Ahh, la realtà virtuale: croce e delizia di chiunque l’abbia provata almeno una volta. Basta mettersi un visore e indossare i controller per ritrovarsi immersi all’interno di un mondo e di un tipo di gioco che tende ad essere ben lontano da quanto c’è nel gaming tradizionale. In questa recensione di Another Fisherman’s Tale, magari, potremmo non dare esattamente credito all’affermazione con cui stiamo aprendo la recensione ma questo, e lo sottolineamo subito, non è un vero e proprio demerito nei confronti del videogioco stesso.
Tutti sappiamo che esistono tante tipologie di videogiochi: da quelli più interattivi a quelli meno, con in mezzo infinite sfumature di grigio. Ci sono i videogiochi indipendenti che sono utilizzati come metafora per la depressione mentre ci sono videogiochi tripla A che invece rappresentano in maniera quanto più forte possibile la gioia di vivere e tutto ciò che consegue dagli stati d’animo positivi (chiaramente esiste anche l’esatto contrario di questa condizione, per fortuna vorremmo aggiungere).
Non ci sono mai stati così tanti videogiochi come quelli che ci sono in circolazione oggi e non c’è mai stata la stessa pluralità di esperienze che c’è oggi, nonostante dei trend di mercato che dicano la propria in maniera tristemente rumorosa. Another Fisherman’s Tale non risponde ad alcun trend di mercato bensì cavalca una delle esperienze cardine della realtà virtuale: l’avventura/puzzle game in prima persona.
Prima di cominciare è però necessario partire, non tanto dall’inizio, quanto dal primo capitolo di quella che potenzialmente è una saga di videogiochi in realtà virtuale. In bilico tra sogno e realtà, tra marionette e corpi fatti di carne nervi, andiamo a scoprire Another Fisherman’s Tale.
Avventure a prova di vomito
I pescatori raccontano storie, d’altronde stare su una barca a raccogliere cibo per giorni e notti intere è un lavoro sicuramente più emozionante dello stare davanti al computer a lottare contro numeri e parole. A Fisherman’s Tale racconta esattamente di questa cosa con un’interessante twist sul finale; Another Fisherman’s Tale cerca di fare ancora di più cambiando qualche carta in tavola e proponendo all’interno del contesto della realtà virtuale un avventura più grande, più bizzarra, più profonda e ugualmente interessante.
InnerspaceVR, dopo aver rilasciato nel corso del 2019 il primo capitolo della saga, ha lavorato duro insieme a Vertigo Games (in questo caso publisher) per proporre un interessante caso di squadra che vince non si cambia. La prima cosa che si nota avviando il gioco, anche senza aver giocato al predecessore, è l’attenzione posta dagli sviluppatori verso una delle critiche più fatte al precedente titolo ovvero il sistema di movimento.
Chiunque abbia provato il VR almeno una volta nella sua vita conosce sicuramente il significato del termine chinetosi o, per gli amici, mal d’auto. Vi segnaliamo, intanto, che abbiamo una guida extracompleta all’argomento redatta dal nostro Riccardo che, col VR; ci lavora quotidianamente e che ha una certa esperienza con vomitini, vomitate, mal di testa e grandi vertigini.
Ecco: il primo capitolo di Fisherman’s Tale era noto per provocare chinetosi e in modo anche abbastanza marcato. In questo secondo capitolo, fortunatamente, le cose vanno decisamente meglio sotto più punti di vista. In primis il gioco è tendenzialmente più fluido del suo predecessore, complice anche lo stile grafico stilizzato e molto pulito che poco affatica la potenza di calcolo del Quest 2 (l’hardware su cui lo abbiamo provato); in secondo luogo parliamo di un videogioco con un menù accessibilità incredibilmente gradito, dove è possibile impostare diversi parametri per sconfiggere la chinetosi.
Un’esperienza alla portata di tutti
Cosa c’è nel menù accessibilità? In primis è possibile scegliere il sistema di movimento che si preferisce tra teletrasporto e levetta analogica, con il primo metodo che fa decisamente miracoli e da solo risolve gran parte dei problemi. In secondo luogo è possibile impostare una forte vignettatura per quando il nostro protagonista è costretto a lanciare la sua testa a destra e sinistra così da ottenere nuovi punti di vista, magari più vantaggiosi, sull’ambientazione circostante.
La combinazione di questi due elementi rende l’approccio al titolo fattibile per sostanzialmente chiunque ed è un grande passo in avanti per la produzione del piccolo studio indipendente che, con queste condizioni, può portare il suo gameplay alle mani di chiunque.
Quando perdere la testa assume un significato un po’ troppo letterale
Torniamo quindi alla recensione di Another Fisherman’s Tale per parlare della formula ludica quella ha subito un upgrade niente male rispetto al passato. Rispetto al suo predecessore, infatti, il titolo permette di lanciare entrambe le mani in giro per il mondo di gioco, così da poterle controllare da remoto; rimane anche la possibilità di lanciare anche la testa in giro, necessaria per poter avere punti di vista privilegiati sui vari livelli.
