Mettiamola così: mi trovo indubbiamente in difficoltà a parlare di Redfall. Le parole escono con qualche indugio in più, i giudizi sono chiari ma un po’ difficili da intavolare, le emozioni sono inlfuenzate dai ricordi etc etc: avete presente tutti questi discorsi che fanno i vecchi bacucchi, no? Questa recensione di Redfall, insomma, parte con un brevissimo panerigiro sul perché delle difficoltà.
Perché si, in linea di massima non ci dovrebbero essere particolari problemi a parlare di un looter shooter piuttost bene fatto se non fosse che dietro c’è Arkane.
E Arkane che fa un looter shooter è qualcosa che fa stare un po’ male il cuoricino. Ecco: chi scrive è uno di quelli che vede nella parola fan un termine dispregiativo con cui caratterizzare chi è incapace di togliersi gli occhiali a forma di cuore davanti alle cose la cui provenienza è familiare; la stessa persona è però a pochi passi dal dirsi un fan di Arkane.
Le motivazioni poi sono semplici: basta farsi un giro sulla pagina Mobygames di Arkane SA e Arkane per trovare uno storico videoludico assoluitamente di prim’ordine. Non è da tutti inanellare, nel giro di quindici anni, praticamente tutti i migliori FPS non-caciaroni (leggasi immersive sim) sul mercato, alle volte con un proprio brand dal fortissimo worldbuilding (Dishonored), alle volte rimasticando le scelte altrui e tirando fuori un videogiochi che anche fra 10 anni non esiteremo a definire un capolavoro (Prey).
Anche le prove con qualche zoppia come Deathloop o Dark Messiah of Might & Magic potevano avere dalla loro una combinazione particolarmente solida di gameplay, comparto tecnico e interattività, portando sempre al centro dell’esperienza una rara padronanza di level design e game design.
Sistemi complessi in ambienti complessi, per lasciare la massima libertà d’azione al giocatore: davvero il non plus ultra per chi ama approcciarsi in maniera non convenzionale alle situazioni.
È per questo che il primo approccio a Redfall è stato quantomeno curioso: markettato (non benissimo) come una specie di gaas e poi corretto in prodotto Arkane dal supporto post-lancio più lungo; mouse alla mano la cittadina di Redfall ed i suoi abitanti sono sembrati un prodotto lontano da ciò che la software house americana ci aveva abituato.
Prendiamo Dishonored, da moltissimi considerato il loro gioco più iconico: parliamo di uno sparatutto in prima persona con pochi spari e tante scelte, in cui è possibile approcciarsi alle situazioni in una moltplicità di maniere grazie ai diversi sistemi complessi che interagiscono tra di loro. Il personaggio ha abilità di vario tipo, può utilizzare approcci letali o non letali, può scegliere se partecipare a missioni secondarie al fine di ottenere ricompense per le sue azioni.
Se in Dishonored c’erano una molteplicità di modi per abbattere/circumnavigare/rendere inoffensivo un nemico in Redfall non c’è niente di tutto questo. Le possibilità sono ridotte all’osso, i sistemi complessi che interagiscono vicendevolmente tra loro sono ampiamente diminuiti, l’esplorazione ed il level design, da sempre marchio di fabbrica della software house, decisamente appiattiti (ma non del tutto scomaprsi, almeno non in certi guizzi).
Il primo impatto non è quello di avere a che fare con un prodotto Arkane bensì con una specie di Destiny vampire edition o di un Borderlands ambientato in una singola cittadina infestata dalle forze del male.
Siamo sicuri che ci sia davver Arkane di mezzo?
Si, il nome di Arkane c’è ed è in grado di rimettere sui binari della soddisfazione alcuni elementi di una produzione davvero bizzarra, di cui sarà interessante sapere la reale genesi durante il corso dei prossimi anni. Volendo tornare al solito sterile ma sempre utile giochino delle definizioni, se Dishonored era un FPS immersive sim qui abbiamo a che fare con un FPS advanced looter shooter o con qualcosa del genere. Il peccato è che ciò
Prendere il paradigma di Borderlands e Destiny per avere facilmente chiara la situazione: mondi grandi e poliedrici da esplorare missione dopo missione, subquest dopo subquest, alla ricerca delle risorse necessarie per affrontare le sfide più complicate.
