Sant’Agostino, scriveva:
Dio fornisce il vento ma l’uomo deve alzare le vele
Una metafora estremamente concisa e funzionale, per dare una definizione di ciò che viene inteso come Libero Arbitrio.
Il concetto di libero arbitrio viene approfondito da pensatori e filosofi da tempo immemore e ogni volta, la declinazione che vi si dà differisce in qualche aspetto, qualche dettaglio che ci fa sempre pensare a quanto sia relativo il concetto di controllo e auto controllo della nostra vita. Quel concetto che ci fa dubitare sui passi da fare.
Bisogna dunque capire come muoversi.
Alcune filosofie, abbracciano il concetto di fatalismo: il Tutto è parte di un disegno più grande, che è già concluso ma che ognuno esperisce a ritmi diversi, focalizzandosi su scorci differenti dello stesso; altre dottrine, tendono invece a identificare l’uomo come unico motore delle proprie decisioni, d’altronde homo faber fortunae suae scriveva Appio Claudio Cieco nelle Sententiae.
C’è però un tertium datur, che aiuta a riconoscere una nuova intercapedine, entro cui insinuarsi. L’intercapedine è costituita proprio da quel concetto di libero arbitrio, una via di mezzo tra le due concezioni, che trova da una parte il fatalismo secondo cui ci si muove su una tela già inchiostrata, ma considera l’uomo “artefice del suo destino”, ritenendolo capace di compiere scelte che alterano quell’enorme disegno.
Quando si parla di libero arbitrio, si sottende quindi una capacità volitiva che esubera il destino o Dio, che dir si voglia. E quando si parla di Dio, si tende a intenderlo come non solo controllore ma, prima di tutto, come Creatore. Il Dio Creatore, è a lui che si cerca di sfuggire col libero arbitrio. Nella Bibbia cristiana, nel libro della Genesi, si parla di quel Dio che ha creato gli uomini diversi dagli animali, in quanto:
Noi somigliamo a lui perché abbiamo la possibilità di manifestare qualità come amore e giustizia. E come lui, abbiamo il libero arbitrio.
Ma se partendo da quest’assunto, ribaltassimo il concetto di libero arbitrio come un errore di programmazione di un Dio disattento, piuttosto che come una scelta ponderata? Se in una sua creazione, il Creatore abbia messo un po’ più di quanto servisse?
Scopriremmo una libertà nuova, che ci fa comprendere come anche ciò che ci è stato delineato come impossibile, in realtà sia in qualche modo realizzabile, che si tratti di qualcosa di estremamente complesso o di qualcosa di molto semplice, come per esempio, dire una bugia.
E dunque, si può riuscire a scegliere volontariamente un meccanismo eristico finalizzato alla bugia, perché secondo valutazione personale, può portare maggior beneficio di una, cento o mille verità?
Da questo interrogativo, che forse mai troverà una risposta certa ma soltanto relativa, parte il viaggio di Lies Of P, titolo action-adventure con meccaniche RPG sviluppato dallo studio sudcoreano NEOWIZ con Round8 Studios. Il gioco sarà disponibile dal 19 settembre 2023 per tutte le piattaforme, ma noi abbiamo avuto la possibilità di provare in maniera approfondita il titolo negli scorsi giorni e oggi vogliamo parlarvene.
Prima di entrare nel merito, qualche considerazione per evadere subito una faccenda che potrebbe far interrogare molti: quanto c’è di Pinocchio in Lies Of P?
Potrebbe quasi sembrare una domanda ridondante, al limite della tautologia, ma ha un senso.
Già dalla demo che avevamo provato qualche settimana fa, si intravedeva l’intenzione di NEOWIZ: rivisitare l’opera partendo (quasi) dalle fondamenta la storia originale di Pinocchio, non facendo ovviamente mancare un ringraziamento iniziale al maestro Carlo Collodi.
In Lies Of P vengono ripresi alcuni elementi del mondo creato da Collodi nel suo romanzo del 1881. Diversi personaggi, che magari mai avevano trovato spazio in altre reiterazioni della storia di Pinocchio, vengono presentati seppur rivisitati in maniera molto originale. Un esempio è Medoro, Can-barbone nel romanzo, giornalista d’inchiesta nel gioco.
