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Recensioni

Alan Wake 2 | Recensione (PS5) | L’oscuro viaggio di un (anti?)eroe

Avete presente quel vecchio adagio che dice “Il risultato di una grande opera non è altro che la somma delle sue parti, dalla quale scaturisce la sua essenza”?

Lo sappiamo: iniziare così una recensione sembra scontato, soprattutto se parliamo di un gioco atteso con frenesia spasmodica da oltre tredici anni e figlio di uno dei protagonisti indiscussi dello scenario videoludico attuale.

Eppure, se l’opera è Alan Wake 2, non solo quella massima sembra azzeccata, ma forse acquista anche un significato peculiare, perché nell’ultima creatura di Remedy (probabilmente il suo indiscutibile capolavoro) ogni singola componente compie un tale balzo in avanti da segnare un level-up all’interno del suo genere.

Nelle tenebre della mente

Un’epica dell’orrore

Partiamo dal presupposto fondante: Alan Wake 2 è anzitutto una grande storia thriller, di quelle con ambizioni talmente grandi da far girare la testa, e tutte dannatamente rispettate. Come far tornare il giocatore all’interno di una storia così “intima” come un horror psicologico con al centro uno scrittore tormentato? Semplice: ampliando gli orizzonti di quella storia per farne una vera e propria epopea, ricca di eventi, personaggi, pezzi in grado di incastrarsi e costruire un intero mondo. 

Il terrificante Luogo Buio, in tutta la sua potenza

Chi ha dimestichezza con Remedy e il suo Remedyverse, che raccoglie gli eventi di Alan Wake e di Control, sa che le premesse per una grande storia c’erano tutte. Alan Wake 2 è ambientato tredici anni dopo gli eventi del primo videogioco e la scomparsa misteriosa del grande autore di thriller/noir da Bright Falls. Da qualche tempo, la placida cittadina è tornata a essere al centro della cronaca per una serie di omicidi efferati, forse rituali, che richiamano sul posto l’attenzione dell’FBI nella figura della detective Saga Anderson, profiler “con una marcia in più”, e del suo partner.

Ed è proprio quando Saga arriva sul posto, incaricata di risolvere l’ennesimo delitto, che il primo tassello del domino di eventi di Alan Wake 2 inizia a cadere.

Questo sarà l’inizio di uno tsunami di trame e sottotrame, popolate personaggi pieni di spessore, densi, capaci di far catturare il giocatore con stranezze, malinconie, eccessi e pregi; avventure popolate, soprattutto, di emozioni che lasciano sbigottiti. 

Finalmente potremo esplorare in profondità l’incantevole Bright Falls

Lo abbiamo detto poche righe sopra: Alan Wake 2 non è un innocuo thriller che si diverte a citare Stephen King e Twin Peaks rielaborandoli in un pastiche post-moderno riuscito, ma una dannata epica fantahorror, in cui trovano spazio paura, senso di meraviglia, risate, persino tristezza. Ecco, rimanendo in tema Stephen King, vi faccio un esempio: se il primo Alan Wake era Shining o Carrie, ovvero un’appassionante storia dell’orrore con venature psicanalitiche, il suo sequel è molto più vicino a quella che è considerata l’opera magna dell’autore del Maine, La Torre Nera, vera e propria epica post-moderna fantahorror in cui generi, registri narrativi e temi di diversa origine si legano e si amalgamano dando vita a un’opera complessa e stratificata.

E fidatevi: in AW2, tra le pieghe della sua storia, c’è da rimanere dannatamente storditi. 

Gameplay, la materia di cui son fatti gli incubi

Okay, vi chiederete… ma il gameplay?
Ma il gioco in sé?
Ma Alan (e il Luogo Oscuro)? 

Il gioco in sé, il suo “motore”, è una macchina perfetta per gli scopi che si pone, grazie soprattutto alle tante e profonde innovazioni. Dimenticate Alan Wake 1, dimenticate la sua linearità figlia dei suoi tempi, le sezioni da action-e-raccolta-collezionabili di quel primo capitolo, perché qui non c’è spazio per questo genere di momenti. 

Avrete il coraggio di sfidare l’ignoto?

Come nel campo dello storytelling, anche in quello del gameplay Alan Wake 2 amplia i suoi orizzonti, proponendoci un mondo di gioco dalla struttura ad aree nella quale potremo muoverci quasi liberamente per portare a termine la nostra indagine per progredire nella storia. 

