Se dovessimo stilare una classifica dei franchise più difficili da “gestire”, probabilmente Star Wars occuperebbe il gradino più alto del podio. La ragione, ovviamente, non risiede nella sua redditività, ma nel fatto di essere una saga oramai enorme, che ha abbracciato ogni tipo di media possibile ed immaginale e che, quindi, ha abituato bene la sua enorme fanbase, capace tanto di criticare aspramente la nuova trilogia, quanto di apprezzare le serie spin-off come “The Mandalorian”.
Nel 2019, dopo i disastri di Star Wars: Battlefront I e II, Star Wars Jedi: Fallen Order riusciva a risollevare le sorti del connubio con EA che, fino a quel momento, sembrava essere nato sotto una pessima stella. In sede di recensione (che potete recuperare qui), definimmo l’avventura di Cal Kestis come il videogame che ogni fan dell’opera di George Lucas stava aspettando; proprio sulla base di quanto ora scritto, è possibile immaginare quanto grande fosse l’attesa per Star Wars Jedi: Survivor, il titolo che, come ogni sequel, era chiamato a bissare il successo del suo predecessore.
Sotto questo aspetto, sappiamo bene che un developer come Respawn Entertainment non si limiterebbe mai ad adagiarsi sugli allori del successo; lo studio di sviluppo americano ha approfittato di questi anni per approfondire i pregi e colmare le lacune di Fallen Order, in modo da consegnare al pubblico un titolo tanto “figlio di suo padre” quanto fresco nella proposta ludica.
Ma Star Wars Jedi: Survivor è veramente riuscito a migliorare la formula di Fallen Order? O si è limitato ad esserne la copia carbone? Come di consueto, mettetevi comodi, allacciate le cinture e preparatevi a lanciarvi nuovamente ai confini di quella galassia lontana lontana che tanto ci era mancata in questi anni.
Nel caso in cui non aveste giocato il precedente capitolo, Star Wars Jedi: Survivor si apre con un breve riassunto degli eventi principali di Fallen Order. Come sappiamo, la trama del primo gioco iniziava circa 5 anni dopo l’Ordine 66, con cui veniva avviato lo sterminio indiscriminato di ogni Jedi della galassia; Cal Kestis era uno dei pochissimi sopravvissuti che, per sfuggire all’Impero, conduceva una vita da riparatore e rottamatore di astronavi sul pianeta Bracca, fino a che non viene sorpreso da un droide mentre usa la Forza per salvare un suo amico.
Da quel momento in poi, Cal diventerà un ricercato e, per sfuggire alle grinfie dell’Impero, inizierà un lungo viaggio a bordo dell’astronave Mantis, che lo porterà a scoprire se stesso, il suo destino e quello di un misterioso oggetto che sembra contenere le coordinate di tutti i bambini sensibili alla Forza; quanto ora detto obbligherà il nostro protagonista ad una difficile scelta finale.
Survivor inizia la sua narrazione circa cinque anni dopo i fatti di Fallen Order, con una galassia ancora sotto il giogo dei Sith e con il nostro eroe che oramai è diventato uno dei principali ricercati dell’universo. Dopo un inizio che definire traumatico è riduttivo, il destino di Cal sembrerà portarlo ad un nuovo scontro frontale con l’Impero, nonché ad un possibile “nuovo inizio” per l’ordine dei cavalieri Jedi.
Va da sé che, per raggiungere l’obiettivo finale, avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile, tanto di quello dei nostri vecchi amici, quanto di quello di volti nuovi e di persone che mai avremmo pensato di incontrare.
Sotto questo aspetto, la narrazione si attesta più o meno sugli stessi livelli di quella di Fallen Order: nonostante non si arrivi a livelli elevati, Survivor si lascia giocare con piacere, portandoci con una certa enfasi fino ai titoli di coda e riuscendo a mettere molti più “attori in scena” di quanto fosse lecito immaginare.
Come detto poche righe fa, Star Wars Jedi: Survivor ci farà incontrare nuovamente molte delle “facce amiche” che avevano scandito la nostra precedente avventura, che torneranno in azione forse con qualche ruga in più, ma con la stessa verve che avevamo imparato ad apprezzare. Quello che stupisce maggiormente è la quantità di personaggi nuovi che incontreremo e che, inutile dirlo, andranno a caratterizzare il nostro viaggio nella galassia.
