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Recensioni

Under the Waves | Recensione dell’avventura narrativa nel profondo blu (XSS)

Il nome di Quantic Dream è ben stampato nelle menti degli appassionati di avventure narrative che propongono il sistema a bivi, con scelte e conseguenze. Ora il team francese non è più solo un developer, ma anche publisher, e il suo primo gioco pubblicato, sotto l’etichetta Spotlight by Quantic Dream, è un’avventura narrativa ambientata nell’oceano profondo: Under the Waves, sviluppato da Parallel Studio, anch’esso con sede francese.

Il mare aperto è un po’ come lo spazio, affascina e spaventa per il suo essere sconfinato e perlopiù sconosciuto. Da ragazzini, abbiamo amato i romanzi d’avventura con il mare a fare da sfondo, da 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne a Moby Dick di Herman Melville e Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway; poi quell’amore ce lo siamo portato dietro anche al cinema, con la parte più spaventosa delle onde ad ammaliarci, ovvero la loro capacità di nascondere chissà quali mostruosità.

Diciamo subito che Under the Waves è più vicino ai romanzi d’avventura, infatti non è per nulla un gioco horror e non vuole minimamente spaventare proponendoci incontri ravvicinati con creature leggendarie come il Kraken o il Megalodonte. Il gioco in questione è un viaggio introspettivo nel dolore della natura e di un uomo.

Sotto le onde per dimenticare

Stanley Moray è un uomo che ha subito un trauma terribile, ha dovuto vivere sulla sua pelle ciò che non si augurerebbe neanche al proprio peggior nemico. Decide così di lasciare tutto e tutti sulla terraferma, compresa sua moglie Emma, per affogare i ricordi nel profondo blu. Stan, infatti, ha trovato un’opportunità di lavoro presso la UniTrench, un’azienda che si occupa di trivellazioni sottomarine, nel settore della manutenzione offshore. Il suo lavoro è, tutto sommato, semplice: ripulire i fondali e riparare eventuali perdite.

Gli è stato concesso un modulo abitativo con i comfort di base -un computer, un letto, una cucina – e un abitacolo per esplorare l’oceano in sicurezza, il Moon, un sottomarino a misura d’uomo. Il lavoro procede in modo abitudinario giorno dopo giorno, ma la mente di Stan è ancora lì, sulla terraferma, a quel terribile giorno. Durante la notte gli incubi si fanno sempre più martellanti, e se questo non bastasse, una forte tempesta è in arrivo.

E poi, questa compagnia, la UniTrench, è davvero ciò che di dice di essere? La verità è nascosta nelle acque più profonde.

Abbiamo parlato di sistema a bivi nell’introduzione, ebbene, Under the Waves non è quel tipo di avventura narrativa. Il gioco di Parallel Studio si discosta dalle opere del suo publisher proponendo un titolo story-driven che presenta un gameplay abbastanza classico, non alimentato dai QTE, e un percorso narrativo già tracciato dagli sviluppatori, senza possibilità di modificarne il corso, se non per il finale, unico caso in cui è prevista una scelta.

La storia di Under the Waves è ricca di emozioni forti. Parte lentamente per poi esplodere lasciando il giocatore in balia delle onde emotive che, in molti casi, durante l’avventura, sapranno fare davvero male. Il tema ambientalista è senza dubbio centrale nell’intreccio, ma lo è in punta di piedi, non ci sono fini moralistici che, alla lunga, potrebbero stuccare anche i più sensibili ai temi ecologici. L’ambientalismo di Under the Waves è perlopiù un’aura che circonda il soggetto principale del gioco: il dolore dell’uomo che non riesce a lasciar andare il passato, stringendolo a sé, facendosi così ancora più male.

Parallel Studio è stato in grado di trattare il tema dell’accettazione del lutto in modo intimista e delicato, e ciò si deve anche a una grandissima interpretazione dell’attore che interpreta Stanley nel motion capture, Damien Robert, un vero e proprio one man show, visto che ci sono solo altri due personaggi centrali nel gioco, Emma e il collega Tim, ma entrambi sono solo doppiati. Di spessore anche il doppiaggio inglese che nel caso di Stan è stato effettuato da Ben Lambert. Ciò che amplifica la sensazione di immersione in una storia di frustrazione e profonda tristezza è la musica, composta da Nicolas Bredin. Le musiche sono davvero belle, abbiamo poco da aggiungere.

È dal punto di vista estetico/tecnico che inizia a vedersi qualche tremolio: le poche sequenze in CGI sono di ottimo livello visivo, mentre la grafica in game è abbastanza simile ai progetti che portano il marchio di Telltale, con un’estetica tendente al cel-shading tipica dei prodotti AA. In linea generale, Under the Waves è piacevole da guardare, tuttavia non sempre la resa visiva di ciò che si trova nell’oceano è soddisfacente, a causa di dettagli non sempre “ultra level” negli scenari sottomarini, che invece aumentano quando si entra in strutture chiuse.

Anche la fauna marina risulta poco appariscente, e quasi mai dalla nostra bocca è uscito un sincero ‘wow’ (se non quando abbiamo avvistato una megattera). Dobbiamo far presente poi un’instabilità del frame rate che in alcune zone scende tantissimo, arrivando quasi al freeze. Con una patch correttiva, il problema si risolve velocemente.

