La fede, un’arma così potente da poter contemporaneamente distruggere città e popoli, unire le coscienze e spingere verso fini comuni. Essere fedeli, credere in qualcosa, è uno degli slanci emotivi più forti e probabilmente irrazionali mai sperimentati dall’umanità. Perché credere, per molti, significa semplicemente avere un obiettivo.
Non furono redatte casualmente le parole di Feuerbach, secondo cui:
Il culto di Dio dipende unicamente dal culto che l’uomo ha per sé stesso, è soltanto una manifestazione di esso
concetto che, nei manuali di filosofia è poi diventato un più immediato “non è Dio che crea l’uomo, ma l’uomo che crea Dio”. Perché per l’uomo, Dio è assoluzione e proiezione della miglior sostanza che l’umanità potrebbe diventare. Credere in Dio significa annullare la propria coscienza, secondo Feuerbach, donando il concetto di sé a un filtro che l’astrae. Certo, tempi e luoghi richiedono anche modalità diverse di vivere Dio.
Può capitare che in una vita vuota, la fede crei un punto d’arrivo intangibile e pertanto, rassicurante, che null’altro potrebbe regalare; in una vita piena, credere per fede potrebbe invece significare trovare un mezzo che giustifichi le proprie azioni e spinga ad agire in una direzione piuttosto che in un’altra. Può rappresentare un discrimen, tra chi crede e ci è vicino in quanto fedele e chi, eretico, pagano o ateo, non ha avuto la fortuna o la voglia di trovare quella luce guida.
Ma può coesistere un rapporto di fede e ragione, l’irrazionale che incontra il pragmatico?
Una risposta interessante a riguardo, la diede a suo tempo Sant’Agostino che sempre più spesso mi ritrovo a leggere e citare. Agostino, nelle “Confessioni” affrontava proprio il problema che gli uomini del suo tempo avevano paura anche solo a nominare.
In società legate alle tradizioni, come era quella di Agostino, che ancora masticava le parole di Platone e dei suoi successori su concetti ontologici e idealistici, lui cercò di porre le basi (che vennero poi colte da un più audace Lutero) per far comprendere che la comunicazione costante tra fede e ragione non solo è auspicabile ma è anche necessaria. Il motto che Agostino fece proprio nelle “Confessioni” era:
crede ut intelligas, intellige ut credas
Credi per comprendere, comprendi per credere.
E cos’è che bisogna comprendere e in cosa bisogna credere? La risposta che Agostino dà nella sua opera “La Trinità” è:
Comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità. Dio è luce, non la luce che vedono i nostri occhi, ma quella che vede il cuore, quando sente dire: è la Verità
E se per un uomo nella sua posizione, la Verità sia una e sempre solo riferibile a Dio, ampliando il discorso alla fede tutta, in ogni forma anche slegata dall’accezione religiosa, la Verità assume molteplici forme. E molteplici facce compaiono su ogni lato che la verità edifica.
La Verità sta nella Luce per alcuni, altri la vedono nelle Tenebre.
Per alcuni la Verità è la Vita, per altri la Morte, per altri ancora un momento tra le due ma a una verità si dovrà giungere. E in Lords of The Fallen, dovremo fare molta attenzione a discernere la Verità che si cela dietro ai dogmi di un pensiero radicato in un mondo decadente, dove Luce e Tenebre e Vita e Morte si sono irrimediabilmente sovrapposte.
E si, potrebbe sembrarvi un’esposizione fin troppo retorica del nuovo lavoro di HexWorks Studios ma non temete, è esattamente la sensazione che volevo regalarvi così da permettervi un’immersione totale nella retorica narrazione fantasy di Lords of The Fallen, l’altalenante titolo in cui tanti hanno fede ormai da mesi.
Ma quale sarà la verità?
Lords of The Fallen è il nuovo titolo sviluppato da HexWorks Studios, uno studio di sviluppo interno a CI Games, in uscita il 13 ottobre 2023 per Windows PC, PlayStation 5 e Xbox Series X e Series S. Il titolo è un action RPG che strizza l’occhio al mondo Souls-like, con meccaniche e ambientazioni che tendono a ricordare ardentemente i titoli di From Software. Il titolo poi, rappresenta a detta degli sviluppatori, “both a sequel and a reboot” dato che, già nel 2014, era uscito un gioco con lo stesso nome, sviluppato da Deck13.
