Ammetto che il mio primo approccio con Fire Emblem non risale a 20 anni fa, anzi, è piuttosto recente. Per chi bazzicava già il mondo dei videogiochi negli anni 2000 e possedeva un Game Boy Advance, magari, leggere Marth e Roy in un qualsivoglia scritto a base videogame può far affiorare dolci ricordi.
In occidente li abbiamo conosciuti grazie a Super Smash Bros. Melee e, alla notizia della prima release Occidentale di Fire Emblem, la domanda fu la seguente:
“Ma Marth e Roy ci sono?”
Al tempo fu quasi una sorpresa per tutti scoprire che il fu Fire Emblem: La Spada Ardente in realtà era già la settima iterazione di una delle IP meglio riuscite di Nintendo.
Nell’ultimo decennio ho fatto il possibile per recuperare le mie lacune Emblemose e ho avuto modo di testare con mano l’evoluzione a tutto tondo del Franchise. Fire Emblem Engage continua a portare avanti questo processo di miglioramento e lo fa presentandosi, per di più, come una sorta di titolo celebrativo, con richiami a quasi tutti i capitoli precedenti della serie.
E beh, si, ci sono anche Marth e Roy.
Anche se i diversi titoli di cui si compone la serie hanno sfaccettature più o meno distintive, lo stile alla base è quello del gioco tattico; alcuni capitoli hanno poi offerto una propria re-interpretazione della formula come ad esempio Three Houses che ha aggiunto un sistema di Calendarizzazione al solito mix.
La componente peculiare di Fire Emblem Engage è il sistema degli Emblemi: dodici personaggi provenienti dai precedenti titoli di FE ritornano in Engage come figure di supporto, gli Emblemi appunto. Legati ad un particolare anello, questi emblemi offrono una serie di nuove abilità, capacità ed armi ai personaggi che li indossano.
L’esempio più basilare è ciò che ci spiega il tutorial iniziale del gioco: se il protagonista Alear utilizza l’Anello del Re di Marth, otterrà accesso all’arma Rapier e varie abilità passive che aumentano il suo valore di Evasione/Schivata.
Altri Emblemi “famosi” conferiscono diverse abilità al personaggio che li sfrutta. Lyn (da FE: la spada ardente) sfrutta le sue abilità per abbattere nemici a distanza, Celica (da FE: Echoes) consente di avere elevati bonus ai personaggi che sfruttano attacchi magici e così via. Ogni Emblema ha i suoi tratti distintivi che ne rispecchiano il background nella luuuunga storia della Serie.
Questi bonus, tuttavia, possono essere utilizzati solo per tre turni prima di dover essere ricaricati, quindi anche saper sfruttare a dovere le potenzialità di ogni Emblema diventa fondamentale.
Ed eccoci arrivati alla vera e propria “carne al fuoco” del gameplay di Engage, ciò che lo distingue dagli altri titoli della serie. Dal momento che ogni personaggio può brandire qualsiasi Emblema – e livellare il suo rapporto con esso – si arriva ad un elenco di permutazioni protagonista/anello incredibilmente elevato. Inevitabilmente alcuni Eroi sono più adatti ad un emblema piuttosto che ad un altro, ma a volte le combinazioni inaspettate sono quelle che funzionano meglio. L’Emblema di Sigurd (da FE: genealogy of the holy war) sarebbe utile da avere su tutti gli eroi dato che aumenta la portata dei movimenti.
L’uso degli Emblemi da accesso anche all’utilizo di nuovi tipi di arma e, al contempo, ne aumenta la relativa competenza. In questo modo i personaggi possono ottenere abilità altrimenti a loro precluse ed il parco di classi avanzate in cui poterli promuovere aumenterà. Un win-win insomma, a patto che si abbia la pazienza di far salire di livello il legame tra eroe ed emblema.
La domanda sorge spontanea: come si livella questo legame?
Beh semplice, giocando, giocando e rigiocando.
Puro e semplice farming vecchia scuola.
Fire Emblem Engage si fa apprezzare particolarmente, come già detto, per il combattimento e la meccanica degli Emblemi. Se la serie vi affascina principalmente per la componente tattica non rimarrete certo delusi.
I veterani della IP potrebbero trovare la modalità di gioco normale un pò troppo permissiva, in quanto consente di salvare in qualsiasi punto di una battaglia e di riavvolgere i turni per un numero illimitato di volte – anche se, chi si avvicina per la prima volta alla serie potrebbe apprezzare tantissimo – mentre la modalità Difficile offre una sfida più moderata e limita il numero di riavvolgimenti a dieci per scontro, così come rende permanente la morte degli eroi che cadono in battaglia.
Chi gioca titoli strategici/tattici è sempre curioso di conoscere il design delle mappe e FE Engage non è rimasto esente da questa curiosità generale durante il periodo pre-lancio e nell’immediato post.