E come questo, di esempi ce ne sarebbero diversi, a cominciare dalla “Fata Turchina” che qui viene riproposta sotto spoglie di Sophia, una sorta di Guardiana del Fuoco/Maiden in Black/Araldo dello Smeraldo/Automa/Vergine delle Dita, pronta a offrirci la sua guida e la sua capacità di canalizzare il potere dell’Ergo, per salire di livello.
Poi ovviamente Pinocchio e Geppetto, intrappolati in un anomalo rapporto padre-figlio, in cui il burattino non potrà far altro che assecondare il volere di un padre, che altri non è se non la persona più influente di tutto l’universo di P.
O almeno, uno dei nomi di maggior rilievo.
E il padre, sempre con l’amaro in bocca, continuerà a chiedere a Pinocchio di lottare per lui, perché lui è l’unico che può farcela.
“Mi dispiace che tu debba andare in un posto così pericoloso”ù
È affascinante scoprire tante piccole citazioni, riconducibili non solo al romanzo, ma alla vita dell’autore: molti non sanno per esempio, che il vero cognome di Carlo Collodi era Lorenzini e proprio Lorenzini Venigni è uno dei personaggi che potremo incontrare, uno dei più caratteristici sicuramente nonché grande amico e collega di Geppetto.
Ma se le citazioni a Pinocchio ci sono, è anche vero che se fossero mancate nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.
Il gioco infatti, è infarcito di citazioni a tante altre opere che affascinano molto più, per trattazione e approfondimento, rispetto a quelle del romanzo di Collodi.
Un esempio su tutti, è l’enorme citazione ad Isaac Isamov e all’antologia Io, Robot, storie in cui l’autore tra le altre cose, introdusse in maniera più unitaria e organizzata le famose Tre Leggi della robotica che, in Lies Of P vengono riprese in maniera quasi pedissequa (se non per un’aggiunta che vedremo dopo) e sulle quali si basa l’intero incipit narrativo, l’intero world building.
Per non parlare delle citazioni al mondo di Batman, al romanzo di Oscar Wilde “Il Ritratto di Dorian Gray”, a opere più pop come Fullmetal Alchemist. E poi tutte le citazioni ludiche e strutturali, soprattutto nel level design, che strizzano irrimediabilmente l’occhio al mondo dei SoulsBorne.
Non è certo la prima reiterazione del romanzo di Collodi che effettua dei cambiamenti rispetto all’opera originale, basti ricordare il film animato della Disney del 1940, che di cambiamenti ne fece, come per esempio sostituire il pesce cane dentro cui finiscono Pinocchio e Geppetto, con una balena; la versione di Comencini, in cui per esigenze di produzione, la fata Turchina permetteva a Pinocchio di tornare più volte umano, quando nel romanzo lo diventa solo alla fine; la versione di Guillermo Del Toro, che stravolge totalmente il contesto, trasformandolo in fascio-steampunk cupo e drammatico; persino il maestro Osamu Tezuka, ha rielaborato le storie di Pinocchio, sia in maniera esplicita dedicando un manga proprio al burattino, sia omaggiandolo in altre storie (Pinocchio è la principale ispirazione per Astro Boy, per dirne una).
Al netto di tutto però, è notevole il lavoro fatto per riuscire a estrapolare l’anima dal romanzo di Collodi, molto più importante che ritrovarlo sotto forma di citazioni e personaggi: “Le Avventure di Pinocchio” è un’opera che, come Lies Of P, vive di continue lotte interne, di pensieri, di bene contro male, di scoperta di un’umanità celata, di verità che non si vogliono sentire, di bugie di cui ci si vuole circondare.
Tanto viene narrato, lo vedremo presto, ma la voglia di diventare dei bambini veri non ci abbandonerà per tutto il playthrough.
C’era una volta…
Il ticchettio di un orologio, costante come il battito di un cuore, una manciata di note scandite dalla tastiera di un pianoforte logoro, sopra di noi la bufera che impazzava e un tenue violino a chiosa di fila.
Questi i primi input che colpiscono il giocatore, quando ancora navigando i menù iniziali, ci si rende conto dell’anima che quella musica emana. E si nota subito, di non trovarsi davanti al solito Souls-like che cerca di prendere quanto fatto da From e dargli una nuova skin.
No, Lies Of P ha tanto da raccontare.
