Blasphemous 2 | Recensione (NSW) | Ancora croci e spine

blasphemous 2

C’è un paese in Europa il cui spirito è strettamente intrecciato al concetto di dolore, anche se questo elemento non salta subito al pensiero della mentalità comune contemporanea.

La Spagna, grattata la superficie di movida, El Clásico e Primavera Sound, scopre facilmente un mosaico dipinto col sangue: la dittatura fascista di Francisco Franco perdurata fino agli anni Settanta con le sue centinaia di migliaia di morti e forse mai del tutto affrontata adeguatamente – basti considerare che fino al 2019 (anno di uscita del primo Blasphemous) il luogo di sepoltura del tiranno ha rappresentato una questione scomoda per il paese; i rituali di sangue della corrida e di Pamplona, trionfo della violenza abbellito col velo della necessità folkloristica che ogni anno causa la morte di tori di esseri umani; e a chiudere questa simbologia della morte con una trinità, l’Inquisizione spagnola, quasi 400 anni di schizofrenia esaltata cristiana, un fenomeno cruento e arcano che genera suggestioni orrorifiche, la mia preferita delle quali è probabilmente Il pozzo e il pendolo di Edgar Allan Poe.

Blasphemous è dunque una saga che è piena espressione dell’humus che l’ha generata.

Creato dalla sivigliana The Game Kitchen e da Game17, il primo metroidvania eretico venne accolto moderatamente bene dalla critica (la media di voto è circa 80, su Metacritic), ma era riuscito a ritagliarsi un’aura di cult tra il pubblico, ammaliato dall’estetica cristiana e mostruosa e dalla narrativa oscura. I difetti c’erano, ma l’atmosfera creata era talmente riuscita che l’esperienza videoludica risultava avvincente in ogni caso.

Si dice che peccare sia umano, perseverare diabolico: vediamo com’è riuscita questa seconda blasfemia elettronica andalusa, a quattro anni di stanza dalla prima – ovviamente mantenendo il doppiaggio in spagnolo e giocando con la croce direzionale.

La parabola dei talenti

“Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”

Così Matteo 25, dai versi 14-30.
Se Blasphemous era un gioco riuscito ma con lo spettro di qualche dubbio, ciò che è doveroso aspettarsi dal sequel è un salto di qualità, un miglioramento, un innalzamento.
I talenti andavano fatti fruttare.

Il software parte con delle scene animate stile cartoon che fanno presagire una produzione di pregio ancora maggiore, e i primi momenti di gameplay lo confermano: torniamo a controllare il Penitente con movenze più fluide che esaltano le nuovamente bellissime grafiche in pixel che hanno raggiunto una maggiore definizione. Il comparto visivo, in generale, continua a risaltare, e il mondo di gioco ci appare fin da subito coerente e riconoscibile, quello di un’Europa cinquecentesca liturgica e spaventosa, desolata nel suo affollamento di spiriti e creature, un dedalo di campanili, sotterranei, ponti disposto con gran fattura sullo schermo, ma forse troppo simile a quanto già mostrato dal suo predecessore; ciononostante l’estetica di Blasphemous 2 riesce nuovamente a colpire lo spettatore e il giocatore, rimanendo un mezzo a sé, veicolo senza verbo dell’angosciante vicenda.

Anche in questo episodio l’avventura inizia col nostro risveglio – che cos’è la fede, se non il risveglio di una coscienza credente? – e subito il gameplay ci getta nell’azione, e queste prime fasi ci mostrano una delle principali novità, vale a dire la scelta dell’arma iniziale: un grosso incensiere, due rapide lame o una spada, e questa decisione influenzerà nettamente le prime ore di gioco perché ad ogni arma corrisponde non solo uno stile di offensiva diverso ma anche una relativa abilità di spostamento nella mappa.

Siamo così pronti ad affrontare orde di nemici e puzzle ambientali, e non voglio dilungarmi sulla narrativa perché la diegesi di Blasphemous 2, proprio come un testo sacro, si rifà all’allegoria, all’interpretazione personale, comunicando attraverso orazioni ermetiche messe in bocca a una sequela di creature grottesche, esagerate nella loro estetica religiosa e per questo bellissime, un character design che è nuovamente uno dei punti di forza della produzione.

