Assistere alla rinascita di un brand, è un fatto che può sempre dare sensazioni contrastanti: da un lato, la voglia di scoprire cosa ci sia di tanto nuovo e diverso, nelle intenzioni degli sviluppatori, da giustificare un cambio tanto radicale; dall’altro lato, la paura che sia un’operazione messa in atto da chi non ha più nulla da raccontare, ma prova comunque a sopravvivere.
Mortal Kombat 1 si colloca un po’ a metà di questa analisi.
NetherRealm Studios e Warner Bros. Games decidono di dare una scossa forte a un brand ormai storico del mercato videoludico e del genere dei picchiaduro, con un gioco che lato marketing è stato proposto come un “soft reboot” della saga, per rivelarsi dal punto di vista ludico e narrativo poi un vero e proprio sequel di Mortal Kombat 11, narrativamente e come gameplay.
Mortal Kombat 1 si pone l’annosa questione che Giambattista Vico aveva definito dei “corsi e ricorsi storici” ma applicata all’intrattenimento degli ultimi decenni, che di reboot vive dato che tanti brand del passato, che ancora hanno appeal sul pubblico, hanno necessitato di operazioni simili a quella messa in atto da MK1.
E potrebbe diventare ancora più complicato svecchiare il brand, vista la presenza costante degli stessi (o quasi) creativi: Ed Boon e soci, sin dal 1992 e dal rilascio del primo Mortal Kombat, hanno fatto consocere al mondo la loro idea di picchiaduro, arrivando con gli anni a capire quali tasti toccare per continuare ad affascinare i videogiocatori: storie che non si prendevano troppo sul serio o che, quando lo facevano, sapevano come stemperare il dramma che i continui squartamenti potevano far intravedere. La violenza estrema è un altro di quei punti che, in un MK non può mancare e che distingue nettamente il brand di NetherRealm dagli altri famosi picchiaduro.
Mortal Kombat 1 dunque, nonostante sia un’opera dedicata alla massa, che cerca di andare oltre la sottile coltre dei picchiaduristi puri, non rinuncia ai suoi capisaldi e anzi, li amplifica come forse mai era stato fatto prima.
Ma al netto di quanto di buono NetherRealm ha implementato in fase di gameplay e migliorie tecniche varie, persistono in MK1 delle lacune decisamente fastidiose che rischiano di compromettere non solo il giudizio generale sul gioco ma, nel complesso, il godimento da parte dei videogiocatori. Chiariamoci: i Mortal Kombat sono sempre stati un po’ “ruvidi” sotto tanti aspetti; la domanda che ci poniamo, in realtà, è del tipo “ma nel 2023 i videogiocatori saranno ancora disposti a tollerare questi elementi di gioco?”
Iniziamo con l’inquadrare una delle prime cose che ci premeva provare in Mortal Kombat 1 e che ha sempre contraddistinto i vari capitoli della saga da altri brand picchiaduristici: l’attenzione alla (“alle” in questo caso) modalità single player.
In Mortal Kombat 1 saranno presenti tre modalità single player, raggruppate sotto la voce del menù “Kampagna” – quelli di NetherRealm usano spesso la K al posto della C, simpatici – e si tratta di:
Andiamo dunque a vedere in cosa consistono queste tre modalità e quali sono i loro punti di forza e di debolezza.
Forse, le parole perfette per inquadrare l’operazione “Mortal Kombat 1” le ha scritte nel 1882 Friedrich Nietzsche nella sua opera “La Gaia Scienza”, esponendo quella che sarebbe stata definita poi teoria “dell’Eterno Ritorno”:
Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione;
La storia di Mortal Kombat 1 infatti, inizia dalle ceneri di quella del precedente titolo della saga: si è ormai raggiunto un climax ascendente d’eventi, incontenibili e che necessitano di una ripartenza il cui fulcro, almeno inizialmente, parrà essere Liu Kang, passato dall’essere il “Custode del Tempo” a “Protettore della Terra“, un ruolo che pare portare avanti con estrema dedizione.
Liu Kang, l’unico a ricordare davvero cosa sia successo nella linea temporale precedente, ha dovuto cedere il passo a una linea “pulita” in cui gli eventi dovranno ricomporsi e riaccadere, con esiti diversi, mentre è intento a radunare un esercito: quello dei Guardiani della Terra. Si sta infatti organizzando un torneo col Regno Esterno, per porre fine alle ostilità tra i Regni ed evitare l’escalation bellica.
