Ogni tanto nel vasto universo dei videogiochi accade che qualche titolo indie coraggioso decide di sperimentare e dire la sua e il prodotto viene rilasciato colmo di amore.
Hunt the Night è un gioco sviluppato da Moonlight Games ed edito da DANGEN Entertainment, uscito il 13 Aprile su PC, Xbox One, Serie X, PS4, PS5 e Switch che rientra perfettamente in questa categoria.
Prima di spiegarvi perché Hunt the Night è un gioco da giocare, mi permetto una premessa:
La recensione di Hunt the Night sarebbe dovuta uscire giorni fa, ma il sottoscritto ha avuto problemi con la difficoltà del gioco. Essendo il gioco un soulslike, la difficoltà fa parte del suo design. Ergo la mia incapacità di affrontare le sfide e progredire oltre un certo punto entro un tempo decente non verrà considerato un punto negativo del gioco. Per tale ragione non sono riuscito a concludere la trama ma ho visto e giocato abbastanza per poterlo apprezzare e recensire.
Un Dark Fantasy che odora di nuovo
Hunt The Night ha una trama dark fantasy come molti altri giochi o libri hanno là fuori, ma la sua esecuzione dimostra una padronanza delle tematiche e una esecuzione consapevole.
La trama di Hunt the Night ha luogo nel mondo di Medhram, un mondo fantasy dove il giorno e la notte si alternano in cicli di tempo indefiniti anziché delle mondane 24 ore. Mentre il ciclo del giorno è dominato dall’uomo il ciclo della notte è dominato da creature oscure e orrori. All’arrivo di ogni notte l’umanità era cancellata dal pianeta e si vedeva costretta a ripartire poi da 0.
Tutto ciò è stato fermato dall’utilizzo di un particolare sigillo e da un enorme sacrificio di sangue: tutto ciò ha assicurato la “sicurezza” per centinaia di generazioni a venire. Purtroppo l’eternità in questione si è dimostrata solo una farsa e l’oscurità alla fine è giunta, portando con sé distruzione e minacciando i portare il mondo all’estinzione.
La protagonista della storia è “Vesper”, un membro degli Stalker (ordine che si occupa di cacciare creature e proteggere l’umanità dagli orrori della notte; il sangue di Vesper è legato al sacrificio fatto generazioni prima e ciò gli permette di accedere, in parte, al potere dell’oscurità.
A Vesper, quindi, non resta che viaggiare per il mondo in rovina nel tentativo di salvare l’umanità senza cedere all’oscurità dentro di sé.
La trama è piena di dettagli, con una lore centellinata e presente in un mondo dai molteplici riferimenti narrativi, esattamente come accade in generale nei Soulslike. Questi riferimenti sono tutti consultabili facilmente grazie a delle piume di corvo che gli Stalker incantano con i propri ricordi e che Vesper troverà sparse per il mondo.
Hunt the Night è una delle iterazioni più interessanti del dark fantasy recente, riuscendo a mantenere estetica e temi topici del genere all’interno di un sistema in cui tutto e fruibile e funzionale, specie nella gabbia dell’indie isometrico.
Le note, gli oggetti, i squarci di trama e ambientazione sono tutti interessanti e cadenzati e sparsi bene nel mondo di gioco. Questo permette un graduale ed esponenziale interesse nel mondo di gioco.
Una volta superato il prologo, potremo navigare negli spazi della mappa (più o meno) liberamente. Questa parte open world dona un effetto simile a quello di Elden Ring ma soffre della mancanza di orizzonte del bidimensionale. Ho percepito che l’esperienza di gioco potesse essere migliorata con un po’ di linearità in più.
Unica nota di demerito per la trama sono i dialoghi con i personaggi non giocanti, a volte inconcludenti, altre volte un po’ troppo oscurati da un alone edgy.
Un diamante grezzo
Sul lato di gameplay Hunt the Night si presenta carico di idee e l’esperienza di gioco è capace di dare un senso di fresco a generi e meccaniche già visti in altri titoli.
Hunt the Night presenta lo scheletro classico action adventure isometrico con grafica in pixel art. Mentre il combattimento presenta note più appartenenti ad un soulslike: l’esplorazione, inoltre, prende idee dal mondo dei metroidvania e le integra con fasi più platform.
L’elemento che unisce le due parti è l’utilizzo dello scatto che diventa strumento per navigare aree e fasi platform e anche schivare proiettili e attacchi nemici.
L’arsenale a disposizione di Vesper per affrontare gli orrori della notte è vasto e nessuna arma si paleserà come nettamente superiore ad altre, ma anzi alcuni nemici saranno più facili da abbattere con alcune armi piuttosto che altre in base al tempismo degli attacchi. Una combinazione di armi, armature, potenziamenti, armi a distanza e attacchi speciali permettono una varietà di approcci e, in combinazione con l’assenza di punti abilità o livelli, permette una elevata flessibilità anche all’interno di una stessa run.
