Marvelous è tornata e l’ha fatto con un titolo che mette insieme gli elementi più caratteristici dei videogiochi della software house giapponese, ma con allo stesso tempo una bella ventata d’aria fresca.
Silent Hope è un action RPG che si sviluppa in un gameplay dungeon crawler che è il perfetto connubio tra azione, frenesia, strategia e anche quel pizzico di mistero alla base che non guasta mai.
Il titolo sarà disponibile a partire dal 3 ottobre sia su Nintendo Switch che su Steam, ma noi l’abbiamo provato in anteprima sulla console ibrida per testare le qualità dell’ultima fatica della casa di Story of Seasons e Rune Factory.
Visti i precedenti lavori di Marvelous le aspettative erano piuttosto alte e questa recensione ci dirà finalmente se sono state rispettate oppure no.
Silent Hope pesca a piene mani dagli elementi caratteristici del mondo fantasy occidentale e li unisce al mondo dell’animazione giapponese creando un ibrido non proprio comune, ma che funziona.
Ai personaggi che richiamano le tipiche classi del gioco di ruolo fantasy si unisce lo stile grafico inconfondibile di Marvelous di stampo chiaramente orientale.
Un dualismo che viene addirittura esplicitato già a partire dal menù principale del gioco: tra le impostazioni asettiche gli sviluppatori hanno inserito un’opzione per visualizzare il trailer animato che funge da introduzione al titolo.
Un’animazione creata come se fosse la sigla introduttiva di un anime più che di un videogioco.
Dopo la gradita sorpresa dell’animazione, la quale però viene mostrata solo tramite il menù iniziale e non in automatico all’avvio del gioco con il rischio che qualcuno se la perda, si viene a conoscenza della trama che più che altro funge da pretesto narrativo per il gameplay.
La storia di Silent Hope ci viene introdotta da una principessa di un antico regno che chiede aiuto a sette eroi per ritrovare suo padre, ovvero il Re, scomparso nell’Abisso e salvare le sorti del regno.
Proprio in questo momento che veniamo a conoscenza sia del setting del titolo, sia dei sette protagonisti che potranno essere controllati dal giocatore.
L’introduzione alla storia spinge il giocatore a voler risolvere i misteri che circondano il regno e i suoi abitanti ed è dunque invogliato a scendere le profondità dell’Abisso per scoprire sempre di più sulla storia di Silent Hope che appunto viene svelata a poco a poco si avanza nell’avventura.
Il gioco non presenta scene narrative né dialoghi dunque la storia viene portata avanti solamente dal gameplay.
La scelta di non inserire dialoghi è totalmente voluta dato che viene specificato in introduzione che tutti gli abitanti del regno hanno perso la voce, ma rimandare alla sola lettura di alcuni testi in-game dettagli fondamentali per la trama di gioco potrebbe essere un rischio per i giocatori meno attenti.
Un rischio che si fa ancora più concreto se consideriamo che il gioco non è disponibile in italiano e l’inglese utilizzato non è proprio semplicissimo.
Mettendoci alle spalle il contesto narrativo ci tuffiamo (letteralmente) all’interno del fulcro del gameplay di Silent Hope: il dungeon crawling duro e puro.
Si tratta di un sottogenere dell’RPG caratterizzato dall’esplorazione di dungeon procedurali, leggermente diverso dal roguelike per la presenza di creature magiche figlie dell’universo fantasy occidentale.
Al di là di spiegazioni teoriche, Silent Hope prevede nel pratico la scelta di solo uno tra i sette personaggi presentati in introduzione e la discesa all’interno dell’Abisso, il quale è la macroarea che racchiude tutti i dungeon del gioco.
Ogni dungeon ha un preciso numero di piani e l’obiettivo del gioco è arrivare all’ultimo piano prima di perdere tutti i punti salute, calcolati tra la vita del personaggio e le due pozioni di cura in dotazione.
Trovare l’uscita per il piano successivo non è mai semplicissimo, soprattutto nelle fasi avanzate di gioco dove ogni piano non solo è molto ampio, ma anche costituito da più sezioni al quale si può accedere mediante un teletrasporto.
