Man mano che si cresce, anagraficamente, il miscuglio di emozioni e sensazioni di cui siamo composti muta divenendo irriconoscibile. Cambia la nostra percezione del mondo, delle cose e delle persone che lo popolano e ognuna di quelle emozioni e sensazioni diventerà qualcosa di totalmente nuovo che richiederà anche un tipo di combustibile emotivo diverso per essere alimentato.
Leggendo una storia magari si cercano livelli di profondità diversi, capaci di raccontarci qualcosa che la nostra sensibilità non abbia mai affrontato, rendendo lo “shock della prima volta” un motore per trascinarci di prepotenza in un universo narrativo complesso e da esplorare.
Blacktail è un gioco sviluppato dalla software house polacca indipendente PARASIGHT STUDIOS e aldilà di qualunque classificazione si possa fare del gioco, esso riesce in un compito in cui molti titoli claudicano: creare un mondo il più “vero” possibile, creare una bolla entro cui gli eventi accadono e in cui due anime tanto distinte quanto complementari esplicano le loro unicità: fiaba e realtà.
Perché se è vero che Blacktail nasce con l’intento di raccontare una storia tradizionale, quella di Baba Yaga come la favola che è, con tutti gli elementi che ne hanno contraddistinto il mito nei secoli, non vuole farlo rendendoci semplici uditori di un racconto ma permettendoci di viverlo.
E se si parla di “vivere” una storia, l’assunto essenziale da fare è che la storia entro cui ci muoviamo sia viva, abbia respiro.
Che una storia sia viva può significare tante cose. Ciò che Blacktail trasmette è la sensazione che, come nella vita e nella crescita di ognuno di noi, esistano momenti felici e momenti bui; che esistano diverse tonalità di grigio che esplorando il mondo siano in grado di emergere fuori; che non sempre la risposta che vorremmo fosse giusta si rivelasse tale.
In Blacktail destino e caso si intersecano vorticosamente, non lasciando mai percepire quando opera l’uno e quando l’altro e toccherà a noi venirne a capo.
Raccontare un mito
Il modo in cui Blacktail procede nella narrazione è parecchio affascinante. Pubblicizzato come un titolo che narra le origini della strega Baba Yaga, personaggio della mitologia slava, il gioco si presenta come una storia molto intima e delicata che copre una vastità non indifferente di tematiche sociali.
Con un inizio che potremmo definire “in medias res” ci troveremo fin da subito catapultati al centro della storia di Yaga, una ragazzina apparentemente come le altre che sin dalla nascita lotta contro il pregiudizio che il suo villaggio ha verso di lei. Vestiremo una maschera, molto probabilmente per nasconderci dagli sguardi che gli abitanti del nostro villaggio ci riservano da tutta la vita.
Giocando nei panni di Yaga, saremo continuamente seguiti da diverse domande: perché lei? Perché tutti ce l’hanno con una bambina tanto impaurita e fragile?
Iniziamo così a conoscere, sempre dai racconti, il personaggio di Zora (sorella gemella di Yaga) unico baluardo sempre in difesa della sorella mascherata.
Ad innescare gli eventi del gioco sarà la scomparsa dal villaggio di alcuni bambini, tre amichetti di Yaga e Zora che ad uno ad uno spariranno inspiegabilmente, lasciando solo abbondanti sospetti che ricondurranno sempre alla nostra piccola protagonista. Solo Zora, ancora una volta, ha la forza di ergersi a baluardo a difesa della gemella; questo poi darà a Yaga la forza di andare avanti dimostrando la sua innocenza.
Tutto regge finché, purtroppo, anche a Zora tocca la stessa sorte.
“Se dovessi avere paura, incontriamoci alla Quercia Rossa”.
Queste le uniche parole di Zora che risuonano in testa a Yaga che, con non poco timore, inizia il suo viaggio alla ricerca di sua sorella.
Scopriremo ben presto di non essere soli in questo.
A tenerci compagnia durante tutto il viaggio sarà una presenza su cui tanto si potrebbe speculare, piacere che lasciamo a voi, e che viene identificata solo come “La Voce“. Si potrebbe erroneamente confondere con una sorta di coscienza guida, un grillo parlante pronto a consigliarci nelle situazioni di pericolo ma La Voce è molto più di questo. La Voce sembra essere un’entità totalmente opposta a Yaga, cinica e desiderosa di utilizzare la ragazza per degli scopi non ben chiariti, per lo meno all’inizio.
