuano in particolare a manifestarsi i caricamenti a singhiozzo e rari fenomeni di stuttering.

In ogni caso, dove non arriva la tecnica ci pensa l’arte, e non ci si può lamentare dell’affascinante estetica di gioco: il design filologico di ambienti ed oggetti, la palette di colore e i filtri grafici sono in grado di immergere nell’atmosfera sospesa nel tempo di questo racconto del secolo scorso, e anche se nel corso delle ore si percorrono più e più volte le stesse mappe, il colpo d’occhio non annoia mai e contribuisce a donare identità e carattere all’opera. Non da meno il sound design e la colonna sonora, che lavora di cesello per instillare temi che si insinuano sottotraccia, spesso impreziositi da strumenti etnici, e donano ulteriore colore al setting storico del gioco. Se proprio vogliamo essere pignoli le musiche avrebbero beneficiato di un livello un poco più alto nel mix, perché tendono pressoché a scomparire in alcuni frangenti esplorativi a meno di non andare a lavorare di fino nei settaggi audio e indossare un paio di cuffie performanti.

Conclusione

The Thaumaturge è un gioco di ruolo isometrico dall’affascinante ambientazione storica, tramite la quale Fool’s Theory prende chiare posizioni politiche che si riflettono inevitabilmente sull’oggi. Al di là delle nobili intenzioni e di una narrativa intrigante, il gioco soffre di qualche limite a livello di puro gameplay, parzialmente inespresso malgrado la commistione originale di elementi provenienti da tradizioni diverse. Alcune magagne tecniche non contribuiscono a sollevare il giudizio complessivo, sebbene siano senz’altro compensate da un comparto artistico e sonoro di spessore.

This post was published on 4 Marzo 2024 19:00

Alessandro Giovannini

Puoi scrivermi in modo sicuro a: alessandro.giovannini.1990@proton.me Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto la mattina per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a scuola; passavo i pomeriggi a guardare Terminator 2 fino a consumare il nastro della VHS; impiegavo le serate a cimentarmi nelle avventure grafiche di Lucas Arts su un glorioso PC con Windows 95 in compagnia di mio fratello. Poi è venuta la laurea in cinema, nonché le esperienze di redattore presso siti di informazione cinematografica e gaming. Su Player mi sono specializzato in analisi di mercato e monografie su developers e franchise storici della gaming industry. Ho anche lanciato la newsletter Gamer's Digest che offre una rassegna settimanale della principali novità dell'industria del gaming. Primo videogioco: The Adventures of Captain Comic (DOS) Videogioco console casalinga preferito: Final Fantasy VII (PSX) Videogioco console mobile preferito: Advance Wars (GBA) Piattaforme di gioco possedute: Super Famicom, Game Boy Color, Mega Drive II, PSX, PS2, PS3, PS4, Xbox One S, PC.

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