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Recensioni

Eternights | Recensione (PS5) | Latin lover ed eroe alle porte dell’Apocalisse

Che la serie Persona abbia fatto scuola è un dato di fatto, così come l’esistenza di cloni più o meno smaccati tra cui proprio Eternights. Che quest’ultimo ne sia invece una copia carbone totale non è poi tanto ovvio, sebbene a prima vista possa sembrarlo: gli elementi che riconducono all’ottima serie Atlus sono lì da vedere, tra dungeon con creature di vario tipo da combattere, relazioni da coltivare e una fine del mondo sempre più prossima. Eppure, l’opera prima di Studio Sai qualcosina di suo da dire ce l’ha.

Potrà non essere un gioco che consiglierei a chi cerca un buon action, o anche solo un Persona-like, tuttavia non ne posso negare gli sforzi di fare qualcosa di diverso e portare un po’ di leggerezza a tratti persino “realistica” in una situazione senza speranza come l’Apocalisse. C’è tanto da migliorare, e se gli sviluppatori riusciranno a lavorare a un altro progetto dovranno tenerne conto, ma le ore trascorse in compagnia del protagonista e dei suoi compagni è stato tutto sommato piacevole e spensierato. Una di quelle esperienze che mi ricordano come giocare possa essere anche questo, trascorrere diverse ore a cervello spento divertendosi nel dare le risposte più assurde e ricche di doppi sensi mentre si cerca di arrivare alla fine di una storia che, nel complesso, dimostra di essere scritta abbastanza bene.

Eternights pizzica qua e là, mettendo tutto assieme per un’avventura che si attesta sulla decina di ore trascorse tra il tentativo di salvare il mondo e ciò che conta di più: trovarsi una ragazza – o più di una, il gioco non mette limiti in tal senso ma dovremo essere bravi a gestire la capacità di relazionarci.

Tra umorismo di serie Z, situazioni un po’ più serie e una tristezza generale che tutto sommato è alla base di ciascun personaggio in gioco, scopriamo meglio Eternights nella nostra recensione su PS5.

Alla fine del mondo ci sono belle ragazze?

Eternights ci mette nei panni di un protagonista senza nome (glielo sceglieremo noi) e muto, accompagnato da un fedelissimo quanto allupato migliore amico il cui solo chiodo fisso è rimorchiare – eh gli ormoni, signora mia. Essendosi iscritto a probabilmente ogni app di incontri esistente, Chani insiste affinché noi seguiamo le sue gloriose orme. Dopo averci finalmente dato tregua, o almeno così sembra, la sera ci manda l’ennesimo link per l’ennesima app, che dopo un test della personalità dovrebbe collegarci con la persona più affine al nostro risultato. Per succedere, succede, tuttavia la sconosciuta si rivela piuttosto bizzarra e ci dà appuntamento il giorno successivo su uno yatch.

Nonostante tutto decidiamo di andare perché, insomma, è il primo risultato concreto da chissà quanto tempo e la scatola di fazzoletti sulla scrivania non può sopperire per sempre. Caso vuole che, proprio il giorno successivo, l’Apocalisse decida di fare capolino: le sue origini sono sconosciute ma in un attimo la tranquilla e indaffarata quotidianità della città viene sovvertita, lasciando gli abitanti vittima di un misterioso morbo che li porta a diventare creature deformi e cibarsi, o semplicemente uccidere, tutte le altre persone. Noi e Chani riusciamo a trovare riparo in uno dei tanti rifugi che il governo ha costruito, si suppone per emergenze serie ma non di questo tenore, e trascorriamo i primi giorni lì, assistendo a un’Apocalisse sempre più feroce: la città è bloccata da un insolito muro, le comunicazioni sono sempre più rare e le persone muoiono o mutano. Decidiamo dunque di prendere il toro per le corna e uscire.

Yuna in un momento di (quasi) intimità con il protagonista.

Dopo un fortuito incontro nientemeno che con la famosa idol Yuna (lo so che state pensando a FFX-2), ci troviamo costretti a scappare dai mostri incontrati lungo il percorso finché non veniamo indirizzati a un treno sul quale dovremmo essere al sicuro. Prima di poterlo raggiungere, veniamo fermati da una giovane misteriosa, armata di una picca bilama, che senza tante cerimonie ci mozza il braccio destro. Perché finora stava andando tutto così bene. Nel nostro stato di incoscienza, incontriamo l’Architetto Lux, un’entità sovrannaturale che ci farà dono dei suoi poteri (nella fattispecie un braccio pensato per rimpiazzare quello perduto), permettendoci così di affrontare le minacce che ci ostacolano il cammino.