Inoltre inutile dire che la nostra avventura sarà costantemente bloccata e messa in difficoltà dai mostri che abitano l’Abisso.
Sebbene in certi frangenti può capitare di ritrovarsi spalle al muro con decine di mostri pronti ad attaccare, la quantità di nemici non l’ho mai trovata eccessiva.
È giusto che il giocatore venga messo in difficoltà, soprattutto nei dungeon di fine gioco, ma è anche vero che con un pizzico di abilità e agilità si può sgomberare il campo in maniera rapida e indolore, senza nemmeno ricevere un colpo.
Il giocatore, inoltre, può servirsi anche delle trappole posizionate strategicamente all’interno dei dungeon per riuscire ad avere la meglio sui nemici anche quando le abilità del personaggio non bastano.
La difficoltà, in definitiva, è ben bilanciata, ma allo stesso tempo richiede al giocatore di agire in maniera oculata e di elaborare una strategia ancor prima di accedere al piano successivo.
La durata del gioco, che si attesta sulle 10-12 ore di gameplay per la storia principale, permette inoltre al gioco di non risultare stucchevole.
Anche se il gameplay rimane sostanzialmente lo stesso dall’inizio alla fine, ovvero arrivare fino alla fine del dungeon e battere il boss di turno, si percepisce comunque il senso di proceduralità man manco che si avanza nel gioco.
Non solo i dungeon cambiano di volta in volta ambientazione, collegandosi anche alla trama di gioco, ma diventano sempre più complessi con l’aggiunta di nuovi frangenti di gameplay come quest secondarie, mini boss oppure dei piani che sono sostanzialmente delle arene nelle quali devi uccidere tutti i nemici per passare al piano successivo.
Dopo aver spiegato lo scheletro del gameplay di Silent Hope, parliamo adesso dei protagonisti che, come già accennato più volte, sono sette.
Il giocatore può scegliere di affrontare il dungeon con uno solo di questi sette eroi, ma ogni tot di piani c’è possibilità di cambiarlo se magari ci siamo accorti che quel determinato personaggio non è adatto al dungeon nel quale ci troviamo.
Quanto appena detto ha senso dato che i personaggi non sono delle semplici skin intercambiabili fra loro, ma dei combattenti con caratteristiche differenti.
Il Wanderer è il classico all-rounder, la Guerriera è lenta e colpisce ad area con lo spadone, la Rogue è agile e colpisce di soppiatto con la doppia lama, l’Arciere colpisce dalla distanza, la Farmer infilza i nemici con la forca, la Combattente è abile nella lotta corpo a corpo e infine il Mago usa attacchi magici.
La scelta di un personaggio non dipende solo dal proprio stile di gioco e dai propri gusti, ma anche dalle debolezze dei nemici presenti nel dungeon.
Alcuni nemici sono deboli agli attacchi in mischia, mentre altri soffrono la magia oppure altri ancora prendono più danno dalla doppia lama della Rogue o dalla forca della Farmer.
Un dungeon, inoltre, è abitato chiaramente da nemici di diversa natura ed è proprio per questo motivo che bisogna spesso intercambiare i personaggi fra loro per essere sempre in vantaggio contro i mostri di una determinata zona.
Una scelta oculata da parte del gioco per non spingere il giocatore a utilizzare sempre lo stesso personaggio.
Molti potrebbero pensare che il fatto di cambiare spesso personaggio possa essere un malus perché così facendo non si riesce a utilizzare bene nessuno di essi, ma in realtà non è esattamente così.
Seppur con modi di attaccare differenti, i sette eroi a livello di gameplay non sono poi così lontani: l’utilizzo di tutti i personaggi è facile, chiaro, intuitivo e arriva dritto al punto.
Un tasto per lo scatto, un altro tasto per l’attacco base e poi tre skill con cooldown che possono fare danno, boostare il protagonista o nerfare i mostri.
Dopo il primissimo dungeon che funge da tutorial d’introduzione per il giocatore scopriamo l’esistenza del campo base, un’area di gioco nel quale si può accedere ai dungeon oppure a sei strutture ognuna con uno scopo differente.