A differenza dei titoli di From Software infatti, Lies Of P ha una narrazione decisamente più lineare, nonostante sia d’obbligo per chi voglia capire ogni collegamento e la ragion d’essere d’ogni personaggio, ascoltare ogni NPC, leggere ogni descrizione, ogni pezzo di carta, stralcio di giornale, volantino, pagina di libro capiti a tiro. E un piccolo plauso va proprio alle descrizioni degli oggetti, scritte in maniera giustamente enigmatica senza perdere in poesia e direzione.
Discorso simile può farsi per i dialoghi, eccellenti sia nella scrittura che nel vocal acting.
La storia inizia, almeno da quel che sappiamo all’avvio del titolo, quando un ragazzo con un braccio metallico viene risvegliato da una farfalla che delicatamente si poggia sul suo cuore, o qualunque cosa sia ciò che batte dentro al petto. Spinto da una forza che non conosce, da una voce rassicurante per quanto ignota, inizia a muovere i suoi primi passi dopo chissà quanto tempo.
Una volta usciti dal treno, in cui stavamo riposando, ci troveremo alla stazione centrale di Krat, la città che sarà il fulcro della storia. Krat, una città di cui noi conosciamo soltanto le rovine ma che, dai racconti che ci arriveranno man mano che giochiamo, si rivelerà essere una metropoli che ha tentato di diventare il fulcro dell’intero mondo.
Krat, la città del Futuro! La città del Progresso! La città del Domani!
Eppure adesso è tutto ridotto a un cumulo di macerie e cadaveri per le strade.
Cosa sarà andato storto?
I primi nemici che affronteremo, saranno dei burattini robot, che scopriremo essere stati creati con l’intento di servire gli umani.
Qualcosa deve essere andato storto.
I burattini hanno infranto il Grande Patto.
Il Grande Patto altro non è che un meccanismo di controllo interno, che ogni burattino possiede, pensato per confinare l’automa entro certe regole; è qui che i più attenti noteranno le citazioni Asimoviane:
E quando questi principi vengono bypassati, la storia e il nostro compito, iniziano ad assumere una forma precisa.
“I burattini non possono mentire”.
Eppure, la bugia sarà il motore , non solo per le nostre azioni, ma anche dietro ogni cosa che succederà a Krat e dintorni.
Un aspetto che va estremamente apprezzato della storia a nostro modo di vedere, è il fatto che si tratti di un racconto molto “umano”, in cui è certamente presente il sovrannaturale ma che tende più a una dimensione umana, sensazione manifesta soprattutto nella costruzione dei personaggi e delle loro motivazioni, dei loro caratteri.
Uno dei meccanismi più intriganti, tra quelli pubblicizzati, è sicuramente quello delle “bugie“.
Mentire sarà un elemento che, di trama, ci permetterà di differenziarci dal resto dei burattini. Questo meccanismo rivelerà la vera natura di P: una via di mezzo tra un burattino e un umano, con un Ego estremamente accentuato, in grado di trasgredire tutte le regole del Grande Patto.
A livello di storia invece, le bugie avranno degli effetti che però si paleseranno soltanto nelle fasi finali del gioco; gli sviluppatori hanno dichiarato che il gioco avrà tre finali e che, pertanto, soltanto facendo 3 run si potrà avere contezza di tutti i contenuti proposti dal titolo. Al momento, inoltre, è bene sapere che non è presente un new game plus e non è nemmeno detto venga aggiunto in futuro.
Il buon lavoro fatto in termini di worldbuilding, fortunatamente, ricompensa il giocatore e da una certa pesantezza morale e etica alle sue scelte. La morale di chi sta dietro al pad, in sostanza, verrà messa in gioco diverse volte, con pochi secondi per decidere che direzione prendere dal punto di vista emotivo.
Provate a immaginare quanto sia forte lo scossone emotivo della menzogna, per un personaggio che vive a stretto contatto col Dio che l’ha materialmente creato (Geppetto) e che, per volontà o per errore, gli permette di sfuggire al fatalismo.
Un Dio incerto, che commette errori, che Pinocchio adora ma a cui non vuole sottostare.
L’impressione riguardo al gameplay, sin dalla prima prova della Demo, è stata incredibilmente positiva anche se con alcune riserve. Due aspetti da chiarire per bene erano la schivata e la parata, entrambe fondamentali nel sistema di combattimento che NEOWIZ ha pensato per il suo titolo.