E sarà qui che ri-faremo la conoscenza – ehm, cioè la Konoscenza – di alcuni visi noti: Raiden, Kung Lao, Sub Zero, Scorpion, Jhonny Cage, Kenshi Takahashi. E dunque ecco che ritorneranno vecchi rapporti, vecchi legami, amici che diventano nemici, divergenze che tornano così come se n’erano apparentemente andate, tutto sotto gli occhi attenti di Liu Kang.
Non preoccupatevi però: questo, più di una volta, manifesterà la speranza di vedere le cose andare diversamente, lamentandosi prontamente di come certi eventi portino alle stesse conclusioni della precedente linea temporale.
Stupendo anche vedere l’epilogo di certi personaggi, che lascia intuire come la loro vita si evolverà, conoscendo ciò che erano diventati nella vecchia timeline o notare come rapporti di potere cambino, mostrando conseguenze, lievi o meno, diverse e affascinantie da affrontare
Un colpo al cuore quando Kenshi, accecato dopo un attacco, incontra la pietà di Liu Kang:
Speravo che andasse diversamente questa volta
Questa è la storia ma è necessario dire che il modo in cui viene narrata lascia sicuramente diversi dubbi.
Serviranno circa 4 ore per completare questa modalità campagna, tra sequenze cinematiche di buon livello, animazioni facciali convincenti e qualche effetto speciale (sempre in termini di espressività) che non convince; comunque abbiamo apprezzato il doppiaggio in Italiano, cosa che farà sicuramente la felicità dei videogiocatori nostrani.
Vi è però uno squilibrio evidente nel bilanciamento tra cinematiche e combattimenti: molto spesso, ci si troverà a poggiare il pad per minuti interi, durante sequenze cinematiche, spesso superflue, che non aggiungeranno granché alla storia o al divertimento complessivo. Permane la quasi sgradevole sensazione di guardare un grande B-Movie (e l’ispirazione alla cinematografia anni ’80 non è nemmeno così velata), con dialoghi che sfiorano la caricaturalità: tra i buoni che lottano per la giustizia e i cattivi che, tra risate sguaiate palesano piani assurdi per… conquistare o per distruggere le linee temporali.
E se vi steste chiedendo “ma qual è il fine di distruggere le linee temporali” la risposta è che… i cattivi sono cattivi.
Altro grosso problema delle sequenze cinematiche è il loro risultare sempre parziali, lasciando fin troppo spesso al giocatore il compito di immaginare cosa sia successo in questa o quest’altra situazione. Nonostante si combatta relativamente poco durante la storia inutile negare come i combattimenti e i loro setting siano a loro maniera affascinanti.
Ogni capitolo è dedicato a un personaggio diverso; di fatto avremo 3 o 4 scontri da eseguire con quel personaggio prima di passare all’episodio successivo; di vittoria in vittoria, oltre ad avanzare nella trama, potremo sbloccare oggetti estetici da equipaggiare sui nostri personaggi preferiti.
Uno degli aspetti più interessanti è vedere l’evoluzione dei vari personaggi da uno scontro all’altro, il prima e il dopo l’allenamento con Liu Kang per esempio che permetterà loro di mostrare nuove mosse e abilità.
Peccato per il finale, decisamente fiacco, che ci ha ricordato da vicino alcuni dei climax più buffi delle puntate team up dei Power Rangers per capirci, con uno dei combattimenti più deludenti dell’intero playthrough.
Mi raccomando però, restate lì dopo i titoli di coda.
Non vorrete perdervi le anticipazioni del prossimo Mortal Kombat.
La modalità Invasioni è un’altra delle novità introdotte in Mortal Kombat 1 e consiste in una sorta di gioco da tavolo in cui potremo scegliere il nostro personaggio (di fatto la nostra pedina) per camminare tra vari stage, affrontando di volta in volta questo o quell’altro personaggio.
L’aspetto interessante delle invasioni è il lato “ruolistico” che vi sta dietro: progredendo sul grande e diramato tabellone di gioco, tra un combattimento e un mini gioco, sarà possibile trovare o acquistare dei potenziamenti per il nostro personaggio che ne andranno a migliorare aspetti offensivi o difensivi.
Sarà inoltre possibile salire di livello, come in un qualunque RPG, scegliendo quale caratteristica vogliamo portare su e quindi quale build vogliamo costruire. Forse è un po’ azzardato parlare di vere e proprie build, come si è potuto fare con Street Fighter 6 per esempio ma rimane un’ottima meccanica che permette una varietà d’approccio al gameplay e un minimo di studio delle statistiche, da adattare alle varie situazioni.