Evitando di rivelare altro sulla trama per lasciarvi così il piacere di scoprire ogni dettaglio che gli sviluppatori hanno disseminato nel gioco, è giusto parlare di Blacktail non tanto come di una fiaba con una infantile morale finale, non tanto come di un racconto maturo e profondo ma come di una crasi tra questi due elementi.
La messa in scena fiabesca e sognante, tra funghi parlanti e paesaggi colorati cede il passo a storie di schiavitù, sevizia, brutalità, cannibalismo.
Tutto ciò non viene affrontato come il solito racconto dei contrasti, in cui ad una situazione se ne oppone una totalmente divergente così da creare stupore nel giocatore.
Blacktail vuole subito farci capire che ogni passo che noi muoviamo influenza il flusso della vita del mondo di gioco.
E a proposito di questo, un ottimo sistema pensato per calare il giocatore nell’atmosfera di profonda responsabilità, è quello dell’allineamento (lo vediamo più avanti).
Tematiche trasversali
Intorno al XV secolo in Inghilterra, due filosofi e pensatori iniziarono a discutere sulla metafisica. I due filosofi erano Thomas White e Thomas Hobbes; il primo affermava che la metafisica, l’analisi di ciò che è immediatamente lontano dalla comprensione umana, deve essere ricercato dall’uomo mentre il secondo, citando la matematica come scienza perfetta, riteneva la metafisica inutile in quanto lontana dalla comprensione dell’uomo.
Questa brevissima e sommaria lezione di filosofia, ci aiuta però a parlare di un’ulteriore dicotomia che persiste in Blacktail: la si potrebbe chiamare in tanti modi, quindi noi limitiamoci a definirla una dicotomia che si muove su uno spazio concreto ed uno astratto.
Il gioco utilizza molto spesso degli espedienti quasi onirici o mnemonici per narrare dei flashback o delle sensazioni di Yaga, con uno stile ed una cura da far venire le lacrime.
Tuttavia, nonostante questa grande ricerca del distacco da ciò che è terreno, non si può certo dire che manchi la concretezza. Tutt altro. Blacktail è infatti un gioco molto fisico, sia nel suo gameplay che nelle tematiche affrontate. Prendiamo ad esempio Yaga. La nostra piccola protagonista vive infatti continua frustrazione a causa di pregiudizi che generano veri e propri atti di bullismo ed emarginazione.
La sensazione di non sentirsi accettati vicino alle persone che dovrebbero essere le più importanti per te, la paura del giudizio altrui, la voglia di dimostrare quanto si vale.
La grande metafora della maschera di pirandelliana memoria.
Tutti elementi utili a scavare nella psiche di Yaga in modo da stabilire un legame empatico che ci permetta di vivere al meglio tutte le situazioni del gioco. E di alcune parleremo più avanti.
La guerra è un altro dei grandi temi trattati come sottofondo alle vicende principali. Pensiamo ad esempio alle formiche, capitanate da una regina pronta a sgominare il regno degli uomini chiedendo proprio l’aiuto di Yaga. Saremo messi di fronte al grande conflitto morale: cedere alla vendetta verso chi sempre ci ha bistrattati o impedire il progredire di un conflitto che porterebbe morte e distruzione?
Ogni npc con cui interagiremo avrà una sua storia ed un suo carattere estremamente tridimensionale e reale. Vi saranno quelli più esaltati, quelli più tranquilli, funghi, rocce, una larva che ci chiederà qualche sostanza per aumentare le sue capacità, bobok schizofrenici, funghi bipolari.
E nessuno apparirà mai macchiettistico.
Dopo ogni dialogo ed ogni interazione, ci troveremo con un nodo di gola ed una fastidiosa sensazione di compassione verso ogni creatura di questo strano e folle mondo.
Buoni o cattivi?
Un meccanismo molto interessante e ben integrato è quello dell‘allineamento. Ad inizio gioco il nostro allineamento sarà perfettamente bilanciato tra il bene e il male.
Solo le nostre azioni e le nostre scelte potranno far pendere la bilancia verso un allineamento piuttosto che un altro. E sono sicuro che come me, tanti avranno già sentito di meccaniche del genere in altri videogiochi, restando poi delusi da quanto le scelte non influissero veramente sulla narrazione.
