I videogame sono oramai diventati un’industria estremamente proficua e, soprattutto, prolifica. Ogni mese siamo letteralmente sommersi da tantissime uscite tra cui non è sempre agevole districarsi e che, di fatto, fanno assurgere il tempo al ruolo di risorsa più preziosa tra quelle a nostra disposizione. Queste parole ci fanno comprendere quanto sia difficile, per uno studio emergente, attirare l’attenzione di media e pubblico e, di conseguenza, ritagliarsi il proprio spazio.
Volendo essere sinceri, Squanch Games può contare sull’estro creativo (nonché sulla fama) del suo fondatore: quel Justin Roiland che i più sicuramente ricorderanno per essere il co-creatore di Ricky and Morty, una delle serie animate più folli di sempre. Lo studio californiano ha già sfornato diversi lavori ma, inutile sottolinearlo, High On Life rappresenta il suo primo, grande passo, quello che, per intenderci, ti consente staccarti di dosso l’etichetta di “esordiente” e di fare il tuo ingresso nell’alta società videoludica.
Alla luce di quanto finora detto, le domande che ci siamo posti, all’inizio di questa nostra recensione sono state le seguenti: qual è la cifra artistica di High On Life? Ci sarà qualche sensazione di déjà vu, dato l’illustre passato di Roiland? E soprattutto: contare su un creativo famoso è realmente la condizione necessaria e sufficiente per sfornare un titolo, se non di qualità, almeno degno di attenzione?
Come sempre, tenteremo di dare una risposta nelle righe che seguono.
Paura e delirio nell’universo
Qualora aveste vissuto in una caverna senza televisione e connessione ad Internet negli ultimi 10 anni e non aveste mai nemmeno sentito parlare di Rick and Morty, sappiate che vi siete persi una delle serie cult per eccellenza. Nata come parodia di “Ritorno al Futuro”, lo show si è imposto per la sua ironia sboccata, per il suo citazionismo senza freni e, soprattutto, per la capacità di raccontare delle storie totalmente fuori di testa.
Se invece avete già consumato tutte le sei stagioni delle avventure di questa strana coppia, sappiate che in High On Life vi sentirete subito “a casa”, sin dai primi minuti di gioco. Neanche il tempo di selezionare l’aspetto del nostro personaggio che saremo subito catapultati nel cuore dell’azione.
È un tranquillo pomeriggio in una tranquilla città americana, i nostri genitori sono appena partiti per un weekend e questo significa solo una cosa: la casa è tutta per noi. Nostra sorella Lizzie sfodera tutto il suo campionario di sostanze stupefacenti e, tra una striscia ed un’altra, accade l’incredibile; un’astronave compare nel bel mezzo del nostro isolato, ed un enorme xenomorfo afferra il nostro vicino di casa e fa un’interessante scoperta: gli esseri umani sono un sballo, ma solo dopo scopriremo in che senso.
Stiamo ancora con gli occhi sgranati e non ci accorgiamo che, in buona sostanza, ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un’invasione aliena! Subito dopo faremo la conoscenza di Kenny, una vera e propria arma vivente che, in parole povere, sarà la nostra prima difesa. Dopo una fuga rocambolesca, ci ritroviamo a Blim City, una città extraterrestre in cui scopriremo l’amara verità; la Terra è stata invasa da Garmantuous, capo del G3, un cartello di narcotrafficanti in piena regola che ha scoperto la droga migliore dell’universo: gli esseri umani.
Inutile dire che, da questo momento in poi, la palla passerà a noi: dovremo indossare una tuta spaziale, diventare dei cacciatori di taglie, metterci alla ricerca di tutti i membri di spicco del G3 e, ovviamente, farli fuori. Tutto questo, va da sé, senza disdegnare qualche carneficina extra e qualche altra azione di cui non andare esattamente fieri, ma ci arriviamo subito.
Niente spazio per il politicamente corretto
Iniziamo subito con la seconda domanda che ci siamo posti ad inizio articolo: quanto c’è di Rick and Morty in High On Life? Molto, sia da un punto di vista narrativo che estetico. Se torneremo in seguito sul secondo aspetto, la trama e l’ambientazione dell’opera di Squanch Games è decisamente “figlia di suo padre”. Man mano che esploreremo la galassia, ci imbatteremo in personaggi sempre più improbabili, siano essi alleati, nemici o dei semplici NPC con cui interagire.