Il grosso di questi nuovi incontri avverrà su Koboh, di cui parleremo in seguito in maniera più approfondita; giungeremo su questo pianeta per riparare la Mantis ma, inutile dirlo, ci ritroveremo presto coinvolti in tutta una serie di vicissitudini che, in un modo o nell’altro, ci faranno progredire nell’avventura. Quello che sembra un piccolo avamposto rurale sconvolto dalla furia dei predoni, presto diventerà la nostra base operativa, con tanto di saloon in cui poterci rilassare ed in cui poter scambiare quattro chiacchiere con tutta una serie di NPC che recluteremo e che, ovviamente, aggiungeranno note di colore (e, in alcuni casi, mini giochi e missioni secondarie) alla locanda.
Diversi personaggi spiccano per originalità del design, come il pavido Turgle e l’intrepido pescatore Skoova Stev; quello che però lascia un po’ di amaro in bocca è che la maggior parte di essi rivestirà il ruolo di semplice interlocutore. Sotto questo aspetto, sarebbe stato bello poter contare su una maggiore possibilità di interazione (magari anche sotto forma di side quest) che, invece, riguarderà soltanto una parte del “cast”.
Non mancheranno ovviamente le fonti di Echi della Forza per poter comprendere al meglio la storia più o meno recente del pianeta che stiamo esplorando ma, anche in questo caso, spesso si tratterà di elementi narrativi secondari.
Ciò che invece è da rimarcare è l’attenzione spesa per caratterizzare alcuni NPC nemici, in particolar modo i droidi da combattimento: saranno tantissime le volte in cui sentirete questi robot parlare tra di loro (se non addirittura litigare!), con linee di dialogo decisamente spassose, che si estenderanno anche al momento in cui li metterete K.O.
Chiunque abbia avuto modo di giocare Fallen Order, sicuramente ne ricorderà il gameplay a metà strada tra l’esplorazione ed il combattimento; ebbene, Star Wars Jedi: Survivor è riuscito ad ampliare ed approfondire i due elementi della sua formula.
Per quanto riguarda il primo dei due, scoprire ogni anfratto delle varie mappe di gioco sarà di fondamentale importanza, in quanto ci consentirà di mettere le mani su abilità, bonus, punti esperienza e vantaggi più in generale che, inutile dirlo, ci torneranno dannatamente utili nel corso della trama principale. Anche in questo caso, l’anima metroidvania è chiaramente percepibile: diverse aree saranno accessibili solo dopo aver sbloccato determinati poteri, spingendovi a tornare ciclicamente anche nei luoghi che avete già esplorato alla ricerca di nuove ricompense.
Sotto questo aspetto, l’inserimento del viaggio rapido si rivela essere un’aggiunta di fondamentale importanza, soprattutto constatando quanto sono state ampliate le mappe di ogni pianeta che saremo chiamati a visitare. Anche in questo caso, le attività da svolgere saranno diverse e, sulla strada per affrontare le missioni principali, potrete facilmente imbattervi in tutta una serie di side quest, di dungeon da esplorare e di punti nascosti da raggiungere, tutto questo facendo prevalentemente leva sul vostro spirito di osservazione.
Un’aggiunta interessante è rappresentata dalle Camere Jedi, delle zone nascoste in cui sarete chiamati a risolvere enigmi ed ottenere delle preziose ricompense. Anche le taglie ed i mini giochi presenti al saloon rappresentano il modo migliore per staccare dalla trama ma, tuttavia, una delle due pietre angolari del gameplay è e rimane quell’esplorazione che potrà regalare, ai cercatori più audaci, tanto ricompense quanto scorci mozzafiato.
Il pianeta Koboh è ottimamente suddiviso in varie macro aree, tutte ben caratterizzate e, nonostante gli altri pianeti presenti siano tutti decisamente più limitati in quanto a contenuti, non possiamo negare che l’ottimo lavoro di level design svolto da Respawn si estenda a praticamente ogni singolo stage.
Spostandoci al combat system, anche in questo caso non possiamo non notare l’opera di approfondimento ed ampliamento posta in essere dallo sviluppatore statunitense. Dopo qualche ora di gioco, potremo contare su ben cinque stili di combattimento: il classico ad una spada; la doppia lama, in stile Darth Maul; la doppia spada; la guardia incrociata (il tipo di spada sfoggiato da Kylo Ren) e, infine, spada e blaster.
Ogni stile potrà contare su un albero delle abilità appositamente dedicato, su delle combo da sbloccare, su dei diversi valori di attacco e di difesa e, ovviamente, su un diverso approccio ai combattimenti. Se abbiamo imparato a conoscere la spada singola e la doppia lama già nel precedente capitolo della saga, l’accoppiamento spada e blaster, pur uscendo un po’ dai canoni Jedi, riesce a garantire quella giusta varietà per affrontare i nemici dalla distanza; la guardia incrociata, invece, è studiata per coloro che desiderano aggredire l’avversario colpendo con la massima violenza possibile, anche a costo di concedere qualche apertura in difesa.