E proprio indagine è la parola chiave di tutta l’impalcatura perché, al di là delle gunfight sparse in tutto il gioco, Alan Wake 2 vive soprattutto di enigmi e misteri da risolvere grazie a meccanismi di ricerca indizi, tracce, persone da interrogare. Ciò è possibile anzitutto grazie a un’impostazione da gioco investigativo nella quale sarà possibile esplorare i livelli in modo quasi del tutto libero e soprattutto a una serie di strumenti dall’utilizzo molto interessante. Parliamo ad esempio del Luogo della Mente da utilizzare quando saremo nei panni di Saga, o della Stanza dello Scrittore che aiuterà Alan a tornare a casa attraversando scenari da incubo. 

Per farla breve, in entrambi i casi si tratta di evoluzioni e declinazioni del Palazzo Mentale visto nei giochi investigativi di Frogwares (nello specifico, gli Sherlock Holmes più recenti e The Sinking City) ma, mentre il Luogo della Mente di Saga è una classica incarnazione di quel modello, la Stanza dello Scrittore rappresenta qualcosa di inedito: attraverso essa, durante le sue ricerche, infatti, Alan potrà letteralmente riscrivere alcune parti dei livelli in modo da aggiungere indizi e nuovi luoghi da visitare. 

Il tabellone delle prove di Saga, uno dei nostri principali strumenti d’indagine

Preparatevi, quindi: a ogni fase di ricerca sul campo seguirà quasi sempre un momento di stasi, nel quale dovremo fermarci, entrare nei nostri luoghi mentali e metterci a confrontare indizi, leggere con attenzione le prove, o riflettere su quali modifiche applicare a un luogo. Il frutto di questo processo è una ulteriore dilatazione dei tempi di gioco; più di una volta ci è capitato di passare almeno mezz’ora a perlustrare un’area alla ricerca di indizio, o di un dettaglio cambiato dopo aver alterato il livello grazie ai poteri di Alan, il tutto all’interno di un’atmosfera onirica che spesso porta a dubitare della salute mentale del nostro alter-ego e della nostra capacità di osservazione (e occhio: ai livelli di AW2 piace cambiare). 

Il risultato di quest’impostazione potrà non essere completamente apprezzato da chi magari si aspetta l’action forsennato di Control o l’impostazione da shooter narrativo del primo AW, e al contempo adorato dagli amanti dell’investigazione: Alan Wake 2 procede lento, le sezioni di gioco sono da affrontare con calma, attenzione e apertura mentale. A fronte di una componente esplorativa così forte, le sezioni action riservano in generale meno sorprese, almeno ai livelli di difficoltà più bassi: il sistema di shooting è rimasto pressoché inalterato, e di fatto ciò rende gli scontri abbastanza simili a quelle del primo episodio; come in quello gran parte della tensione sarà legata al dover stare attenti a non consumare troppo in fretta le batterie della torcia e a evitare di far avvicinare troppo i nemici, in scenari molto vari e quasi sempre pieni di ostacoli in grado di metterci i bastoni tra le ruote.

Non mancano poi sezioni di fuga, più concitate e nelle quali occorrerà utilizzare il nostro sangue freddo per uscirne tutti interi ma niente di rivoluzionario sotto il sole.

I combattimenti di Alan Wake 2 ripropongono la formula del gioco originale, ma vanno giudicati come componenti di un gameplay molto più vasto e ambizioso

Un discorso a parte riguarda poi il grado di sfida di gioco.

Per scelta dell’autore, la run su cui si basa questa recensione è stata giocata a livello basso, ma anche in questo caso non sono mancate sezioni impegnative, sia per un level design labirintico al punto giusto sia per alcune boss fight dal pattern interessante.

Sia chiaro, basta usare la testa e capire come uscirne fuori, nulla di troppo ostico, ma superare queste sezioni riesce a dare una sensazione di appagamento e divertimento, segno di quanto Remedy si sia focalizzata sul voler realizzare un gioco a suo modo sfidante.

