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Recensioni

Live A Live | Recensione (PS5) | Sette storie, un solo destino

Che la si ami o la si odi, Square Enix è sicuramente uno di quei publisher che ha fatto la storia dei videogame, contribuendo significativamente alla loro diffusione e regalandoci alcune delle IP e dei franchise più iconici di sempre. Nonostante le recenti vicende che l’hanno riguardata, la holding giapponese non ha praticamente mai fermato la sua attività e, in vista della release di Final Fantasy XVI, ha recentemente pubblicato la raccolta Pixel Remaster dei Final Fantasy I-VI (di cui trovate la recensione qui) e, circa un anno fa, il remake di Live A Live, sbarcato prima su Nintendo Switch e, oggi, anche su tutte le altre piattaforme di gioco.

Nonostante la sua diffusione fosse limitata al solo Giappone, il titolo in questione diventò un gioco di culto per tutti gli amanti dei JRPG, spingendo Square Enix a realizzarne una versione più moderna che, però, non ne snaturasse la formula e l’estetica.

Come tutti sappiamo, quando un videogame del passato viene “tirato a lucido” per essere immesso nuovamente sul mercato, il risultato è spesso un clamoroso buco nell’acqua, sia per una resa finale non sempre all’altezza delle aspettative che per il semplice fatto che, diciamocelo chiaramente, non tutti i videogiochi invecchiano bene.

Sulla base di quanto finora detto, le domande che dobbiamo porci sono le seguenti: c’è bisogno di un remake di Live A Live? E se si, considerando che in “lista di attesa” ci sono titoli del calibro di Chrono Trigger, quanto ce n’è bisogno?

Questi due interrogativi hanno accompagnato la nostra recensione di questa hidden gem del passato che, sotto diversi aspetti, ha avuto un ruolo nel ritorno di un certo tipo di gioco di ruolo “alla giapponese”.

Nelle righe che seguono analizzeremo pregi e difetti del remake di Live A Live, tentando di rispondere in maniera adeguata alle due domande menzionate in precedenza.

Sette personaggi in cerca d’autore

Quale storia sceglierete di vivere?

Il videogame si apre facendoci scegliere tra sette diversi personaggi, ognuno dei quali vivrà la sua avventura in un’epoca diversa: Pogo, un uomo delle caverne, muoverà i suoi passi nella Preistoria; scegliendo il periodo della Cina Imperiale, saremo calati nei panni di Shifu, un anziano maestro alla ricerca di un successore; il Giappone Edo, invece, vedrà lo shinobi Oboromaru come protagonista; spostandoci del Far West, invece, impersoneremo il pistolero Sundown Kid; il combattente Masaru Takahara cercherà di ottenere il titolo di combattente più forte al mondo nel Presente; il Futuro Prossimo ed il Lontano Futuro, infine, vedranno l’orfano Akira Tadokoro ed il robot Cube.

Ogni avventura avrà un setting, una durata, delle caratteristiche e, in alcuni casi, anche delle meccaniche diverse; tuttavia, non mancheranno degli elementi ricorrenti, soprattutto nelle battute finali, in cui sbloccheranno altri capitoli ed i finali multipli.

Prendiamo ad esempio la Preistoria: la parola non era stata ancora inventata e, quindi, il protagonista e tutti gli altri NPC si esprimeranno unicamente tramite gesti ed “emoticon”, riuscendo però a farsi capire alla perfezione e strappandoci qualche risata con una comicità slapstick decisamente spassosa.

Tuttavia, non tutti i capitoli funzionano allo stesso modo, sia per le vicende narrate che, soprattutto, per la durata di ognuno di essi. Il capitolo della Cina Imperiale e del Giappone Edo sono, a parere di chi scrive, i meglio riusciti, poiché i personaggi hanno la possibilità di svilupparsi a dovere nel corso delle loro avventure, mentre questo non avviene nell’avventura ambientata nel Presente, in cui ci viene detto o nulla del protagonista.

Un’avventura alla volta

Dalla Preistoria al Far West il passo è brevissimo.

Sicuramente la particolare struttura di Live A Live non può non ricordarci quanto visto in RPG più recenti come, ad esempio, Octopath Traveler. La differenza fondamentale tra i due titoli citati consiste nel fatto che i protagonisti del primo, vivendo in epoche molto distanti tra loro, non incroceranno mai i loro destini, mentre il secondo videogame faceva di questo aspetto uno dei suoi punti di forza.

Sotto questo aspetto, Live A Live presenta pochissimi intrecci narrativi e se la sua struttura antologica, da una parte, potrebbe facilmente venire incontro ad un giocatore che vuole gustarsi un’esperienza ludica un boccone alla volta, dall’altra non garantisce quella continuità che dovrebbe essere il perno di qualsiasi RPG.

Volendo analizzare la cosa da un punto di vista squisitamente storico, non possiamo non convenire che il titolo in questione fosse in netta controtendenza rispetto ai suoi illustri colleghi dei tempi, decisamente più lineari e “classici”; tuttavia, se questo espediente era sicuramente una boccata d’aria fresca, oggi risulta già abbondantemente approfondito da altri videogiochi e, quindi, un po’ fuori dal tempo.