Questa nuova iterazione fantasy di CI Games cerca di prendere quanto di buono fatto dal predecessore, che al netto di tanti problemi sia lato prestazioni che lato gameplay, senza contare l’orribile sfortuna di essere pubblicato lo stesso anno di Dark Souls II, rappresentò il primo esperimento di vero “souls-like”, cercando di risultare più di una semplice somma di parti, mostrando un’anima solida.
E a suo modo, l’intento del 2014 continua a persistere nel 2023. Con Lords of The Fallen, i creativi di HexWorks hanno voluto creare un mondo vivo, dal respiro vigoroso e ampio che certamente prende a piene mani dall’esperienza di From Software ma cerca di dare una sua visione di action RPG.
Nell’approcciarmi al titolo dunque, ho cercato di giocarlo e assimilarlo come gli sviluppatori si aspettavano, immergendomi nel mondo da loro creato e che già avevano raccontato abbondantemente durante l’evento d’anteprima a Londra a cui siamo stati, gentilmente, invitati ad Agosto 2023. In quell’istanza, potendo chiacchierare con gli sviluppatori, mi resi subito conto di trovarmi di fronte a dei forti appassionati del loro lavoro, della loro arte.
Appassionati di quello che avevano creato, con la voglia di parlarne, di farlo vedere, enumerando le ispirazioni sia visive che concettuali. Poi però, dopo che quest’anima mi venne raccontata, iniziai a cercarla nel gioco e ne notai una chiassosa latitanza. Lords of The Fallen pareva qualcosa di molto più blando di quanto non potessi prevedere.
Una forte delusione mi accompagnò per le quasi tre ore di demo.
Quando misi le mani sulla copia completa del titolo, partivo con un’idea sicuramente pregiudizievole ma, allo stesso tempo, sapevo anche bene su quali aspetti del gioco posare lo sguardo, per capire se dopo le segnalazioni di Londra, il team di sviluppo fosse riuscito a perfezionare le mancanze macroscopiche del titolo.
Ancora una volta, fui deluso.
Come ci era già stato raccontato in sede d’anteprima, il titolo è un reboot del gioco omonimo del 2014 e risulta quindi giocabile anche senza aver giocato il primo. Tuttavia, ha anche un’anima da sequel, visto che gli eventi in gioco si svolgono 1000 anni dopo le vicende del primo Lords of The Fallen. Sono inoltre presenti vari riferimenti al primo titolo, delle belle chicche per chi ama i racconti che non dimenticano il passato.
Harkyn è ormai divenuto leggenda, le sue gesta vengono raccontate e il nuovo mondo è stato edificato grazie alla vittoria del bene sul male, ma qualcosa va storto. Nonostante si pensasse che il malvagio Dio Demone Adyr fosse ormai un ricordo del passato, le tenebre risorgono, l’oscurità ammanta il mondo e i demoni ritornano, più forti di prima. Tutti si preparano al ritorno di Adyr, il lord infernale.
L’ultimo baluardo della lotta ad Adyr è rappresentato dalle Sentinelle Consacrate, ordine guidato dalla chiesa della luce di Orius. In una battaglia tra luci e ombre, bene e male, ci saremo noi. Il nostro personaggio, per fato o caso, si ritroverà a essere il “prescelto”, l’unico in grado di portare la pace dissipando le tenebre e irradiando il mondo con la luce di Orius.
La nostra avventura inizierà quando, un cavaliere dell’ordine dei Crociati Oscuri, affrontando quello che scopriremo poco dopo essere un Mietitore della Luce, perirà e, con le ultime forze in corpo, lancerà lontano un oggetto che noi ritroveremo e che ci farà risvegliare dal sonno della morte: la lanterna. Tale artefatto permette infatti di vivere a cavallo tra due mondi: quello dei vivi, Axiom e quello che potrebbe essere definito un limbo, il passo subito precedente alla morte, Umbral.
Quando verremo ritrovati, verremo portati al Ponte del Sonno Celeste, l’hub di gioco e da lì inizierà la nostra vera avventura. Avventura che, a livello di lore e narrazione generale, fatica a regalare grosse sorprese. Questo perché, la narrazione di Lords of The Fallen prende così tanto dai soliti elementi del fantasy moderno (e non solo) da risultare piuttosto scontata e, in parte, pacchiana.