La differenza apportata da Arkane a questa formula, di per sé piuttosto divertente se accompagnata da un sistema di shooting degno di tal nome (e infatti Bungie con Destiny continua ad avere il primato in tal senso), è il concedere attaverso level design e design delle abilità una varietà di approcci che difficilmente si nota negli altri titoli, ben più impostati sullo studio attento e certosino delle parametrie.
Facciamo un esempio: in una delle prime missioni per la liberazione di uno dei Rifugi (punti di fast travel di cui è disseminata Redfall) ci siamo trovati a dover eliminare un capo vampiro nascosto all’interno di un edificio storico della città. Il capo vampiro in questione, oltre a essere piuttosto potente e terribilmente ben difeso da del fumo rosso tossico, è anche osservato a vista da una pletora di suo scagnozzi.
Questi singolarmente non sarebbero un problema ma come spesso accade nella natura, la forza del branco in determinati contesti può davvero fare la differenza. In questo caso, grazie alle folli invenzioni di Devinder Crousley, abbiamo avuto la possibilità di teletrasportarci direttamente sul tetto dell’edificio. Niente stealth (rischioso) ne parkour impossibile (non ci sono molti edifici vicini a cui appoggiarsi) bensì un semplice traslocatore che ha iniziato a funzionare come previsto soltanto l’arrivo del nostro in quel di Redfall.
Dal nostro vantage point appena raggiunto abbiamo avuto tutto il tempo del mondo per utilizzare un fucile da cecchino per puntare all’headshot perfetto sparando da un lucernario che, guarda caso, ci ha permesso di beccare il cranio del capo vampire durante una delle sue ronde. La successiva esplorazione della tana del capo vampiro, tra le altre cose, ci ha permesso anche di capire quante altre cose erano possibili con gli altri personaggi.
Layla, ad esempio, sarebbe stata perfetta per provare uno sfondamento frontale sfruttando il suo ombrello e usando il suo ascensore psichico per superare le parti con più gas velenoso; la Sirena di Remi avrebbe permesso anche al giocatore più distratto di liberare una delle entrate grazie alla sirena esca, permettendo di arrivare poi indisturbati al capo vampiro. L’approccio stealth, tra le altre cose, è lo stesso che può utilizzare Jacob grazie al suo velo, senza contare che grazie al corvo per lui sarebbe stato possibile scoprire in pochissimo tempo la posizione del capo vampiro.
Tutta questa serie di strumenti danno il meglio di sé all’interno della modalità multigiocatore cooperativa, dove le situazioni possono essere approcciate contemporaneamente con più tecniche diverse. A rendere tutto questo possibile e sopratutto divertente ci pensa, quasi sempre, il level design di Arkane.
Le intuizioni di Dunwall e Talos One non sono scomparse ma sono state rimpicciolite e rimodellate secondo la struttura e le necessità di un mondo aperto. Questo significa che, purtroppo, la mappa di gioco è si piena di edifici inutili ma anche di frammenti in cui gli approcci diventano molteplici grazie a delle scelte operate in sede di level design. È qui che il gameplay tipico delle produzioni Arkane ritorna in pompa magna, con una diversificazione importante apportata all’impianto del looter shooter.
Il level design in parte premia l’esplorazione e la raccolta di risorse, dall’altra permette di operare in maniera stealth andando a ridurre le minacce presenti a schermo con qualche baionettata ben assestata. Le combinazioni di abilità viste all’interno della modalità cooperativa, per la cronaca, plausibilmente permettono di portare queste scelte a un loro naturale compimento. Peccato che comunque ci si sente spesso forza a dover giocare a Borderlands per il buon 70% del gioco, giusto per tornare un titolo dalla personalità netta quando le finestre si aprono e i livelli si elevano.
