Troppe volte nei videogiochi story-driven sento la mancanza di contenuti che riescono davvero a parlarmi, ritrovandomi per lo più a ingoiare ingenui messaggi universali, costruiti anche a discapito di un’aderenza significativa con la nostra realtà. Storie che vogliono così tanto rivolgersi a tutti, che rischiano di raccontare il niente.
Posso divertirmi anche quando il gioco propone storie poco stimolanti, non lo nego, ma il mio punto è tutt’altro: quanto diventa memorabile un videogioco quando riesci ad amarlo anche per l’esperienza narrativa? Per me e molti altri, parecchio. Sony, per fare uno degli esempi più noti, ce lo ricorda ogni volta con le sue esclusive costantemente proiettate verso questo obiettivo.
Quando ho cominciato a volare per il fantastico mondo di The Knight Witch, fiducioso di ritrovare la spiccata creatività tipica del panorama indie, sin dai primi minuti ho percepito il titolo vicino ai miei più avidi desideri.
Prima di tutto, rimango piacevolmente travolto dai combattimenti avvincenti e le spettacolari scenografie: elementi ideali per un metroidvania che punta a spingere costantemente al combattimento e l’esplorazione. Per quanto riguarda la trama, invece, l’aspetto che ha più conquistato la mia attenzione è legato all’origine dei poteri delle Knight Witch: la fiducia delle persone, del popolo.
Più una Knight WItch è amata e famosa e più diventerà potente, queste sono le condizioni del potere chiamato Link. Con questi primi elementi in mano, sento di avere davanti un titolo con peculiari possibilità narrative e ludiche. Il gameplay è avvincente, la trama stuzzica, e io non vedo l’ora di continuare l’avventura.
Come nei fantasy più classici, però, può sempre arrivare un male inespugnabile che minaccia l’esistenza di tutta quella meraviglia conosciuta all’inizio dell’avventura. Se The Knight Witch sia riuscito a sopravvivere alla rituale prova e in che condizioni, beh, lo scopriremo all’interno di questa recensione.
The Knight Witch è un metroidvania story-driven in 2D, con combattimenti shoot’em up caratterizzati da meccaniche twin stick, deck building e fasi bullet hell. Possiamo dire che il team spagnolo di Super Awesome Hyper Dimensional Mega Team(oltre ad avere un nome bellissimo) mette sulla tavola un piatto videoludico bello carico di ingredienti, sulla carta più che adatti per inserirsi con successo tra i nuovi esponenti del filone metroidvania.
La storia è ambientata in un dedalo di gallerie sotterranee dove si nasconde la magica città di Dungeonidas: un rifugio costruito secoli prima da antichi giganti, gli Hexkari, fondato attorno ad una colossale macchina leggendaria in grado di conservare e permettere la vita.
Oltre a vivere in una magica oasi sotterranea, il popolo di Doungeonidas può contare sulla protezione di una squadra di eroiche superstreghe, le Knight Witch, venerate come un team di supereroi alla Avengers. Ogni superstrega è dotata della capacità di volare e sparare sfere energetiche dalla mano, ma gli incantesimi più potenti riescono a lanciarli grazie a delle carte-pergamene: tutte abilità che si incastrano e riflettono alla perfezione la natura del gameplay offerto dal team spagnolo.
Questo esempio appena citato è soltanto uno dei tanti che mettono in luce una piacevole caratteristica del gioco, ovvero lo scambio costante e ben amalgamato che avviene tra aspetto ludico e storytelling. Una “conversazione” in grado di giustificare con semplicità e naturalezza ogni tratto del gameplay aumentandone l’immersività.
Tornando alla storia delle Knight Witch: grazie alle numerose informazioni numerose che ci vengono date all’inizio, sappiamo che le superstreghe vennero create in passato da un gruppo di eco-ribelli per contrastare la potente Casata dei Daigadai. Padroni del mondo e avidi tiranni, i Daigadai sono i principali responsabili del collasso ambientale che costrinse l’umanità a rifugiarsi per sempre sottoterra.
La protagonista del gioco è Rayne, una simpatica e timida strega che, ben quattordici anni prima, ha perso l’opportunità di entrare nel gruppo di superstreghe. La donna, ormai felicemente sposata con un bel tipetto di nome Akai, sarà costretta a utilizzare i suoi arrugginiti poteri per salvare suo marito e gli abitanti di Dungeonidas da una “nuova” artificiale minaccia: i golem della casata dei Daigadai.