Molti NPC, con storie e sub-quest interessanti, sono annientati da dialoghi e personalità tagliati con l’accetta. Frasi come “Se guardi dentro l’oscurità, l’oscurità guarderà dentro di te”, con un voice acting che non sempre è all’altezza, risultano estremamente riempitive e superflue, non in grado di far percepire la giusta tensione né di raccontare una storia credibile.
La narrazione di Lords of the Fallen, mi spiace dirlo, risulta essere quasi plasticosa, asettica, bidimensionale e addirittura dimenticabile in certi frangenti. Qualche guizzo lo trova, ci sono personaggi dalla buonissima caratterizzazione, che però si perdono in un mondo che fatica a festare del genuino interesse.
Noi siamo il prescelto che deve sconfiggere il male, prima che questo si risvegli.
Un incipit senza mordente che fatica a svilupparsi in maniera ficcante.
Uno degli elementi che ha fatto appassionare tanti giocatori ai Souls o ad altri titoli come il recente Lies of P, che di Lords of the Fallen è un inaspettato concorrente, è la cosiddetta “narrazione silenziosa”.
In giochi del genere, la peculiarità è proprio quella di celare la storia agli occhi più disattenti, così che chi voglia solo giocare potrà farlo, senza perdersi nei meandri di un racconto verso cui non prova interesse. Ma per chi ama leggere, ascoltare, osservare, questi giochi sono una miniera d’oro. E di cosa si compone la “narrazione silenziosa”?
Di tutto.
Ogni elemento a schermo, se lo studio dietro alla narrazione del titolo è accurato, può raccontare una storia e può aiutare a dare credibilità a un ambiente che, altrimenti, rischia di essere un semplice corridoio di passaggio tra una zona e l’altra. Ogni oggetto di scena va collocato scientemente, aiutando a dire di un’area più di quanto mille parole potrebbero fare.
In Lords of the Fallen, questo aspetto manca totalmente. Gli ambienti tendono a essere poco credibili e anzi, riescono ancora meno nel sostenere la sospensione dell’incredulità. Perché per ore, ho dovuto camminare su piattaforme di legno sospese da carrucole, su un ponte di legno popolato solo di monaci e fedeli? Che storia mi sta raccontando il titolo?
E perché gli stessi monaci li ritrovo in un cimitero e in una caverna popolata da bestie di fuoco?
La risposta è ovviamente che, quei monaci sono dei nemici “base”, è giusto ritrovarsi dei nemici base. Il problema è che nulla di quello che vedo è credibile; anche gli agguati risultano posticci.
Perché un cane dovrebbe stare fermo immobile dietro lo stipite di una porta, così da riempirmi di fiamme al passaggio?
In Dark Souls 1, un titolo del 2011, all’arrivo nella parte inferiore del Borgo dei Non Morti, poco prima del Demone Capra, i cani attaccavano in maniera rabbiosa solo dopo che un estraneo (il giocatore) entrava nella loro zona, rendendo bene la territorialità delle bestie.
Perché in Lords of the Fallen, i cani devono tendere gli agguati?
Sono cani “fantasy”, va bene, ma non possono agire prima da bestie e poi da fini strateghi.
E potrà senza dubbio apparire come una lamentela pretenziosa, capricciosa, superflua ma è forse sbagliato cercare di immergersi in un gioco e venire cullati da un racconto il cui alitare può appannare le lenti che usiamo per guardare il mondo, finendo per farci percepire come estremamente vero ciò che accade su uno schermo?
Lato gameplay, Lords of the Fallen è un grande odi et amo, alternando ottime risoluzioni di combat system a frettolose mancanze e scelte poco brillanti. Sarà possibile scegliere una di nove classi iniziali (più una bonus, col DLC Dark Crusader). Come spesso accade in titoli del genere, la scelta iniziale della classe non pregiudicherà l’andazzo dell’intera run che, a detta degli sviluppatori, dovrebbe avere una durata di circa 30 ore se si segue soltanto la “via principale”, senza perdersi in missioni secondarie e dungeon segreti.
