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Recensioni

Curse of the Sea Rats | Recensione NSW | Non tutti gli indie nascono col buco

Nella ormai lontana estate del 2020 nel panorama videoludico di Kickstarter appare un indie selvatico, promette di avventure topine e piratesche, di metroidvania dalle animazioni disegnate a mano, di partite coop e dalla narrazione dalla giusta leggerezza.

Promesso per l’estate del 2021, in uscita il 6 Aprile 2023, Curse of the Sea Rats è un gioco indie sviluppato da Platoons Studio e pubblicato da PQube, finanziato da una campagna Kickstarter che ha raccolto 242.395€ con più di 5900 sostenitori.

Generalmente mi definisco un amante dei giochi indie, nonché un grande credente nella loro potenza narrativa e di innovazione, così ho preso in mano Curse of the Dead Rats con piacere, ma ammetto non fossi pronto a quanto ho trovato davanti.

Ora vi spiego il perché.

Gli screenshot usati in questo articolo sono del Media Kit e non sono stati fatti su Nintendo Switch.

Idee confuse ed esecuzioni sempliciotte

Alcuni topi hanno attacchi a distanza, rendendoli infinitamente più forti di altri

Dal punto di vista di design Curse of the Sea Rats non innova il genere metroidvania su nessun fronte, anzi.

Nonostante il gioco ci offra quattro personaggi disegnati a mano con animazioni, armi e addirittura salti e scatti differenti l’uno dall’altro (un po’ troppo, visto che non è proprio il massimo che un personaggio faccia uno scatto all’indietro e tutti gli altri in avanti), il gameplay è sempre lo stesso: attacca e prova a fare il parry.

In questo gameplay loop, all’apparenza anche interessante, ci sono diversi problemi:

Innanzitutto l’input lag su Switch è immenso, e può capitare più volte di sentire una forte dissonanza tra le proprie intenzioni e le azioni a schermo, con il personaggio che a volte non registra proprio l’attacco se segue il movimento (rendendo ricalibrazioni veloci della posizione, in un gioco 2D, praticamente impossibili).

Un secondo problema maggiore è che è praticamente impossibile fare dei parry. Ora, il sottoscritto non è esattamente “Let me solo her”, e né è riuscito a finire Sekiro quando ha provato a giocarlo, ma gioca da quando ha tre anni e non è neanche esattamente una pippa a giocare gli action. In poco più di dieci ore di gioco è riuscito a fare un parry soltanto ad un nemico e perché ha scoperto a caso che poteva individuare il tempismo perfetto canticchiando una melodia specifica. I nemici sono imprevedibili e le animazioni sono raramente costanti e mai chiare da leggere. Non so chi ha pensato che creare delle animazioni a molla 2D, dove le prime parti sono lente e l’ultima, proprio quella che rappresenta la finestra di parry, più veloce della luce fosse un’idea intelligente.

Un terzo problema minore è che ogni colpo fa vibrare entrambi i controller. Il feedback dei colpi è importante, ma così si perde la sensibilità a questo e fa anche abbastanza ridere, perché se tiro un colpo con un coltello quando uso la topina nativa americana mi sembra fuori luogo far vibrare tutta la dannata console.

Un quarto problema frustrante è che il knockback di quando si è colpiti è eccessivo e a volte scatena una serie di eventi disastrosa poiché non ci donerà neanche un secondo di immunità, rendendo gli angoli il nemico più pericoloso di Curse of the Sea Rats.

Vabbè ma ci sarà qualcos’altro no?

Banana è il nome del Tucano per la cronaca

Un problema economico

Curse of the Sea Rats ha due currency nel gioco: le monete, con cui comprare oggetti di cura (estremamente limitati, ma ha senso per il genere) e un surrogato meno macabro delle anime dei souls-like, usati in checkpoint specifici per acquisire delle abilità.

Questo sistema è bello nel mondo delle idee ma l’esecuzione lascia molto a desiderare.

Il problema numero uno è che la maggior parte delle abilità sbloccabili in questo modo è passiva, e quelle poche attive presenti sono difficile/scomode da usare o dritto per dritto non ne vale la pena.

