Inutile dire che nel corso degli ultimi anni il mondo della realtà virtuale ha subito diversi colpi a reputazione e animo. Da una parte, infatti, troviamo Sony che continua a spingere nel mercato “mainstream” questo genere di periferiche appoggiandosi a costi improponibili per il giocatore medio, con scarso supporto software di qualità, dall’altra abbiamo in generale un mercato videoludico che sta passando un brutto periodo a causa delle contrazioni di mercato derivanti da tutto quello che riguarda il post pandemia. In tutto questo bordello, quando l’ultimo grande gioco per VR sembra essere Half Life: Alyx uscito nel 2020, però Vertigo Games è riuscita a dire la sua sfornando un nuovo videogioco, uno in grado di mettere d’accordo un po’ tutti.
Arizona Sunshine 2, infatti, è il seguito di un ottimo videogioco uscito durante la prima grande ondata di prodotti commerciali per gli alora Meta Quest o HTC Vive; dal 2016 al 2023 però è tecnologicamente passata un era e il semplice fatto che oggi abbiamo a che fare con prodotti dotati di schermi OLED e di potenza di calcolo paragonabile a quella di computer di fascia medio bassa in grado di far girare i videogiochi in autonomia la dice lunga sui passi che sono stati compiuti.
Per l’occasione, ed è necessario specificarlo, abbiamo rispolverato il nostro Meta Quest 2 per recensire questo divertentissimo videogioco tutto spara spara ammazza ammazza a tema zombie. Questa recensione, tra le altre cose, è uscita leggermente in ritardo per un motivo ben preciso: il caporedattore dotato di Quest 2 ha giocato al titolo con i prodromi di un’influenza, cosa che ha acuito in qualche maniera la motion sickness.
Se a questo aggiungiamo anche il fatto che lo sventurato redattore non accendeva il Quest da moltissimo proprio per “mancanza di titoli”, abbiamo come risultato che non parleremo minimamente di eventuali problemi legati alla chinetosi all’interno di questa recensione, proprio perché non crediamo dipenda in alcuna maniera dal gioco quanto più dalle pessime condizioni di salute del nostro pikkolo ancielo.
Come è sempre bene fare in questi casi, partiamo dalla storia.
Il primo Arizona Sunshine è uscito nel 2016 ed era un perfetto esempio di cosa volesse dire creare uno sparatutto in prima persona sfruttando in maniera intelligente le caratteristiche della realtà virtuale. Parliamo di un’esperienza che non poteva vantare una longevità particolarmente impressionante, che nel giro di una manciata di ore si finiva nella sua completezza ma che però riusciva ad offrire un tipo di esperienza per cui era davvero difficile lamentarsi.
Parliamo di un videogioco che posizionava il giocatore al centro di una vera e proprio apocalisse zombie, circondandolo con nemici “stupidi” ma con cui era divertente interagire. Un piccolo successo che, insieme ai vari Beat Saber o SuperHot, rappresentava (e rappresenta tutt’ora) alcune tra le cose migliori mai partorite in ambito VR dagli sviluppatori.
Arizona Sunshine 1 poteva vantare un’alchimia ben bilanciata tra tanti piccoli elementi diversi; da una parte un contesto narrativo divertente, leggero ma efficace nel dare al giocatore il giusto grado di coinvolgimento, dall’altra parte un gameplay stratificato il giusto, che obbligava il giocatore a portare avanti la mattanza di non morti in maniera intelligente, con tanto di puzzle o momenti esplorativi.
Arizona Sunshine 2, invece di cercare di fare dei netti passi in avanti dal punto di vista dell’innovazione (perché non sempre innovare, alle volte basta migliorare in maniera selettiva degli elementi) gioca sul sicuro, migliorando alcuni elementi al fine di portare a casa un’esperienza gradevolissima, accessibile e adatta a qualsiasi tipo di per confezionare un’esperienza degna di questo nome.
Vertigo Games è un’azienda che sa il fatto suo, sia che metti nella mano del giocatore una pistola, sia che metti in mano al giocatore una semplice mano di legno lanciabile (come accadeva nel loro splendido Another Fisherman Tale). Arizona Sunshine 2 costruisce il suo gameplay sulle stesse solide fondamenta del primo capitolo riproponendo anche narrativamente una storia paragonabile.
Il nostro protagonista, uomo solo disperso all’interno di un mondo non più amichevole nei confronti degli umani a causa degli zombie che infestano tutto e tutti, trova un barlume di speranza e una possibilità di fuga verso un luogo più congeniale alla sua sopravvivenza. Le cose, chiaramente, non sono facili come sembrano ed ecco che il nostro si trova a dover compiere un viaggio di una difficoltà allucinante nel tentativo di portare a casa la pelle sana e salva, magari dopo aver maciullato lo 0.1% della popolazione mondiale di zombie in giro.