La scelta della classe è però un punto di partenza importante per godersi al meglio le ore iniziali del titolo. Cercate di capire dunque, quale stile volete adottare: se siete più portati al combattimento fisico, se preferite ripararvi dietro uno scudo, se volete occupare entrambe le mani con armi veloci o, ancora, se volete puntare tutto sul combattimento dalla distanza, sia esso praticato con archi, balestre o catalizzatori magici.
In questo, Lords of the Fallen vi darà una mano: alcune classi selezionabili hanno la dicitura “AVANZATA“. Tale disclaimer servirà ai giocatori meno esperti, per evitare di affrontare ore di frustrazione dietro a classi che richiedono un po’ di conoscenza delle meccaniche più profonde del titolo.
Subito dopo la scelta della classe, potrete sbizzarrirvi a creare il vostro personaggio, con un editor un po’ grezzo ma che permette di avere dei risultati soddisfacenti. Nulla di incredibile eh, ma quel che fa lo fa bene.
Il combat system di Lords of The Fallen è vario e interessante.
Trovare nuove armi in giro per le mappe di gioco non sarà così difficile, così da dare al giocatore sin da subito, una visione completa di quelle che sono le possibilità del titolo, sia che si decida di basare il proprio stile di lotta sulla magia, sulla forza o sull’agilità.
A sorprendere è la varietà dei moveset. Ogni arma infatti, ha una combinazione di mosse incredibile, più che ogni altro Souls-like e la possibilità di concatenare attacchi leggeri, pesanti con combo proprietarie dell’arma, è tra le cose più gradevoli del titolo. Andare alla scoperta di ogni nuova arma, sarà quindi forte la curiosità e cercando di scoprirne tutti i punti di forza e di debolezza.
Anche l’utilizzo della Lanterna offre una serie di soluzioni offensive e non solo: la meccanica del Soul Flay per esempio, permette di tirare fuori l’anima da un nemico, che rimarrà immobile e ci permetterà o di fuggire o di colpire l’inerme anima. Tutti i colpi inferti all’anima, si ripercuoteranno poi sulla salute del nemico, compresi i danni alla stabilità. Questa tecnica può essere utilizzata anche con alcuni boss, soprattutto umanoidi.
È presente una meccanica di parry, diversa da quella dei Souls classici e forse più simile a quanto visto in Sekiro o Lies of P.
Non vi sarà infatti un’animazione unica per il parry: bisognerà semplicemente premere, col giusto tempismo, il normale tasto della parata. A differenza dei titoli già citati però, la finestra di parry è molto più imprecisa.
Proprio a causa del fatto che il movimento effettuato è semplicemente quello di alzare lo scudo o l’arma per parare, sarebbe stato complicato ridurre i frame di parry, che anzi, delle volte sono estremamente permissivi.
Questa soluzione però, risulta oltre che scomoda, fin troppo casuale: tante volte, cercando di effettuare un parry, ci si ritrova a parare normalmente un attacco e altre volte, cercando di parare, basta una pressione involontaria sul tasto della parata per effettuare un parry.
Effettuare parry, non servirà comunque per dei repost immediati ma per “rompere” la stabilità del nemico, rappresentata da una striscia circolare bianca che abbraccia l’icona del lock sui nemici. Quando avremo consumato questa barra, potremo effettuare un attacco pesante per abbattere il nemico ed effettuare un attacco critico.
Ad aiutare è sicuramente il moveset della maggior parte dei nemici, legnoso e macchinoso, che permette di intuire abbastanza facilmente il tempismo dell’attacco. Ovviamente esiste anche la schivata, ma di questa ne parliamo in una sezione a parte.
La meccanica che si preannuncia essere più interessante e che ha rappresentato il vero gancio in fase di marketing del titolo, è l’alternanza dei mondi permessa dall’utilizzo della Lanterna. Una meccanica che punta a unire gameplay e narrazione, in una maniera che risulta piuttosto gradevole.
Da una parte abbiamo quindi Axiom, il mondo dei vivi. L’ambientazione di Axiom, come viene raccontato dagli stessi sviluppatori nell’artbook digitale presente nel titolo, prende a piene mani da quella di altri mondi fantasy come Berserk di Kentaro Miura per esempio. È un mondo in cui la luce ha un respiro affannoso e decadente.