Riuscire a capire se un nemico effettua attacchi magici per esempio, potrebbe essere essenziale per batterlo, perché potremmo costruirci una build adatta acquistando i giusti strumenti per rendere anche lo scontro più complicato, una passeggiata. Vi saranno dei simil-boss, che probabilmente cambieranno al cambiare delle stagioni, che potrebbero avere resistenze varie, scudi, fasi aggiuntive che richiederanno una giusta dose di pazienza e sangue freddo.
Come già accennato, la modalità Invasioni è una modalità stagionale: al variare di ogni stagione, sarà possibile riaffrontarla con nuovi personaggi, potenziandoli e sbloccando sempre nuovi oggetti estetici da equipaggiare (per farlo, bisognerà andare alla voce del menù “Personalizza”).
Si tratta quindi di una modalità che si rivela essere molto più profonda di quanto originariamente era legittimo immaginare e che va esplorata con molta attenzione perché nasconde tante cose diverse molto interessanti. Tra piccole quest da compiere e percorsi da sbloccare, che richiederanno quindi un minimo di backtracking per essere esplorati a fondo e che porteranno spesso a potenziamenti non ottenibili altrimenti, la modalità invasioni si presenta in maniera decisamente convincente.
Completare tutto il percorso potrebbe richiedere circa 5-7 ore, in base a quanti ostacoli si incontreranno e a quanto si sceglierà di essere meticolosi con l’esplorazione.
Arriviamo all’ultima modalità single player, una delle più classiche di Mortal Kombat: le Torri.
Poco da dire qui, si tratta di uno dei cardini della serie per quanto riguarda il single player. Si potrà scegliere la torre da affrontare, ognuna composta un tot di piani e per ognuna si potrà scegliere a che difficoltà affrontarla, tra 5 livelli di difficoltà.
Il risultato è, come al solito, soddisfacente. Per i meno esperti sarà un ottimo allenamento prima di approdare al vero cuore di Mortal Kombat (e dei picchiaduro moderni in generale) ovvero il Versus Online; per i più esperti, sarà un’ottima alternativa alla modalità Allenamento, per testare dei personaggi che non si conoscono a fondo.
In entrambi i casi, non ci sono però grandi sorprese. La modalità Torri funziona, diverte il giusto ma non stupisce in nulla. Per chi ha già giocato altri titoli della saga, non vi sarà nulla di nuovo ma tanto di familiare e chissà che non è proprio ciò che gli appassionati vogliono.
Passiamo invece a quello che molti considerano essere il cuore di un gioco come Mortal Kombat: gli scontri online con altri giocatori. Perché diciamolo, il bello dei picchiaduro è la competizione. Interessante la storia, carine le invasioni ma qui vogliamo menar le mani.
La modalità Versus ha il grande pregio di presentare, sin dal lancio, il Rollback Netcode: questo è al momento il miglior sistema di networking possibile per ridurre al minimo la latenza data dalle connessioni dei singoli giocatori. Questa feature è molto importante, per quanto non sia (grazie a dio) unica nel suo genere: è lo standard con il quale un viudeogioco multigiocatore si deve presentare sul mercato al giorno d’oggi.
Street Fighter 6 per esempio, è arrivato sul mercato con il rollback netcode già attivo e Tekken 8 arriverà sul mercato nello stesso stato; Dragon Ball FighterZ lo ha introdotto in corso d’opera per far fronte alle richieste della community e così via; MK1, di conseguenza, è un prodotto al passo con i tempi dal punto di vista tecnico; va un po’ meno meglio invece se consideriamo le opzioni messe a disposizione dei giocatori in fatto di matchmaking.
Mentre a giugno il mondo si è innamorato della mole notevolissima di opzioni date al giocatore di SF6 (scelta di connessione dell’avversario, limiti di ping, lobby interattive, mini giochi, interazioni con gli altri giocatori) Mortal Kombat 1 rimane ancorato al suo fin troppo semplice passato.
Sono caratteristiche necessarie? No, ma in un biennio così importante per i picchiaduro, con l’uscita a distanza di pochi mesi di tre brand storici (Street Fighter, Mortal Kombat e Tekken che dovrebbe arrivare nella prima parte del 2024), un confronto è automatico da questo punto di vista e uscirne perdenti sicuramente non piace; anche lato single player ci sono importanti differenze che rimarcano l’imponente lavoro fatto da Capcom in tal senso, anche se in questo caso non crediamo siano mancanze vere e proprie per la produzione NetherRealm quanto più approcci diversi a come si intendono i picchiaduro.
