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Recensioni

The London Case | Recensione: Un altro caso per Hercule Poirot (PS5)

Dopo The First Cases, un Hercule Poirot ancora più spavaldo sulle proprie doti investigative torna a far funzionare le sue cellule grigie in trasferta a Londra. Blazing Griffin e Microids confezionano l’ennesimo caso che necessita delle capacità fuori dal comune del detective belga. Gli appassionati di videogiochi investigativi ormai hanno due punti di riferimento ben precisi che vengono dalla letteratura: Frogwares che porta su PC e console le avventure di Sherlock Holmes e Microids che sta dando, da publisher, nuova linfa al personaggio creato dalla penna di Agatha Christie, Hercule Poirot.

The London Case non vuole stravolgere nulla, bensì rimanere in linea con le produzioni precedenti, per offrire agli amanti della letteratura gialla giochi d’atmosfera votati alla narrativa e una buona trasposizione videoludica della figura di Poirot. Vediamo com’è andata nella nostra recensione.

La Maddalena Penitente

Un quadro di inestimabile valore, La Maddalena Penitente, sta viaggiando a bordo di una nave dal Belgio in direzione Londra per essere esposta alla Royal Edward Gallery per essere l’attrazione principale di una mostra che si terrà nella capitale britannica. A sorvegliarla è stato chiamato ovviamente lui, Hercule Poirot, la mente più brillante di tutto il Belgio. Il viaggio in compagnia di altre personalità invitate alla mostra riceve i primi scossoni a causa del furto di un portasigarette, un caso di poco conto per Poirot, ma che merita comunque la sua attenzione (anche perché ci fa da tutorial).

Tuttavia, il dipinto raggiunge sano e salvo la galleria d’arte senza particolari problemi. Ma è proprio lì, dove nessuno agirebbe con così tanto ardire, che La Maddalena Penitente scompare. Gli indiziati sono tutti i presenti, figure di spicco dell’alta società, apparentemente senza macchia, in realtà ben lontane dall’essere intoccabili dalle indagini di Poirot. Ognuno di loro nasconde dei segreti, mentre il caso di Londra si complica a causa di un omicidio probabilmente collegato al furto.

Gli ingredienti ci sono tutti: un misfatto avvenuto sotto gli occhi di tutti, una soluzione che sembra troppo ovvia e che solo una mente superiore come quella di Poirot può smontare, rimontare e capovolgere per arrivare alla verità, una serie di personaggi dalla diversa personalità che si muovono intorno alla vicenda invitandoci a credere di essere al di sopra di ogni sospetto. Il giallo è servito.

Ed è proprio questo il bello dei titoli dedicati alla figura di Poirot pubblicati da Microids: sono fedelissimi al materiale originale, ovvero alle storie scritte da Agatha Christie. L’atmosfera è sempre quella giusta, con il giocatore che si ritrova nel bel mezzo di un romanzo giallo interattivo o di una partita a Cluedo. L’attrice, il vescovo, la giornalista, il politicante, chi sarà mai il colpevole? E come ha fatto a non destare sospetti in uno spazio così ristretto davanti a decine di occhi pronti a cogliere ogni movimento?

I titoli della serie sono in grado di farci venire mille dubbi, di farci sospettare di chiunque e di voler arrivare alla fine per capire se le nostre supposizioni fossero giuste sin dall’inizio. La struttura, pertanto, riprende in modo quasi impeccabile quella dei libri proponendo una versione alternativa alla carta stampata di seguire le storie di Agatha Christie. Peccato che questa cura vada a sbattere contro una qualità tecnica non altissima che in alcune occasioni va un po’ a depotenziare l’atmosfera. I giochi di questo tipo non si sono mai avvalsi di una grafica incredibile, non puntano su quello, però The London Case avrebbe potuto migliorare la sua messa in scena con una maggiore attenzione a certi dettagli.

Le ambientazioni passano dall’essere piacevoli e con un buon livello di dettaglio ad essere scarne e poco rifinite, ma ciò che maggiormente abbassa il coinvolgimento è la qualità mediocre dei modelli dei personaggi e, soprattutto, delle animazioni, davvero bruttine. Non pochi i casi in cui non è presente nemmeno il movimento delle labbra durante un dialogo. Il doppiaggio inglese (ci sono i sottotitoli in italiano), tra l’altro, è di buon livello, quindi doppio peccato.

Un investigativo accessibile a tutti

Difficilmente gli investigativi, a parte rari casi come potrebbe essere un Return of the Obra Dinn, chiedono al giocatore di diventare davvero dei detective e di sforzarsi oltremisura per trovare la soluzione. Spesso e volentieri, questi sono particolarmente narrativi, anche se la possibilità di sbagliare dona maggiore immedesimazione nei panni dell’investigatore di turno. Nei giochi con Sherlock Holmes – a parte l’ultimo, il remake di The Awakened – è possibile sbagliare, ad esempio, il collegamento tra due indizi e prendere un abbaglio nella scelta finale del colpevole.

