Tra le citazioni latine più usate, spesso e volentieri anche a sproposito, è impossibile non annoverare il celeberrimo Odi et amo di Catullo.
Da giovani adolescenti che scoprono le pene dell’amore ad arditi recensori in erba, è infatti innegabile come l’incipit del Carme LXXXV di Catullo sia utilizzato da veramente chiunque, grazie alla sua incredibile capacità espressiva, al suo essere in grado di catturare in tre sole parole non solo un vortice di emozioni ma l’intera natura umana.
A meritarsi in questo articolo amore e odio sono nientepopodimeno che gli early access.
Amore, perché ci hanno permesso di mettere la mano sopra opere di cui altrimenti difficilmente avremmo potuto godere, e odio, perché non sempre in fondo al tunnel vi è luce. Innumerevoli sono infatti i giochi abbandonati a sé stessi dopo un periodo in early access non soddisfacente o, ancora peggio, usati come specchio per le allodole per attirare a sé acquirenti ignari dello stato dell’opera.
Quest’ultimo non è sicuramente il caso di Witchfire, ultima fatica di The Astronauts, ossia dei creatori di Painkiller, Bulletstorm e The Vanishing of Ethan Carter, sbarcata sull’Epic Games Store a fine settembre appunto in early access. Fin da ora le qualità sono infatti evidenti, anche se, contenutisticamente parlando, c’è ancora molto da fare. Andiamo però con ordine.
Innanzitutto, di cosa stiamo parlando? Witchfire è uno sparatutto roguelite in prima persona dotato di un setting decisamente intrigante. Nell’opera di The Astronauts ci metteremo infatti nei panni di un Prayer, un possente essere che porta sulle proprie spalle il peso di essere l’ultimo baluardo dell’umanità. La guerra tra le streghe e l’uomo ha infatti costretto quest’ultimo a cedere sempre più territori alle fattucchiere, arrivando oramai sull’orlo dell’estinzione. L’ultima speranza della specie umana e del Vaticano è quindi proprio il Prayer, che all’inizio di Witchfire viene mandato in esplorazione alla ricerca di un potente artefatto.
Questo l’incipit del gioco, con la potenza narrativa del titolo che non viene poi però praticamente più espressa all’interno della versione in early access. Troppe poche, infatti, due mappe sulle sei totali previste per comprendere qualcosa di più sulla mitologia del titolo e sulla sua bontà, con maggiori pareri che non possono quindi che essere demandati a tempi futuri. Le carte in regola per fare bene ci sono comunque tutte, vedremo se verranno sfruttate.
Come da manuale del buon roguelite, Witchfire si sviluppa attraverso un hub centrale, nel quale potenziare il proprio personaggio e dal quale partire verso l’avventura. In tale ambientazione centrale, che prende il nome di Shrouded Hermitorium, potremo infatti aumentare di livello, attraverso un classico sistema di caratteristiche a cui assegnare punti, creare pozioni curative con un alambicco e ricercare potenziamenti vari, oltre che ovviamente modificare il proprio equipaggiamento. Tutto il necessario, insomma, per affrontare gli abomini al comando delle streghe. O forse no.
Scesi sul campo di battaglia, gli esseri che ci si pareranno dinnanzi ci metteranno infatti fin da subito in grande difficoltà, costringendoci ad affrontare qualsivoglia scontro non di petto, bensì con arguzia e tattica, cercando di sfruttare le conformazioni del terreno e un’intelligenza artificiale non esattamente sempre sul pezzo. Witchfire getta infatti contro al giocatore fin dalla prima zona diverse orde di nemici, notevoli non tanto per il numero o la natura coriacea, ma per il loro essere in grado di arrecare grandi quantitativi di danno con pochi assalti.
Le pozioni curative, limitate e con effetto non immediato ma nel corso del tempo, poco possono fare nel bel mezzo dello scontro, lasciando spesso e volentieri il giocatore in difficoltà. Il tutto, fortunatamente, senza però diventare troppo frustrante. Il Prayer, oltre che del proprio arsenale, è infatti dotato anche di qualche magia, perfetta per togliere le castagne dal fuoco al momento giusto. Streghe che, d’altro canto, non sono decisamente da meno, visto che possono di tanto in tanto lanciare potenti cataclismi e scatenarci contro anche creature sempre più potenti.
Insomma, una partita in Witchfire non è certamente una passeggiata, ma più che altro una tosta e appagante scalata in cui farsi spazio pallottola dopo pallottola, fino ad arrivare al boss di fine livello. Boss che si può decidere di affrontare fin da subito, correndoci incontro appena sbarcati nella zona, o sfidare con calma, raccogliendo i potenziamenti validi per la singola run eliminando i nemici base.
Insomma, il gameplay, ma anche il gunplay, funzionano bene, riuscendo a offrire una buona esperienza e a ghermire il giocatore nel classico “ancora una partita e poi stacco”. Il problema è che, oltre ad esserci solo due mappe di gioco, esse non sono generate più o meno proceduralmente e sono esattamente le stesse, tolto il posizionamento dei vari nemici, in ogni singolo match.
Non fraintendeteci: The Astronauts ha fatto un lavoro di altissimo livello sul piano stilistico e del game design su entrambe le ambientazioni, ma è innegabile come navigarle più e più volte da capo a coda alla lunga diventi ripetitivo. Anche perché, appunto, a oggi le mappe sono esclusivamente due e non è manco possibile intervallarle più di tanto. Nulla da dire invece in quanto a diversità di nemici e situazioni, dato che più saliremo di livello, più la strega ci lancerà contro amenità sempre più grosse e pericolose.
Witchfire è un buon FPS roguelite dark fantasy dotato di un setting accattivante e un gunplay particolarmente riuscito, che soffre però un po’ troppo della sua natura early access. Quasi 40 euro per sole due mappe di gioco non sono infatti per nulla pochi, anche se l’esperienza verrà resa più sostanziosa nel corso dei prossimi mesi. Vale assolutamente la pena scommetterci, dato che le basi per un buon titolo ci sono assolutamente un po’ tutte, ma non era forse il caso di aspettare ancora un po’?
This post was published on 2 Ottobre 2023 19:30
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