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Recensioni

Recensione Wandering Sword | (PC) | WRPG (e la W non sta per western)

Quando in redazione è stata proposta la recensione di Wandering Swords a tutti quanti, chiaramente, sono salite in mente le stesse cose: ah si, il clone cinese di Octopath Traveler. D’altronde, ad un primo impatto, come dargli torto? Guardando i trailer si vedere subito come l’impatto grafico sia quello: grafica in stile 2D HD (o HD2D, non ho ben capito quale sia l’acronimo utilizzato formalmente) con pixel grandi come montagne e cubettoni dappertutto; prospettiva angolata in quella maniera lì e ci siamo: c’erano effettivamente tutti i presupposti per tirare fuori quel genere di prodotto lì.

Però è bastato fare un rapido giro su internet per capire che la grafica accaddì dueddì è forse l’elemento meno interessante lì in mezzo in termini di giudizio. Wandering Swords, il videogioco di cui stiamo andando a fare la recensione è… un titolo cinese, con tematiche culturalmente cinesi, ambientato nel loro universo narrativo preciso e che decllina alla loro maniera un genere, quello del gioco di ruolo, che è sommariamente diviso tra occidente e estremo oriente, senza notissimi nomi (almeno nel nostro concetto di mainstream) a far puntare i riflettori su regioni Cina, Corea, Sud-Est asiatico o anche solo l’europa.

Quindi, stavolta, invece di fermarci e dire semplicemente “Wandering Swords è bello o è brutto” ci prenderemo un’attimino per introdurre in maniera sensata l’argomento. Questo perché WS è un videogioco legato all’immaginario Wuxia, un qualcosa che da noi si è visto poco, con prodotti di punta rappresentati da produzioni cinematografiche come La tigre e il dragone o Hero. L’arrivo in occidente di tanti videogiochi made in Cina, fortunatamente, potrebbe cambiare le cose una volta per tutte.

Wucosa?

Molte delle ambientazioni saranno riassumibili proprio con il concetto di “villaggio rurale cinese”

Partiamo dalle basi: che diavolo dovrebbe voler dire il termine Wuxia con cui è possibile riassumere l’ambientazione di questo titolo? Con questo termine si va a identificare un ampio genere letterario cinese di origine moderna, nato intorno all’inizio del novecento. Il termine, tradotto solitamente con la locuzione eroe marziale, sta a indicare tutto un universo di storie che propongono le gesta avventurose degli eroi marziali legati alla tradizione orale e letteraria nazionale, ponendo spesso l’accento sul loro codice morale.

Un parallelo che potrebbe semplificare (anche troppo) il discorso per i meno avvezzi all’universo orientale è quello con il genere narrativo di cappa e spada, anche questo esploso tra la secondà metà dell’ottocento e la prima metà del novecento e caratterizzato da storie avventurose su sfondo storico, con suspense, colpi di scena e tanti tanti duelli. Il Wuxia propone un simile grado di intrattenimento spostando di molto all’indietro le lancette del tempo, parlando di epoche cinesi solitamente poco conosciute in occidente.

Maestri di arti marziali, misticismo, combattimenti a mani nude o all’arma bianca eseguiti da uomini di umili origini che decidono di seguire un codice etico che comprende la ricerca della giustezza e della fiducia, con tolleranza, altruismo e ordine. Noi occidentali per una questione commerciali e culturale non abbiamo grande dimestichezza con il genere; se togliamo dall’equazione Jade Empire di Bioware (prima che si innamorasse definitivamente dell’high fantasy di stampo europeo), rimangono nella lista dei più noti videogiochi indipendenti cinesi arrivati da noi solo super-postumi con traduzioni (spesso non di eccellente qualità) o incursioni made in japan in quei territori, spesso all’interno del genere videoludico dei Musou (i Dinasty Warriors, ad esempio, toccano alcune ambientazioni e alcuni nomi noti pur senza incarnarne completamente lo spirito; idem per il recente Wo Long).

In madre patria, però, il Wuxia è stato declinato innumerevoli volte all’interno del mondo dei videogiochi. Titoli come The Legend Of Sword and Fairy possono non dire nulla, esattamente come Heroes of Jin Yong ma rappresentano prodotti di grande successo nei mercati locali, senza poi andare a citare i nomi che da soli fanno veramente tanti soldi. Videogiochi come Age Of Wushu, ovvero MMORPG free to play disponibili su mobile hanno ogni giorno milioni di giocatori e fanno ricavi che il buon 50% dell’industria tripla A occidentale si può sognare; per ogni Age of Wushi poi bisogna ricordarsi che esiste un altro gigantesco sottobosco di videogiochi che da noi sono ancora meno noti, vuoi perché in occidente di questi temi non ne parla nessuno, vuoi perché semplicemente non sono appetibili commercialmente per un pubblico non sinofono.

L’uscita in occidente di Wandering Swords, per quanto non la prima in assoluto, rappresenta un’interessante apertura all’universo anglofono per il mercato interno del pc-gaming cinese. Niente microtransazioni, niente gacha, niente barriera d’ingresso nulla: Wandering Swords si acquista, avvolge il giocatore con la sua quantità gargantuesca di informazioni e sistemi e lo lascia poi stordito alla ricerca di un po’ di pace e tranquillità.