Altre avvisaglie del pedrigree Arkane si notano poi nella presenza di risorse come grimaldelli o grimaldelli elettronici, utili per aprire porte chiuse o per rovesciare alcune minacce passive come torrette o trappole nei confronti dei nemici. Di base questa non è una buona idea ma, all’atto pratico, ci si ritrova molto spesso con un sacco di questi oggetti nell’inventario senza capire che farci di preciso: con un po’ di esperienza negli sparatutto la difficoltà non è mai abbastanza elevata da obbligare il giocatore a pensare in maniera laterale per aggirare le minacce.
Il mondo di gioco di Redfall è inoltre tappezzato di luoghi storici e punti dove si passa dal classico open world di tipo urbano a strutture più complesse e stratificate, da affrontare con un minimo di raziocinio. I vampiri che popolano Redfall sono aggressivi, piuttosto violenti e non lasciano molto scampo se ci si trova con un ristretto numero di punti vita; peccato giusto che il mission design non sempre riesca a permettere a queste location di sbocciare in luoghi dove poter sperimentare i sistemi interni al gioco.
Bisogna anche dire che i vampiri non sono l’unica minaccia che si può incontrare girando per la città. Come la narrativa presto farà capire Redfall è popolata anche da seguaci di un pericoloso culto legato ai vampiri e da militari inviati dal governo per fare chissà cosa ai documenti che potrebbero spiegare il perché di tutti questi eventi conseguenti e pericolosi accaduti proprio a Redfall.
Per uccidere un vampiro ci sono molti modi secondo il folklore.
Redfall ne prende due e ne lascia a casa diversi altri, in una serie di scelte opinabile ma comunque funzionale secondo le scelte portate avanti dal gameplay. I normali proiettili di piombo possono soltanto arrivare a sfibrare il nostro notturno amico: il colpo di grazia al vampiro deve essere dato attraverso il fuoco o un bel paletto di frassino piantato nel cuore.
Per quanto riguarda il fuoco poco male: le classiche pistole lanciarazzi normalmente utilizzate più per effettuare segnalazioni in Redfall riescono a bruciare la carne dei signori della notte; se invece dobbiamo pensare ai paletti di frassino il giocatore sarà felice di constatare come le baionette non passino mai di moda e di come ci sia sempre il modo di attaccare un bel palo appuntito sotto la canna del proprio fucile.
Di base questa scelta obbliga il giocatore a ragionare sull’equipaggiamento da utilizzare per portare a casa la pellaccia, esattamente come accade negli altri looter shooter in circolazione dove queste problematiche sono solitamente gestite attraverso resistenze e debolezze elementali. Redfall a questa formula aggiunge anche una serie di strumenti di morte e gestione avversari atipici per il genere: da una parte abbiamo la sparapaletti, perfetta per eliminare i vampiri e molto meno per eliminare gli umani, dall’altra invece abbiamo la lampada UV che riesce a pietrificare i signori della notte a l massimo a far imprecare gli esseri umani.
Di base la varietà di armi e gli approcci che tutte queste risorse permettono di ottenere sono interessante, peccato però per il gunplay non sempre esaltante del titolo con un feeling delle armi che non varia tantissimo da uno strumento all’altro. Mouse alla mano sparare è in media divertente, ma si sente presto la stanchezza senza la varietà di approcci derivanti dalle parametrie spinte di un Destiny o un Borderlands.
Non particolarmente intelligente la scelta degli sviluppatori di delegare l’intera metà di tutti gli skill tree all’interazione del proprio personaggio con eventuali comprimari all’interno della modalità cooperativa. I giocatori single player si ritrovano, in questi casi, con un sistema del tutto castrato che non fa particolare onore alle scelte degli sviluppatori.
In generale OK il comparto narrativo e le scelte operate dalla software house per far vivere ai giocatori la storia. Redfall era una cittadina come le altre prima che i vampiri ne prendessero il totale controllo, letteralmente trasformando il mare che ne circonda buona parte in una muraglia impenetrabile e costringendo gli abitanti a perire o a organizzarsi in sacche di resistenza.