Tirando le somme, abbiamo trovato l’online funzionare estremamente bene: giocando da PlayStation 5, sia connessi con cavo che in Wi-Fi, non abbiamo riscontrato grossi problemi di stabilità, riuscendo a portare a termine tutti i match senza disconnessioni o lag che complicavano il tutto.
Un consiglio che ci sentiamo di darvi, prima di buttarvi nell’online, è di passare una buona quantità di tempo sia in modalità Allenamento che nelle modalità single player, così che possiate imparare bene non solo le stringhe migliori da concatenare con ogni personaggio, ma soprattutto i tempismi e vari piccoli trucchetti.
E non saltate i tutorial, estremamente chiari, dettagliati e munifici d’informazioni
*Sfregolio di mani*
Parliamo del gameplay.
Partiamo con l’ovvio ma necessario: a livello di gameplay, Mortal Kombat 1 è probabilmente il lavoro migliore mai fatto da NetherRealm. La software house ha chiaramente messo nel titolo tutta l’esperienza maturata, cercando di limare quelli che sono sempre stati i punti più spinosi della saga pad alla mano.
Una critica spesso mossa ai MK riguarda la legnosità delle animazioni. Mortal Kombat 1 ha sicuramente lavorato su questo aspetto e, sebbene in un confronto diretto con Street Fighter 6 risulti tremendamente più lento e macchinoso, è impossibile non notare i passi avanti fatti sotto questo punto di vista.
Già rispetto alla demo, il titolo è decisamente più piacevole grazie a un dettaglio che potrà sembrare da poco ma che cambia il modo d’approcciare i fight: il dash block. Si tratta di una meccanica che velocizza molto il gioco, aggiungendo dinamicità e permettendo ai giocatori di coprire in maniera più efficace le distanze a schermo.
Il dash block consiste, appunto, nella possibilità di “cancellare l’animazione del dash” premendo col giusto tempismo il tasto di parata. Questo permette di guadagnare non solo velocità nello spostamento orizzontale ma anche di eliminare il tempo di recupero elevato, che ci sarebbe normalmente dopo un dash normale. Con questa tecnica, se si arriva a padroneggiarla, si riesce a rendere il titolo molto più veloce nell’approccio tra avversari.
Il sistema di combo è stato migliorato, andando ad aggiungere le cosiddette “combo aeree”. Ogni personaggio adesso, avrà a disposizione delle stringhe o dei singoli colpi per lanciare in aria l’avversario, con la possibilità di continuare la stringa offensiva mentre l’avversario è in aria, per poi concluderla tornando a terra.
Questa meccanica aggiunge fluidità agli scontri: non bisognerà aspettare per incastrare una stringa, si potrà decidere come continuarla e concluderla, tenendo l’avversario piantato a terra o lanciandolo in aria, inerme.
Una meccanica che era già presente in Mortal Kombat 11 e che è stata riutilizzata è quella del Fatal Blow: si tratta di un attacco speciale, dalla potenza devastante, che viene eseguito in coppia dal giocatore e dal suo Kameo e che si può attivare una sola volta durante i match (non una volta a round, una volta e basta) quando si scende sotto il 30% di HP.
Meccanica certamente utile ma che, in competitivo o contro giocatori reali con un minimo di conoscenza e capacità, deve essere sfruttata a dovere in quanto non è poi troppo difficile da evitare o da parare.
E arriviamo così alla funzione più attesa e sicuramente più pubblicizzata: i Kameo Fighters.
In molti ritengono che questa meccanica renda Mortal Kombat, essenzialmente, un titolo tag ma tale considerazione è lontana dalla realtà; i kameo fighters serviranno più da aiutanti che da veri lottatori, esattamente come è accaduto decenni fa in titoli come Marvel VS Capcom o nei vecchi King of Fighters
La meccanica dei Kameo è parecchio affascinante, poiché permette di avere a disposizione tutta una palette diversa di manovre offensive e difensive, ampliando di fatto il combo system. Sarà dunque importante conoscere i vari Kameo, per fare in modo di sfruttare al meglio le caratteristiche di ognuno.
Alcuni saranno molto più utili in fase offensiva e saranno quindi da utilizzare in quei momenti in cui si fa una pressione continua sull’avversario, che si potrebbe sentire soffocato dall’attacco congiunto; altri, saranno utili in fase di difesa o quantomeno di contenimento, non tanto per nuocere all’avversario ma per tenerlo lontano, tecnica utile sia quando ci si trova in situazioni di forte pressione e si cerca un attimo di respiro pensando alla prossima mossa, sia per i “camper” ovvero quei giocatori che, chiusi nel loro angolo, basano il loro stile di combattimento sul tenere perennemente sotto tiro l’avversario con attacchi a distanza (anche per fronteggiare gente del genere, serve il dash block).