Da una prima prova infatti i sistemi non sembravano particolarmente solidi, tra timing difficili da decifrare e schivate con una quantità troppo risicata di frame d’invincibilità. La release completa come ha trattato questi elementi?
Andiamo per gradi: c’è tanto da dire sul tema.
Quando inizieremo, avremo la possibilità di scegliere la via più adatta al nostro modo di giocare.
Esattamente come per le classi di Dark Souls questa scelta non influenzerà tutta quanta la nostra run ma semplicemente deciderà il nostro punto di partenza in termini di equipaggiamento e assetto del personaggio.
Dopo aver fatto varie prove, ci siamo resi conto di come la via del bastardo all’inizio sia probabilmente quella più agevole, in quanto gli attacchi consumano un pizzico in meno di stamina ed è possibile effettuare un attacco pesante non caricato con successiva schivata, senza che ci venga tolta stamina (visto che quest’ultima è integrata nel moveset d’attacco dell’arma).
Tuttavia non vogliamo scoraggiare l’esplorazione delle varie possibilità, anzi. Lies Of P permette una bella varietà di approcci, che sarà possibile sperimentare nel corso della run, grazie sia alla massiccia presenza di armi diverse e di potenziamenti vari che vedremo a breve, ma anche grazie alla possibilità di riassegnare le proprie statistiche, sebbene in una fase abbastanza avanzata del gioco.
E proprio sulle statistiche, c’è un discorso da fare.
Sin da subito è chiara l’ispirazione nei confronti di Bloodborne: una delle opere più apprezzate di From Software. Giocando ci si rende conto di quanto l’ispirazione sia legata più da un accostamento di atmosfere che ad un effettiva strada da seguire. Uno degli aspetti che più rassomiglia all’opera From è la gestione delle statistiche da parte del nostro Pinocchio.
Tanti giocatori, affezionati ai Souls si sono lamentati dell’impatto misero degli aumenti parametrici all’interno di Bloodborne, a patto di non impiegare build estremamente specifiche. Lies Of P, manco a farlo apposta, fa esattamente questo genere di operazione proponendo 6 differenti statistiche che poco impattano sull’esperienza complessiva.
Se da una parte è facile aumentare vitalità, vigore e capacità per trovare un immediato riscontro nelle nostre azioni, la situazione peggiore con forza tecnica e sviluppo. Questo perché gli scaling delle armi sono gestiti in maniera non del tutto equilibrata, con DPS risultanti che sono molto meno chiari di quanto invece si può riscontrare nei videogiochi di From Software.
Facciamo un esempio: durante la prima run siamo partiti con l’intenzione di buildare il nostro Pinocchio intorno alla statistica tecnica; dopo essere partiti con lo stocco e aver incontrato i primi proverbiali muri ci siamo ritrovati costretti a utilizzare un’altra arma con scaling in Forza Motrice per scoprire che… quest’ultima faceva danni, molti di più del nostro misero stocco a fronte di un moveset comunque utile e non particolarmente pesante da gestire. Considerando che non ci sono nemmeno dei requisiti da soddisfare per poter utilizzare le armi, la situazione diventa ancora più bizzarra e onestamente poco razionale.
Altra parte dei potenziamenti del nostro Pinocchio è attraverso il suo… organo-p, ovvero uno skill-tree separato da potenziare attraverso una rara risorsa denominata Quarzo. In questo specifico skill tre sarà possibile potenziare qualsiasi cosa: abilità d’attacco, di difesa, evasive, di recupero vita o stamina, schivata, resistenza ecc. Di fatto attraverso questo elemento è possibile trovare delle soluzioni parametriche alla relativa incisività delle statistiche, rendendo alla fine dei conti il videogioco abbastanza bilanciato.
Le armi sono uno dei punti forti di Lies of P.
Ve n’è una buona varietà e quasi tutte hanno moveset unici, se non per alcuni casi in cui gli attacchi critici hanno stesse animazioni. Queste sono divise in normali e speciali, con le prime che possono essere smontate e le seconde no.