In Blacktail però il giocatore sente veramente il peso di quelle scelte e, più spesso di quanto si possa pensare, una scelta reputata come buona per la nostra morale potrebbe invece essere cattiva in relazione al background del personaggio con cui si sta interagendo.
Anche uccidere potrebbe non essere necessariamente una scelta cattiva.
In una missione secondaria ad esempio, ci si trova di fronte alla scelta di commettere o no un omicidio, a mani nude, l’unico del gioco che eseguiremo in modo così brutale ed irreversibile.
Eppure, dopo averlo fatto, nella parte bassa del nostro schermo apparirà un sole luminoso a riprova che secondo una morale a totale discrezione del gioco stesso, noi avremo compiuto un’azione buona.
E piangeremo quando succederà, finendo col non ricevere nemmeno la ricompensa per la missione in quanto la nostra azione viene vista come cattiva dal personaggio che avrebbe dovuto ricompensarci.
Si tratta di un effettivo scontro meta narrativo tra una morale che risiede solo dentro Yaga e la normalissima meccanica di completamento di una quest, replicata da moltissimi altri titoli.
È chiaro il livello di profondità? Speriamo di si.
A tutto ciò si aggiunge una meccanica quasi mutuata da Demon’s Souls e, per fortuna migliorata. Nel gioco di From Software era infatti possibile seguire due “tendenze” e a seconda di quale avremmo seguito, avremmo avuto scelte uniche, armi uniche, dialoghi unici.
Il discorso di fondo è praticamente lo stesso: se decideremo di essere buoni o cattivi avremo opzioni di dialogo uniche, progressioni di trama uniche, abilità e strumenti unici.
E non si limita tutto ad essere buoni o cattivi ma vi saranno tre livelli di bontà e di tre di cattiveria. Ripeto, abbiamo chiaro il livello di profondità, spero.
Gameplay
All’incirca un mese fa, ci è stata data la possibilità di provare in anteprima le prime fasi di gioco (vi lasciamo l’anteprima qui, ricca di un approfondimento sulla mitologia slava, dalle sue origini ad oggi).
Nonostante già tutta la magia del titolo avesse permeato la nostra esperienza, “stregandoci” *wink wink*, erano emersi dei lievi difetti lato gameplay. La legnosità di alcuni movimenti unita al fatto di giocare in prima persona, rendeva molto ostico un combat system che non sembrava poi così profondo.
Oggi, dopo aver giocato ad una build più avanzata, possiamo rimangiarci ogni parola.
Lato gameplay, Blacktail è un gioiello che presenta comunque qualche piccola ingenuità (come ad esempio il salto, ancora troppo impreciso e difficile da calibrare).
Il giocare in prima persona inoltre non permette al giocatore di rendersi perfettamente conto delle hitbox di alcuni colpi nemici, ne di avere una percezione completa della sua stessa hitbox. Tolte queste minuzie risolvibili con la semplice esperienza e con l’aiuto di un comparto audio stupendo, il gameplay di Blacktail riesce a fare un figurone.
Lo strumento principale per la lotta sarà il nostro fidato arco, col quale potremo scoccare tre tipi di frecce: legno, appiccicose e di cristallo. Quelle di legno sono frecce normalissime, facili da fabbricare che fanno un discreto danno e non sono dotate di funzioni secondarie rilevanti; le frecce appiccicose sono delle frecce di legno intrise di miele che permetteranno di bloccare temporaneamente i nemici mentre le frecce di cristallo serviranno solo contro determinati nemici o per distruggere formazioni cristalline che ci impediscono il passaggio.
Oltre all’arco, disporremo di alcuni strumenti ausiliari ed utilissimi, essenziali in certi frangenti e che, in un certo qual modo potrebbero anche disvelare interessanti dettagli su chi o cosa sia Yaga. Il primo è un guanto che, come detto da Yaga stessa, vestiamo sin dall’infanzia ma che solo dopo l’avvento della Voce riusciamo ad utilizzare. Si tratta praticamente di un catalizzatore per delle magie, nulla di troppo complesso. Potremo al massimo generare un’onda d’urto magica che in certi frangenti potrebbe fare da parry e in altri servirà ad aprirci dei varchi. A seconda dell’allineamento che sceglieremo, saranno poi disponibili delle abilità uniche che coinvolgono l’uso del guanto.