Il sole ad Axiom brilla ma non mancano le insidie. Come ambientazioni e paesaggi, Axiom ricorda tanto Demon’s Souls e Dark Souls, prendendo dai due titoli di From anche forti ispirazioni di level design. Quando però periremo ad Axiom, non sarà detta l’ultima parola.
Ci risveglieremo all’istante a Umbral, un mondo demoniaco, fatto di morte e putridume. Morire non sarà però l’unico modo per arrivare a Umbral, che potrà essere raggiunto anche in autonomia in qualunque momento, tramite l’uso della Lanterna.
Recarsi in Umbral, può essere una scelta di gameplay interessante: il giocatore dovrà affrontare sfide maggiori, poiché sarà perennemente circondato di nemici e più la sua permanenza in Umbral continuerà, più i nemici si accorgeranno di lui e tenderanno a diventare numerosi e aggressivi. Tuttavia, all’aumentare del tempo di permanenza, in alto a destra dello schermo, potremo vedere aumentare un moltiplicatore.
Quello è il moltiplicatore dell’esperienza, che in Lords of the Fallen viene chiamata Vigore. Restare in Umbral è quindi più pericoloso ma più remunerativo, soprattutto se pensiamo che non sarà necessario mettersi a cercare delle zone per “farmare” Vigore: basterà restare qualche minuto in Umbral, falciare alcuni dei nemici che continueranno a rinascere senza sosta e, quando si pensa di aver raggiunto un punto critica, tornare in Axiom e ripetere.
Per tornare in Axiom da Umbral, si potrà morire definitivamente, trovare le Vestigia (equivalente dei falò) o trovare dei piccoli punti di scambio dimensionale. La differenza tra le Vestigia e questi punti di scambio sta nelle possibilità offerte: mentre nei punti di scambio, si potrà semplicemente tornare da Umbral ad Axiom, le Vestigia permetteranno una serie di attività come riposarsi per ripristinare le cure, salire di livello o teletrasportarsi presso altre vestigia.
Morire in Axiom significa rinascere in Umbral, morire in Umbral significa morire e rinascere alle ultime Vestigia visitate. Sarà necessario recuperare il Vigore, rimasto nel punto in cui siamo morti e che alcune volte potrebbe essere stato assorbito da un nemico, che dovremo abbattere per riottenere la nostra esperienza. Se morissimo, prima di aver recuperato il Vigore, questo sarebbe perso per sempre.
Capiterà molto spesso che il passaggio da una dimensione all’altra, non sia tanto una scelta quanto un obbligo posto dal gioco per proseguire. Se ci si trova davanti a un vicolo cieco in Axiom, è quasi certo che recarsi in Umbral ci permetterà di trovare un passaggio. Certo è, che strutturare in tal maniera il titolo, tradisce un po’ le premesse degli sviluppatori secondo cui decidere di muoversi ad Axiom o a Umbral sarebbe stata una scelta di “accessibilità”.
Quando alla scelta subentra l’obbligo, all’accessibilità subentra la necessità e una scelta necessaria non è, necessariamente, una scelta accessibile.
Parliamo di due ulteriori meccaniche del gioco e delle loro criticità.
Partiamo dalla vita Avvizzita.
Il meccanismo simile a quanto visto in Bloodborne ma più vicino a quello di Lies of P: quando un nemico ci attaccherà e noi riuscissimo a parare l’attacco con uno scudo che non ha il 100% di difesa fisica (o dell’elemento con cui veniamo attaccati), una parte dei nostri punti Vitalità, diventerà “Avvizzita”. L’avvizzimento è rappresentato da un barra grigia sottostante la barra rossa della salute.
Colpendo i nemici attorno a noi dunque, potremo recuperare vita, fino al riempimento della barra Avvizzita. Ma basterà anche un solo colpo infertoci, che quella barra avvizzita scomparirà e l’unico modo per recuperare vita, sarà dato dalle cure, i Sanguinarix (equivalente dell’Estus). Inoltre, quando utilizzeremo la lanterna per passare ad Umbral o per compiere alcune azioni come il Soul Flay, una parte di vita si avvizzirà e richiederà il recupero, malmenando nemici.