Un JRPG atipico

Un maestro di kung fu alla ricerca di un allievo o un ninja silenzioso?

Anche sotto l’aspetto del gameplay, Live A Live riserva non poche sorprese. Abbiamo già ampiamente sottolineato quanto il videogame appartenga alla categoria dei JRPG, sfruttando tutte le caratteristiche che hanno reso celebre il genere, dai combattimenti a turni al combat grid; l’unica aggiunta apportata nel remake sono gli attacchi caricati che, per poter essere lanciati, necessiteranno di un turno in più.

Nonostante una formula classica che più classica non si può, l’originalità è consistita nell’utilizzarla anche in contesti tutt’altro che fantasy e medievaleggianti. Pensare di affrontare combattimenti di arti marziali e sparatorie muovendosi su una griglia, ponderando con attenzione movimenti e posizionamento, è qualcosa che raramente è stato azzardato, soprattutto nell’oramai lontano 1994.

Un altro elemento che colpisce del gioco sviluppato da Square (e del remake di Historia) è la varietà della formula ludica messa in piedi: ognuna delle sette avventure avrà qualche meccanica capace di differenziarla dalle altre.

Nella Preistoria, ad esempio, dovremo risolvere alcuni enigmi facendo leva sul nostro olfatto, mentre nel Giappone Edo potremo sfruttare un sistema stealth che, in buona sostanza, ci potrebbe far arrivare ai titoli di coda senza uccidere nessun nemico; nella Cina Imperiale, invece, dovremo scegliere quale dei nostri allievi allenare maggiormente, in base alle loro caratteristiche fisiche; il Presente, invece, è una vera e propria boss rush che, sotto certi aspetti, è un RPG con una veste da beat’em up, mentre nel Far West ci sarà un momento in cui dovremo piazzare delle trappole entro un determinato tempo limite e, quindi, scegliere quale NPC sarà capace di eseguire al meglio il compito.

Ancora una volta, non tutte le “sette ciambelle” riescono col buco. Se il level design e le meccaniche del Giappone Edo sono riuscitissime, il capitolo ambientato nel Presente non riesce proprio a bucare lo schermo, così anche l’avventura del Far West non lascia il segno. Quello che però colpisce eccome è la varietà dell’offerta di Live A Live, sicuramente un unicum ai suoi tempi e, a memoria d’uomo, non ancora eguagliata.

Una gemma tirata a lucido

Alcuni fondali lasciano decisamente a bocca aperta.

Sotto l’aspetto prettamente tecnico, il lavoro svolto da Historia è di pregevolissima fattura. Gli sprite dei protagonisti e di tutti gli altri personaggi rispecchiano chiaramente lo stile di chi li aveva originariamente concepiti, rendendo alla perfezione quella sensazione vintage che ogni amante del retrogame desidera trovare in un remake.

L’HD-2D è poi il perfetto connubio tra passato e presente, capace di dare maggiore definizione e profondità ai fondali del videogame, senza però cozzare con la sua natura retrò. Chiunque si addentri in ognuna delle avventure, si ritroverà catapultato all’interno di ambienti immediatamente riconoscibili e capaci di rispecchiare il tono della narrazioni.

Va da sé che, anche in questo caso, ci sono ambientazioni che funzionano meglio di altre, con più o meno dettagli e, anche in questo caso, il Giappone Edo primeggia sulle altre epoche, con il Presente che è invece, per ovvi motivi, il setting che ha coinvolto di meno il team di sviluppo.

Una speciale menzione va fatto per lo splendido lavoro svolto da Yoko Shimomura, che ha ri-arrangiato le musiche del gioco originale e, per rendere al meglio le atmosfere di ogni singola avventura, ha adoperato stili e strumenti diversi, riuscendo a raggiungere un notevolissimo grado di immersività.

Giudizio finale

Il remake di Live A Live ci dimostra quale sia la reale portata dei termini “originalità” e “creatività” applicati al mondo dei videogiochi, e di come queste due caratteristiche non risentano dello scorrere del tempo. Nonostante il videogame concepito da Square nel 1994 abbia osato come pochi altri titoli, il remake realizzato da Historia ci fa capire quanto determinate meccaniche si siano evolute nel corso di quasi 30 anni, tra cui la stessa narrazione frammentata, portata alla gloria da franchise come Octopath Traveler e presente nel titolo in questione in forma embrionale. Non tutte le storie narrate in Live A Live funzionano, sia per il diverso fascino delle ambientazioni che semplicemente per il tempo concesso agli “attori in scena”; tuttavia, la varietà della formula ludica e determinate meccaniche rendono, ancora oggi, Live A Live un titolo unico nel suo genere e, per questo, meritevole di essere (ri)scoperto dal pubblico. Nonostante l’inevitabile scorrere del tempo, e nonostante una narrazione episodica, possiamo concludere che il remake di Live A Live è valso il tempo speso e che c’è veramente bisogno di remake del genere, fosse anche solo per poter ammirare le gemme più nascoste della storia dei videogame.

This post was published on 8 Maggio 2023 17:30

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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