Nota introduttiva finale: in realtà finora abbiamo sempre evitato di parlare del miglior wuxia game in circolazione AKA Amazing Cultivator Simulator ma lo abbiamo fatto per una motivazione precisa. Vi lasciamo direttamente alla recensione del più autistico degli youtuber seguiti da chi scrive per capire di che stiamo parlando.

Passaporto

Torniamo a noi e iniziamo a descrivere con qualche particolare in più come è fatto questo benedetto Wandering Sword.

Di base parliamo di un gioco di ruolo di matrice nipponica (quindi con focus sulla narrativa, senza particolari strumenti per interagire con il mondo circostante) con ibridazioni da gioco tattico all’interno di un sistema a turni; tutto questo è condito da una grafica in stile HD-2D (quindi parliamo di modelli tridimensionali realizzati appositamente per comparire, se guardati dalla prospettiva della telecamera, come sprite in pixel art).

L’HD-2D comunque fa sempre la sua porca figura, anche quando imperfetto

Il videogioco è il primo titolo sviluppato dalla software house cinese The Swordsman Studio ed è stato pubblicato da Spiral Up Games; quest’ultimo è un publisher di singapore specializzato nella pubblicazione di videogiochi indipendenti all’interno del mercato cinese. Recentemente l’azienda ha iniziato anche a fare l’opposto, ovvero pubblicare all’interno del mercato occidentale prodotti inizialmente previsti soltanto per il mercato cinese.

Fin da subito le ispirazioni, come abbiamo anche già anticipato in apertura a questo articolo, sono palesi: Wandering Sword prende in prestito la grafica di Octopath Traveler per adattarla a una storia dove antiche arti marziali, lussureggiante natura continentale cinese e tradimenti sono all’ordine del giorno. Il colpo d’occhio è onestamente notevole, con una buonissima cura dei modelli, una palette di colori molto carica e un buon numero di effetti particellari visivamente interessanti. 

Decente il lavoro fatto in termini di character design, con tante illustrazioni o modelli poligonali dedicati per i personaggi più importanti all’interno della trama del gioco. Purtroppo anche in questo caso non ci sentiamo di segnalare punti particolarmente alti, specie in termini di enemy design o semplicemente di luoghi: se sapete più o meno di che parla il Wuxia e che atmosfere vuole farvi respirare, non riuscirete mai a restare stupiti per più di qualche secondo.

Impossibile però parlare di un gioco di ruolo senza citare in qualche maniera il suo comparto narrativo, motivo per cui armiamoci di santa pazienza e entriamo all’interno della storia del titolo.

Di che parla Wandering Sword?

Il titolo di The Swordsman Studio segue le gesta di Yuwen Yi, un giovane ragazzo che finisce invischiato nella solita faccenda tristemente molto più grande di lui e vede il corso della sua vita cambiare per sempre. Yuwen vive aiutando gli altri, utilizzando le sue abilità in combattimento per migliorare le vite altrui, e presto si ritrova a rischiare la pelle a causa di una missione finita nel peggiore dei modi. Soltanto grazie al supporto di un particolare maestro di arti marziali Yi ha la possibilità di redimersi, tornando ad avere le capacità offensive per potersi prendere con le mani la vendetta a cui tanto anela.

Motivato da un misto di gratitudine e rabbia, il nestro protagonista inizierà un lungo viaggio tra le verdi colline e le irti montagne della Cina dell’antichità, scoprendo di abitare in un paese in cui esistono moltissime arti marziali, alcune estremamente pericolose (ma anche potenzialmente utilissime). Per quanto non originalissima, chiunque sia appassionato di Wuxia e dei temi ricorrenti all’interno di questo genere letterario (la difesa dei più deboli, il viaggio interiore attraverso la pratica delle arti marziali) qui dentro troverà tantissimo per cui essere felice.

La narrativa, come sempre accade all’interno dei giochi di ruolo, si dipana attraverso una storia principale e un nugolo ricchissimo di sottotrame e quest secondarie. Anche in queste ultime ritroviamo continuamente maestri di arti marziali in lotta tra loro, medicine tradizionali da recuperare chissà dove e bestie feroci che attentano alla sicurezza e alla pace di remoti villaggi. Il mondo di Wandering Sword esplorabile dal giocatore è ricco di elementi da scoprire, con tantissimi personaggi non giocanti con cui parlare per scoprire un po’ di più su ciò che circonda le vicende del nostro protagonista.

Non manca anche un interessante sistema di fazioni, con alcune delle quest secondarie più interessanti del gioco; a mancare, invece, è una traduzione in inglese di buon livello. Considerato il quantitativo di testi che il gioco presenta (spoiler: molti, preparatevi a leggere di continuo) e la media verbosità dei dialoghi era facile aspettarsi una traduzione non perfetta ma questo, purtroppo, inficia in maniera netta la narrativa.

