Uno dei ricordi più cari che ho è il primissimo approccio con il primo Crazy Taxi all’interno di una pizzeria, chissà quanti anni fa. C’erano ancora i cabinati, le pizze avevano quell’odore fortissimo di buon pomodoro e mozzarella e non sono sicuro ci fossero già gli euro in circolazione. A guardare il cabinato di Crazy Taxi, con i suoi colori sgargianti, la sua velocità e la giocosità delle situazioni proposte era davvero facile cadere in tentazione e acquistare qualche gettone per provare il titolo.
Sensazioni del genere non sono facilissime da ritrovare all’interno dei videogiochi, almeno da una ventina d’anni a questa parte. Le motivazioni sono principalmente di carattere commerciale ma sono anche legate a una progressiva maturazione del medium: si è passati da una fruizione da gettone a gettone a una fruizione di acquisto in acquisto; il valore del videogioco può anche non passare attraverso il mero colpo d’occhio, bensì può impiegare molto più tempo per sedimentarsi grazie alla nascita di prodotti più strutturati (ma anche più guidati).
Ci sono stati, però, episodi in cui scartabellando qua e là mi è stato possibile riprovare quella sensazione. Ci sono prodotti che, allo sguardo, ti accendono nell’animo quelle lampadine un po’ polverose che è sempre molto difficile vedere accese. È accaduto recentemente con Hi-Fi Rush, è accaduto diversi anni fa con una copia di Jet Set Radio messa in sconto su Steam.
La saga di Jet Set Radio, orfana di nuovi capitoli dal 2002, ha visto qualche figliastro sparso in giro: dal meraviglioso Zineth (un videogioco indie vero, di quelli senza distribuzione con dei developer dalla tagline semplice come make games u wish 2 see on the dreamcast ) al recente ma imperfetto Hover: Revolt Of Gamers (Jet Set Radio in versione Isekai per capirci).
Fin dal primo trailer comparso su Twitter, BRC o Bomb Rush Cyberfunk per gli amici sembrava inserirsi esattamente in questo filone. L’annuncio di una collaborazione ufficiale tra la software house Europea Studio Reptile (già nota ai più per il divertentissimo Lethal League) e il compositore Hideki Naganuma ha rappresentato poi il perfetto punto d’incontro tra i desideri dei fan e le possibilità reali degli sviluppatori.
Come si comporta quindi, pad alla mano, un gioco dal titolo roboante come Bomb Rush Cyberfunk? Andiamo a scoprirlo in questa recensione, senza nascondere che chi scrive aspettava il titolo con grande frenesia sin dai primi frame comparsi sui vari social.
Sapete cosa è bello del 2023? Disporre di Internet per rispondere a domande che altrimenti tormentano da un numero imprecisato di anni. Una di queste, che (come direbbero gli anglofoni) vivono rent free nel cranio di chi scrive, è rappresentata da un dilemma di categorizzazione: ma che nome diamo a quest’estetica?
Ecco: Bomb Rush Cyberfunk è ufficialmente un videogioco shibuya-punk, almeno secondo le indicazioni e i suggerimenti di aesthethics wiki (sempre sia lodata). Colori contrastanti e vivacissimi aiutano a dipingere ambientazioni urbane in cui le controculture degli anni Ottanta e Novanta si incontrano e scontrano, promulgando messaggi di individualismo, anarchia, anti capitalismo e importanza della libertà di espressione.
Basta superare i primi dieci minuti di tutorial per capire come Team Reptile abbia effettivamente non solo capito la lezione di JSR e delle tematiche portate avanti dall’estetica, ma l’abbia padroneggiata in giusta maniera.
New Amsterdam, proprio come Tokio-To è un luogo vivace e frizzante, dove le espressioni culturali (moda, musica, cinema, arti visive) hanno una forza infinitamente più importante del cemento che soffoca la popolazione.
Il mondo di gioco, rappresentato da una serie di mappe aperte interconnesse, è terribilmente fascinoso e, per quanto alle volte molto debitore del padre putativo di casa SEGA, trasla con tanti tocchi di classe le architetture e le visioni eurocentriche di Amsterdam nel caos del crocevia del sol levante.
