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Recensioni

Company of Heroes 3 | Recensione (PC) | Passi avanti e occasioni perse

Inizio questo articolo con un ammissione di colpa: Ammetto di averci messo più del dovuto per recensire Company of Heroes 3, ma non per ritardi o impegni vari, ma perché sono stato molto combattuto.

Infatti Company of Heroes è forse una delle saghe videoludiche a cui sono più legato emotivamente. Da amante della storia e degli strategici (in tempo reale e non) Company of Heroes ha rappresentato sempre un sogno diventato realtà e ho passato molte ore delle mia adolescenza tra Company of Heroes 1 e Company of Heroes 2 (di cui ho memorie e ricordi che mi fanno ancora oggi venire la pelle d’oca). Quando hanno annunciato Company Of Heroes 3 non potevo essere più felice. Finalmente un nuovo company of heroes e finalmente uno ambientato in Italia!

Non avevo hype, ma da giocatore della saga avevo delle chiare aspettative e un elevato interesse. D’altronde avevano annunciato un nuovo modo di fare una campagna Singleplayer, con la liberazione sandbox del Sud Italia con gli Americani, e per la prima volta al lancio ci sarebbero state più di due fazioni differenti.

Il 23 Febbraio quando è dunque uscito Company of Heroes, ho subito iniziato a giocarlo, ansioso di vedere i risultati.

Giocarlo mi ha lasciato forti emozioni contrastanti, e ho voluto passare diversi giorni senza aprirlo prima di scrivere la recensione per far sì che il fan boy in me lasciasse spazio al critico amante di game design.

Ecco a voi il risultato.

Un passo avanti e due indietro

Il lanciafiamme rimane l’unica opzione reale per i genieri

Al lancio il gioco offre due campagne single-player differenti: le operazioni dell’Afrikakorps guidate dalla Volpe del Deserto Erwin Rommel, una classica campagna a missioni ambientata in Libia, e la liberazione del sud Italia dall’occupazione nazista, una campagna sandbox con una mappa alla “Total War” con molteplici obiettivi e approcci possibili.

La presenza di due tipi di campagna differenti è una scelta azzeccata e riuscita, offrendo tipi di esperienza differenti e fungendo da chiaro modo di esplorare le meccaniche delle fazioni che poi useremo nelle schermaglie multiplayer. Variegare l’esperienza singleplayer risulta dunque un ottimo investimento con spunti per sviluppi di futuri DLC o capitoli della saga.

La campagna lineare che vede come protagonista Erwin Rommel e le sue operazioni in Libia è purtroppo un passo indietro rispetto alle campagne lineari del capitolo precedente. Nonostante la presenza di un doppiaggio sopraffino e delle vignette cutscene molto ispirate tra una missione e l’altra, soffre di un problema che speravo di non vedere in un capitolo del genere: La trama racconta del problema, degli effetti della guerra, ma non lo mostrano.

Per essere espliciti, nello storytelling la regola 0 vigente è show don’t tell, mostra non raccontare. È sempre meglio mostrare il dolore di qualcuno piuttosto che raccontarlo. La campagna singleplayer lineare racconta del dolore delle popolazioni locali Libiche, ma è sempre qualcosa visto nelle cutscene e mai realmente direttamente influenzato dal giocatore. Forse per giocarlo sul sicuro, forse per qualche altra ragione, Company of Heroes 3 ti mette a comando di uno dei comandanti più spietati del terzo reich ma questo non ha peso. Le cutscene parlano di deportazione, di stragi civili, di bombardamenti. Ma chi gioca vede solo le battaglie e le vittorie di Erwin Rommel. Ciò crea un impatto molto strano, per cui sembra che narrativamente parlando la Relic si sia sparata sui piedi con questa campagna.

Nel secondo capitolo della saga invece la trama principale vedeva il contrattacco sovietico della Germania a partire dalla folle ed atroce battaglia di Stalingrado e non aveva paura di far giocare al giocatore gli orrori dell’armata sovietica e di raccontare le sue realtà. Dai prigionieri mandati in guerra, ai soldati senza armi fino ai generali che sparavano sui propri soldati in ritirata.