A differenza del precedente capitolo, però, non saremo del tutto soli in questa nostra avventura impossibile. Ad accompagnarci, infatti, ci sarà infatti il fido Buddy, un simpatico pastore tedesco con cui legheremo in maniera profonda durante il corso della nostra avventura. Il rapporto tra noi e il simpatico e pelosetto amico, infatti, sarà uno degli elementi centrali per la narrativa del gioco, che finirà poi per svilupparsi in maniera anche piuttosto appassionante durante gli ultimi frammenti del gioco, con qualche momento anche “inaspettato” per caratura emotiva.
Questo però non toglie l’anima un po’ buffona del titolo che, esattamente come il primo capitolo, evita di prendersi troppo sul serio nella stragrande maggioranza dei casi. Volendo fare il paragone con gli altri videogiochi zombiecentrici usciti durante il corso degli ultimi anni, Arizona Sunshine 2 si ritrova a essere diametralmente opposto alla seriosità di Dying Light 2 in favore di una natura più cazzona, tra Dead Island 2 e i capitoli belli di Dead Rising.
Arizona Sunshine 2 comincia subito limando uno dei difetti che tanto avevano fatto storcere il naso a chi aveva speso 40 euro nel 2016 per l’acquisto del primo capitolo: la longevità.
Arizona Sunshine 2 dura dalle 7 alle 12 ore e, potenzialmente, molto di più in base a quanto vi interessa giocare a una modalità orda ulteriormente migliorata rispetto al passato. La campagna principale si può giocare sia in solitaria che in cooperativa, a prescindere dalla piattaforma di realtà virtuale posseduta dal proprio compagno di giochi, tra le altre cose.
Qualche parolina va necessariamente spesa anche per parlare del buon vecchio Buddy. Il nostro peloso amichetto, oltre a far contenti i proprietari della pagina X Can You Pet The Dog, avrà anche delle meccaniche di gameplay a esso collegate. Il cagnolone post-apocalittico ci potrà aiutare nel nostro peregrinare con la raccolta di oggetti o con la gestione degli avversari, tutto attraverso un semplice tasto, senza dimenticare che ci può aiutare anche nella gestione dell’inventario che altrimenti ci vedrà continuamente fare i giocolieri con gli oggetti a nostra disposizione.
Anche nella risoluzione degli enigmi il nostro caro amico risulterà indispensabile, visto che potremo fargli anche recuperare oggetti da luoghi in cui non possiamo arrivare o fargli spostare oggetti leggeri per permetterci l’apertura di porte o il passaggio. Niente di rivoluzionario, sia chiaro, ma è comunque un aggiunta estremamente gradita a un gameplay che di base si dimostra essere particolarmente solido.
Questa solidità è ulteriormente accentuata dalla varietà di situazioni in cui il giocatore si ritroverà coinvolto, dove la mescolanza tra azione, sopravvivenza, esplorazione e bizzarrie mantiene sempre alta l’asticella dell’attenzione.
Considerando che il sistema di controllo di Arizona Sunshine 1 è ancora oggi citato tra i più efficienti del panorama della realtà virtuale, nessuno si stupisce di sapere che sia stato sostanzialmente trasporto uno a uno all’interno del suo seguito. Anche questa volta è possibile scegliere come muoversi: meglio utilizzare il comodo teletrasporto (che stra consigliamo ai deboli di stomaco e a chi è pure troppo amico della motion sickness) o meglio utilizzare il sistema libero per la massima immersione all’interno del mondo di gioco e del gameplay?
I controller dell’headset di turno, invece, permettono al giocatore di gestire le mani del protagonista; queste possono interagire in maniera canonica con sostanzialmente tutti gli elementi del mondo di gioco. Oltre a poter prendere le bottiglie, aprire le porte, interagire con cavi e compagnia cantante il giocatore avrà chiaramente la possibilità di impugnare le tantissime armi presenti nel mondo di gioco, necessarie per massacrare gli infetti e sopravvivere in un luogo incredibilmente ostile alla presenza umana.
Le armi sono rappresentate con meccanismi realistici; ci sono sicure da togliere, caricatori da reintegrare negli appositi slot, mirini ottici e non da sfruttare per i propri scopi. La mattanza è divertentissima, su questo c’è poco da discutere: massacrare zombie proiettile dopo proiettile è una delle azioni più divertenti in cui si può mai incappare all’interno di un videogioco e fare tutto ciò all’interno di un sistema ludico incredibilmente efficace come quello di AS2.
Se c’è una cosa di cui ci vogliamo un pelo lamentare, però, è la gestione dell’inventario. Questa nei momenti più concitati di gioco rischia di risultare eccessiva per il giocatore che, tra il ricaricare un caricatore e il cambiare un’ arma, rischia concretamente di imbracciare il fucile sbagliato e regalarsi un game over.
