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Recensioni

Detective Pikachu: Il Ritorno | Recensione [NSW] | Un nuovo pericolo a Ryme City

A distanza di ben 7 anni dal primo capitolo e 4 anni dopo dal live action al cinema, ecco che il personaggio di Detective Pikachu torna con un titolo nuovo di zecca questa volta in esclusiva su Nintendo Switch, sempre sviluppato da Creatures.
Detective Pikachu: Il Ritorno è il sequel dell’originale titolo uscito nel 2016 su Nintendo 3DS, ambientato cronologicamente due anni più tardi le prime vicende che hanno colpito la cittadina di Ryme City.

Le premesse erano piuttosto interessanti dato che lo sviluppo di Detective Pikachu: Il Ritorno è stato piuttosto travagliato e a tratti anche misterioso.
Annunciato nel corso di una conferenza stampa nell’ormai lontano 2019 era addirittura previsto per 3DS, ma per motivi ancora sconosciuti i lavori sono stati portati avanti fino al 2023 ed è dunque stato pubblicato sulla console ibrida.

Tim e Pikachu ancora una volta sulle tracce di un nuovo mistero

Due anni dopo dagli incidenti avvenuti nella cittadina di Ryme City che hanno visto protagonisti i Pokémon furiosi a causa dell’Agente R, il giovane detective Tim Goodman e il suo fido compagno Pikachu si mettono di nuovo all’opera per risolvere un nuovo mistero.
L’obiettivo della coppia è sempre lo stesso: ritrovare Harry Goodman, il padre di Tim scomparso nel nulla.

Detective Pikachu: Il Ritorno è considerato un sequel del primo capitolo perché presenta gli stessi protagonisti e entrambi i giochi sono legati dal filo conduttore del ritrovamento del padre di Tim, nonostante questo però è possibile giocare a questo titolo anche senza aver mai toccato l’originale Detective Pikachu pubblicato su 3DS.

Il titolo segue delle vicende slegate da quelle del primo capitolo, ma nonostante questo nelle prime ore di gioco è presente comunque una serie di flashback per un’infarinatura generale su quanto successo due anni prima.
Questo permette a qualsiasi giocatore di godersi a pieno il videogioco senza necessariamente aver giocato il primo capitolo.

La nuova storia di Tim e Pikachu inizia al centro di Ryme City durante la premiazione dei due detective a opera del Sindaco Myers per quanto fatto due anni prima, ma improvvisamente l’evento viene interrotto da un feroce Corviknight che si abbatte sulla folla in picchiata.
È proprio in questo momento che ha inizio la nuova avventura tra enigmi, misteri ed esplorazione per scoprire cosa ha causato la furia del Pokémon Corvo.

Sulle tracce del furioso Corviknight, ma il mistero s’infittisce

Detective Pikachu: Il Ritorno riprende lo stesso scheletro di gameplay già visto col primo capitolo: interrogando umani e Pokémon, grazie all’aiuto di Pikachu che riesce a fare da interprete tra le creature e Tim, si possono raccogliere indizi che man mano vengono annotati sul taccuino.
Una volta ottenuti abbastanza indizi si può procedere alla risoluzione del caso e procedere nella storia.

Il titolo si divide in capitoli e ogni capitolo a sua volta contiene vari enigmi da risolvere per arrivare all’enigma finale che mette fine al caso e, restando in termini di gameplay, al capitolo.
A differenza di altri titoli dello stesso genere, come ad esempio la saga del Professor Layton, non c’è un’alternanza tra quest principale e indovinelli totalmente scollegati dalla trama, ma tutti gli enigmi servono a mandare avanti la storia.

Sono presenti inoltre delle missioni secondarie, che nel gioco vengono chiamati “grattacapi“, e che consistono nel soddisfare alcune richieste da parte di umani e Pokémon.
Si tratta principalmente di quest di ricerca nelle quali il giocatore è portato a esplorare la mappa in cui si trova per trovare un particolare oggetto nascosto o un certo Pokémon.

I grattacapi a volte hanno dato l’impressione di interrompere troppo il ritmo di gioco, anche perché è capitato spesso di dover tornare sui propri passi per consegnare la quest oppure per parlare con un Pokémon che avevamo già interpellato in precedenza. Parliamo quindi di fetch quest che non arricchiscono l’esperienza di gioco, ma aiutano soltanto a scoprire qualche chicca in più sulla natura dei Pokémon e che non offrono granché dal punto di vista ludico

La trama principale, d’altro canto, procede in maniera ordinaria e abbiamo trovato la successione degli enigmi ben incastrata con l’avanzamento della storia.
A parte piccole sbavature che consistono in pretesti narrativi leggermente forzati per far andare avanti la storia, la trama di gioco è lineare e contiene anche dei colpi di scena sul finale, nonostante già dopo poche ore di gameplay si capisca dove voglia andare a parare.