Momento fierezza quando la quest secondaria ti dice di andare a Bari

La campagna lineare di Company of Heroes 3 è dunque un passo indietro sulla maturità e il coraggio della narrativa, anche se il valore della produzione è chiaramente più alto.

La campagna sandbox è un altro scenario in cui la Relic fa dei passi avanti, ma non senza inciampare.

Infatti sebbene la campagna sandbox abbia un bel tutorial, anche se non senza difetti, delle belle ispirazioni e soprattutto una meccanica di bilanciamento della reputazione con gli Americani, gli Inglesi e i Partigiani che sulla carta offre degli spunti interessanti, l’esecuzione è un po’ pigra e l’assoluta deficienza artificiale della campagna rovina completamente l’esperienza.

Essendo un giocatore avido di strategici in tempo reale ho alzato la difficoltà il più possibile, e comunque in tutte le ore di gioco della campagna non ho perso una singola battaglia o un singolo territorio contro i nazisti. Sembra che gli sviluppatori a tratti si siano dimenticati di attivare l’intelligenza artificiale.

Tanto era l’assoluta dominazione, che avevo imparato a memoria i tipi di missione che venivano generati per le battaglie e per alcuni avevo imparato a vincere in 10 minuti minimizzando le perdite ad una singola unità. E nelle schermaglie in multiplayer le prendo di santa ragione, quindi non sono esattamente una cima.

Al di là di questi problemi, che però rovinano l’esperienza, la campagna offre delle belle missioni sceniche e l’opportunità di visitare e liberare città e luoghi a noi familiari (è stato bello liberare la mia natia Bari dalla presenza della Wehrmacht). È difficile parlare dell’impatto di design delle altre novità, poiché probabilmente anche senza non avrei avuto nessun tipo di sfida.

Le campagne di Company of Heroes 3 partono con le migliori intenzioni ma mancano il bersaglio e l’esecuzione di ambe due non si dimostra all’altezza delle tematiche.

Il triangolo no

La squadra di PanzerCHADier con 121 uccisioni

Il gameplay di Company of Heroes 3 è la sublimazione di tre capitoli della saga e tanto, tanto feedback sulle meccaniche ricevuto dall’utenza.

L’introduzione della pausa tattica, la miglioria delle skill, il rifacimento dei “skill tree” con le compagnie, e soprattutto uno shift di focus più verso la fanteria che verso corazzati pesanti porta il gameplay di Company of Heroes 3 ad essere il migliore della saga senza dubbi.

Se in una schermaglia nei capitoli precedenti vinceva il primo in grado di schierare carri armati pesanti, in questo la presenza di cannoni anticarro più facili da ottenere e più letali e maggiori opzioni anticarro per la fanteria risolve finalmente il dilemma che sembrava legato a Company of Heroes per sempre.

La varietà delle unità di fanteria è enorme e soprattutto lo sono le opzioni di evoluzione per cui la stessa unità può evolversi nel peggior incubo della fanteria nemica o una agile squadra anticarro.

Le unità di supporto, quali mitragliatrici leggere, mortai e i genieri (specialmente quelli muniti di lanciafiamme) rimangono estremamente potenti, ma risultano meno dominanti rispetto ai capitoli precedenti grazie a un aumento di opzioni di fanteria motorizzata leggera, disponibili quasi subito nelle schermaglie.

Questo crea un effetto sasso carta forbice che genera un gameplay sempre fresco e innovativo. La fanteria è efficace contro i mezzi, i mezzi sono efficaci contro la unità di supporto e le unità di supporto sono efficaci contro la fanteria.

Un mitragliatrice leggera ben piazzata in company of heroes 3 non sarà sufficiente a mantenere un punto conquista da solo, come in alcuni capitoli precedenti, ma ci vorrà una combinazione intelligente tra il sasso, la carta e la forbice.

Il redesign delle compagnie è interessante e introduce meccaniche in grado di spezzare stalli o ribaltare situazioni di squilibrio nel triangolo del loop principale.