Va da sé che ognuno di questi stili è concepito per affrontare determinate tipologie di nemici e, proprio per questa ragione, vi ritroverete ad utilizzarli tutti. Se questa varietà ci ha sorpresi non poco, è altrettanto vero che il combattimento continua a presentare alcuni dei difetti che avevamo già ravvisato nel precedente capitolo della saga, tra cui dei tempi di parata/schivata non sempre precisissimi e, soprattutto, una certa imprecisione di fondo nei colpi. La stessa assenza di un vero e proprio sistema di mira nel blaster, dal punto di vista di chi scrive, lascia un po’ di amaro in bocca.
Anche le boss fight, salvo rarissime eccezioni, non rappresenteranno mai una sfida realmente ostica o che possa richiedere un certo impegno, ed è veramente un peccato non potersi spremere le meningi neanche un po’, soprattutto rispetto a quello che siamo chiamati a fare per risolvere i vari enigmi ambientali.
Chi ha letto la nostra recensione di Fallen Order, probabilmente si ricorderà di quanto la componente tecnica non fosse esattamente sugli scudi, per tutto un insieme di ragioni. Ebbene, nonostante Star Wars Jedi: Survivor sia artisticamente ispiratissimo, qualcosa continua a non funzionare come dovrebbe.
Come oramai consuetudine dei giochi current gen, anche Survivor ci chiede di scegliere tra la modalità Prestazioni e quella Qualità. Chi vi scrive ha provato il gioco prediligendo un maggior numero di fotogrammi al secondo, sacrificando qualcosina in termini di definizione e di HDR (opzione che sarà disponibile soltanto a partire dal lancio); tuttavia, il frame rate appare tutt’altro che stabile, non tanto nei combattimenti quanto nelle fasi di esplorazione, restituendo un’esperienza di gioco spesso “scattosa” e non sempre godibilissima.
Qualche altro piccolo intoppo c’è da registrare nel sistema di compenetrazioni: spesso vedremo il nostro Cal afferrare degli oggetti con le dita che entrano praticamente dentro l’oggetto. Inoltre, ci è capitato spesso di sentir parlare il protagonista, senza che però le sue labbra accennassero il minimo movimento, così come è stato frequente non riuscire a scansionare un determinato oggetto con il nostro fedele droide BD-1 perché non compariva il relativo prompt del comando.
È inoltre avvertibile la transizione tra cutscene e gameplay, soprattutto a causa delle bande nere “cinematografiche” che vedremo comparire e che, inutile dirlo, spezzano un po’ il ritmo. Volendo continuare ad analizzare questo aspetto, è possibile imbattersi in tutti quegli espedienti che, in maniera neanche troppo velata, mascherano i tempi di caricamento. Dalle strettoie agli ascensori, dagli interruttori da attivare di volta in volta ai “boati di silenzio” sulla Mantis quando si passa da un pianeta all’altro, a cui spesso si aggiungono dei tempi di caricamento veri e propri, anche piuttosto sensibili.
Come detto poco fa, Survivor ha una componente artistica di primissimo livello, che riesce tanto a pescare dalla vasta opera fin qui svolta da George Lucas e soci che a dare vita a creature aliene ben realizzate; non mancheranno nemmeno dei colpi d’occhio degni di un film della saga, così come l’azione adrenalinica alla Uncharted. Tuttavia, da un punto di vista squisitamente tecnologico, il gioco non riesce a rimanere impresso nello sguardo dell’utente.
Star Wars Jedi: Survivor è, sotto certi aspetti, il miglior sequel che si potrebbe desiderare, in quanto riesce a migliorare tutti i pregi del suo illustre predecessore e, alla fine, ne colma anche qualche lacuna. Tuttavia, se la trama (pur non brillando) fa il suo lavoro, se l’esplorazione ed il combattimento sono stati decisamente approfonditi e resi più vari, se ogni mappa di gioco è molto più ricca di vita di quanto si potesse immaginare, il titolo Respawn presenta degli intoppi di natura prettamente tecnica, che gravano sull’esperienza complessiva di gioco. Sicuramente nei giorni successivi arriveranno patch correttive che andranno ad aggiungere l’HDR e che porranno rimedio a tutti quegli “scivoloni” descritti in precedenza ma, allo stato attuale, il lato “tecnologico” rappresenta il vero tallone d’Achille dell’opera pubblicata da EA.
Tuttavia, se avete apprezzato la prima avventura di Cal Kestis e compagni, non possiamo che consigliarvi anche questo suo sequel, estendendo l’invito anche a tutti coloro che avessero solo sentito parlare del gioco: potreste trovare una nuova galassia da esplorare, e da cui non sarà facile staccarsi.
This post was published on 26 Aprile 2023 17:00
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