Partiamo dal nostro arsenale. I cinque Gatliani, le armi senzienti su cui potremo contare, saranno dei veri e propri compagni di viaggio, ognuno dotato di personalità e battute proprie, basti pensare all’impacciatissimo Kenny ed al suo parlare incerto ed indeciso, per poi paragonarlo a Tello, il nostro sadico coltello senziente con la passione per le uccisioni più efferate, per farsi un’idea.
Tutti i personaggi in cui ci imbatteremo saranno una fonte inesauribile di gag e siparietti, come Gene, il cinico cacciatore di taglie che finirà col legare con noi, o nostra sorella Lizzie, fino ad arrivare agli abitanti del pianeta Krubis, dei veri e propri “orsetti del cuore parlanti” che dovremo ciclicamente liberare dalla schiavitù.
Come avrete facilmente inteso, uno dei tratti distintivi di High On Life è rappresentato dalle tonnellate di dialoghi, capaci sempre di farci ridere e di sfondare spesso e volentieri la quarta parete (arrivando a prendere di mira anche noi, la critica di settore). Le nostre stesse armi spesso ci sommergeranno di battute, anche nel bel mezzo dei tanti scontri a fuoco che saremo chiamati ad affrontare.
Se il divertimento è assicurato, c’è una piccola nota dolente: i dialoghi sono così tanti che spesso è difficile star loro dietro. Ci spieghiamo meglio: state combattendo i mercenari del G3 e la vostra arma inizia a parlare, sapete che sta dicendo delle cose sicuramente divertenti, ma che non avrete il tempo di leggere, perché siete troppo impegnati a sparare. Gli stessi sottotitoli (la cui grandezza non è purtroppo regolabile) non sempre aiutano in tal senso, dato che spesso non sono al passo con le battute degli NPC e, quindi, potreste vedere intere frasi scomparire in un battito di ciglia.
Nulla che possa sconvolgere il godimento complessivo dell’esperienza di gioco, sia chiaro, ma che ci ha lasciato un pochino di amaro in bocca.
Spara, esplora, spara, scopri, spara, salta, spara, ripeti
Ma che cosa si fa precisamente in High On Life? La risposta è contenuta nel titolo del presente paragrafo. Il lavoro del developer statunitense rientra appieno nel genere degli shooter in prima persona, più precisamente nella sottocategoria “arena”. Questo significa che il cuore dell’esperienza di gioco sarà rappresentato dagli scontri con caterve di nemici, in spazi ampi e con tanti modi per spostarsi rapidamente da un punto all’altro dell’area di gioco. Come chi è cresciuto con Doom e Quake sa benissimo, il segreto è restare sempre in movimento.
In secondo luogo, quando avremo finito di sparare, avremo modo di esplorare l’ambiente circostante, alla ricerca di casse viventi piene di denaro, da sventrare con il nostro coltello. I soldi, ovviamente, saranno necessari per potenziare le nostre armi, estendendone il caricatore, diminuendone il tempo di ricarica oppure migliorando le loro abilità.
Oltre ad essere delle notevoli bocche da fuoco, ogni Gatliano è dotato di un potere unico, che potrà servirci sia in combattimento che per farci raggiungere zone altrimenti inaccessibili. C’è una stanza chiusa da una barriera? Utilizzate i proiettili di Creatura per distruggere i circuiti che vi sbarrano la strada! Una fastidiosa ventola vi blocca il passaggio? Rallentate il tempo con l’abilità di Sweezey e procedete oltre! Insomma, questi simpatici chiacchieroni aggiungeranno quel tocco di metroidvania che tanto ci piace, spingendoci a tornare più volte nelle varie aree di gioco, così da raccogliere tutti i collezionabili presenti.
Insomma, abbiamo combattimenti, esplorazioni, qualche enigma ambientale, fasi platform, aree segrete, collezionabili. Che cosa potrebbe mai andare storto?
Una certa ridondanza di fondo
Scendendo un po’ più nel dettaglio di ciascuna delle meccaniche analizzate poco fa, si nota come il team di sviluppo sia al suo primo lavoro di un certo livello.
Partiamo dai combattimenti. Nonostante l’azione si attesti sempre su livelli buoni, tutto si riduce all’utilizzo della propria arma preferita, sfruttando le falle dell’intelligenza artificiale (mettetevi un po’ a distanza e niente sarà mai veramente un problema) e ripetendo sempre gli stessi schemi. Gli stessi avversari offrono poca varietà (ci saranno poco più di una decina di NPC nemici in totale) e nessuno di essi richiederà l’uso di una specifica arma per essere sconfitto. Quanto ora detto toglie una corposa fetta di divertimento alla formula di gioco, privando di mordente uno dei cardini su cui doveva ruotare l’esperienza di High On Life.