Qui arriva una delle meccaniche più interessanti del gioco: le armi normali sono considerate come la somma di due elementi: impugnatura e lama/testa; attraverso il fabbro è possibile mescolare questi elementi così da creare armi nuove e inedite. Moveset e scaling sono legati all’impugnatura, mentre la lama gestisce l’output nudo e crudo di danno. Queste armi si possono raffinare ulteriormente attraverso delle meccaniche di potenziamento piuttosto intriganti: con le pietre di luna è possibile aumentare in maniera secca il potere distruttivo della lama, mentre attraverso le manovelle è possibile indirizzare lo scaling dell’arma senza il moveset; di fatto la libertà di building del gioco è davvero esagerata.
Le armi speciali invece, ottenibili scambiando “l’anima” di un boss o attraverso la mera esplorazione controbilanciano la loro rigidità statistica con l’avere moveset unici o arti della favola che le rendono particolarmente interessanti per il giocatore.
Altro elemento di rilievo è dato dal braccio a legione, una parte del corpo intercambiabile che permette di piazzare trappole, avere strumenti difensivi o evasivi; ci sono 8 bracci di legione all’interno di Lies of P, ognuno di questi è potenziabile e ognuno di questi arricchisce ancora di più la già notevole proposta ludica del gioco.
Prima abbiamo citato le arti della favola senza però definirle; queste non sono altro che tecniche speciali legate ad ogni singola arma utilizzabili al caricamento di un’apposita barra. Esattamente come abbiamo visto per le weapon art di Frommiana memoria, anche in questo caso abbiamo a che fare con un’ulteriore arricchimento del gameplay, specie in termini di pure manovre offensive.
La manutenzione della propria arma sarà necessaria per riuscire ad abbattere anche il più debole dei nemici; come in tanti altri titoli, le armi si consumano e vanno riaffilate, magari proprio durante uno scontro; è qui che viene in aiuto del giocatore la smerigliatrice.
Avete presente la cote di Monster Hunter? Ecco: è tipo quella, ma molto più veloce; la durabilità dell’arma viene indicata a schermo e la smerigliatrice sarà liberamente accessibile nel giro di qualche tasto: durante le battaglie più lungo dovremo per forza di cose tirarla fuori e utilizzarla, pena un enorme abbassamento dell’output di danno.
Attraverso lo skill tree è possibile potenziare la smerigliatrice velocizzandone l’azione; volendo è possibile cambiare tipo di mole allo strumento, permettendo quindi l’infusione dell’arma con vari elementi, ognuno con il suo preciso effetto sugli avversari; anche queste si possono potenziare attraverso lo skill tree di cui sopra, aumentando il numero di utilizzi tra un checkpoint all’altro.
Potevano mancare le cure limitate in un soulslike? Chiaramente no ed ecco che entrano in gioco le celle a impulso, anche queste migliorabili con il sopracitato skill tree. Un’interessante novità si palesa nell’opportunità di ricaricare una singola cella curativa colpendo abbastanza volte i nemici dopo averle terminate; questo processo sarà inoltre ripetitibile all’infinito, sempre però potendo contare su un massimo di una cella ripristinata.
Non mancano poi gli oggetti da lancio o le utilities da portare alla cintura, anche questi abbastanza canonici. Dallo strumento per ritornare al checkpoint a coltellini da lanciare, senza dimenticare poi il classico sistema di autodistruzione che lascia dietro gli ergo, ovvero la valuta principale del gioco. Fortunatamente tornando agli stargazer, i maledetti checkpoint di cui sopra, ci si può godere un attimo di riposo.
L’ergo, o gli ergo che dir si voglia, sono centrali alla narrativa del gioco e sono impiegabili come elemento di scambio per salire di livello o acquistare risorse utili; anche qui troviamo frammenti di ergo da utilizzare per ottenere un certo quantitativo di risorse. Tutto abbastanza canonico e comunque funzionale, per quanto non originale.
Arriviamo adesso, a uno dei discorsi che più hanno infiammato le discussioni online su Lies Of P: schivata e parata. Avendo finito il titolo possiamo dire, con quasi totale certezza, che la schivata alla fine risulta essere più che funzionale e funzionante nel gioco, nonostante qualche “ma” da tenere in conto.
Di certo parliamo di una manovra difensiva poco permissiva, che però diventa più gestibile andando avanti con il gameplay. Il tempismo, chiaramente, è indispensabile così come è importantissimo gestire la stamina, molto risicata e limitata, specie all’inizio. Potenziando poi la schivata tramite lo skill tree, giocando quindi qualche ora, si può ottenere una mossa difensiva molto più safe e alla portata di souls, facendo quasi svanire la sensazione di straniamento che in tanti hanno lamentato nella demo.