Grandissima cura è stata poi riposta nella caratterizzazione visiva dei personaggi presenti all’interno del mondo di gioco. Non soltanto i personaggi principali, rappresentati da Red e la crew dietro Bomb Rush quanto anche da tutte le gang rivali, in grado di rappresentare questa o quell’estetica: dal transumanesimo fashion dei DOT.EXE alla corsa verso il futuro dei FUTURISM dell’antagonista del gioco, passando poi per gli stili degli NPC che popolano New Amsterdam.
Avete mai visto dei semplici passanti andare in giro con gilet nero e balaclava verde? Nel gioco è qualcosa che si vede molto spesso ed è anche un perfetto esempio di stile al servizio dell’estetica.
La più grande sorpresa del titolo è senza dubbio rappresentata dal comparto narrativo. Bomb Rush Cyberfunk è una storia di crew che si sfidano a colpi di graffiti, tricks e salti sui corrimano, ma è anche un percorso alla ricerca dell’identità , sia essa culturale che personale.
Durante il tutorial infatti ci troviamo a vestire i panni di Faux, uno dei tre migliori writer di tutta New Amsterdam imprigionato dentro una stazione di polizia. Nel corso della fuga il nostro biondino, aiutato nella pratica dal writer emergente Bryce, viene velocemente decapitato da un vinile lanciato da quello che scopriremo poi (5 minuti dopo) essere uno dei suoi migliori amici: Dr. Cyber, capitano della più potente crew del momento e altro elemento storico della scena di New Amsterdam.
Se normalmente alla decapitazione associamo il concetto di funerale, in Bomb Rush Cyberfunk tutto ciò viene declinato diversamente.
Il corpo di Faux, recuperato prontamente, viene salvato attraverso… una robotesta di colore rosso. Nasce così il nostro protagonista Red e con lui inizia un percorso tra incubi lisercigi, salti incredibili, personaggi affascinanti, culto del passato e tensione verso il futuro.
Durante le dieci ore che compongono l’avventura (se ci si incarognisce a fare quanti più graffiti possibili esplorando bene; gli speedrunner sicuramente ci metteranno meno di quanto ci abbiamo impiegato noi) Bomb Rush Cyberfunk tocca in maniera ravvicinata diversi temi interessanti: dal concetto di identità personale alle declinazioni che la cultura può avere in un futuro distopico. Nel fare questo non ha paura di accarezzare altri lidi: dalle controculture alla malata nostalgia per il passato, con tanto altro in mezzo.
C’è il rischio concreto che in futuro sentiremo ancora e ancora parlare di alcuni dei personaggi che abitano New Amsterdam, così come oggi sentiamo alle volte parlare di Beat o di Dj Professor K.
Uno dei piatti senza dubbio più interessanti di tutto il pacchetto Bomb Rush Cyberfunk è dato dal suo comparto visivo. Il progetto estetico che sta dietro il titolo di Team Reptile è imponente e di una solidità senza precedenti, nonostante non lo si possa certo lodare per l’originalità (le somiglianze con il videogioco di Smilebit sono nette, tanto nel character design quanto nelle scelte visive).
La software house dietro lo sviluppo del gioco ha dato il meglio di sé nella costruzione di un progetto estetico estremamente affascinante. Possiamo provare a riassumere lo stile di Bomb Rush Cyberfunk (e di conseguenza quello di Jet Set Radio) come una crasi tra la fascinazione per il futuro governato dalla tecnologia dello stile Y2K (con l’esplosione di colori) e l’importanza dell’espressione personale legata più al sottobosco hip hop/graffiti/Harakuju Fashion.
È proprio quest’ultimo termine a essere il più interessante, poiché legato a doppio filo con tutto un mondo culturale completamente nipponico per cui servirebbero dieci articoli da 3000 parole per parlarne anche soltanto parzialmente. Prendete l’ipercapitalismo post boom economico giapponese degli anni Ottanta e declinatelo in maniera incredibilmente proficua grazie alla rabbia dei giovani tokyoti che si sono visti il futuro svanire sotto le mani in seguito alle bolle immobiliari del 1991. L’Harakuju Fashion è quindi un’esplosione di colori e dettagli, emblema della sicurezza data da infinite disponibilità economiche, ma al tempo stesso specchio del disorientamento dei ragazzi di quella generazione, alla ricerca di un’identità in un mondo senza un futuro promesso, qualcosa che a rileggere nel 2023 fa più male del previsto.