Spostando il focus del discorso sull’esplorazione, questa caratteristica è presente ma poco o nulla viene fatto per incentivare il giocatore a scoprire ogni angolo dei pianeti che andrà a visitare. Le aree segrete, infatti, condurranno ad una cassa che, nel migliore dei casi, ci ricompenserà con del denaro ed una carta collezionabile o, in alternativa, con un upgrade per un’arma del nostro arsenale. Le summenzionate carte sono, insieme ai dischi di teletrasporto (vera chicca di High On Life), uno dei due oggetti collezionabili presenti nel gioco, decisamente pochi per stimolare una qualsiasi rigiocabilità.
Aggiungete a quanto ora detto una durata complessiva inferiore alle 10 ore, degli enigmi ambientali mai davvero impegnativi ed avrete ottenuto il principale difetto del titolo di cui vi stiamo parlando: una pochezza di contenuti che castra qualsiasi longevità.
Tanta estetica e qualche sbavatura di troppo
Spostandoci al lato tecnico del titolo, anche qui High On Life vive di luci ed ombre. Da un punto di vista puramente estetico, il gioco è decisamente ben ispirato, forte di uno stile visivo dall’impatto immediato e chiaramente riconoscibile. Sotto questo aspetto, ciascuno dei personaggi che incontreremo avrà la sua caratterizzazione e gli stessi NPC nemici saranno spassosi anche solo da vedere; in parole povere, tutto ciò che incontrerete nel corso delle vostre avventure nel gioco esisterà per un solo scopo: farvi ridere.
Gli stessi ambienti sono tutti piuttosto diversi, facilmente distinguibili e, sotto alcuni aspetti, anche ben realizzati. Quello che subito si nota, però, è quanto le aree di gioco siano tutte piuttosto lineari, concepite con un level design che non tocca picchi particolarmente alti e che tutto, fondamentalmente, si esaurisca nel momento in cui viene sconfitto il boss principale.
Come detto in anticipo, ci saranno pochi motivi per tornare sui pianeti già esplorati, se non per sbloccare tutti i dischi di teletrasporto, capaci di regalare alcuni minuti di divertimento extra, con delle gag mai banali.
Se High On Life ha un’ottima componente artistica, lo stesso non può dirsi di quella prettamente tecnica. La versione da noi provata, su Xbox Series X, gira a 60 fps tutt’altro che granitici, senza considerare dei tempi di caricamento piuttosto sensibili, sia per quanto riguarda i respawn dopo essere stati messi K.O. che nel passaggio da una determinata area all’altra.
Un altro aspetto decisamente spigoloso riguarda i comandi, non sempre sugli scudi, e qualche bug di troppo che, ancora una volta, non mina l’esperienza di gioco complessiva, ma che lascia la sensazione di trovarsi davanti ad un prodotto ancora da sgrezzare.
Giudizio finale
High On Life, pur non essendo un’opera prima, è la più classica delle opere prime. Il titolo è carico di tutta quella voglia di stupire e divertire di chi sa di dover sgomitare per trovare il proprio posto al “tavolo dei grandi”, insieme a tutti quegli errori tipici dell’inesperienza. Proprio sulla base di quanto ora scritto, possiamo trovare tanto gag e momenti iconici quanto fasi di gameplay decisamente meno esaltanti. Il videogame è quanto di più vicino alla formula di Rick and Morty si possa immaginare, e trasuda ironia dissacrante da ogni pixel, ma l’esperienza di gioco è ancora molto acerba, decisamente poco longeva e rigiocabile. Tuttavia, il biglietto da visita lasciato da Squanch Games non è decisamente da sottovalutare: High On Life è un gemma grezza che, nonostante i tanti spigoli da smussare, riesce nel suo scopo, ovvero intrattenere e, soprattutto, divertire il giocatore, senza la minima pretesa di aspirare al titolo di Game of the Year. E sarete d’accordo con noi nel riconoscere che certe volte questo è già moltissimo.
PRO
- Un'avventura diverte e spassosa
- Dialoghi che rimarranno iconici
- Personaggi ben scritti e ben caratterizzati
- Gameplay abbastanza vario...
CONTRO
- ... Ma poco approfondito
- Un'esperienza poco longeva e poco rigiocabile
- Qualche sbavatura tecnica di troppo
- Dopo un po' si avverte una certa ridondanza
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