Fortunatamente questo genere di problema si accentua soltanto quando le situazioni diventano difficili da gestire perché la difficoltà (giustamente), inizia ad andare verso l’alto. Durante le prime fasi di gioco è difficile trovarsi in questo genere di situazioni poiché l’encounter design evita di inserire il giocatore contro un numero eccessivo di avversari. Le cose cambiano durante l’ultimo terzo del gioco, quando i manpoli di zombie si trasformano in vere e proprie orde e il livello di attenzione necessario per poter portare a termine le mappe aumenta a dismisura; in questo caso bisogna calibrare bene i propri movimenti e cercare di non sbagliare nel ricaricare arma o meno.
Per permetterci di controbattere questo genere di sfida gli sviluppatori di Vertigo Games hanno avuto la buona idea di dotare il giocatore della possibilità di craftare diverse tipologie di esplosivi; per quanto l’utilizzo delle meccaniche di crafting, proprio da un punto di vista gestuale, non sempre risulti chiarissima pensiamo che questa aggiunta sia in grado di dare uno strumento offensive in più al giocatore, aumentando un po’ la varietà della proposta. Anche graficamente questi sono meno convincenti del resto, ma su questo argomento ci arriviamo fra poco.
Inutile girarci attorno: la grafica dei videogiochi per la realtà virtuale ancora non riesce a competere ad armi pari con quanto viene fatto nel mondo dei videogiochi tripla A o nel caso di alcuni produzioni indipendenti. Le motivazioni sono di carattere tecnico: il motore grafico deve renderizzare il doppio dei poligoni di una produzione normale, deve fare il doppio dello sforzo per comunque offrire un’esperienza unica; serve molta potenza di calcolo per riuscire in questo genere di missioni.
Avendo a nostra disposizione soltanto il Quest 2 (e non la chiave steam del gioco, ma questo è una questione di UX assolutamente insufficiente se non proprio odiosa legata all’ecosistema di Meta) di certo non abbiamo visto Arizona Sunshine 2 nella sua versione migliore. I modelli poligonali sono dettagliati, carini ma di certo non particolarmente all’avanguardia. Fortunatamente l’impatto visivo del gioco è mediato anche dalla scelta degli sviluppatori di puntare su una grafica stilizzata, se non proprio cartoonesca in certi frangenti; questo migliora sicuramente il colpo d’occhio per il giocatore. Ci dispiace davvero non poter esprimere un’opinione approfondita per il gioco fatto girare su un computer collegato in qualche maniera al visore ma i presupposti per parlare di un’opera solida e visivamente affascinante in ogni caso ci sono tutti.
Di certo visivamente il gioco è molto soddisfacente da esperire a causa della ricchezza di dettagli con la quale vengono gestiti gli avversari, che sono la cosa che più di tutte incontriamo durante il corso del nostro allegro peregrinare per l’Arizona. Gli arti volano via, le teste esplodono, i corpi deflagrano in un bagno di liquidi biologici dal colore rossastro; anche le animazioni dei nostri avversari, tutti dinoccolati e claudicanti, sono meritevoli di attenzione mentre lo stesso non può essere detto per il prode Buddy, che non ha lo stesso livello di cura in termini di movimenti. Anche gli effetti particellari delle esplosioni sembrano non essere il meglio che il team è riuscito a realizzare ma, fortunatamente, compaiono poche volte per diventare un difetto marcato di quelli che rovinano l’esperienza di gioco.
Poi si, anche le ambientazioni non sono esattamente variegatissime ma in questo caso non lo vediamo come un problema assoluto; Arizona Sunshine non promette al giocatore di portarlo in giro per il mondo, bensì promette di fargli vivere una divertente apocalisse zombie in prima persona. Parte del coinvolgimento poi dipende anche dall’ottimo comparto audio, che sebbene non possegga delle musiche memorabili, può vantare un grandioso sound design che rende bene l’idea della mattanza che si compie, senza dimenticare quanto può risultare utile per scoprire la posizione dei propri avversari quando si sta guardando qualcos’altro.
Arizona Sunshine 2 si avvicina molto a quello che sostanzialmente si può definire il seguito perfetto. I contenuti sono quelli di sempre ma i più, fatti meglio, con qualche twist per impreziosire il gioco. L’aspetto del gioco base è quello ma è meglio raffinato, nonostante le limitazioni dell’hardware sul quale lo abbiamo provato. Al netto di qualche difettino risibile rispetto al complesso, la produzione di Vertigo Games è tra le più interessanti produzioni per la realtà virtuale degli ultimi anni ed è un vero e proprio must have per tutti quelli che vogliono giocare a qualcosa divertendosi, emozionandosi e maciullando zombie come se non ci fosse un domani. Bravi ragazzi di Vertigo Games e bravi giocatori
This post was published on 7 Dicembre 2023 17:45
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