Un secondo problema, il quale dovrebbero fixare con una patch, ha impattato molto l’esperienza di gioco, e non ho idea se derivi da un bug o un difetto di design. In un modo o nell’altro, grazie a questo problema dopo sole poche ore di gioco avevo buona parte delle abilità di un personaggio sbloccate e migliaia di “anime” da parte.

Ma come? I nemici in fondo non ne droppano così tante. Però c’è qualcos’altro. Quando il personaggio muore infatti, perde metà delle proprie “anime” e le lascia sul punto di morte. Ovviamente alla vita o tentativo seguente potremo recuperare le anime e continuare per la nostra strada. Ma morendo più volte di fila, nello stesso punto, si rompe completamente il sistema di gioco. Poiché le anime sono perse al punto di morte, e il personaggio dopo è ancora in grado di assorbire anime vicine, quello che accade è che per qualche ragione si assorbono le anime perse prima e adesso e si sommano a quelle già presenti, ma nel sommarle praticamente si duplicano.

Immaginate di avere 1000 anime e di morire su degli spuntoni. Ora avete 500 anime e tornate a prendere le vostre 500 ma morite di nuovo come degli stupidi e perdete 250 anime, ma nell’animazione di morte raccogliete le 750 anime a terra, e nel contatore in basso a destra leggete 250+1500. Adesso avete 1750 anime. Usando questa tecnica, per sbaglio tra l’altro perché le fasi platform mi acculturavano sul calendario cattolico dei santi, ho raggiunto le 12000 anime, capaci di catapultarmi nell’end game delle skill alla quinta ora di gioco.

Un terzo problema di questo sistema è che a volte usare questo bug è l’unico modo per andare avanti e battere alcuni boss, al fronte di un sistema di parry impossibile e un movimento impreciso. Questo bug, per quanto bug, è stato l’unico modo in cui sono riuscito a giocare tanto quanto ho giocato, altrimenti sarei rimasto bloccato sugli stessi boss che facevano attacchi impossibili da schivare, e ancora più difficili (o direttamente impossibili) da parriare.

Curse of the Sea Rats è un indie, e come tale non sarà mai un’esperienza rifinita come un gioco AAA, ma nello stato attuale il gameplay è estremamente grezzo. Durante il gameplay ho più volte percepito che la direzione del design fosse inconcludente e insipida, come se mancasse di una scelta abbastanza coraggiosa o una vera e propria direzione. E nel frattempo finisce per fare tutto e male.

Peccato.

Ammiraglio, mi si sono topinizzati i marinai

Una nonna umana che non schiaccia i topi… Strano

A conti fatti, il titolo di questo paragrafo riassume abbastanza bene la trama del gioco.

Una nave della marina (Inglese, credo) cade vittima della maledizione di una strega malvagia, che trasformerà tutta la ciurma in topi e rapirà il figlio dell’ammiraglio. I giocatori impersoneranno i prigionieri della nave, trasformati in topi anche loro, a cui sarà data un’opportunità di redenzione qualora dovessero riuscire a salvare il figlio dell’ammiraglio. Il tutto scatenato quando la strega in qualche modo ha “soltanto” fatto cadere un amuleto potentissimo che diventerà il fulcro del potere dei protagonisti.

Ovviamente la strega malvagia ha con sé diversi alleati, tra cui granchi potenziati magicamente, pirati corrotti e topi di tutti i tipi.

Sebbene la trama in sé sia senza infamia e senza lode, e l’esecuzione sia godibile abbastanza da non rovinare l’esperienza di gioco, ma neanche aggiungere chissà cosa, il modo in cui è raccontata, e la scrittura dei dialoghi, le fa perdere molto.

Non solo capiterà di sconfiggere i boss, gli scagnozzi della strega, e rivederli nelle cutscene dopo vivi e vegeti a lamentarsi della loro vescica piena (e non è un flashback, è letteralmente preceduto dalla scritta “Nel frattempo”), ma i dialoghi scritti e alcuni personaggi, specialmente quelli secondari con le quest legate agli oggetti, sembrano davvero diffusi per il mondo quasi a caso. Mancano di una reale coerenza.

