La satira, la critica al potente, più è pungente e vera, più è funzionale.
Quando si parla di satira, un esempio mi riempie sempre la mente: era il 54 d.C. e a Roma l’imperatore Divo Claudio era appena deceduto, probabilmente avvelenato da Agrippina. Il suo successore sarebbe stato Nerone, un nome che per Roma ha significato tanto di negativo.
Come riporta Tacito, era usanza del tempo scrivere la cosiddetta “laudatio funebris”. Si trattava di una vera e propria lettera istituzionale, con una forma perfettamente scandita, che il nuovo imperatore dedicava alla memoria dell’imperatore uscente. Tuttavia, Nerone al tempo aveva poco più che 16 anni. A occuparsi della Laudatio Funebris dunque, fu il suo precettore del tempo, Lucio Anneo Seneca, ritornato a Roma dopo aver scontato la pena dell’esilio, attuata proprio da Claudio (anche se voluta da Caligola, il precedente imperatore).
E come si può ben immaginare, Seneca non aveva tanto in simpatia Claudio, non solo per l’esilio ma per il fare fin troppo pomposo e sferzante, nonché per la pretesa di tributi, ingiustificata a dire del filosofo. Ed è da queste premesse che nasce una delle opere più dissonanti nella produzione senecana: l’Apokolokýntosis (Ἀποκολοκύντωσις).
Quasi impossibile da tradurre letteralmente, si tratta niente più niente meno, che un’invettiva verso l’esimio Claudio, sotto forma di satira menippea. In quest’opera, Claudio viene descritto come un borioso zuccone, termine usato non a caso, dato che kolokynte (κολοκύνθη) significa proprio zucca, usata come elemento simbolico di stupidità.
Claudio muore e si trova al cospetto del tribunale degli dei. Qui l’ex imperatore si presenterà come un uomo da poco, un “quasi homo” come lo definisce Seneca, che lo descrive come un inetto che cita Omero a sproposito e che non si rende nemmeno conto di essere morto, finché non assiste al suo stesso funerale al fianco di Ercole. E come se non bastasse, Seneca ne prende in giro le fattezze: zoppo da una gamba, balbuziente, fasullo, una figura sicuramente lontana dall’idea di imperatore socialmente imponente.
Seneca demolisce la figura del potente, coi mezzi che meglio conosce: la scrittura e, in questo caso, la satira.
Modi di sbeffeggiare chi sta più in alto ve ne sono stati diversi, che ogni volta hanno cercato di adattarsi al sistema in vigore al tempo e che, come Seneca, non hanno esitato a distruggere dei dettami, che si trattasse di una semplice lettera dalla formalità divergente o di qualcosa di più… sovversivo.
Basti pensare alle leggende che, tra il XII e il XIII secolo, inondarono la letteratura inglese medievale, in cui si narrava di Robin Hood, un irriverente arciere, il prototipo del ladro gentiluomo che verrà reinterpretato secoli dopo da Monkey Punch nel suo “Lupin III”.
Robin Hood, il principe dei ladri, è una figura che vive nella leggenda, nato da una commistione di realtà ed esagerazione, tra falsi storici come la calzamaglia verde e sentimenti condivisi come la lotta agli “sceriffi” (termine che viene da “Shire Reeve”, praticamente degli esattori delle tasse). Di “Robin Hood” ve n’erano tanti, tanti quante le leggende che esistevano a riguardo e ogni narrazione raccontava di un uomo diverso, che faceva cose diverse, con capacità diverse ma col solo fine di “rubare ai ricchi per dare ai poveri”, concetto che ha permesso alla figura di Robin Hood di trascendere l’umanità, di diventare simbolo.
Simbolo della lotta al potente, al potere costituito, del distacco dal denaro in nome di un ideale. Un anarchico lo definirebbero alcuni. Un pirata, non in senso nautico ma filologico. Un sovversivo che, come tutti i sovversivi di un sistema particolarmente opprimente (come quello Monarchico medievale), ha un fascino intrinseco che permette ai popoli di empatizzare, di riconoscere una morale fondata sulla dignità umana piuttosto che su regolamenti che mutano al mutare delle ere.