Da questo momento in avanti inizia la nostra non richiesta missione per salvare il mondo: l’obiettivo datoci da Lux è ottenere una Pietra in grado di far predominare un Architetto sull’altro, in questo caso lei nei confronti di Umbra. Luce e ombra, entrambe determinate a influenzare il mondo, in continua lotta affinché questo accada: solo una, infatti, può essere sveglia e determinare così il futuro dell’uomo. Accompagnati da un numero sempre crescente di compagni, persone che a loro volta sono state scelte da Lux come propri araldi, dovremo riuscire nell’impresa. Soprattutto, però, dobbiamo restare fedeli al nostro primo e vero scopo: trovare una ragazza. Almeno una gioia prima che il mondo finisca, suvvia.

Una foto ricordo in quel dell’Apocalisse.

Scandita da un calendario che terrà traccia del tempo trascorso e ci metterà dei paletti su quando conviene proseguire con la trama anziché fare i comodi nostri, la storia di Eternight è semplice tanto nell’intreccio quanto nel modo in cui viene raccontata. Piena zeppa di umorismo di serie Z, situazioni ambigue, molto leggere ma anche piuttosto crude, seppur non supportate da un’estetica memorabile, l’esperienza proposta da Studio Sai è comunque accettabile nel complesso.

Anzi, per la prima volta mi sono trovata a dover soddisfare necessità incredibilmente umane e alle quali, sono sicura, ciascuno di noi ha pensato qualche volta: per esempio, nel caso di Yuna, la prima richiesta che ci fa è aiutarla a recuperare degli assorbenti. Una cosa talmente stupida da integrarsi perfettamente nel mood del gioco ma che, a ben pensarci, è anche parecchio coerente. Voglio dire, con tutto il rispetto per provviste e quant’altro, immagino vi sia capitato di pensare, ipotizzando uno scenario da Apocalisse, a qualcosa di più banale ma di parimenti necessità personale (mi vengono in mente, per dire, le lenti a contatto).

Eternights dedica una piccola parte delle sue meccaniche a questo, concorrendo a rendere il tutto più sciocco e al tempo stesso credibile: un contesto, creature ultraterrene a parte, in cui è facile ritrovarsi. Gli stessi personaggi, che sono nel complesso ben distinti caratterialmente seppur caricaturali a loro modo, sono coerenti con il tipo di esperienza narrativa sopra le righe che il gioco vuole offrire. Tutti, peraltro, hanno i loro scheletri nell’armadio, le proprie tragedie e incertezze, il che comunque concorre a farli sentire un po’ meno bidimensionali nel loro sviluppo – pur senza arrivare a profondià di sorta.

Combattere, flirtare e migliorare se stessi

Eternights si divide in poche attività: combattere nei dungeon, a volte seguendo la trama e altre volte le richieste dei compagni; passare il tempo con questi ultimi; prendere parte a minigiochi personalizzati; rovistare in giro per la città in cerca di risorse di vario genere; aumentare le cosiddette social skill. Non possiamo fare tutte queste cose in una volta sola, poiché ogni giorno si divide in due momenti (mattina e sera), durante i quali saranno possibili solo determinate azioni. Per esempio, trascorrere del tempo in compagnia degli altri personaggi, allenarsi (il corrispettivo dei succitati minigiochi) o proseguire con la storia può essere fatto solo di mattina e questo è da tenere a mente quando abbiamo delle scadenze di trama da rispettare; la sera, al contrario, è l’unico momento in cui poter rovistare in giro per la città.

Sia ci ha chiesto di esplorare la città con lei per aiutarla con le sue ricerche.

L’azione scelta farà scorrere il tempo, perciò occorre pianificare bene cosa fare, soprattutto in virtù del fatto che aumentare l’affinità con i propri compagni (in particolare con le ragazze ma anche i ragazzi hanno la loro utilità) amplia gli attacchi sbloccabili a disposizione per loro, così come eventuali buff passivi per noi a seconda di cosa scegliamo di acquistare spendendo i dovuti punti. L’intera avventura dura circa un paio di mesi e ci sono poche occasioni, nel complesso, in cui poter trascorrere il tempo come preferiamo – a maggior ragione se l’obiettivo è cercare di portare al massimo i rapporti con tutti. Con la giusta pianificazione è tuttavia possibile riuscirci, stando attenti a non sprecare le occasioni. A parte questo, Eternights non offre molto altro in termini di attività: a rendere il tutto godibile è ciò che vi ruota attorno narrativamente, perché l’atto in sé è molto ridotto all’osso, persino quando si scende in campo contro i mostri in virtù di un sistema di combattimento altrettanto scarno.