Se da una parte abbiamo una narrazione che funziona, dall’altra non possiamo dire lo stesso del gameplay che riguarda la risoluzione degli enigmi (e più tardi capirete perché di questa precisazione). Innanzitutto è doveroso dire che gli indovinelli sono davvero molto facili e dal primo all’ultimo minuto di gioco non abbiamo mai avuto dovuto pensare per più di 10 secondi prima di dare la risposta giusta.

Nonostante la grande facilità degli indovinelli, il gioco non ti punisce in alcun modo se sbagli: citando ancora Layton ricordiamo che per ogni errore si perdevano preziosi Picarati, mentre in Detective Pikachu si possono anche sbagliare tutte le risposte e non succede assolutamente nulla. (e non venitemi a parlare di target perché il Professor Layton è classificato come PEGI 7). Gli indovinelli, salvo rarissime eccezioni, sono sempre a risposta multipla e dunque sono ancora più facilitati per il giocatore.

Il titolo inoltre prevede anche una funzione per avere dei suggerimenti nella risoluzione degli enigmi, la quale chiaramente non abbiamo mai utilizzato perché non ce n’è mai stato davvero bisogno.
Arriviamo poi alla questione più dolente riguardo questo particolare discorso: il gioco ti costringe a seguire un determinato percorso e non hai la libertà di esplorare, di parlare con altri NPC o risolvere quest secondarie nell’ordine che si preferisce.

Si percepisce dal primo all’ultimo minuto di gioco una fastidiosa sensazione di “pilota automatico” finisce per diventare soverchiante in particolari momenti: ci sono addirittura i classici momenti in cui, senza preavviso, diventa impossibile tornare indietro nella mappa di gioco perdendo di fatto tutte le quest non completate; se a questo aggiungiamo una generale lentezza del gioco e una vecchia struttura a capitoli la frittata è fatta.

Oltre agli enigmi c’è di più: le novità sono piuttosto interessanti

Il fulcro del gameplay di Detective Pikachu: Il Ritorno è chiaramente incentrato sugli enigmi che portano avanti la narrazione, ma per quanto abbiamo detto in precedenza purtroppo non rappresentano un’esperienza di gioco appagante. Discorso totalmente diverso per gli altri espedienti di gameplay inseriti in questo sequel e che contribuiscono ad arricchire il titolo.

In questo titolo, infatti, oltre alla capacità di risoluzione degli enigmi sono presenti alcune fasi di gioco nel quale sono richieste altre abilità al giocatore.
Sono presenti diversi quick time event per testare i riflessi del giocatore, ma anche e soprattutto fasi stealth e puzzle ambientali da risolvere grazie alle cavalcature, introdotte in questo secondo capitolo della serie.

Nei trailer sono state presentate le cavalcature di Growlithe, capace di seguire le tracce olfattive, e di Darmanitan di Galar, capace di rompere gli ostacoli, ma senza fare ulteriori spoiler vi diciamo che ce ne sono altre nelle fasi più avanzate di gioco che permettono di affrontare ostacoli ed enigmi ambientali in maniera sempre diversa.

Nonostante queste fasi di gameplay siano state pensate come secondarie dagli sviluppatori, paradossalmente sono molto più divertenti ed efficaci rispetto alla risoluzione degli enigmi che dovrebbe essere il cuore pulsante dell’esperienza di gioco.
Anche la difficoltà si alza in questi casi e in molti casi bisogna davvero impegnarsi per risolvere i puzzle ambientali più avanzati.

L’unica pecca è che le fasi di cavalcatura non solo sono particolarmente brevi, ma nel corso dell’avventura sono davvero poche, forse sommate insieme non arrivano a un’ora di gioco sulle 15 totali che più o meno servono per completare il gioco al 100%. Probabilmente gli sviluppatori volevano lasciare maggiormente spazio agli enigmi e meno spazio all’azione, peccato non aver dosato correttamente il divertimento.