La critica al potente, la continua ironia, la satira pungente verso una situazione sociale al limite, sono gli elementi che mi hanno fatto vivere una cotta videoludica di fin’estate, per quel piccolo gioiellino che è En Garde! Il titolo, sviluppato da Fireplace Games, si propone di raccontare un’eroina dal cuore puro, che fronteggerà un prepotente signorotto col complesso del Dio. En Garde è una storia adrenalinica, difficile certo, ma affascinante. E noi vogliamo raccontarvela.
En Garde è uno di quei titoli che fa bene al cuore. La protagonista con cui ci ritroveremo a giocare sarà Adalia De Volador, una spavalda combattente di cappa e spada che, con stocco e schiocco di polso, fronteggia senza paura i lacchè del malvagio Duca di Contea, un signorotto ammantato da smanie di potere, la cui unica giustificazione a tale potere risiede nel denaro, ottenuto dagli opprimenti tributi applicati arbitrariamente alla popolazione.
Nei panni della spadaccina, in una cornice spagnola a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, vivremo rocambolesche avventure. Inseguiti da guardie di ogni tipo, mai fuggiremo e con gran coraggio e purezza d’animo, affronteremo ogni nemico ci si pari davanti. L’obiettivo sarà sventare i piani del Duca, descritto come un intollerante, il cui unico interesse è arricchirsi per ottenere sempre più forza e peso nelle sorti del regno.
Tanti passaggi aiuteranno a definire i caratteri dei vari personaggi, dalla protagonista così pura e rassicurante, vicina agli ultimi, al Duca, borioso insolente, intollerante verso le critiche di ogni tipo, iconoclasta con tutte le rappresentazioni grafiche che lo paragonano a un maiale. Meglio maiale che iconoclasta, direbbero alcuni.
E ancora, spadaccini che, come noi, condividono il nostro sentimento di giustizia, altri che agognano semplicemente il denaro, tra amori espressi con fendenti di spada e ammirazione reciproca con rivali storici. El Vigilante, Zadia, tutti nomi che condiranno la nostra avventura di umanità e passione.
Grande attenzione alla creazione del contesto buffo e grottesco, soprattutto grazie alle decine di fogliettini, manifesti, pagine di diario che si possono trovare in giro. Grazie a questi elementi, sarà possibile conoscere le storie di tanti comprimari, che mai vedremo comparire ma di cui impareremo a conoscere i caratteri, come l’imbranato duo composto da Fugano e Mengano, due amici oltre che compagni d’armi, che tra sbadataggine e goffezza riusciranno a strapparci più di una risata.
Personaggi che saranno solo un’ombra, un nome letto di fretta su un avviso di cattura appeso al muro, come El Ladron De La Sierra. Storie di spadaccini leggendari, come D’Artagnagn e il Gatto con gli Stivali, entrambi contendenti agognati da Adalia.
Personaggi “patetici”, termine da percepire con accezione greca: carichi di pathos, di sentimento, gente normale, proiezione degli ultimi, dei dimenticati, confinati ai margini della socialità. Un racconto che non parla di vincenti, ma di vinti che rialzano la testa. In fondo “senza perdenti, dove sarebbero i vincitori?”.
Tutto bello e affascinante, lotta al potente, satira, risate, ma che gioco è En garde?
Il titolo si potrebbe un adventure game, diviso in quattro episodi che è possibile concludere in circa un’oretta ciascuno, basato sul combattimento all’arma bianca. Di fatto, En garde! potrebbe essere definito un Sekiro-like: si tratta infatti di un gioco in cui la cosa più importante è il tempismo, la velocità d’esecuzione e soprattutto la precisione. Bisognerà pensare in maniera rapida alle scelte da adottare, guardarsi intorno e lasciare che l’istinto di sopravvivenza ci guidi verso la vittoria!
En Garde! propone un sistema di combattimento basato su alcuni punti fondamentali, che bisognerà imparare a menadito per riuscire non solo ad arrivare alla fine del gioco, ma anche soltanto per divertirsi, con un gioco che altrimenti, rischia di diventare frustrante a mai dire.