Se la meccanica del lancio testa, tutto sommato, permette solamente di switchare il proprio punto di vista e avere quindi idea di come muoversi all’interno della mappa di gioco per capire come risolvere gli enigmi ambientali proposti dagli sviluppatori, il lancio delle mani aggiunge un interessante layer di profondità all’esperienza. Il nostro pescatore, eroe della situazione, può scambiare le sue mani con varie tipologie di altri arti: dalle chele di un granchio agli uncini dei capitani.
Le varie mani che troveremo in giro non saranno soltanto sostituti estetici delle nostre estremità, bensì offriranno nuove maniere per interagire con lo scenario. Una normale mano umana permetterà soltanto di tenere in mano (e perdonateci lo stupido gioco di parole, promettiamo di migliorare) gli oggetti sparsi per i livelli; avere una chela al posto di una mano, invece, permetterà di tagliare corde e funi, così da sbloccare meccanismi, aprire passaggi e così via.
La mano con l’uncino, invece? Il simbolo di ogni pirata che si rispetti permetterà al giocatore di aggrapparsi a particolari tipologie di estremità, dando di fatto la possibilità al giocatore di proseguire anche verticalmente per i livelli. Il sistema di movimento, sia in versione teletrasporto che in versione analogico, non permette in alcun modo di saltare: questo perché l’esplorazione in verticale è relegata proprio all’utilizzo della mano uncinata. Volendo è anche possibile sostituire entrambe le mani con degli uncini, così da guadagnare ancora più mobilità per raggiungere quanto più rapidamente possibile il cielo.
Pensa tu a come risolvere questo problema
Di buona fattura è il design degli enigmi che riempiono il gioco, in grado di stupire e risultando sempre mediamente chiari. Solitamente gli enigmi sono di carattere ambientale, richiedendo al giocatore un’attenta osservazione delle proprie circostanze alla ricerca degli strumenti giusti per poter avanzare (a volte sono tavole, altre volte sono particolari mani, altre ancora ingranaggi); ci sono frangenti in cui, invece, è necessario ragionare anche un pelino con il cuore dovendo risolvere enigmi seguendo ragionamenti che non sfigurerebbero all’interno di un’avventura della LucasArts.
Facciamo un esempio di entrambe le categorie di enigmi: nella prima è necessario ritrovare gli ingranaggi necessari all’attivazione di un meccanismo; questi ingranaggi sono nascosti all’interno di una grande sala macchine e l’ultimo di questi è presente all’interno del di uno dei motori presenti. Per poter ritrovare l’ingranaggio è necessario usare la propria mano per navigare all’interno delle varie aree del motore, usando il resto del proprio corpo per manovrare leve e interruttori così da far muovere correttamente i pistoni per l’occasione.
Il nostro secondo esempio, invece, è quello di un enigma in cui per aprire una porta il giocatore deve ritrovare due mani specifiche tra quelle di una ciurma. Esplorando bene le stanze private della ciurma il giocatore può arrivare a capire di chi sono le varie mani e sfruttando delle etichette poste su una coppia di altari può aprire finalmente la porta che lo porterebbe verso la libertà.
La situazione poi varia e si mantiene sempre su ottimi livelli anche durante questo sequel, per una durata complessiva che si aggira tra le cinque e le sei ore, in base all’intuizione del giocatore. Prima di gridare allo scandalo, magari perché abituati alla durata dei giochi console, vi facciamo notare che l’esperienza di gioco grazie anche a questa durata limitata non perde mai di mordente. Another Fisherman’s Tale, tra le altre cose, può vantare un ottimo ritmo dovuto alla continua alternanza tra parti più narrative e parti più giocate, in un gioco di corse e respiri che ben fa al giocatore.
Le catene del pirata (o pescatore che dir si voglia)
In ogni caso ci sentiamo di dire che l’esplorazione è forse troppo limitata e taglia di molto le gambe a diversi degli enigmi che si incontreranno nel corso del gioco. La natura molto guidata del gioco, inoltre, potrebbe non piacere a tutti quelli che cercano delle avventure vere e proprie Another FIsherman’s Tale ha enigmi che si possono risolvere tranquillamente per esclusione e che non richiedono chissà quale sforzo intellettivo; la parte narrativa è piuttosto rilevante per apprezzare completamente il gioco.
Fortunatamente la risoluzione degli enigmi, anche al netto delle criticità sopra descritte, risulta sempre piuttosto divertente grazie ad un sistema di controllo che si difende bene e che risulta essere intuitivo a più riprese. Tutti i vari punti di interesse del gioco, al netto di una interattività ambientale un po’ limitata (mi fate prendere le bottiglie di grog e non le posso rompere in giro?), hanno un area di magnetismo intorno che non costringere il giocatore a fare dei lanci millimetrici o a studiare balistica per riuscire nel suo intento. Il magnetismo, tra le altre cose, risulta essere ancora più interessante nel contesto del lancio della testa: grazie ad esso e alla vignettatura selezionabile nel menu accessibilità è possibile ridurre e di molto il quantitativo di vomito prodotto.