Tirando le somme sull’esperienza di gioco, l’impressione non può che essere di sorpresa: Remedy ha avuto il coraggio di sovvertire il DNA di una delle sue creature più popolari e giocate, inserendo al suo interno una componente investigativa solida che sembra donarci una versione di Alan Wake molto più vicina al prototipo originale del primo gioco, che addirittura doveva essere un open world ricco di sfide e misteri da risolvere. 

In questo quadro, le sezioni shooting appaiono sì necessarie e presenti in abbondanza, ma solo come componenti di un sistema di gioco che ha da offrire molto altro.

La vera next-gen

L’ambizione videoludica di Alan Wake 2, la sua volontà di uscire dagli schemi, di raccontare attraverso il gameplay, ci dona l’apoteosi del videogioco weird horror, forse tra le più alte incarnazioni del genere dopo il gioco originale, dopo Control e, probabilmente, i primi Silent Hill.

E questo è un risultato ragguardevole, un grande atto d’amore che conquisterà i cuori degli appassionati Remedy, degli amanti del mistery e, grazie al sistema di gioco convincente, anche di coloro che sono soltanto in cerca di un’ottima avventura videoludica.

Tuttavia, il vero valore di Alan Wake 2 è un altro, a giudizio di chi scrive.

La tirerò giù dura, okay? Pronti?

Bene: la verità è che Alan Wake 2 è forse il primo gioco di questa generazione a rispettare la promessa di un vero e convinto passo avanti tecnologico non fine a sé stesso, ma al servizio dello storytelling e del gameplay e della riuscita del gioco.

Dopo tre anni di questa sfortunata current gen, nella quale quasi sempre a un palese sviluppo tecnico sono corrisposti giochi dalle storie e a volte dalle soluzioni di game design molto più modeste di alcuni giochi usciti su Xbox One e PlayStation 4, Remedy sembra rimettere le cose a posto regalandoci un gioco in cui svariate meraviglie tecniche-dal colpo d’occhio alla palette dei colori, per arrivare allo shooting system e ai sistemi di illuminazione- sono totalmente al servizio del racconto e dell’esperienza ludica.

Al di là di alcune sbavature, anche difficili da digerire per i giocatori amanti della perfezione tecnica (come la fisica, non di certo tra i punti di forza del gioco), Alan Wake 2 sfrutta al meglio tutta la potenza dei dispositivi di gioco contemporanei per mettere in scena il suo spettacolo horror.

Ricordate quando più sopra parlavamo di livelli che cambiano, mettendo di fronte al giocatore sfide sempre nuove? Ecco, ciò può accadere sempre, in ogni momento, per nostra volontà. Siamo di fronte a una potenza tecnica che permette al giocatore di manipolare a piacere una storia, di perdersi in un universo che sembra cangiante quanto il mondo del sogno di Inception di Christopher Nolan, dando al giocatore l’impressione di averne in mano il destino.

È in parte un trucco, è a tutti gli effetti una feature da gioco story-driven nel quale ogni nostra azione deve essere sempre volta a raggiungere il punto B partendo dal punto A, ma è un’illusione solida, tangibile, che funziona e serve alla perfezione il meccanismo di detection di cui parlavamo più sopra.

Ecco, a giudizio di chi scrive, se questa next gen fosse stata così in ogni sua incarnazione, probabilmente avremmo avuto molti meno dubbi a passare alle nuove ammiraglie Sony e Microsoft, o a un nuovo PC, di quanti ne abbiamo avuti.

Ah, prima di salutarci: oltre alle cuffie tenete pronto anche il tasto screenshot.

Vi servirà, data la bellezza di certi spaccati suggestivi.

Conclusioni

Alan Wake 2 ha due facce. Da una parte è uno splendido, spietato, straordinario tributo al genere weird, carico di amore e coraggio, un’avventura che sorprenderà gli amanti dell’horror, del mistery e delle grandi storie a tema fantastico. D’altra parte, cosa ben più importante, Alan Wake 2 sembra essere il primo grande titolo story-driven a tema thriller di questa generazione, in grado di utilizzare tutte le migliori innovazioni tecnologiche della generazione corrente per costruire un’opera emozionante e ricca di contenuti, significati, persino spunti. Un nuovo classico, capace di alzare l’asticella del suo genere e di tutto il medium, porre le basi per i prossimi anni e confermare Remedy tra i grandi team di sviluppo di questo tempo.

This post was published on 5 Novembre 2023 19:30

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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