Armati soltanto di uno stocco, ci ritroveremo a fronteggiare sgangherati nemici di varie tipologie. Ogni tipo di nemico avrà una barra della stamina che dovremo “rompere”, così da renderli vulnerabili ai nostri attacchi. E come fare ad azzerare la barra nemica? Beh, proprio attraverso i parry.
Per chi non fosse pratico del termine, il parry consiste in un movimento che punta non solo a parare il colpo avversario, ma a farlo con un tempismo tale da deflettere il colpo, destabilizzando l’avversario ed esponendolo a una caterva di colpi inaspettati e letali. E il titolo è tutto basato su questo concetto che, proprio come in Sekiro, sarà l’unico modo per riuscire a battere determinati tipi di avversari.
E sempre come in Sekiro, i nemici hanno diverse barre di stamina da consumare. Al consumo di ogni barra, sarà possibile effettuare dei colpi critici. Mentre i nemici base avranno bisogno solitamente di due colpi critici, i boss potrebbero necessitare fino a quattro colpi critici per essere abbattuti.
Grande importanza ricopre la schivata. Se premuto una volta, il tasto della schivata ci farà fare dei passettini, che ricorderanno la schivata di Bloodborne e saranno utili quando ci troveremo ad affrontare nemici sui cui attacchi il parry non ha effetto. Se premeremo il tasto della schivata due volte invece, Adalia farà la classica rotolata; questa tecnica è efficace soprattutto quando ci si trova a combattere orde numerose e agguerrite, così da creare un po’ di spazio per riuscire a fronteggiare un nemico alla volta.
Una volta che la stamina dei nemici verrà ridotta a zero, la barra della vita diventerà arancione e sulla loro testa comparirà il simbolo di uno scudo infranto, segnale che ci fa capire che possiamo iniziare a menare senza troppa paura e che il nemico che ci sta dinnanzi è pronto a cedere.
Parlando di tipologie di nemici, potremmo distinguerli in cinque tipi:
Ci sono poi i boss, uno per ogni scenario, ma per ognuno c’è un discorso a parte. La cosa da sapere è che, ognuno a modo suo, avrà uno stile di combattimento, a volte basato solo sulla spada e sull’individuare tempismi diversi dal solito, altre volte basato sull’inganno e sulla decifrazione di enigmi, altre ancora sul mandarci addosso orde di nemici di ogni tipo.
Uno dei fattori più importanti, nonché divertenti del gioco, è la continua interazione con l’ambiente entro cui ci muoviamo. Non solo per le brevi sezioni platform, utili più a muoverci tra una mini arena e l’altra, ma la possibilità di poter utilizzare quasi ogni oggetto ci sia a schermo.
Avremo la possibilità di tirare calci che solo a volte hanno effetto diretto sui nemici, ma che molto più spesso possono servire per far rotolare barili, casse, spingere tavoli, far cadere fiaccole a terra che innescheranno esplosioni varie, colpi di cannone e quant’altro.
C’è inoltre la possibilità di afferrare vari oggetti che potremo trovare sui tavoli, sulle casse o per terra e ognuno avrà interazioni diverse: da teiere da tirare in faccia ai nemici a pratici secchi da mettere sulle loro teste, da sacchi di sabbia che li accecheranno a lampade che creeranno piccole vampate e che possono servire, come sopra, per generare esplosioni.
E ancora, lampadari da poter schiantare al suolo, gabbie da far dondolare, vasi da far cadere in testa ai nemici, armadietti per armi schiantati sulle schiene dei soldati, anfore piene d’olio che li faranno scivolare, possibilità di colpire un tavolo mentre un nemico vi è sopra per farlo cadere.
In En garde! sarà fondamentale osare, immaginare come usare al meglio i vari orpelli sparsi per le mappe, che si trasformano in veri e propri parchi gioco, in cui potrete saltare e rotolare, inseguiti da orde che non potrete limitarvi ad affrontare di petto, per le quali dovrete elaborare una tattica, capendo quale sia il momento migliore per colpire.