Altra meccanica interessante, sottratta al cut content di Dark Souls III è quella di poter “piantare” delle Vestigia provvisorie autonomamente. In alcuni punti delle mappe, saranno presenti dei giacigli di fiori, che spiccheranno rispetto alle ambientazioni circostanti. Se forniti di un seme vestigiale, sarà possibile stabilire lì delle Vestigia, in modo da porre in autonomia dei checkpoint intermedi.
Una buona meccanica se non fosse che i punti in cui piantare i semi sono posti molto spesso a distanze troppo ravvicinate dai nemici di ronda in quella zona. Ciò comporta il venire attaccati immediatamente dopo essersi riposati o non potersi riposare proprio perché i nemici nelle vicinanze.
Considerando quanto è sensibile l’aggro dei nemici, eliminare quelli nelle vicinanze così da riposarci allarmerà anche quelli più lontani e potremo ritrovarci circondati da nemici, a due passi da quello che dovrebbe essere un punto sicuro. Una bella idea dunque, applicata a un design delle aree che non ne permette la corretta esplicazione.
Arriviamo ora a uno dei punti che più mi ha creato problemi durante le ore trascorse su Lords of The Fallen: gestione della schivata e, purtroppo, gestione della telecamera.
In un qualunque SoulsBorneRing o Souls-like che si rispetti, quando si applica il lock-in, quel nemico diventa il fulcro attorno a cui il nostro personaggio si muove. Se quindi si effettuerà una schivata su un attacco del nemico su cui si tiene il lock, la telecamera seguirà la schivata ma tenendo come punto focale il nemico. In questo modo, anche schivando alle spalle del nemico, il giocatore potrebbe controllarne i movimenti, reagendo con un attacco o con un’ulteriore schivata.
In Lords of the Fallen, funziona inspiegabilmente in maniera diversa. Quando si effettua una schivata su un nemico su cui si tiene il lock, la telecamera non ruoterà tenendo il nemico come punto centrale, ma seguirà noi. In altre parole, ci troveremmo con la telecamera che, durante la schivata, ci rimarrà attaccata alle spalle, impedendoci di vedere quali sono i movimenti del nemico che stiamo combattendo.
Considerando poi che, la coda delle animazioni è lunghissima (il tempo impiegato da quando si preme il tasto fino alla conclusione dell’animazione), l’azione che seguirà la schivata, potrebbe diventare un terno al lotto: se dopo una schivata si attacca, si potrebbe subire un attacco nemico di cui non si vede la partenza, se invece si effettua un’altra schivata si potrebbe perdere una finestra utile per colpire.
Tra le varie scelte del team di sviluppo, questa è quella che mi rimane più incomprensibile. Aggiungiamo poi che, la funzione di lock è terribilmente instabile, ricordando tristemente ciò che non funzionava in Dark Souls II. Ci si potrebbe infatti trovare a lottare contro un nemico e girarsi di spalle o iniziare a guardare in alto, perché il target ha deciso di spostarsi su un altro nemico, esponendoci ai colpi di quello che abbiamo di fronte.
Situazione che peggiora quando, affrontando diverse boss fight in Umbral, ci si ritrova a morire a causa delle decine di obiettivi su cui i target si sposta, impedendo una lettura serena dei moveset dei boss che, altrimenti, sarebbero estremamente semplici.
Quello del target non è l’unico difetto tecnico che il titolo presenta.
Il feedback dei colpi, come già visto in sede d’anteprima, non è eccezionale e solo raramente restituisce la pesantezza delle armi che imbracciamo. Giocando su PlayStation 5, perlomeno, a sopperire era il feedback aptico del controller DualSense ma, per chi giocherò su altre piattaforme, il problema potrebbe presentarsi in maniera più prepotente.
Le hitbox e i geodata sono destabilizzanti: decine di volte ci si può ritrovare a venire colpiti anche se la schivata è stata effettuata con successo e col giusto tempismo; altre volte abbiamo visto il gioco non registrare l’alzata dello scudo, facendoci prendere danni pieni invece di danni ridotte; molte Hitbox, specie quelle delle armi dei boss, sembrano essere più grandi di quanto mostrato a schermo o ancora peggio danno l’impressione molto fastidiosa di essere poco coerenti con il movimento dell’arma.
Ulteriore problema, già notato durante l’anteprima di Londra, è il sound design.