Nei giochi legati alla figura di Poirot, invece, questo non avviene. The London Case, forse anche per dare al giocatore la maggiore percezione di essere all’interno di un giallo già fatto e finito, e per una mera questione di veridicità della figura dell’investigatore belga che, a conti fatti, non sbaglia mai, è un titolo puramente narrativo.

Da questo punto di vista, The London Case è un investigativo accessibile a tutti, perché richiede, sì, di ragionare, tuttavia se il ragionamento dovesse rivelarsi fallace non ci sarebbero conseguenze negative sul prosieguo della storia né alcun tipo di malus. Il videogioco in questione è a tutti gli effetti un’avventura grafica in terza persona in cui il nostro compito è esplorare le ambientazioni raccogliendo indizi e parlare con tutti i personaggi alla ricerca di risposte rivelatrici. Il ritmo di The London Case è abbastanza serrato proprio perché non è possibile sbagliare, e se si sbaglia sarà lo stesso Poirot a farcelo presente offrendoci infiniti tentativi.

Il gioco si termina in circa 4 ore durante le quali saremo impegnati a toccare tutto ciò che verrà evidenziato come interattivo da un’icona ben visibile e parlare con i personaggi al fine di sbloccare deduzioni da riordinare nella mappa mentale. Questa è rappresentata da un menu molto intuitivo in cui Poirot inserisce tutte le supposizioni, gli indizi e le ipotesi fino a quel momento raccolte. Ogniqualvolta si inizia una scena del crimine, si sbloccherà una mappa mentale collegata a quella specifica scena. Il nostro obiettivo è collegare gli indizi in modo che formino una deduzione basata sulla logica, fino a creare una vera e propria rete che porti a una conclusione dell’indagine.

Come detto precedentemente, non è possibile fare collegamenti sbagliati anche se al giocatore possono sembrare perfettamente logici. La soluzione è sempre e solo una e non può essere mancata. Non esistono piste da seguire, o almeno, non è possibile seguire piste alternative generatesi dalle scelte del giocatore: il percorso è univoco.

Rispetto a The First Cases, sono state aggiunte alcune dinamiche nuove apprezzabili anche se queste potevano essere sviluppate in modo più ampio. In The London Case è possibile raccogliere gli oggetti e avere un inventario prontamente richiamabile: gli oggetti non possono essere usati su qualsiasi cosa nel tentativo di risolvere una situazione di impasse, il gioco è narrativo anche in questo senso. Solo quando vicino alla voce Interagisci appare il comando Usa, il giocatore potrà utilizzare un oggetto; questa opzione di interazione sarà visibile sempre e solo quando avremo effettivamente l’oggetto a disposizione. Cosa che rende quasi impossibile avere dubbi sul da farsi.

In questo seguito, c’è inoltre una maggiore presenza di puzzle che chiedono il ritrovamento di password o di codici per aprire cassetti chiusi e casseforti. Per trovare tutto il necessario basterà parlare sempre con tutti e interagire con tutto. Mettiamola così: in The London Case viene premiato molto l’essere compulsivi e il voler toccare ogni cosa, e considerando che gli ambienti non sono grandissimi, vien da sé che non ci si mette neanche tanto a farlo. Tornando proprio sugli ambienti, poi, ci viene un dubbio: perché non sfruttare maggiormente la città di Londra? Ci si muove sempre in spazi chiusi, mentre le strade di Londra non si vedono praticamente mai. Non volevamo un open map, ma l’atmosfera ne avrebbe giovato tantissimo se Londra fosse stata più al centro delle investigazioni.

Un’altra aggiunta molto gradevole è la presenza di un personaggio di supporto, sulla falsariga di Watson nei giochi con Sherlock Holmes. A dare manforte a Poirot c’è Arthur Hastings, compagno di molte avventure dell’investigatore anche nei romanzi. Pensavamo di poterlo controllare, invece non è contemplato. Hastings serve “solo” a sbloccare ulteriori filoni d’indagine e permettere al giocatore di chiarire alcuni aspetti. L’unico modo per farlo partecipare è parlarci, cosa che in alcuni punti dell’avventura sarà obbligatorio per andare avanti. Avremmo preferito una partecipazione più attiva.

Commento finale

Agatha Christie – Hercule Poirot: The London Case è un buon gioco investigativo in linea con le produzioni del genere. Ciò che catturerà maggiormente l’attenzione degli appassionati è la fedeltà all’atmosfera, alla struttura e alle dinamiche che danno vita alle storie della scrittrice britannica. Il gioco poteva essere curato un po’ di più dal punto di vista tecnico, in particolar modo le animazioni, ma la messa in scena risulta comunque convincente e affascinante. The London Case è un titolo narrativo, profondamente guidato, pertanto chi vuole un grado di sfida alto non verrà accontentato, chi invece cerca semplicemente una storia del mistero interattiva può farci più di un pensierino.

This post was published on 29 Agosto 2023 18:38

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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