Comunque la trama sin da subito mette in chiaro la sua leggerezza. Alla fine se un topo grasso si chiama “Panzo”, non mi aspetto di certo Shakespeare, però a volte la sua scrittura stona davvero tanto e non riesce neanche a divertire, tanto più quando tutto il resto è costellato di problemi.

Nota finale va ad alcuni dialoghi che erano semplicemente strani da leggere. Alcuni così fuori luogo da tirare il giocatore completamente fuori dall’immersione e confonderlo come solo la supercazzola passando in prefettura può fare.

Topi 2D su sfondi 3D

Questa UI manca di rifiniture, non riesco a convincermi del contrario

L’aspetto grafico di Curse of the Sea Rats è particolare.

I disegni 2D dei personaggi e i loro design sono in realtà stupendi. I topi sono super interessanti e i quattro possibili personaggi hanno un loro carattere e raccontano molto già dalla loro illustrazione. La stessa logica va applicata ai boss, i quali sono in media interessanti da vedere e hanno belle animazioni (ma difficili da leggere).

Lo stesso non si può propriamente dire dei nemici generici, i quali soffrono dello stesso problema orribile di lettura ma perdendo anche di qualità.

Il vero elemento che stona è la qualità degli sfondi 3D. Il gioco non è bello da vedere, i topi e le animazioni sì, ma lo sfondo, specialmente dei primi biomi, è semplice e a volte semplicemente brutto.

Dello stesso problema ne soffre in parte l’UI, che ha le stesse vibe dell’UI che si trova gratuita sui siti di indie development e che appare selvatica e con qualche piccola modifica ogni volta in gioco diversi sviluppati su Unity. In sostanza l’UI non è sempre molto leggibile e comunica un’idea di non finito, o meglio ancora, non rifinito abbastanza.

Dal punto di vista tecnico, su una Switch Oled non in modalità docked, il gioco laggava, spesso. E per quanto la Switch non sia alimentata a RTX, non mi aspetterei da un gioco con la grafica così semplice prestazioni del genere. Più volte mi domandavo se l’input lag derivasse dalle prestazioni o meno.

Doppiaggio horror

A volte la visibilità non era un granché, specialmente su Switch

Il comparto sonoro di Curse of the Dead Rats è altalenante.

Da un lato vi sono delle musiche orecchiabili, brani che stancano ma che non sono orribili né infastidiscono l’ascoltatore. Non contribuiscono particolarmente all’esperienza, ma hanno i loro momenti di gloria.

Dall’altro vi è un doppiaggio che va dal decente e discutibile al pessimo ed estremamente offensivo. Il mio primo personaggio era un ex schiavo, e dire che parlava in un inglese incomprensibile e altamente razzista, è esagerare in meglio. Immaginate come vi aspettereste un immigrato africano parlare se fosse uno sketch di pessimo gusto denigratorio, ecco, avete il doppiaggio del personaggio. Io non so come abbiano passato qualcosa del genere in produzione.

So che è fixabile, e che spero lo facciano, ma di fronte ad una caduta di stile del genere non credo vada detto altro.

Conclusioni

Curse of the Sea Rats è un’occasione persa. Non doveva necessariamente innovare. Poteva essere un semplice metroidvania con ottime meccaniche GDR, una narrativa leggera e comica, e un gameplay solido e divertente e invece è una ciambella senza buco. Non sono riuscito a scrollarmi di dosso, durante tutte le mie ore di gameplay la sensazione che un indie è fatto con amore, e di amore in Curse of the Sea Rats ne ho visto poco, e quasi tutto concentrato sull’arte 2D.

This post was published on 31 Marzo 2023 11:00

Pasquale Monniello

Game designer, Dungeon master nonché Informatico. Ho imparato a giocare al computer prima di saper leggere, imparando a memoria i tasti da premere e le icone da cliccare. Passo almeno metà della mia esistenza a giocare o a creare esperienze di gioco.

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