Un videogioco quando è scritto bene riesce a farsi perdonare anche dei dialoghi molto verbosi o esagerati; in questo caso invece la forma con cui i personaggi vengono rappresentati attraverso le parole spesso e volentieri scoraggiano il giocatore più pigro dall’mmergersi nelle storie proposte. Questo è un gran peccato perché, da un punto di vista culturale, Wandering Sword rappresenta un ottimo modo per godersi tutto un genere letterario e un immaginario da noi presenti soltanto parzialmente e, quando in forma ludica, mai in alta qualità.

Arti marziali, armi bianche e botte da orbi nell’antica Cina

Un po’ TRPG, un po’ gioco di ruolo classico

Prima abbiamo parlato di come Wandering Sword proponga una particolare chiave di lettura per il gioco di ruolo, ibridandolo in maniera parziale con l’universo dei TRPG (genere che recentemente ha vissuto una seconda golden age, con tante produzioni di alto livello). 

Parliamo di TRPG perché ogni singola battaglia si svolge su una griglia 9*12 in cui il giocatore può posizionare liberamente i propri membri del party; ogni riquadro può essere abitato al massimo da un singolo personaggio del party o avversario e durante il corso dei vari turni il gioco è possibile modificare la posizione degli stessi.

Per quale motivo così tanta enfasi viene data al posizionamento? Perché ogni categoria di arma ha un suo range e pattern di attacco, permettendo di colpire singolarmente o contemporaneamente più nemici. Volete un esempio? Prendete le polearm,o armi inastate: chiunque abbia visto un film Wuxia saprà bene di quanto possa essere temibile un maestro di armi marziali con un bel bastone. In Wandering Sword le polearm permettono al personaggio di attaccare tutte le unità intorno a lui; le armi celate permettono di attaccare da lontano, facendo pochi danni e tutti a un singolo bersaglio. Vogliamo parlare dei pugni poi? Fortissimi nell’1v1 ma incapaci di generare in qualche maniera crowd control.

In alcuni luoghi della mappa si respira un’aria veramente solenne

Tutto questo è gestito in maniera davvero approfondita, forse anche un po’ troppo, dal complesso sistema di crescita dei personaggi messo in piedi dai ragazzi di The Swordsman Studio. Il gioco prevede una miriade di sistemi che si interfacciano tra di loro con sinergie, parametri e statistiche. 

Di base ogni mossa in forza al nostro personaggio può essere potenziata attivando particolari slot legati alle stance; potenziando invece la caratteristica chiamata cultivation method si accresce la familiarità del personaggio con il mondo delle arti marziali, sbloccando quindi la possibilità di potenziare tramite caratteristiche passive il proprio beniamino. Ora consideriamo che è possibile ripetere questo per ogni categoria di arma a disposizione del giocatore e si ha, di fatto, un sistema di potenziamento piuttosto profondo che può essere iterato per un grande numero di personaggi differenti.

Perché si, quello che non abbiamo detto è che il nostro protagonista durante il corso della sua avventura avrà anche la possibilità di incontrare un nutrito cast di personaggi non giocanti parzialmente scollegati dalla trama principale, ingaggiabili per i propri scopi. Aggiungiamo poi un’esplorazione migliore della media del genere, in cui è possibile raccogliere risorse per strada per poi impiegarle per craftare questo o quell’oggetto e abbiamo di fronte un gameplay davvero interessante, seppur inficiato dall’altro grande problema di questo gioco: l’interfaccia.

Spade vagabonde e occhi confusi

Parliamoci chiaro: se c’è una cosa dove solitamente i giochi console primeggiano rispetto i titoli PC, queste sono le interfacce. Le motivazioni sono semplici e difficilmente circumnavigabili: parliamo di produzioni con complessità minori, in cui gli sforzi di chi si occupa di UX e UI si concentrano nell’offrire al giocatore un’esperienza quanto più dolce possibile. 

Wandering Sword soffre forse della generale inesperienza del team: le interfacce sono pasticciate, la user experience confusionaria (o forse inadatta agli occhi del pubblico occidentale), i menu difficili da leggere in maniera rapida; in generale al gioco sembra mancare un ulteriore layer di polish che rende l’esperienza gradevole sotto ogni punto di vista ma ci sta, è una produzione indipendente.

Conclusioni

Wandering Sword è senza dubbio un prodotto interessante per tanti motivi, alcuni addirittura scollegati tra loro per quanto sono diversi. Parliamo di un videogioco tendenzialmente lontano dai nostri gusti, che porta l’amore per i numeri e la complessità degli orientali all’occidente attraverso una traduzione che poteva offrire al giocatore una forma migliore, più scorrevole. Tante volte si parla di turismo videoludico e questo è un buon modo per praticarne senza nuocere a nessuno; se avete voglia di un’esperienza un po’ fuori da canoni a cui le produzioni tripla a occidentali ci hanno abituato, Wandering Sword rappresenta un prodotto perfetto a cui approcciarsi. A patto di farsi stare bene complessità, storture e bizzarrie varie ma si sà: paese che vai, usanze che trovi!

This post was published on 13 Ottobre 2023 21:00

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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