Alzi la mano chi ha sentito anche solo menzionare il nome dei due JRPG nel titolo della recensione. Avanti, non siate timidi. Se la vostra età è inferiore ai 30 anni, è ampiamente comprensibile che questi due videogame non facciano accendere nessuna lampadina nella vostra memoria; se invece avete qualche capello bianco di troppo ed avete vissuto l’epoca del Nintendo Gamecube, allora è possibile che vi siate imbattuti in una piccola gemma nascosta e, con qualche difficoltà in più, anche nel suo sequel/prequel.
Se siete incuriositi, vi diamo qualche cenno in più: Baten Kaitos è stata la seconda opera targata Monolith Soft, lo studio di sviluppo che, nel 2007 sarà acquisito da Nintendo e che, di fatto, parteciperà alla creazione di alcune delle esclusive di maggiore impatto dell’azienda nipponica, tra cui Xenoblade Chronicles, pietra miliare di qualunque amante dei giochi di ruolo “alla giapponese”.
Baten Kaitos: Eternal Wings and The Lost Ocean fu rilasciato nel 2003 nella terra del Sol Levante, per arrivare da noi solo nell’Aprile del 2005; Baten Kaitos Origins (pubblicato nel 2006, sempre in Giappone, con il titolo di Baten Kaitos II) invece non ha mai messo piede in Europa, raggiungendo una diffusione molto minore di quella del suo predecessore.
Nonostante una buona accoglienza da parte della critica di settore, nessuno dei due videogame raggiunse il successo commerciale, sancendo così la fine di una saga che, come vi diremo a breve, faceva dell’originalità e della libertà creativa i suoi punti di forza.
Un po’ a sorpresa, la grande N ha deciso di pubblicare un cofanetto contenente una versione HD Remaster dei due videogiochi e, nelle righe che seguono, cercheremo di descrivervi quello che, a conti fatti, è un vero e viaggio nella storia del nostro medium di riferimento.
Storia di una saga “dimenticata”
Baten Kaitos: Eternal Wings and The Lost Ocean ci fa vestire i panni di un non meglio specificato spirito guida che, nelle prime battute di gioco, si legherà a un giovane guerriero di nome Kalas. Il ragazzo è mosso da un forte desiderio di vendetta nei confronti di coloro che hanno sterminato la sua famiglia e, nel corso dell’avventura, si imbatterà nei Magnus Fatali, dei misteriosi reperti al cui interno è contenuta la forza di Malpercio, un’antica divinità malvagia che, in un’epoca oramai remota, ha portato caos e distruzione, facendo scomparire gli oceani e trasformando il mondo di gioco in un arcipelago di isole che fluttuano nel cielo.
L’ambizioso Imperatore Geldoblame sembra intenzionato a riunire i Magnus per liberare la forza devastante del Dio che vi è contenuto, e questo sarà l’inizio del viaggio di Kalas che, insieme a un eterogeneo gruppo di compagni di avventura, cercherà di vendicare i suoi cari e, al tempo stesso, di salvare le sorti del mondo.
Baten Kaitos: Origins è invece ambientato circa 20 anni prima degli eventi narrati nel precedente videogioco, rendendolo di fatto un prequel. In questo caso, vestiremo i panni di Sagi, un servitore dell’Impero di Alfard, e di Guillo, una sorta di marionetta alimentata dalla magia. In Origins, i nostri protagonisti saranno accusati di un gravissimo crimine e la strada per dimostrare la loro innocenza si incrocerà con quella di due fazioni in lotta che, come poi comprenderemo, andranno a plasmare l’universo di gioco che ritroveremo in Eternal Wings.
Nonostante la sua natura di prequel, ci sentiamo di consigliare di giocare Origins dopo aver completato Eternal Wings and The Lost Ocean, poiché vi imbatterete in eventi e personaggi con cui avrete subito familiarità.
In entrambi i titoli le trame, create rispettivamente da due mostri sacri come Masato Kato e Koh Kojima, procedono in maniera lineare e scorrevole, riuscendo a piazzare dei notevoli colpi di scena che, siamo sicuri, stupiranno anche il più moderno dei giocatori, rendendoli direttamente partecipi delle vicende di gioco tramite l’espediente dello spirito guida, che rappresenta di fatto una rottura della quarta parete.