La mappa è vasta e ricca di passaggi e antri da scoprire, elementi che rendono godibile il backtracking insieme a tutta una rete di teletrasporti – a tal proposito, sono migliorati i caricamenti, e tuttavia la produzione [nel momento in cui scrivo, la pubblicazione del gioco è lontana ancora un paio di settimane] presenta qualche problema tecnico: errori che riguardano la vibrazione dei Joy-Con, elementi su schermo, nella peggiore e fortunatamente più rara delle situazioni l’intelligenza artificiale dei nemici.

Ma chi è senza peccato, scagli la prima pietra.

“Un uomo aveva due figli”

Blasphemous 2 conserva le meccaniche ortodosse che avevano caratterizzato il primo episodio, e che personalmente avevo molto apprezzato. Pur trattandosi di un adventure in due dimensioni molto vivace, i controlli risultano in una loro forma macchinosi, come il peso di una colpa; questa scelta, tutto sommato funzionale, presta comunque il fianco a qualche critica come l’esacerbante lentezza dei sistemi di recupero energia.

Da qui mi collego a quello che reputavo un grande malinteso riguardante il primo episodio, e che ciononostante pare abbia fatto correre ai ripari gli sviluppatori per questo secondo capitolo. Blasphemous è da molti considerato un gioco difficile, ma io non sono di questo avviso.

Visto il gran numero di boss e il backtracking richiedeva una certa dedizione ma giusto in pochi frangenti è capitato di rimanere bloccato: questa linearità nella mia esperienza si deve plausibilmente alle mie esperienze pregresse videoludiche, molto hardcore, ma siamo secondo me lontani da videogiochi dichiaratamente difficili come un Cuphead o un Super Meat Boy.

Dato che tale opinione è tutto fuorché universalmente condivisa, in questo secondo capitolo gli sviluppatori hanno integrato tutto un sistema di semplificazioni a mio parere assolutamente ingiustificate.

Ecco però che questo secondo episodio offre con mia profonda delusione un insieme di semplificazioni assolutamente ingiustificate: i numerosi power up dinamizzano sì il gameplay, ma diventa presto facile sbarazzarsi dei nemici, anche i boss sono meno temibili e soprattutto sparsi in malo modo all’interno della storia. Il senso di sfida è sempre abbastanza leggero, e non è possibile che alla prima run per stendere questo articolo io abbia finito il gioco al 92%.

Si corre, si combatte, si cercano nascondigli e power up, ma tutto in maniera troppo lineare.

Questo vizio è ormai quasi una consuetudine nel mondo videoludico: se il primo gioco è piaciuto, allora si pensa che il secondo farà meglio ampliando il bacino d’utenza diminuendo la difficoltà. Non mi stancherò mai di ripetere quanto sia vitale per l’esperienza videoludica il mantenimento di una sfida sensata e soprattutto coerente.

Ci si illude che la via della salvezza sia semplice, ma si sa che non è così.

Conclusioni

Blasphemous 2 mi ha appassionato, e tanto, ma interpretando il ruolo del recensore devo dichiararmi non completamente soddisfatto.

Ma rimane un bel gioco, a tratti bellissimo, che conturba e ammalia, che chiama a scoprire, a ricercare, che racconta muto e vive di silenzi, che si gioca bene e per un tempo tutto sommato giusto.

I tentativi di evoluzione della saga ci sono, ma risultano pavidi, minimi, al punto da far apparire Blasphemous 2 più simile a un DLC che a un sequel. Se a questo aggiungiamo il fatto che la linea di processione del primo episodio era più avvincente e stimolante, non si può non pensare a un mezzo passo indietro. Ne è un esempio il comparto musicale: alla meravigliosa colonna sonora del precedente episodio ne è succeduta una similissima, ma priva della stessa potenza evocativa.

E come il padre della parabola del figliol prodigo, gioisco per il ritorno di questo figlio imperfetto ma amatissimo, che come il nostro protagonista nel gioco “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Luca 15, versi 11-32.

PRO

  • La lore e l'estetica di questa saga continuano a colpire nel segno
  • Character ai massimi livelli
  • Gameplay vivace e appassionante

CONTRO

  • Troppo simile al precedente
  • Eccessiva semplificazione della sfida

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8

Storia - 7,5 / 10

Grafica - 8,5 / 10

Longevità - 7,5 / 10

Gameplay - 8,5 / 10

Sonoro - 7,5 / 10

Mistero della fede - 9 / 10