Una volta presa dimestichezza coi comandi, tutto diventerà estremamente divertente e adrenalinico. L’eccitazione di schivare all’ultimo momento o di affrontare più nemici in contemporanea, deflettendo ora l’attacco di uno ora dell’altro, regalerà emozioni soprattutto a chi questo genere di sfide. Un po’ la voglia di giocare a Sekiro m’è tornata.
E proprio riguardo ai comandi, il lavoro fatto è lodevole.
La mappatura pad alla mano, è ottima. Certo, giocandolo da appassionato dei Souls, ogni tanto cercavo di correre col cerchio o di fare parry con L2, ma dopo poco ci si adatta. Alla fin fine le cose fondamentali da fare sono tre: colpire, parare, schivare.
Tre azioni che potremo realizzare rispettivamente con QUADRATO, TRIANGOLO e CERCHIO, prendendo a riferimento un pad per PlayStation. Con L2 avremo la possibilità di sprintare, mentre con L1 combinato a uno dei tre tasti azione, nel momento in cui avremo la barra dell’energia carica, potremo effettuare una delle tre mosse speciali a nostra disposizione, utili sia in fase offensiva che difensiva.
La scelta di comandi così immediati rende molto più gradevole l’avvicinamento a un titolo del genere, anche per un neofita non molto avvezzo a giochi con un grado di difficoltà elevato. E già che ci siamo, spendiamo due parole sulla difficoltà.
Il concetto di difficoltà, in questo caso, è difficile da esprimere. Andiamo per gradi.
En garde! permette al giocatore di selezionare il livello di difficoltà, tra Easy, Medium e Hard, nulla di più classico. La cosa che ho trovato estremamente interessante è il modo in cui la difficoltà veniva gestita.
A differenza di altri titoli simili, che hanno provato a offrire una regolazione della difficoltà semplicemente aumentando il numero di nemici a schermo, rendendoli più un fastidio che una sfida, En Garde! appare estremamente consapevole delle sue dinamiche, e su quelle costruisce tutto.
Il variare della difficoltà si traduce con l’aumento o la diminuzione dei frame di parry. In altre parole, a difficoltà Easy, lo spazio della parata sarà più ampio; non dovremo quindi essere necessariamente precisi, ci basterà premere il tasto della deflessione in una finestra di tempo che più o meno va dall’inizio dell’attacco nemico fino a una frazione di secondo prima che ci arrivi addosso. Inoltre, ma questa è più un’impressione mia, i movimenti dovrebbero subire lievi accelerazione/rallentamenti, al variare della difficoltà di gioco, così da essere più leggibili.
Al contrario, per chi cerca una sfida maggiore, a livello Hard lo spazio di parata è ridotto all’osso e sarà necessario uno studio accurato dell’ambiente, degli oggetti da sfruttare e dell’ordine in cui abbattere i nemici. Una distrazione potrebbe costarci cara e non è difficile distrarsi, dato che le boss fight durano svariati minuti per volta. Un solo colpo potrebbe toglierci tutti i progressi fatti fino a quel momento.
Alla luce di ciò, En Garde! è difficile?
Mi sento di dire di si. Da giocatore navigato, ho fatto una fatica abbastanza importante nel battere l’ultima boss fight ad Hard. E anche giocando in Easy, sarà necessario applicare dell’impegno non da poco, non si può semplicemente correre e attaccare senza pensare. In ogni caso, sarà necessario valutare attentamente ogni passo.
Quindi difficile si, ma è quella difficoltà che ti impone di imparare le regole del gioco, per giocarlo al meglio e che non concede una libertà estrema sui metodi d’approccio alla lotta.
En Garde! ha una forte natura arcade.
Alla fine di ogni scenario, apparirà a schermo una scheda riassuntiva che ci mostrerà il tempo di completamento, le morti, i segreti scovati e gli obiettivi completati, che molto spesso sono nascosti e che ci verranno rivelati solo a fine scenario, cosa che ci invoglierà a rigiocare lo scenario per migliorare le nostre statistiche.