Personalmente credo siamo allo stesso livello di Three Houses, con l’aggiunta di una migliore implementazione dei Chackpoints e minore possibilità di sfruttare tattiche come la Deathball per assicurarsi la vittoria. Avrei aggiunto, magari, una maggiore varietà di condizioni di vittoria oltre alle solite “Sconfiggi il Boss e non morire” e “sopravvivi X turni”.
Mentre non siete impegnati a combattere passerete il vostro tempo nel Somniel, essenzialmente il vostro campo base che fluttua in cielo. È paragonabile al monastero di Three Houses ed offre una quantità spropositata di sottoattività non legate al combattimento.
Ci si può allenare per ottenere un temporaneo aumento delle statistiche, si possono adottare animali, si possono leggere i tarocchi, pescare, fare acquisti nella boutique, si possono forgiare armi e cavolo, c’è anche una stanza adibita alla sola pulizia degli Anelli degli Emblemi. C’è davvero tanto da fare e potrebbe risultare tanto complesso e dispersivo da digerire.
Fortunatamente la maggior parte di queste attività sono opzionali ed a molte non vale la pena dedicare del tempo. Ad esempio la lucidatura degli anelli aumenta leggerissimamente il legame tra personaggio ed Emblema, ma le schermaglie e le battaglie della Storia lo aumentano in maniera considerevolmente maggiore e “non fanno perdere tempo”. Cavalcare le viverne porta via troppo tempo per ottenere come ricompensa una misera quantità di frammenti di legame che si possono ottenere semplicemente parlando con i personaggi a fine battaglia e così via.
Consiglio spassionato: ignorate quasi tutte le attività secondarie se non avete tempo da perdere.
Se le componenti tattiche del gameplay di Fire Emblem Engage sono interessanti e convincenti, lo stesso non si può dire degli elementi narrativi e del cast di personaggi.
Per carità non è che siamo davanti ad una sciagura, ma forse siamo un gradino sotto Fire Emblem Three Houses.
Il capitolo precedente, infatti, approfondiva la lore del Fodlan attraverso conversazioni “interessanti” tra personaggi e varie Side-Quests specifiche. Ognuno dei vari protagonisti delle casate del monastero di Garreg Mach affrontava un percorso di vita che veniva sviscerato poco alla volta mediante piccole cutscene, dialoghi, battaglie ed attività secondarie.
Ad esempio ogni quest “personaggiocentrica” metteva in luce un conflitto nel passato dell’eroe che contribuiva in maniera corposa alla plasmatio del mondo intorno al videogiocatore.
In Fire Emblem Engage i personaggi di supporto sono decisamente meno interessanti e non portano lo stesso livello di aggiunte di qualità. A volte le conversazioni sono davvero basilari e si limitano a farci sapere che a Chloe piacciono le favole ed a Timerra la carne.
In ogni caso non tutte le conversazioni sono frivole. In alcuni momenti specifici del gioco parlare con i personaggi di supporto permette di avere qualche delucidazione in più su ciò che ci circonda ad Elyos.
Anche la Main Quest in se per se è piuttosto basilare e in un certo senso si spoilera da sè. È come i film di Liam Neeson: lui è li tranquillo, poi arriva il cattivo di turno che gli fa un torto ed il buon Liam parte alla carica. Ecco, non spoilero nulla, ma credo si potesse fare di più sotto questo aspetto.
Ora, invece, una bella novità – o meglio un cambio di rotta rispetto a Three Houses – che mi è piaciuta davvero tanto perché offre la possibilità a chi si approccia per la prima volta alla serie di scoprire un pò del passato degli Emblemi.
Le side quests di cui scrivevo sopra in Engage sono legate agli Eroi del passato. Dodici Battaglie per dodici Emblemi che ricreano una mappa del titolo di appartenenza e sono accompagnate da una traccia musicale remixata. Una grande operazione nostalgia che, al contempo, offre qualcosa di più a chi vuole approfondire il perché Marth, Sigurd, Lyn e ciascuno dei dodici Emblemi sia un personaggio importante nella grande Lore Generale di Fire Emblem.
È quasi superfluo dirlo, ma Fire Emblem Engage è senza dubbio il gioco più bello della serie, almeno tra quelli in 3D, per quanto riguarda la fedeltà visiva e le animazioni dei modelli. Tutto è pulito e nitido, con un netto miglioramento rispetto a Three Houses, ci sono molti filmati prerenderizzati ben animati e, soprattutto, le animazioni di battaglia sono le migliori di sempre.
La meccanica degli Emblemi è qualcosa di nuovo ed aggiunge quel pizzico di strategia in più ad un gioco che aveva quasi raggiunto il massimo da quel punto di vista.
Una grande operazione nostalgia condita da un sistema di progressione del personaggio molto flessibile ma da una sceneggiatura ricca di cliché.
Le circa 50 ore necessarie per completare la trama principale e quelle legate agli Emblemi risultano in ogni caso piacevoli ed offrono un grado di sfida adatto a tutti.
This post was published on 30 Gennaio 2023 12:30
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