Nei panni di uno dei 4 personaggi selezionabili all’inizio del gioco avremo modo di diventare uno degli elementi cardine della resistenza. Questa nostra scalata al successo avverrà attraverso una progressiva riconquista delle varie aree della città, tutte tappezzate di rifugi da sbloccare, case da esplorare ed edifici storici a raccontare il passato di Redfall.
Senza dubbio rispetto al passato la narrativa è messa in secondo piano: le cutscene ci sono ma non brillano né per direzione artistica ne per esecuzione; va meglio la scrittura dei dialoghi tra il protagonista e gli altri personaggi che però spesso peccano di umorismo un po’ cringy, se vogliamo fare i carini. Il grosso del lavoro di Worldbuilding è stato fatto attraverso attraverso pizzini, fogli, foglietti e registrazioni audio; una scelta assolutamente non nuova per il genere ma che purtroppo non ottiene gli stessi riscontri di quanto è stato fatto dalla stessa software house in Prey, ad esempio.
Fortunatamente ci sono delle missioni in cui tutti i pezzi vanno al loro posto e in cui l’encouter design riesce a lavorare in maniera sinergica con il resto delle componenti del gioco. È un peccato che questi elementi risultino diluiti all’interno di una struttura di gioco in cui Arkane, semplicemente, non sembra avere abbastanza frecce al suo arco.
Redfall rischia di presentarsi come un videogioco bulimico ma in realtà finisce più per essere un videogioco in cui ci sono moltissime potenzialità sprecate.
Non ci sono abbastanza nemici in circolazione per poter dare al titolo l’impianto di un Left 4 Dead o di un Back 4 Blood, gli skill tree dei personaggi non sono abbastanza interessanti per poter dare al titolo la varietà interpretativa di un Fallout o di un RPG in prima persona, la scarsità di risorse come munizioni o strumenti viene eccessivamente controbilanciata da un livello di difficoltà in generale bassino e così via.
Quello che rimane è l’idea che con molto lavoro in più si poteva trasformare la città di Redfall in un gigantesco immersive sim open world a stampo horror, in cui conoscere le minuzie dell’ambientazione per ottenere sempre approcci nuovi ad un mondo ostile.
Quanto sarei curioso di poter mettere le mani sul post mortem con dentro tutte le scelte di publishing che hanno portato a questa denaturazione di una delle software house più talentuose in circolazione.
Qualche parolina conclusiva deve essere per forza di cose spesa sul comparto tecnico del gioco, che tanto ha fatto discutere e che tanto plausibilmente farà discutere durante il corso dei prossimi mesi.
Nello specifico l’esperienza del recensore è stata (più per fortuna che per merito) perfetta: mai un crash, mai un momento in cui il gioco lagga senza motivo. Il computer è carrozzato abbastanza da reggere Redfall a 60FPS in 1080p senza colpo ferire; pessima l’implementazione dell’FSR ma qui è difficile dire quanto sia colpa di Arkane e quanta di AMD.
Basta però girare sul web per trovarsi davanti ad una pletora di lamentele sulle effettive prestazioni del titolo quindi che dire: grazie dio dell’informatica per avermi graziato.
Le uniche lamentele che in sede di recensione ci sentiamo di fare sul comparto tecnico riguardano l’intelligenza artificiale dei nemici, in media molto scarsa ma spesso veramente ridicola a causa di questo o quel bug.
Ci è capitato diverse volte di avere vicino a noi vampiri in stasi, perfettamente capci di capire cosa c’era intorno ma semplicemente disattivati all’interno del mondo di gioco. Niente che una d1 patch da 70 GB (siamo seri ? lol) non possa risolvere.
Redfall ci prova ma cade in un limbo. Non è un immersive sim e non è un gioco di ruolo, non è un FPS cooperativo ne è un vero survival horror. Quello che Redfall cerca di fare è portare all’interno della struttura di un looter shooter un livello di agency per il player che vada oltre ai numerini che ha sulle armi, non sempre riuscendo in questa missione. Quando il gioco ci riesce, fortunatamente, l’esperienza diventa davvero interessante.
This post was published on 2 Maggio 2023 11:00
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