Ultimo strumento ma non meno importante, la scopa. Si tratta di uno strumento molto semplice da fabbricare a forma di scopa che avrà 2funzioni: una volta evocata e piantata a terra servirà sia a distrarre i nemici permettedoci di attaccarli alle spalle o, per lo meno, di liberarci di fastidiose orde e ci permetterà (una volta ad evocazione) di ripristinare una discreta quantità di vita.
Lo skill tree è estremamente variegato e permette di far tendere il nostro modo di giocare all’utilizzo più della magia che dell’arco o a determinati tipi di frecce a scapito di altri, di aumentare altre nostre caratteristiche come mana, vita e capacità di trasporto oggetti, velocità e distanza di scatto, diminuzione del tempo tra uno scatto e l’altro. E tutto queste cose combinate ed usate con la giusta fluidità, permettono di godere di un gameplay divertente e mai banale che permette tante soluzioni allo stesso problema.
E tra l’altro, per progredire con le abilità non è necessario farmare in maniera compulsiva visto che la raccolta di risorse è parecchio ricca e si fa tranquillamente passeggiando tra una missione e l’altra. Si, si sbloccano le abilità con le risorse che trovi per terra tipo fiori, legnetti, miele e bobok.
Che bellezza.
Difficoltà
Inutile girarci attorno, Blacktail è un gioco difficile.
Ma è quel tipo di difficoltà non legata a danni eccessivi o nemici rotti ma a assimilabile invece ad un game design intrigante, di quelli che richiedono un certo livello di sforzo da parte del giocatore per essere assimilato.
Per citare un vecchio meme, Blacktail è il Dark Souls dei giochi su Baba Yaga.
Sarà possibile selezionare due modalità, avventura (quella più difficile) e storia (più semplice, in teoria). Con grande sorpresa, abbiamo potuto notare come la vera differenza tra le due modalità sia data da un lieve abbassamento dell’output di danno dei nemici e da un incremento del nostro danno. In termini di velocità, struttura e IA tutto il resto rimarrà invariato.
Il giocatore viene posto quindi davanti ad una continua sfida per proseguire la sua ricerca. Ed è vero che molte sezioni potrebbero risultare particolarmente punitive ma con un pizzico di strategia e col corretto uso degli strumenti a nostra disposizione, non ci sarà Gnoll che non riusciremo ad abbattere.
Open world e longevità
Il gioco si presenta come un open world dalla mappa di discrete dimensioni. Le porzioni di mappa visibili saranno solo quelle che abbiamo esplorato fisicamente, rendendo intrigante scoprire cosa si cela in quei luoghi apparentemente così remoti.
La scelta di non espandere troppo il gioco in termini di ampiezza fisica risulta una scelta decisamente intelligente. Una volta sbloccati certi passaggi, girare la mappa sarà infatti un’azione molto veloce che non ci obbligherà a noiose camminate da punto A a punto B. Nonostante però, camminare e godersi il paesaggio sia assolutamente consigliato.
Tutto risulta più condensato e l’esplorazione ne risente in positivo.
Vi sono poi dei metodi alternativi per coprire distanze più o meno lunghe in tempi più brevi. Vi saranno due tipologie di portali, da sbloccare col progredire della storia, che presenteranno varie caratteristiche.
Alcuni portali si pareranno davanti a noi, magari su una montagna su cui è impossibile salire o dall’altra parte di un burrone: sparando una freccia attraverso uno di questi portali, verremo teletrasportati accanto a quel portale. Ottimo metodo per sfruttare le risorse di gioco, rendendo l’esplorazione dinamica e creando alcuni puzzle ambientali affascinanti.
Un’altra tipologia di portali permette un teletrasporto rapido più classico ma non totalmente libero. Questi portali saranno infatti abbinati a coppie. Sulla mappa potremo visualizzare i colori di questi portali e sono quelli dello stesso colore saranno collegati tra di loro.
Queste soluzioni rendono il gioco interessante da esplorare, senza doversi scervellare nel caso si sbagli strada.
Quanto alla longevità, Blacktail stupisce. Il tempo di gioco si aggira infatti intorno alle 25 ore, mantenendo per tutta la sua durata lo stesso livello di complessità, di crescita dei personaggi e di pathos narrativo.
L’arte di Blacktail
Artisticamente ci troviamo davanti ad un’opera incredibile.