Da un punto di vista prettamente tecnico tutto questo viene comunicato in una maniera efficace grazie all’utilizzo di una grafica cel-shaded super colorata e vivida, con uno stile estremamente stilizzato ma progettato con grande cura, sia in termini di forme che di colori. La combinazione di queste due decisioni è ciò che rende il mondo di BRC affascinante a più non posso ed è plausibilmente ciò che traghetterà questo videogioco verso lo stato di gioco di culto, esattamente come è accaduto per il suo patrigno.
Su livelli di capolavoro totale anche la colonna sonora, anche questa su livelli di assoluta e totale follia qualitativa.
Musicalmente parlando, infatti, parliamo di un OST addirittura migliore della leggendaria OST di JSR, complice anche uno sguardo attento al presente e al futuro della musica, con scelte ritmiche e timbriche che vent’anni fa non erano nemmeno nel più sconosciuto dei sottoboschi.
In generale viaggiamo sempre su suoni funkeggianti ed elettronici, con la commistione di big beat, electro funk, hip hop, rap, turntablism e chi più ne ha più ne metta. In questo Bomb Rush Cyberfunk si sentono però anche le mani lunghe della trap, o anche suoni elettronici derivanti dal progressivo amore dell’universo hip-hop per tutto un certo modo di concepire l’elettronica tra glitch e distorsioni.
Nonostante l’eclettismo, Bomb Rush Cyberfunk è dotato di una fortissima identità urban che lascia talvolta il passo a inflessioni più riflessive, specie nei brani più elettronici o negli intermezzi, che fanno anche gli occhi dolci a certo lo-fi hip hop. Nella stragrande maggioranza dei casi parliamo di canzoni con BPM ben altini, che combinati con grande maestria con chopped vocals o sample funky riescono a creare brani particolarmente ballabili che non stonerebbero in nessuna discoteca (di quelle dai buoni gusti musicali, per capirci).
L’originalità di molti pezzi, inoltre, la si deve alla scelta di legarsi a doppia mandata con alcuni stilemi musicali propri dello shibuya kei, genere musicale giapponese che mescola le melodie incredibilmente efficaci delle grandi produzioni easy listening americo-europee a folgorazioni jazz e sonorità elettroniche. La colonna sonora vive di vita propria anche senza il gioco, ma con quest’ultimo assume ancora più valore, musicando con incredibile capacità le avventure del videogiocatore.
Finora non abbiamo fatto altro che parlare molto bene di aspetto estetico, musicale e narrativo senza però andare a inquadrare in alcun modo il cuore dell’esperienza. Il gameplay di Bomb Rush Cyberfunk si può classificare all’interno di un particolare non-genere: quello dello sportivo esperienziale mischiato col platform.
Definizioni strane ma che ci aiutano nell’introdurre una serie di concetti; prendiamo lo skating game per eccellenza, ovvero Tony Hawk Pro Skater, e vediamo che il suo impatto ludico è fortemente incentrato sulla competizione.
Le sfide chiedono al giocatore di ottenere sempre più punteggio eseguendo manovre sempre più difficili o dalla complessità esecutiva sempre maggiore. Le punizioni nei confronti del giocatore non mancano: non riallinearsi con il pavimento durante un salto o un half-pipe significa grattugiarsi il collo sull’asfalto, perdendo la combo e il tempo.
Bomb Rush Cyberfunk, nonostante la presenza di punteggi, è estremamente più improntato sull’offrire un’esperienza ideale di “andare in giro per la città a fare i graffiti mentre si vola sullo skateboard”.
Non ci sono penitenze in caso di salti mal calcolati, come non c’è nemmeno una barra dell’equilibrio da gestire durante i grind; interrompere una combo è molto più difficile che in Tony Hawk o Skate poiché il manual o gli slide, i trick collante per eccellenza, sono semplicissimi da fare e ancora più semplici da gestire proprio per la non dipendenza dall’equilibrio.