Con la parata, specie durante le prime fasi di gioco, è possibile mitigare ulteriormente questo problema: per quanto non ci siano scudi veri e propri ma più potenziamenti per il braccio a legione, questa manovra difensiva risulta essere abbastanza simile a quanto visto in Sekiro, con grandissima importanza data al tempismo necessario per ottenere la guardia perfetta, strumentale per diminuire la resistenza del nemico. Anche qui sarà possibile effettuare un contrattacco particolarmente forte una volta rosicchiata ulteriormente la resistenza. Se Guardia Perfetta non va a segno, pararsi avrà comunque un effetto di riduzione dei danni e, anche qui, ci sarà possibile recuperare parte della vita colpendo direttamente l’avversario. Questa manovra difensiva, comunque, sarà l’unica efficace contro gli eventuali attacchi critici degli avversari, riconoscibili pure dall’aura rossa che precede l’animazione.
Prendendo dimestichezza col titolo, schivata e parata diventeranno azioni complementari e si acquisisce la capacità di leggere perfettamente le situazioni che si incontrano.
Il level design palesa ulteriormente l’ispirazione di Lies Of P al mondo dei soulsborne, anche se in questo caso le ispirazioni sono comunque molteplici. La struttura complessiva del titolo, infatti, sembra richiamare più l’andirivieni di Dark Souls 3, con aree lineari che si susseguono con qualche scorcio rilevanti in aree di gioco successive.
Non mancano le shortcut, chiaramente, ma servono più a semplificare l’avanzamento nei livelli che a collegare due aree differenti permettendo un più rapido raggiungimento del checkpoint, finalmente ponendo fine alla corpse run pre boss.
In termini di dimesioni le aree risultano essere abbastanza piccole ma sono sempre piene di nemici e di ostacoli al punto da rendere assolutamente sconsigliabile l’esplorazione disattenta: la morte è sempre dietro l’angolo e la difficoltà difficilmente perdonerò.
E proprio sulla difficoltà, c’è da parlare.
Ma quindi quant’è difficile sto Lies of P?
La risposta non è semplice.
Lies Of P non presenta la possibilità di selezionare la difficoltà, cosa che secondo gli sviluppatori snaturerebbe l’essenza stessa di un Souls-Like. Gli sviluppatori hanno però raccolto i feedback dei giocatori durante la Beta, notando come la difficoltà fosse eccessiva e rimodulandola.
Gli avanzamenti in tal senso ci sono: la schivata è più permessiva, così come sono più gestibili i primi boss; la semplicità, però, rimane pur sempre relativa. Le aree rimangono ostiche e il level design stesso non fa altro che mettere il giocatore contro situazioni interessanti, con tanti nemici a schermo e una continua pianificazione dei movimenti e delle azioni richiesta al giocatore.
Sarà richiesta una certa dose di studio dei moveset, dei punti deboli, delle strategie migliori e nonostante questo, potreste trovarvi davanti a dei muri molto difficili da valicare.
I boss non sono un eccessivo problema.
Cioè, si, ci sono diversi boss molto difficili ma una volta capiti alcuni meccanismi e affinati i tempismi, nulla risulterà essere impossibile; i boss di trama, tra le altre cose, permetteranno anche di evocare degli spettri alleati che daranno una mano in battaglia. Il problema principale, a nostro dire, è rappresentato da alcuni mini boss impossibili da evitare e non particolarmente bilanciati, con danni incredibili, difese elevatissime e arene fin troppo strette.
Il tutto poi diventa quasi ingestibile durante le fasi finali del gioco. Un’area in particolare ci ha, PURTROPPO, ricordato la sezione prima di un certo boss del DLC “Crown of the Old King”, in cui bisogna attraversare uno stretto passaggio tempestato da nemici così ben organizzati da rendere quasi impossibile il superamento della zona senza prima dire una valanga di bestemmie.
Direi che sul posizionamento dei nemici e su alcune frange del bilanciamento, NEOWIZ avrebbe potuto rifletterci meglio.
Da dichiarazioni stampa sappiamo che NEOWIZ voleva creare un titolo accessibile per tutti; considerate le nostre lamentele sulla difficoltà e sulla mala gestione di certi elementi in cui si manifesta questa volontà?