Caratteristiche del genere sono pane per i denti dei giocatori che hanno buttato ore e denaro nelle sale giochi, in cerca sempre del record da battere. Un ottimo sprone anche per passare un pomeriggio a sfidare un amico a chi riesce a fare meglio, nonché un ottimo esercizio di rigiocabilità.
A riprova della natura arcade del titolo vi è la Arena Mode.
Si tratta di una modalità che sbloccheremo andando avanti con la storia. Si tratta di scenari di difficoltà crescente, in cui diverse orde ci attaccheranno fino ad arrivare al boss di fine livello. La differenza con la modalità storia, sta nel fatto che, intanto ovviamente, la narrazione non prosegue in Arena Mode, che è una modalità totalmente staccata, utile solo a menare le mani e/o esercitarsi.
La seconda e più interessante differenza, è che al cambiare di ogni scenario, potremo scegliere dei potenziamenti passivi, che affliggeranno Adalia, i nemici o l’ambiente. Sarà possibile per esempio rendere i nemici vulnerabili alla caduta dalle scale, rendere i barili pieni di liquido scivoloso, permettere ad Adalia di ricaricare la barra degli attacchi speciali ogni volta che si effettua un parry e tante altre cose.
Di contro però, il gioco applicherà dei malus, con rapporto 3 potenziamenti-1 malus. Si arriverà alla fine degli scenari dunque con 9 potenziamenti e 3 malus. I malus consistono per esempio, nel rendere certi oggetti meno influenti contro certi nemici, nel rendere impossibili da parare gli attacchi di certi nemici e così via.
Tali potenziamenti però, non saranno disponibili nella modalità storia, dove potremo affidarci solo alle nostre capacità e a ciò che il gioco ci offre. Questa modalità però, permette semplicemente di giocare, mettendo alla prova le proprie capacità ed esplorando varie possibilità alternative.
A livello artistico, En garde! fa un buono studio degli abiti e degli ambienti dell’epoca, creando scenari semplici ma che offrono belle gioie alla vista. Ad aiutare è sicuramente la scelta di colori accesi, saturi, in grado di tenere sempre alta l’attenzione, rendendo estremamente riconoscibile ogni elemento a schermo.
La tecnica utilizzata è del cell-shading. Per risparmiare qualcosa, durante le cinematic di fine scenario, vi saranno più che altro dei quadri plastici su cui i doppiatori parleranno, mentre la telecamera si muove in modo da dare dinamismo alla scena. Una scelta semplice ma abbastanza azzeccata.
Punto forte del titolo è il sound design. Un lavoro veramente perfetto, in grado di mettere insieme la stupenda musica tipica spagnola, tra Flamenco e Fandango con i suoni ambientali che ci permettono di capire cosa ci succede intorno.
Il risultato è ottimo: la musica incalza e non si ferma un secondo durante gli scontri, aggiungendo adrenalina a un gioco che già riesce a far vibrare le corde più hardcore del giocatore; i suoni ambientali, mixati perfettamente, bucano la musica e riescono a far percepire al giocatore la direzione di ogni attacco, soprattutto quelli fuori dal proprio cono visivo, cosa importantissima visto che a ritrovarsi accerchiati ci vuole poco.
En garde! mi ha stupido e divertito. Non era un gioco che aspettavo, di cui mai avrei pensato di parlare così a lungo ma ha un cuore che in parecchi titoli latita. Oltre al fatto di essere un titolo che tratta tematiche serie in un modo estremamente irriverente, sprezzante del potere costituito, risultando una boccata d’aria fresca che strappa più di una risata anche grazie alla teatralità esasperata delle situazioni messe in atto, riesce a far appassionare soprattutto per il gameplay, dinamico, difficile ma soddisfacente. Una gioia per occhi, orecchie e cuore. Un racconto degli ultimi che non mollano mai. Perdenti che recitano la parte dei vincitori e che, alla fine, vincono davvero.
This post was published on 16 Agosto 2023 17:00
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