Un gameplay tra JRPG e card game
Vi ricordate quando abbiamo parlato di originalità e libertà creativa? Bene, se da un punto di story telling non possiamo che apprezzare la main quest, i 2 Baten Kaitos stupiscono per le loro formule ludiche, che mischiano il classico combattimento a turni dei JRPG con le meccaniche tipiche dei card game.
Tutto ruota attorno ai Magnus, delle vere e proprie carte al cui interno è raccolta l’essenza di un oggetto o di una magia, da utilizzare tanto in battaglia quanto per la risoluzione di alcune missioni. Nel primo dei due giochi, ogni personaggio avrà a disposizione un mazzo di carte, la cui capienza aumenterà con la sua classe di combattimento; ebbene, noi avremo il compito di allestire il nostro deck, scegliendo tra carte di attacco, di difesa, curative e di supporto, non disdegnando di fare qualche foto ai nostri avversari, che potremo poi rivendere a peso d’oro ai mercanti.
Oltre le solite affinità elementali con cui sfruttare le debolezze nemiche, in base ai valori numerici presenti su ciascuna carta, potremo inanellare delle combo che, in alcuni casi, aumenteranno sensibilmente i danni arrecati, mentre in altri faranno comparire degli attacchi speciali da sferrare contro l’avversario di turno. Inutile dire che un sistema di gioco del genere non è di immediata comprensione ma, data la sua originalità, è riuscito ad invecchiare piuttosto bene, richiedendo un vero e proprio studio del deck da imbastire, soprattutto in determinate boss fight.
Il combattimento si svolge con il classico sistema a turni, che saranno comunque sottoposti a dei limiti di tempo in cui operare le nostre scelte, sia in attacco che, soprattutto, in difesa, in cui i margini di manovra saranno decisamente più stretti.
Se nel primo dei due Baten Kaitos ogni personaggio del nostro team (da tre) avrà il suo deck, in Origins questa meccanica subisce un cambiamento, dato che l’intero gruppo potrà attingere da un solo mazzo di carte, obbligandoci ad una strategia ancora più approfondita.
Quanto ora detto è in netta antitesi con la gran parte degli RPG classici e moderni, che fanno della scelta dell’equipaggiamento uno dei cardini principali dell’approccio al gioco mentre, nei due videogame Monolith Soft, questo aspetto è lasciato quasi interamente al caso.
Esplorazione, missioni secondarie e “miglioramenti”
Come sottolineato in precedenza, il ruolo dei Magnus ha una sua rilevanza anche al di fuori del campo di battaglia. Oltre al nostro deck, avremo anche un determinato numero di carte “vuote” in cui poter infondere l’essenza di oggetti che troveremo nel mondo di gioco e che, di base, ci aiuteranno nella risoluzione di enigmi ambientali e side quest, presenti in maniera cospicua ma mai invadente o soverchiante.
Vi siete imbattuti in una dolce vecchina che non può accogliervi a dovere a causa dei reumatismi che la affliggono? Non avete che da trovare un rimedio nel mondo di gioco, offrirlo alla nonnina ed ottenere la sua ricompensa!
Il discorso si fa ancora più interessante quando vi renderete conto che diversi Magnus non rimarranno “immutabili” nel tempo, ma potranno trasformarsi in altre tipologie di oggetti. Facciamo due esempi: avete un Magnus con del Latte? Col trascorrere del tempo, lo troverete sostituito da del Formaggio, che aumenterà il suo effetto curativo. Avete riposto un Tonno Striato nel vostro deck come carta curativa? Fate attenzione: tra qualche ora potreste trovarlo in versione “avariata” e, quindi, come carta di attacco!
Quanto ora detto ci obbligherà a tenere sotto controllo tutti i Magnus in nostro possesso, così da comprenderne le effettive potenzialità.
Per quanto riguarda l’esplorazione, invece, ci troviamo nel più classico dei JRPG “su binari”, con tanto di fondali e telecamera fissa che strizzano l’occhio ai più nostalgici. Quello che ci stupisce è l’assenza di incontri casuali, in quanto i nemici, ben presenti sullo schermo, potranno essere tutti evitati, rinunciando così a degli scontri che, alla lunga, potrebbero risultare ripetitivi.