Come elemento finale di merito e sorpresa, le quattro fazioni disponibili al lancio (U.S.A, Gran Bretagna, Afrikakorps e Wehrmacht) sono bilanciate anche se meno diverse nelle unità rispetto ai capitoli precedenti (io sogno ancora i Sturmtrooper dell’Oberkommando West in CoH2), la varietà si presenta nel tipo di compagnie e skill speciali.

Sotto la lente del gameplay Company of Heroes 3 può solo migliorare con l’arrivo delle patch e il passare del tempo, le basi sono tutte presenti e la situazione al lancio è fertile per una communità attiva nel multiplayer. Nell schermaglie l’IA presenta ancora tratti di deficienza, ma meno in confronto alle campagne single player.

Esplosioni, Fuoco e vigneti in campagna

Bruciare l’MG che tiene sotto torchio i tuoi uomini è una goduria

Il comparto tecnico di Company of Heroes 3 è un chiaro passo avanti per la saga ma è un po’ incerto.

L’ottimizzazione è ben riuscita e svolge il suo lavoro anche con molte unità a schermo ed esplosioni e gas vari ed eventuali (oops ho sganciato del fosforo bianco sull’Afrikakorps…).

I modelli sono un passo avanti e le animazioni sono piacevoli; è bello vedere la complessità delle singole unità aumentare e cominciare a vedere animazioni più uniche e con un framerate più alto dei 15 FPS. Le esplosioni e in genere gli effetti scuotono la battaglia e hanno il giusto peso visivo.

Peccato per un occasione persa di rivedere l’HUD e di innovare, perché è sempre lo stesso da più di dieci anni.

La nota di demerito se la prende tristemente per la campagna in single player sandbox, che convive con lo stesso problema che molti Civilization hanno. Passare il turno rompe spesso la grafica, ma soprattutto il framerate fisso. Più volte mi sono ritrovato con lo zoom completamente fuori dalla mappa incapace di capire cosa l’IA stesse facendo (o non facendo) nel mio territorio.

Tra urla di dolore e frasi ilari

Come dicevo le esplosioni sono soddisfacenti

Contro ogni aspettativa, il sound design di Company of Heroes 3 è assolutamente spettacolare.

Il doppiaggio delle unità (in lingua inglese), da sempre soggetto a meme anche dovuti alla loro ripetitività (vorrei ricordare Stronghold e i suoi “MOVETEVI, CANI!”), è di una qualità disarmante. Ho sentito genieri inglesi chiedere quand’è l’ora del te, urlare poi di dolore quando gli esplodeva la granata ai piedi, per poi urlare dopo “A CHI CAUSEREMO PROBLEMI OGGI”.

Ancora più speciali sono le unità Italiane e come sono state doppiate. A parte l’inglese maccheronico, sentire i bersaglieri urlare “Ictu impetuque primus” (primo nel colpire e nell’assalire) quando li mandi a caricare gli Inglesi in Libia è un’esperienza surreale che migliora l’immersione e rende tutto ancora più magico.

Le armi, le esplosioni, tutti i suoni sono stati migliorati e tutti miglioreranno le vostre partite in multiplayer.

E per le persone di cultura, no, non ci saranno i Katyusha, ma il suono del Nebelwerfer rimane materiale per incubi.

Conclusioni

Company of Heroes 3 è un mezzo successo. Se da un lato rappresenta il gameplay migliore della saga, maturo, completo e soprattutto bilanciato, dall’altro offre una esperienza singleplayer che lascia un retrogusto amaro e sembra abbandonata a sé stessa. Un comparto tecnico e sonoro solidi non bastano a bilanciare le brutte esperienze e le occasioni mancate con entrambe le campagne singleplayer, ma giocando solo schermaglie e multiplayer, Company of Heroes 3 è in tutto e per tutto il Magnum Opus della Relic, e soprattutto da qui in poi può solo migliorare.

This post was published on 6 Marzo 2023 12:30

Pasquale Monniello

Game designer, Dungeon master nonché Informatico. Ho imparato a giocare al computer prima di saper leggere, imparando a memoria i tasti da premere e le icone da cliccare. Passo almeno metà della mia esistenza a giocare o a creare esperienze di gioco.

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