Il lavoro di un manutentore offshore

All’atto pratico, in Under the Waves si esplora la mappa marina messa portando a termine attività di vario genere e completando missioni. Il lavoro di Stan è di manutentore, pertanto il suo compito è tenere puliti i fondali e riparare ciò che non funziona negli impianti della UniTrench, tra cui serbatoi, ecogeneratori di O2 e antenne di trasmissione. La progressione risulta molto rigida soprattutto nelle prime due-tre ore, in cui le missioni sono ancora semplici e brevi. Si comincia la giornata, si prendono in carico le missioni da Tim via radio, si esce dal modulo e si entra in Moon, il nostro sottomarino personale. Una volta finito il turno si torna nel modulo e si va a letto.

Quando poi il gioco si apre di più proponendo missioni principali più lunghe e complesse, questa routine si spezza un po’, ma rimane comunque invariata per tutto l’arco dell’avventura che dura circa 8 ore, le quali diventano 10/12 se si vuole completare tutto.

I capitoli si dividono in missioni principali e missioni di routine, con le seconde ad essere, in teoria, delle secondarie. Diciamo in teoria perché in realtà sono proprio queste a far iniziare la giornata e a sbloccare quelle principali. Stan infatti esce per lavorare, effettuando le missioni di routine, dopodiché si sblocca un evento di trama che fa avanzare la storia. Le missioni di routine prevedono la raccolta di plastica, metalli e altri materiali che galleggiano nella distesa marina o la riparazione di strutture più o meno grandi tramite l’interazione con valvole, leve e pulsanti.

La raccolta dei materiali, tuttavia, non ha solo scopi ambientalisti, bensì un fine pratico e di gameplay: il crafting. Tutto ciò che raccogliamo è una risorsa e può essere trasformato in strumenti e potenziamenti nella stazioncina che si trova nel modulo abitativo. Strumenti e miglioramenti si applicano fondamentalmente agli elementi survival che il gioco possiede. Questi sono pensati per i novizi – Under the Waves non è Subnautica giocato in modalità sopravvivenza – ma sono comunque in grado di offrire una buona variazione al gameplay classico di uno story-driven.

In Under the Waves dobbiamo stare attenti al livello di ossigeno quando saremo fuori dal Moon, all’integrità del veicolo e al carburante che si consuma solo se utilizziamo il boost all’accelerazione. Nel primo caso, è necessario avere una scorta di cilindri di ossigeno, per riparare il Moon invece abbiamo bisogno di kit di riparazione, e per poter sprintare nuovamente in caso di carburante esaurito delle taniche faranno al caso nostro.

Nelle 10 ore che abbiamo giocato, non abbiamo mai sentito la pressione dei consumabili in esaurimento. Di materiali per craftarne ne è pieno l’oceano, i cilindri si trovano in quantità nelle missioni principali e il potenziamento a esso legato aumenta tantissimo la riserva disponibile, il veicolo difficilmente si romperà a meno che non siate sbadati a livelli inarrivabili da altro essere umano e l’accelerazione non è così fondamentale visto che, di fatto, nessuno mai ci correrà dietro.

Il giocatore non è praticamente mai in pericolo, siamo soli, la stessa fauna non si rivelerà mai ostile (se non per un particolare “nemico” presente per ragioni di trama, comunque facilmente aggirabile); il viaggio di Stan è più introspettivo che altro. Il vero pericolo è la sua mente. E infatti, tra un capitolo e l’altro, durante la notte, Stan avrà degli incubi. Questi sono giocabili e in tali sequenze il gioco assumerà dei risvolti da thriller psicologico.

Se c’è una cosa davvero riuscitissima in Under the Waves è senza dubbio la sensazione di essere soli in uno spazio sterminato e di pressione in grado di schiacciarci quando più si scende in profondità ad esplorare spazi angusti. Se soffrite di talassofobia, non è il gioco per voi.

Missioni fotografiche e relitti da razziare

Oltre alle missioni di storia, Under the Waves prevede altre attività. La maggior parte di esse richiedono di collezionare cose che si trovano in fondo al mare, come gli schemi che servono a sbloccare i potenziamenti. Le attività più interessanti sono i relitti e le missioni fotografiche. Durante l’esplorazione, ci si può imbattere in sottomarini, battelli e imbarcazioni distrutti al cui interno è possibile trovare grandi quantità di risorse e oggetti da collezione.

Le missioni fotografiche invece prevedono uno scatto abbastanza chiaro e ravvicinato di alcune tipologie di animali marini. Purtroppo, le missioni fotografiche sono davvero poche perché la fauna di Under the Waves non è così ampia come ci si potrebbe aspettare.

È palese che l’esplorazione marina sia un espediente narrativo e una metafora dello stato d’animo di Stan, però in un videogioco che si basa totalmente sullo scandagliare l’oceano ci saremmo attesi una maggiore attività della fauna e un maggior numero di specie, invece, una volta visti gli squali azzurri, la balenottera e l’orca, l’entusiasmo di esaurisce un po’. Per dire, in Abzu c’era più attività marina.

Commento finale

Under the Waves è il primo gioco pubblicato da Spotlight by Quantic Dream, e possiamo dirlo: buona la prima. È un bel prodotto che va giocato soprattutto per la componente narrativa ricca di emozioni forti e un sonoro d’effetto che amplifica tutto. Dal punto di vista ludico, il titolo soffre per una progressione, soprattutto all’inizio, troppo rigida che, però, cambia ritmo in particolar modo nelle missioni principali che si fanno via via più intense e complesse. L’esplorazione marina è affascinante anche se ci saremmo aspettati più attività della fauna marina e una sua maggiore diversificazione. La sensazione di essere soli in mezzo all’oceano e l’incertezza per l’ignoto sono ben ricreate, mentre i risvolti da thriller psicologico di alcune sequenze si sono rivelati una bella sorpresa.

This post was published on 31 Agosto 2023 15:42

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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