Dal punto di vista scenografico, i Kameo regaleranno bellissime interazioni, permettendoci di utilizzarli per prese uniche e per le Fatal Blow, in tripudi di sangue, ossa e budella che siamo sicuri, soddisferanno i desideri di ogni fan della saga.
Il roster base del gioco conta ben 22 personaggi (chi ha effettuato il pre-order, avrà un personaggio bonus: Shang Tsung) mentre i Kameo presenti all’uscita sono 15. Considerando quanto ognuno di loro ha da offrire, vi consigliamo di studiare per bene quale Kameo funziona meglio col vostro personaggio preferito e di studiare per bene le interazioni realizzabili. Si tratta di una meccanica che potrebbe rivelare grandi sorprese.
Tuttavia, una critica che avevamo mosso in sede di anteprima, torna: tra lottatore e Kameo non ci sono interazioni uniche. Che sia una semplice combo o una Fatal Blow, il Kameo farà la sua parte e il lottatore principale farà la sua, senza che le due collidano effettivamente.
Considerando che si tratterebbe di qualcosa di molto complicato da sviluppare, poiché bisognerebbe studiare combinazioni uniche per ogni personaggio e ogni Kameo, un’impresa titanica, ci saremmo anche accontentati di un compromesso, con l’interazione diretta giusto di alcuni personaggi con alcuni kameo. Peccato, ma confidiamo nel prossimo titolo.
Abbiamo avuto la possibilità di provare il titolo su PlayStation 5 e possiamo dirci più che soddisfatti della resa tecnica. A schermo tanti dettagli riescono a provocare un bellissimo impatto visivo e la quasi totale assenza di problemi di frame rate o di fastidiosi bug, rende l’esperienza estremamente gradevole.
Pubblicando la recensione qualche giorno dopo la release, conosciamo i problemi tecnici che il gioco presenta su altre piattaforme come Nintendo Switch, su cui ci sentiamo di sconsigliarvi l’acquisto per limiti associabili forse più alla console che all’ottimizzazione del titolo; questo quando animato dalla giusta potenza di calcolo non da problemi.
Artisticamente, l’approccio alla fisicità dei lottatori, agli indumenti e agli scenari, cammina su un finissimo filo a metà tra realismo (soprattutto anatomico) e immaginario dark fantasy, in cui non mancano violenza e orrore, non solo per via degli squartamenti e delle Fatality. Ah giusto, le Fatality: sono stupende.
Discreto anche il lavoro in fatto di accessibilità, che permette di personalizzare vari aspetti dell’esperienza dal punto di vista visivo o uditivo: si può per esempio, decidere di posizionare diversamente l’HUD per vederlo meglio durante gli scontri, così da non perdere la focale durante gli scontri per controllare quanti punti vita rimangano a noi o all’avversario; si può abilitare la lettura dello schermo, così chiunque abbia problemi di vista potrà muoversi tra i menù o sul campo di battaglia in maniera più agile, grazie anche a funzioni come il segnale di distanza tra i giocatori o a quello che avvisa quando si raggiunge il bordo estremo dell’arena di combattimento.
Tante piccole altre funzioni sono state implementate ed è estremamente positivo che, sin dal primo avvio del titolo, sia attivata la funzione di lettura schermo. Tuttavia, ancora una volta, bisogna fare un paragone con Street Fighter 6 che, anche dal punto di vista dell’accessibilità ha fatto meglio, pensando a diverse micro funzioni che hanno contribuito a rendere molto più approcciabile il titolo da chiunque.
Troviamo comunque difficile lamentarsi dell’approccio adottato dalla software house americana, in un mondo che ancora fatica a considerare questo genere di opzioni.
Mortal Kombat 1 è un titolo pregno di attività, in grado di offrire ore di divertimento a qualunque tipo di giocatore, dal casual al competitive, senza che la noia sopraggiunga. Sono presenti delle ruvidità in fase di Storia e Invasioni ed è sicuramente meno ricco di possibilità di personalizzazione dell’esperienza rispetto ad altri suoi competitor. Tuttavia, si rivela un ottimo titolo, col gameplay probabilmente migliore tra gli utlimi titoli della saga. La meccanica dei Kameo aggiunge un’ulteriore grado di profondità a un gameplay reso, adesso, meno legnoso del passato. In un racconto di corsi e ricorsi storici, in cui cambia tutto per poi non cambiare nulla, qualcosa pare essere cambiato. In Meglio.
This post was published on 25 Settembre 2023 20:30
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