Il protagonista può trasformare il proprio braccio in un’arma, nello specifico una spada o uno spadone, ma anche in altre quando diamo il via ai QTE per distruggere gli scudi di alcuni nemici. I personaggi che sono con noi, ossia le tre ragazze, non verranno mai attaccate e dunque non dovremo preoccuparci di loro ma nemmeno attaccheranno: saremo noi a dover dare loro dei comandi, che per la maggior parte sono di buff o protezione nei nostri confronti e non fanno vero e proprio danno. Affinché possano eseguire l’azione indicata occorre attingere all’indicatore di magia, che tuttavia non si ripristinano se non di una quantità esigua, il che significa dover pianificare bene cosa fare; in alternativa, un game over può paradossalmente risolvere la situazione perché non è mai punitivo come ci si aspetterebbe e, al più, fa rifare una piccolissima porzione del dungeon ripristinando salute e magia. L’alternativa è tornare al treno e riposare ma questo, com’è ovvio, consuma un giorno e se siete quel tipo di giocatori che fa tutto all’ultimo secondo non è un’opzione di cui poter usufruire.

Il menu delle relazioni, con tutte le abilità apprendibili da ciascun personaggio.

Per quanto riguarda noi, al di là degli attacchi base e di una schivata che, se eseguita alla perfezione, attiva un bullet time che velocizza le nostre azioni per breve tempo, possiamo a nostra volta ampliare le capacità del protagonista spendendo Essenza Nera (Bianca invece per gli alleati): sia per quanto riguarda i compagni sia noi stessi, vale la regola secondo cui migliorare i rapporti con i compagni sblocca nuove e/o migliori abilità. Perciò lavorare con cura sulle nostre relazioni rende anche più semplici le sessioni nei dungeon. Fortunatamente, per utilizzare le abilità del protagonista dobbiamo consumare un indicatore a parte rispetto a quello per le magie, che può essere riempito di nuovo mettendo a segno colpi e il cui consumo viene ridotto sviluppando le giuste affinità.

Come ho accennato, alcuni nemici e in particolare i boss hanno uno scudo a proteggerli, che deve essere distrutto per infliggere loro danno. A mano a mano che avanzeremo nel gioco, ci saranno scudi sensibili solo a un determinato attacco speciale messo a segno da una delle ragazze con noi. Non è difficile capire quale occorra, soprattutto perché la varietà di nemici è molto limitata. Bisogna però prestare attenzione ai QTE che caratterizzano questa azione, poiché pur nella loro semplicità basta sbagliarne uno per sprecare l’occasione e doversela ricostruire da capo.

Infine, durante la trama incontreremo diversi puzzle da superare per proseguire ma, seppur spezzino bene l’avventura senza risultare eccessivi, sono particolarmente banali nell’esecuzione. Un’occasione forse un po’ sprecata, che limita il potenziale di alcune ambientazioni.

A volte non siamo noi a prendere l’iniziativa.

Una limitatezza che si estende anche alle ambientazioni, piuttosto anonime nel complesso e che si ripetono in modo particolare quando si esplora la città su specifica richiesta di un compagno durante un momento di affinità. In generale, Eternights non colpisce a livello estetico, limitandosi a fare il proprio e puntando sull’effetto caricatura (con le espressioni dei personaggi che ricordano le emoticon) per vivacizzare quella che altrimenti sarebbe una realizzazione dimenticabile – eccezion fatta per le occasionali illustrazioni e le altrettanto rare parti animate. Il doppiaggio, che devo riconoscere esserci, è piuttosto debole in inglese mentre già in giapponese funziona meglio; per quanto riguarda infine i sottotitoli, è disponibile una buona localizzazione in italiano che, tuttavia, non manca di errori grossolani qua e là.

Conclusione

Eternights è un gioco molto derivativo di Persona, però gli si deve riconoscere lo sforzo di provare a metterci anima propria e, almeno in piccola parte, di riuscirci: è un’esperienza di breve durata, se paragonata in particolare ai giganti di Atlus, piuttosto lineare e che dà il suo meglio nelle relazioni con i compagni e in alcuni parti di trama, più che nel gameplay in sé. Difficile da consigliare come gioco d’azione di per sé, potreste volerci dare un occhio se non resistete alla tentazione di un’esperienza simil Persona.

This post was published on 30 Settembre 2023 18:30

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