Molto spesso mancano suoni ambientali, in grado di restituire l’ambiente che ci circonda, altre volte questi sono presenti ma spazialmente indecifrabili. Un nemico alla nostra destra potremmo sentirlo alle spalle e viceversa. E in un titolo che ha zone così cariche di nemici, la mancanza di sound design all’altezza, si sente. Scusate il gioco di parole.
Alla luce di quanto detto, Lords of the Fallen risulta più semplice di altri Souls-like, visto che ci sono tanti modi diversi di superare le avversità. A rendere complicato il tutto, sono delle mancanze in fatto di game design, che rischiano di far sentire inadeguato anche il più esperto giocatore.
A ciò si aggiunge una distribuzione dei mob nelle aree a dir poco punitiva, anche in maniera estremamente ingiusta. Si alternano zone con nemici singoli, uno di fila all’altro, che non richiedono un minimo d’impegno a zone colme di nemici dall’aggro infinito: arcieri, maghi, mostri di terra e di aria, spadaccini, gnomi armati d’ascia, tutti ad attaccare senza che l’IA permetta di regolarsi nella gestione della difesa e del contrattacco.
E non si tratta di situazioni in cui si corre per attirare quanti più nemici possibili per fare i fenomeni: anche muovendosi cautamente e cercando di affrontare i nemici a uno a uno, si finisce per essere totalmente sommersi. Sono state rilasciate varie patch, già solo nel periodo in cui abbiamo potuto provare il titolo ma mai nessuna che abbia corretto questo problema, cosa che ci auguriamo possa avvenire dopo la releas ufficiale del gioco.
Sulle prestazioni, al momento, vogliamo evitare di andare troppo a fondo.
Provando il gioco su PlayStation 5, ci siamo trovati in mano nei primi giorni, un titolo che non riusciva a brillare. Le prime sessioni di gioco, sono state funestate da crash circa ogni ora, cali di frame vertiginosi e situazioni ai limiti dell’ingiocabile.
Con l’avvento di alcune patch, abbiamo già potuto riscontrare dei miglioramenti significativi in fatto di stabilità, anche se alcuni cali fastidiosi continuano a persistere specialmente durante il cambio tra Axiom e Umbral. Tuttavia, gli sviluppatori sono molto attenti al feedback dei giocatori e hanno già annunciato varie patch correttive, che andranno a dare un boost non indifferente alle prestazioni.
Il titolo sfrutta l’Unreal Engine 5 e, sebbene il giudizio rimanga sospeso lato prestazioni, è inevitabile far notare che, rispetto a quanto visto nei trailer, il gioco finale non riesce a rendere quasi mai l’epicità e la pulizia visiva che si voleva raggiungere. Le texture, osservate nella microscopia, non risultano gradevolissime e, a tratti, posticce.
Non ci è stato inoltre possibile, in sede di recensione, provare le funzionalità online del titolo. ricordiamo però che è possibile giocare il titolo in modalità co-op, dall’inizio alla fine.
Il gioco presenta vari paesaggi interessanti che, se visti in lontananza, restituiscono un ottimo colpo d’occhio, quasi a sembrare dei quadri, il tutto con una palette di colori scarica e, proprio per questo, efficace. L’uso dei colori è forse la cosa più interessante oltre alle varie presenza di Umbral specialmente dopo che il team ci ha parlato delle ispirazioni dietro esse.
Lords of the Fallen, l’action RPG sviluppato da HexWorks Studios, presenta due anime: quella che cerca di fare le cose e quella che ci prova. Tristemente, solo la seconda riesce a venir fuori prepotentemente. Al netto di tante idee interessanti, il titolo ha grosse lacune lato gameplay che potrebbero minare l’esperienza. La narrazione prende a piene mani da tanti mondi fantasy e non è assolutamente un male, ma almeno nella nostra esperienza, non è riuscita a dare quel qui per farci proseguire con interesse a esplorare ciò che gli sviluppatori volevano proporre. Secondo Sant’Agostino, bisogna Comprendere per giungere alla Verità e a noi un po’ dispiace essere giunti a questa nostra verità. Non resta altro che continuare ad avere Fede, verso un team che di idee ne ha ma che ha bisogno di un pizzico in più d’esperienza. L’ambizione è giusta finché non sfocia in tracotanza.
This post was published on 12 Ottobre 2023 15:00
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