Prima di tutto, nelle possibilità che le impostazioni di gioco offrono ai neofiti.
È infatti possibile, dal menù iniziale, attivare o meno delle opzioni come:
In game invece, vengono forniti tanti consigli ogni volta che si ottiene un nuovo oggetto, un nuovo potenziamento, oltre a fornirci un’area d’allenamento con due fantocci su cui potremo o provare le armi o testare i nostri riflessi, per affinare la Guardia Perfetta.
Per le quest invece, non vi servirà tenere a mente decine di personaggi in decine di posti diversi: ogni volta che avrete un oggetto da consegnare o qualcuno con cui parlare, sulle icone del teletrasporto accessibili dagli Stargazer vi verrà indicato a quale checkpoint dirigervi. Le icone avranno la forma o dell’oggetto che dovete consegnare al personaggio vicino a quello Stargazer o del viso del personaggio con cui dovrete parlare.
In questo modo, sarà praticamente impossibile perdere delle quest, vista anche la struttura lineare del titolo.
Per i combattimenti, di accessibilità ce n’è a palate finché si ha la volontà di approfondire il game design e le possibilità che esso offre: tra armi da poter utilizzare anche senza statistiche elevate, Braccio di Legione, evocazione di spiriti, oggetti da lancio, cure ricaricabili, etc… Qualcosa per abbattere il nemico lo si trova sempre.
Abbiamo potuto provare il titolo su una console PlayStation 5 e i risultati sono stati ottimi.
Il titolo presenta una render distance, , nessun bug o glitch importante o invalidante e un’ottima tenuta a livello di frame.
Gli sviluppatori hanno saputo poi sfruttare al meglio Unreal Engine 4, che per quanto molti ritengano un engine superato, dimostra ancora i denti in Lies of P. Il risultato finale è quello di un videogioco solido e stupendo da vedere, nonostante ogni tanto qualche scelta poco dettagliata tradisce la natura cross-gen del prodotto.
Merito si deve anche alla direzione artistica che, prendendo ispirazioni da destra e sinistra (vi sfido a capire la citazione a Terminator) riesce a reinventare in maniera incredibilmente funzionare l’immaginario visivo di Pinocchio senza risultare grottesco.
L’impressione, per il design di alcuni personaggi, è che siano stati ripresi i modelli di Carlo Chiostri, uno dei primissimi illustratori delle Avvventure di Pinocchio, che già nel 1901 aveva dato un’immagine dell’immaginario collodiano. Non ci sono dichiarazioni degli sviluppatori a riguardo, ma guardando determinati personaggi, mi piace pensare che la china di Chiostri viva in quest’opera.
E se la creazione del contesto, a livello artistico e tecnico, funziona alla grande, un pizzico di lavoro in più poteva essere fatto sul sound design.
Non parlo di colonna sonora, che invece è stupenda, ricordando ora Schubert ora Shiro Sagisu, permettendo un’immersione davvero lodevole; ad avere lacune sono i suoni ambientali e la gestione tridimensionale del suono. Spesso, ci si ritrova a sentire un rumore alle spalle, per poi venire attaccati di lato o viceversa; alla lunga si fa il callo, ma per un novizio del genere, una compromissione del genere potrebbe risultare estremamente invalidante per l’esplorazione.
Lies Of P è una produzione con un’anima estremamente chiara e volenterosa di raccontare una storia. Si parla tanto, si piange tanto, ci si affeziona, si tradisce e si viene traditi, in un continuo vortice di scontri all’ultimo sangue e nuove consapevolezze. La costruzione del mondo e delle motivazioni di ogni personaggio, sono forse l’aspetto che più ci ha affascinato e che ci ha dato lo stimolo per sapere cosa ci fosse dopo, quale fosse la verità. Non capita spesso che un titolo, che in teoria dovrebbe essere incentrato tanto sui combattimenti e che, in realtà, esegue quella parte molto bene, lasci così tanto nell’animo di chi lo gioca ed è forse questo il merito più grande dell’opera di NEOWIZ: partire dal capolavoro di Collodi, non per raccontare Pinocchio un’ennesima volta, ma per parlare dell’essere umano, delle sue contraddizioni. L’uomo, che diviene creatore, che si affida a una sua creatura per distruggere il resto del creato. Tutto nasce da un errore. Tutto nasce da una bugia.
This post was published on 13 Settembre 2023 17:00
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