L’unico elemento del sistema di controllo che fa un po’ storcere il naso è legato al movimento delle mani; queste infatti non si controllano con lo stick analogico del quest bensì girando il proprio polso. Non è una scelta particolarmente intuitiva ma non è niente a cui non si possa far l’abitudine nel giro di qualche minuto.
Non si sfugge dal tempo che scorre
Il pezzo forte di Another Fisherman’s Tale è senza dubbio il comparto narrativo, collegato a quello del predecessore ma comunque in grado di vivere tranquillamente sulle proprie gambe. Another Fisherman’s Tale è un videogioco che sfrutta un artificio non troppo dissimile da quello del primo The Lego Movie (film che vi consigliamo di vedere e che non vogliamo spoilerarvi troppo) per parlare di un tema sempre ben accetto: il rito di passaggio che c’è tra la giovinezza e l’età adulta, con i conflitti interiori che affrontare questo momento obbligato della propria esistenza può generare.
A dispetto di quanto presente nel primo capitolo questa volta la protagonista della storia è Nina, la figlia del protagonista. La nostra Nina, infatti, ci verrà presentata come tale appena dopo il primo livello del gioco intenta a traslocare, tra scatole piene di modellini, fotografie e fogli di carta in una cantina umida che probabilmente assomiglia a quelle che abbiamo visto durante il corso della nostra vita. La cantina in questione è più di un ripostiglio gigante bensì è il luogo dove per anni e anni la nostra protagonista ha osservato il padre narrare storie proprio con i sopracitati modellini.
La nostra Nina, però, deve fare i conti con il passato che se ne sta andando via a causa di un trasloco e questo la porterà a interagire e a riscoprire i giocattoli del padre. Il tono fiabesco della narrazione, di fatto, serve a indicare l’ingresso nel mondo della fantasia rappresentato dai modellini che però finirà ben presto per fondersi e unirsi alla realtà. È proprio nella creazione di questo spazio liminale che il gioco da il meglio di sé, facendoci vivere in prima persona attraverso gli occhi di un modellino il conflitto generato dal più inarrestabile dei processi: la crescita.
Due storie per tante emozioni diverse
Il conflitto tra presente e passato, quindi, assume la forma di un dualismo tra il personaggio di Bob e la protagonista Nina, con una commistione ben realizzata di leggerezza e pesantezza esattamente come spesso accade per la vita reale. Sebbene i dialoghi alle volta possano soffrire di qualche lungaggine, il risultato complessivo è ampiamente apprezzabile ed è ciò che Another Fisherman’s Tale può vantare con maggiore forza: una storia duplice il cui rapporto rappresenta il cardine dell’esperienze. Chiaramente la storia di Nina è più interessante di quella raccontata da Bob all’interno dei ricordi della figlia, complice anche l’assenza di un secondo livello di lettura esplicito
Quest’ultima storia, infatti, tocca la famosa città di Libertalia (chi ha giocato ad un certo gioco Naughty Dog) e mette sul piatto tutte le condizioni necessarie alla creazione di un avventura di stampo fantastico, con grandi tesori, pirati, marinai, navi, mostri e chi più ne ha più ne metta. Una storia che sicuramente può fare la presa sui giocatori più piccoli che, però, si ritroveranno un po’ confusi da quella che è l’avventura principale.
Conclusioni
Another Fisherman’s Tale è un avventura per la realtà virtuale che riesce nel suo intento di essere gradevole e divertente, offrendo nel mezzo tutto il necessario per toccare il cuore dei videogiocatori più sensibili. Rispetto al passato il titolo può vantare una serie di opzioni per l’accessibilità che faranno la gioia dei videogiocatori più soggetti alla chinetosi, con molteplici possibilità in grado di cesellare l’esperienza proprio sulla tolleranza del singolo di giocatore. Per il resto il titolo può vantare di una costruzione narrativa piuttosto efficace, che intreccia con successo due storie, parlando del rapporto che un adulto ha con il suo passato, con un finale davvero interessante che vi consigliamo di scoprire in autonomia. Nonostante il gioco non faccia nulla per reinventare la ruota, presentando al giocatore sfide ambientali che non sono particolarmente originali e livelli che tarpano continuamente le ali alle possibilità operative dei vari enigmi, parliamo comunque di un’esperienza piuttosto gradevole che consigliamo a chi possiede un visore per la realtà virtuale e ha voglia di vivere sei ore di emozioni.
PRO
- Sistema di controllo efficace
- Alcuni enigmi sono particolarmente efficaci
- Narrativa realizzata con criterio e gusto
- Nuove opzioni di accessibilità
CONTRO
- Non tutti gli enigmi hanno lo stesso livello di qualità
- Il sistema di controllo delle mani una volta staccate dal corpo non è esattamente intuitivissimo
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