Si tratta di un’aggiunta al gameplay principale nel quale si vive a pieno il fattore gioco di ruolo ed è anche la firma di Marvelous al titolo dato che ci sono le stesse mucche presenti anche in Story of Seasons.
Citazioni a parte, il campo base è dove avviene l’analisi strategica del giocatore che deve decidere come equipaggiare al meglio i personaggi.
Ogni personaggio, oltre alla sua arma peculiare, ha uno slot bracciale per la difesa e uno slot orecchini per aumentare le altre statistiche come l’elusione, la velocità e le skills.
Inoltre per ogni discesa nei dungeon è possibile anche portare fino a tre cibi che boostano ulteriormente le statistiche.
Le armi, i bracciali e gli orecchini possono essere forgiati e potenziati dal fabbro in cambio di Rune, la valuta di gioco, materiali di base e “mementos” che rappresentano una sorta di stampo sulla quale forgiare l’equipaggiamento.
Le Rune, i materiali di base come legno e minerali preziosi possono essere raccolti nei dungeon, mentre i mementos si ottengono aprendo i forzieri o sconfiggendo i mostri.
Oltre alla struttura del fabbro appena menzionata, ci sono altre cinque strutture consultabili: la forgia dove cuocere i minerali, il falegname che lavora il legno grezzo e poi tre zone adibite ai cibi: la fattoria con gli animali, il campo agricolo e la cucina che ci fornisce il prodotto finale.
Esclusi i piatti, tutti i crafting del gioco richiedono un tot di tempo per essere completati, ma pagando delle Rune si può ottenere il prodotto immediatamente.
Nonostante non ami particolarmente i crafting a tempo, quelli di Silent Hope non sono poi così tediosi dato che basta farsi qualche piano di un dungon per avere i materiali tutti pronti al proprio ritorno, un processo che diventa ancora meno noioso nelle fasi avanzate del gioco dove è possibile sbloccare diversi crafting in contemporanea.
Inoltre nei dungeon più lunghi ci saranno anche dei checkpoint che permettono di tornare al campo base senza perdere i progressi di gioco.
Raccogliere materiali e guadagnare Rune per potenziare e livellare sempre di più il proprio personaggio è uno degli aspetti più graditi del gioco, dato che i dungeon sono pensati appositamente per premiare l’esplorazione del giocatore.
Più è accurata l’esplorazione, più nemici si sconfiggono e più si ha la possibilità di trovare materiali e strumenti rari sia all’interno dei drop che dei forzieri nascosti.
L’altra faccia della medaglia però è rappresentato da alcune fasi di gioco che spingono il giocatore a dover effettuare del grinding per arrivare al livello necessario richiesto dal dungeon successivo o dai piani successivi dello stesso dungeon.
Si tratta comunque di un piccolissimo neo dato che anche rifare più volte lo stesso dungeon è comunque appagante e mai veramente noioso.
Abbiamo già citato in introduzione l’apprezzamento per la sigla animata, ma il gioco vero e proprio ha uno stile totalmente diverso.
Marvelous, anche per Silent Hope, ha scelto il suo tipico stile 3D che abbiamo potuto ammirare in altri titoli della software house con personaggi chibi e stile rotondeggiante.
Uno stile grafico che può piacere come no, io personalmente l’ho apprezzato.
Un punto a favore di Marvelous anche per quanto riguarda la colonna sonora che ha dei toni solenni e che accompagna il giocatore all’esplorazione dei dungeon con un alone di mistero.
Nulla di rilevante dal punto di vista tecnico, il titolo non ha mai ceduto ai cali di framerate nemmeno nelle fasi più concitate di combattimento.
Silent Hope è una delle espressioni più gradite dell’action RPG roguelike/dungeon crawler, un titolo che rischiava di essere un more of the same, ma che in realtà si è rivelata una punta di diamante del parco titoli di Marvelous.
Al netto di qualche difetto nella narrazione e diverse fasi di grinding sgradevoli, il gameplay è gratificante, appassionante e a tratti anche molto divertente.
This post was published on 27 Settembre 2023 17:01
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