Esattamente poi come un metroidvania (ma anche un souls) sparsi per le mappa ci sono power up o particolari oggetti che in combinazione con il Noctilium (le “anime” di Hunt the Night) permettono di aumentare di potenza. Tutto ciò è reso possibile grazie alla presenza di un hub e di viaggio rapido tra checkpoint.
La difficoltà del gioco è elevata ma è raramente frustrante.
Essa non perdona errori di distrazione, specialmente contro alcuni boss o nemici.
Vi è ad esempio una categoria di nemico che è inizialmente invisibile ma è individuabile grazie alla sua lieve ombra. Sicuramente Hunt the Night ha imparato da Elden Ring e ha piazzato respawn fuori dalle camere dei boss, permettendo di riprovare ad oltranza (e fallire nel mio caso).
Hunt the Night però non è senza sbavature o difetti. Le fasi platform richiedono a volte un po’ troppa precisione, del tipo che se non salti dal confine assoluto della piattaforma non raggiungi quella dopo nonostante dalla grafica sembrerebbe di sì.
Gli attacchi sono “pesanti” e bloccano l’input rendendoli poco reattivi. Effettuare un attacco quindi ci esporrà specialmente contro nemici veloci. Questo punisce molto uno stile basato sullo scatto-attacco-scatto, perché la finestra di tempo per farlo è breve, poiché l’animazione d’attacco ha una parte antecedente e posteriore all’attacco che bloccano altri input.
Tutto sommato il gameplay di Hunt the Night funziona egregiamente per il gioco, riesce con qualche imperfezione, ma i ragazzi di Moonlight Games possono essere fieri di come funzioni.
Un design memorabile
Hunt the Night si presenta con un affascinante iterazione della sempreverde pixel art.
La qualità grafica e i disegni degli ambienti di gioco sono stellari e riescono a dare un senso di meraviglia all’esplorazione che non mi sarei mai aspettato da un gioco bidimensionale in pixel art. Un plauso va fatto anche ai biomi e alle scelte dei colori, che permettono di distinguere chiaramente le zone diverse, anche qui non scontato per un titolo in pixel art.
Anche il design delle creature è eccezionale, con qualcuna più definita e ispirata di altre (le anime base sono un po’ deludenti).
La qualità dei personaggi invece, protagonista inclusa, è altalenante e in genere minore rispetto al resto. A volte Vesper sembrava proveniente da un gioco diverso, con l’effetto secondario di renderla molto leggibile.
Infine il design di tutti gli elementi dell’UI e dell’interfaccia è piacevole e leggibile, senza cadere per le trappole che la pixel art comporta.
Il problema grafico di Hunt the Night è rappresentato dalle animazioni. Non solo come menzionato prima risultano particolarmente pesanti o lente, ma sono anche imprecise di difficile lettura (essendo legati ai personaggi come menzionati sopra).
Tolto questo appunto finale, la pixel art di Hunt the Night è un lavoro che si fa assaporare con piacere vagando per le terre di Medhram.
Datemi più organo
La soundtrack di Hunt the Night è il perfetto accompagnamento per il gioco.
In più punti del gioco la soundtrack, insieme al design degli ambienti, creava una sensazione di solennità tipica del genere ma sorprendente per una produzione indie come quella di Hunt the Night.
Le musiche delle bossfight sono cariche del giusto pathos e disperazione. Peccato che non le ho trovate caricate da nessuna parte, perché le avrei volentieri utilizzate nelle mie sessioni di D&D.
Il sound design degli attacchi, delle creature e dei movimenti è sempre calzante e mai fuori luogo.
Conclusione
Hunt the Night è uno di quei capitoli indie che meriterebbero molta attenzione e che fanno scuola. Non solo riesce a costruire una trama e una ambientazione interessante nonostante la presenza di tutti i topoi del genere, ma sperimenta senza paura e lo fa con il coraggio che solo un indie può avere. Giocare a Hunt the Night è come sfogliare le pagine di una grande opera d’amore, una grande dedica ai videogiochi. Basta giocarci qualche ora per capire chiaramente che i ragazzi di Moonlight Games hanno amore da vendere, e anche se Medhram è colpita dal buio, quello di Hunt the Night è un buio pieno di amore.
PRO
- Mondo di gioco affascinante
- Design dei luoghi e mostri ispiratissimo
- Gameplay interessante
CONTRO
- Animazioni poco curate rispetto al resto
- Gameplay ancora grezzo nell'esplorazione
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