Il core gameplay, quindi, prevede che lo skateboard sia soltanto una maniera per eseguire determinate manovre di movimento e che i livello siano pensati con al centro un’esperienza da platform. L’avanzamento, in questo caso, è legato a doppio filo con l’esplorazione certosina dei livelli attraverso la raccolta di punti reputazione, questi direttamente collegati ai graffiti da eseguire in giro. Per poter marcare il territorio sarà necessario raggiungere determinati spot (ben evidenziati dall’interfaccia di gioco) e portare a termine un simpatico minigioco; in base all’ordine con il quale si sono collegati i vertici di un poligono si avrà la possibilità di eseguire questo o quell’altro graffito. Il book si potrà progressivamente arricchire attraverso il ritrovamento di schizzi e bozzetti, questi nascosti in maniera certosina nei livelli o ottenibili dopo aver completato determinate sfide secondarie, proprio come accade per i brani musicali.
Tutto questo viene gestito in maniera mediamente molto buona da un level design ben realizzato, con mappe costruite in modo da offrire sfide interessanti per tutte le tipologie di giocatori. Il nostro protagonista, oltra ai canonici salti e grind, avrà modo anche di eseguire un singolo scatto aereo per salto e potrà utilizzare un turbo ricaricabile attraverso risorse rintracciabili in giro per la mappa o concatenando trick su trick. Dopo aver raggiunto un determinato numero di graffiti in una zona sarà possibile confrontarsi con la crew che domina il posto, facendosi giudicare dalla crew OLDHEADS (i cui membri si chiamano con i nomi dei generi primigeni dello stile hip hop, cosa carinissima).
Il sistema di controllo asseconda perfettamente le sfide poste dal level design, dando al giocatore il giusto spazio di manovra e le giuste facilitazioni per allontanare quanto più possibile l’insorgere della frustrazione. Le novità rispetto a JSR sono ben ragionate e implementate alla perfezione, con un risultato finale estremamente gradevole almeno finché non si parla di… combat system!
Arriviamo quindi alla sezione conclusiva di questa recensione, quella in cui ci lamentiamo delle (poche) cose che non hanno funzionato a dovere. Tra queste è impossibile non citare il combat system, elemento che suona abbastanza bizzarro in un platform con lo skate di mezzo.
New Amsterdam è piena di polizia e questa è legata in maniera molto interessante al costrutto narrativo del gioco. A forza di taggare pareti e grindare su corrimano non faremo altro che richiamare l’attenzione dei piedi piatti sulle nostre tracce, costringendoci a scendere dallo skate per mettere le cose in chiaro.
Di per sé l’idea non è malvagissima: i trick, sia a piedi che sullo skate, possono essere utilizzati per danneggiare i poliziotti e per scacciarli via; quello che non convince è il feeling degli attacchi concatenati e la finestra ristrettissima per eseguire la finisher utilizzando la bomboletta spray.
A causa di queste sviste il sistema di combattimento non sembra sfruttare tutte le potenzialità offerte dal movimento del protagonista, senza contare la frustrazione che si genera durante alcune bossfight, dovuta all’impossibilità di stunlocckare con delle combo decenti l’avversario.
A questo bisogna poi aggiungere un ritmo della narrazione molto lento nelle prime fasi, che rischia di dare noia ai giocatori meno interessati all’estetica o alle idee proposte; fortunatamente parliamo comunque di un videogioco in cui narrativa e cutscene sono un’esigua minoranza del pacchetto e pertanto hanno un peso quasi nullo sulla nostra valutazione dell’esperienza.
Bomb Rush Cyberfunk è una dichiarazione d’amore verso un certo modo di intendere i videogiochi, di coltivare l’estetica, di cercare il bello nel mondo. Animato da una narrativa molto più solida di quanto ci si potesse aspettare e forte di un gusto sconfinato dal punto di vista musicale, Team Reptile è riuscito nel confezionare il suo prodotto migliore e il miglior epigone delle avventure di Smilebit. Nonostante qualche stortura, tra ritmi e combattimenti, Bomb Rush Cyberfunk è uno dei giochi più interessanti del 2023 ed è un prodotto imperdibile per chi ha nostalgia per le atmosefre e le emozioni della sesta generazione videoludica; tutti gli altri troveranno davanti a loro un gioco solidissimo, molto divertente e dal grandissimo senso del bello.
This post was published on 19 Agosto 2023 20:00
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