I Pokémon la fanno sempre da padroni: il vero punto di forza di Detective Pikachu

Tutte le volte che si parla di uno spin-off della serie Pokémon è davvero difficile non soffermarsi sui mostriciattoli tascabili che dal 1996 vengono ideati da Game Freak.
Anche in Detective Pikachu: Il Ritorno c’è una grande attenzione verso l’ecosistema Pokémon e verso il loro inserimento nei contesti di gioco, sia per quanto riguarda le ambientazioni urbane sia per quelle naturali all’aperto.

Ogni Pokémon, a parte alcune eccezioni, è ben inserito all’interno del teatro dove si svolge la narrazione del videogioco e anche le loro interazioni con l’ambiente e con gli esseri umani sono ben studiate.
Per fare degli esempi pratici nel gioco possiamo vedere i Burmy appesi agli alberi, gli Hatenna in posti isolati perché hanno paura degli umani, i Trubbish vicino alla spazzatura, i Passimian sugli alberi a lanciare bacche e molto altro ancora che vi lasciamo scoprire da soli.

Gli Applin che si nascondono tra le mele

Sono poi presenti diverse chicche nei dialoghi e in alcune missioni secondarie che fanno davvero piacere a chi magari è esperto del mondo Pokémon e conosce tutta la serie principale.
A un certo punto del gioco, ad esempio, i protagonisti sono sorpresi da un Electrode impaurito che sta per esplodere e bisogna trovare un modo per fermarlo.
In questo caso viene chiesto l’aiuto di un Wooper che grazie alla sua abilità Umidità può impedire ai Pokémon di utilizzare Esplosione e Autodistruzione.

Detective Pikachu non è chiaramente un titolo dove si devono collezionare dei mostri come accade nella serie principale, ma nonostante questo sarebbe stata gradita la presenza di una sorta di Pokédex per capire quali creature sono state incontrate durante l’avventura.
Questo non solo perché ci sono davvero tanti Pokémon nel gioco, ma anche perché alcuni di questi sono ben nascosti e riuscire a scovarli fornisce un ulteriore senso di sfida.

Uno sviluppo che sembra davvero fermo al 2019 (e forse anche prima)

All’inizio di questa recensione abbiamo specificato che i primi annunci su un sequel di Detective Pikachu sono arrivati nel 2019, ma chi ha giocato il primo capitolo si ricorderà di un finale volutamente aperto.
Dunque non possiamo fare a meno di pensare che Detective Pikachu: Il Ritorno sia in sviluppo da diversi anni e il comparto tecnico del gioco non fa altro che confermare quanto appena detto.

Il titolo, purtroppo, è nato già obsoleto con una veste grafica che si allontana davvero di poco dal Detective Pikachu uscito nel 2016 per Nintendo 3DS.
Non sembra per nulla un videogioco per Nintendo Switch che esce alla fine del 2023 e a confermarlo non c’è solo l’art style datato di qualche anno, ma anche diversi problemi tecnici quali compenetrazioni, personaggi che si muovono in maniera macchinosa e girano su se stessi come fossero delle marionette e che reagiscono agli eventi con diversi frame di ritardo.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda le musiche che agli sviluppatori di Pokémon riescono sempre bene.
La colonna sonora contiene delle tracce che si incastrano alla perfezione con le diverse fasi di gioco e aiutano a far immedesimare in maniera esemplare il giocatore all’interno del gameplay.

Il titolo forse non doveva uscire per 3DS come era stato detto inizialmente, ma probabilmente non era nemmeno previsto per il 2023.
Detective Pikachu: Il Ritorno non sembra appartenere a questa generazione videoludica e lo dimostra anche il fatto che i Pokémon presenti nel gioco si fermano a quelli annunciati in Pokémon Spada e Scudo (DLC esclusi), dunque novembre 2019.

Conclusioni

Detective Pikachu: Il Ritorno è un prodotto che ha senso di esistere perché conclude l’arco narrativo iniziato nel 2016 e lasciato volutamente aperto, ma che presenta diverse falle.
Gli enigmi troppo semplici, un percorso guidato con l’autopilota e fetch quest non troppo brillanti non aiutano a rendere l’esperienza di gioco appagante, parzialmente salvata dai QTE e dalle fasi in cavalcatura.
Il tutto peggiorato da un comparto artistico e tecnico che sembra già vecchio ancora prima di uscire. Rimandato.

This post was published on 11 Ottobre 2023 20:30

Salvatore Montagnolo

Nasce il 21 maggio 1996 a Napoli e cresce con la passione per i videogiochi e per tutto ciò che c'è di tecnologico nel mondo. Preme il suo primo tasto "START" all'età di 6 anni con Crash Bandicoot per l'inizio di una grande avventura all'insegna di console, comandi e schermi.

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