Graficamente non è sicuramente nulla di eccezionale ma, come ogni Souls ci insegna, prima della grafica viene la sua rappresentazione artistica e sotto quel fronte Blacktail non ha nulla da invidiare a nessuno.
Dai personaggi ai paesaggi, tutto sembra raccontare una storia.
Lo stile estremamente cartoonesco si sposa benissimo col significato dicotomico dell’opera: raccontare l’inganno dell’apparenza.
Prendiamo ad esempio la capanna, descritta sin dalle prime battute come un luogo inospitale da cui distaccarsi. Sarà circondata da un’aura cupa, con una lieve nebbiolina ad abbracciare l’inquietante zampa di gallina che sorregge la struttura. Eppure, sarà l’unico vero posto dove potremo sentirci al sicuro per l’intera durata della run, diventando il vero hub di gioco.
Troviamo poi invece radure luminose, palette di colori caldi distribuiti a formare bellissimi giochi visivi, diventare teatri di scontri estenuanti e mortali contro nemici temibili.
Ma se c’è qualcosa che sin dall’anteprima mi fa battere il cuore è il cielo.
Il cielo in Blacktail ci appare come un dipinto in continuo movimento in cui stelle, sole e nuvole appaiono illustrate come le immaginerebbe il più banale e classico dei bambini che si sbizzarrisce su un foglio bianco in un momento di noia; il risultato finale è quindi incredibile per i nostri gusti.
Guardare il cielo concede attimi di estrema catarsi perché dopo aver attraversato una grotta, ucciso dei ragni che cercano di avvelenarti, ucciso degli Gnoll giganti ed essere fuggito da uno sciame di vespe, rivolgere lo sguardo al cielo ci permetterà di ricordare l’essenza di Blacktail.
Per quanto possa essere violenta e realistica, non dovremo mai dimenticare di star vivendo una fiaba.
Ma quando si pensa di aver visto tutto, Blacktail tira un colpo di coda e cambia le carte in tavola. Durante il corso del gioco vengono proposte delle sequenze oniriche o dei flashback che sfruttano l’occasione per cambiare completamente lo stile grafico del gioco, rendendo il tutto molto più simile ad un cartone animato sovietico degli anni 50, modificando di fatto anche il gameplay.
Ancora una volta, Blacktail dimostra la profondità a cui può giungere ed i livelli di lettura di cui è intriso.
Musica e sound design
Una menzione seppur breve deve andare alla musica del gioco.
Per ricordare quel senso di tradizione mista a novità che permea tutto il viaggio di Yaga, la musica prenderà largamente dal folk polacco e russo.
Prendiamo ad esempio la OST della capanna: al nostro arrivo, cori malinconici di donne si innalzeranno con un lavoro dinamico stupendo, dando un ulteriore livello di coinvolgemento nei confornti dell’ambiente.
Ad affiancare le sempre presenti voci di donne, saranno strumenti tipici della tradizione come flauti, marranzani, tamburelli e violini.
L’atmosfera che ne scaturirà sarà unica, impossibile da trovare in qualunque altro titolo.
Il sound design è infine molto curato.
Giocando con delle buone cuffie potremo percepire tutti i suoni ambientali, imparando a conoscerli e ad evitare quelli che preannunciano un pericolo. in combattimento poi, l’audio sarà di grande aiuto nel riconoscere le posizioni dei nemici fuori dal nostro campo visivo.
Conclusioni
Blacktail si rivela un’opera prima incredibile. Un gioco da cui non vorresti staccarti mai, un mondo in continua evoluzione in un ciclo di morte e rinascita. La brutalità di una storia raccontata senza retorica e senza paura nell’affrontare temi spinosi come quello del bullismo, dell’emarginazione, delle droghe e della malattia mentale. Un titolo di una profondità stupefacente che consigliamo di giocare nel caso si cerchi una bella storia, ben raccontata e fuori dai soliti canoni. Il confine tra il male ed il bene sarà sempre più sfumato, fino a diventare una sottile linea che non dovremo avere paura di superare. E nel caso dovessimo avere paura, ci basterà alzare lo sguardo al cielo, guardare quelle stelle così infantili e ricordarci che ogni fiaba, in un modo o nell’altro, finisce sempre bene.
PRO
- Gameplay dinamico e solido
- Artisticamente stupendo
- Storia mai banale
- Narrazione profonda e coinvolgente
CONTRO
- Movimenti leggermente legnosi
- Campo visivo stretto
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