Tuttavia, se il vostro scopo è solo quello di godervi la trama di gioco, la remaster di Bandai Namco ha pensato anche a voi, sbloccando la possibilità di aumentare la velocità dei dialoghi, di saltare le scene filmate e, soprattutto, di rimuovere totalmente gli scontri casuali, o di risolverli con un singolo colpo. Questo, unitamente all’inserimento del salvataggio automatico, migliora nettamente la qualità dell’esperienza di gioco, attraendo anche tutti quelli che (per loro fortuna) sono immuni al fascino della “nostalgia canaglia”.
Una rimasterizzazione necessaria
Spostandoci sul lato tecnico, Baten Kaitos I & II HD Remaster riesce a tirare a lucido ed a “modernizzare” due titoli che, già ai tempi della loro release, riuscivano a spiccare per la loro componente artistica. I fondali dei vari stage, ad esempio, risultano ancora più dettagliati di quanto non lo fossero nelle loro versioni originali.
Gli stessi modelli poligonali dei protagonisti e degli NPC attivi e passivi sono sufficientemente rifiniti da non risultare “scollati” dai già menzionati fondali e, al di fuori di qualche “peccatuccio” grafico e di qualche tempo di caricamento di troppo, possiamo definire come ben riuscito il lavoro di rimasterizzazione operato da Logicalbeat.
Lo stesso si può estendere alle splendide tracce della colonna sonora composta da Motoi Sakuraba, già autore delle musiche della saga di Star Ocean.
Il frame rate si attesta sui 30 fps che, però, non risultano sempre stabili compromettendo la fluidità dell’esperienza di gioco in alcuni punti. Nulla che possa realmente sconvolgere, sia chiaro, ma che in alcuni casi salta decisamente all’occhio.
Un’altra piccola pecca da registrare risiede nella localizzazione di Baten Kaitos: Origins. Entrambi i titoli presentano il doppiaggio originale in giapponese ma, mentre Eternal Wings dispone dei sottotitoli in italiano, Origins li ha solo ed unicamente in inglese, compromettendo la fruizione a chi non fosse ferrato in quella determinata lingua. Sotto questo aspetto, sarebbe stato apprezzabile uno sforzo ulteriore da parte del publisher.
Giudizio finale
Baten Kaitos I & II HD Remaster è uno dei pochi casi in cui un’opera di rimasterizzazione è totalmente giustificata. A circa 20 anni di distanza dalla release del primo dei due capitoli della saga, Bandai Namco riesce a proporre un cofanetto che non solo ci ripropone due JRPG di grande qualità e (forse) sconosciuti al grande pubblico, ma fa arrivare sul suolo europeo Baten Kaitos: Origins, precedentemente approdato solo in Giappone e Nord America. Grazie a tutta una serie di miglioramenti tecnici, la quality of life dei due videogame risulta nettamente migliorata rispetto alle loro controparti originali, potendo così attirare anche coloro che fossero interessati unicamente a godersi una trama ben scritta, senza perdere tempo in scontri e boss fight. In ogni caso Baten Kaitos: Eternal Wings and The Lost Ocean e Baten Kaitos: Origins, pur presentando un gameplay di non semplice apprendimento, rappresentano l’inizio del cammino di Monolith Soft, nonché un esempio di cosa accade quando la libertà creativa viene messa in cabina di comando. Consigliamo l’acquisto a chiunque voglia recuperare due stelle poco note del firmamento dei JRPG ed a chi sia alla ricerca di un’esperienza ludica originale ed un po’ spiazzante.
PRO
- Una storia bella, appassionante e spiazzante
- Una serie di miglioramenti tecnici che riescono a smussare le asperità di due videogame di quasi 20 anni fa
- Una bella opera di rimasterizzazione
- Un sistema di combattimento decisamente originale...
CONTRO
- ... ma che richiede un po' di tempo per essere compreso del tutto
- Qualche piccolo problema di fluidità
- Stupisce l'assenza dei sottotitoli in italiano in Baten Kaitos: Origins
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