Il gioco comincia con un flashback, come nei fantasy più classici, portandoci a rivivere l’epico scontro finale tra le Knight Witch e i Daigadai: così arriviamo al tipico momento tutorial, immediato e non invasivo, e soprattutto possiamo provare una build avanzata durante la prima boss-fight del gioco.
Una volta concluso il ricordo e assaggiate le potenzialità del titolo, sarà il momento di entrare nella spensierata vita di Rayne, presto stravolta dal ritorno già citato dei Daigadai. Le Knight Witch sono misteriosamente scomparse e soltanto la strega Rayne può combattere i golem e proteggere il popolo di Doundeonidas: dimostrando il proprio valore avrà una nuova occasione per entrare nella leggendaria squadra di superstreghe(sempre se le ritroveremo).
Il mondo interamente disegnato a mano di The Knight Witch offre un impatto visivo fenomenale, e bastano davvero pochi minuti di gioco per realizzarlo. Gli scenari che vanno a comporre i quattro territori esplorabili sono ben diversificati e tutti carichi di scorci meravigliosi, caratterizzati da dense atmosfere fiabesche e magnifici colori.
Questi già ottimi elementi, vengono poi esaltati con efficacia grazie un’accurata e consapevole illuminazione, in grado di conferire anche quella onirica e polverosa patina dorata tanto cara al cinema fantasy. I personaggi, dal design piuttosto semplice e caratteristico, sembrano usciti fuori dalle pagine di un manga europeo e buttati dentro un setting fantasy vecchia scuola alla Dark Crystal: non so quante volte mi sono sentito tra i frame di un cartone animato mentre scorrazzavo per Doungeonidas.
Stilisticamente parlando, il team spagnolo rimane ben saldo alla già ottima estetica lanciata con il suo precedente titolo, Rise & Shine, prendendo in prestito alcune atmosfere e design arcane-punk offerti da titoli come Battle Chasers: Nightwar.
Per quanto riguarda la colonna sonora, ho soltanto una noiosa e lunghissima lista di elogi per l’egregio lavoro svolto dal compositore Damian Sanchez. I temi musicali delle battaglie e dei vari territori, offrono una tavolozza variopinta di generi e suoni, in grado di esaltare continuamente la magica spettacolarità proposta dal comparto visivo. Decidere quale territorio abbia il tema musicale più memorabile sarà davvero un’impresa, ve lo assicuro. Gli effetti sonori, invece, non spiccano quanto la soundtrack, ma riescono comunque a dare un funzionale supporto all’esperienza. In ogni caso, possiamo dire che per quanto riguarda suono e grafica il team dietro The Knight Witch fa due volte centro.
Come abbiamo già detto precedentemente, la formula metroidania di TKW è davvero bella carica di ingredienti, e in questi casi spesso gli scenari sono due: troveremo il noto e deludente mappazzone o una nuova golosa ricetta?
Pad alla mano spicca sicuramente un ritmato Combat System, dove a fare da perno troviamo il volo e lo sparo. Grazie alle meccaniche twin stick e una sensibilità ben calibrata, abbiamo il pieno controllo dei movimenti di Rayne: con l’analogico sinistro controlleremo la direzione del volo, mentre con il destro la direzione del nostro sparo. Dinamica che aiuterà parecchio ad evitare i colpi avversari, con schivate e strategici posizionamenti, senza dover rinunciare di trucidare a suon di spari i nostri nemici.
C’è anche una funzione di mira automatica, attivabile semplicemente continuando a sparare senza direzionare i colpi con l’analogico destro. Faremo meno danni, è vero, ma è un’opzione piuttosto comoda per concentrarci unicamente sugli spostamenti durante gli scontri più critici. Per sopravvivere in TKW bisogna muoversi costantemente, soprattutto nelle pericolose fasi bullet hell dove, come da tradizione, la mappa sarà tempestata di colpi avversari.
Ad approfondire il sistema di combattimento troviamo gli incantesimi, utilissimi per eseguire potentissimi attacchi ad area o potenziare il nostro sparo, davvero indispensabili per sopravvivere alle battaglie più concitate. Queste abilità sono strettamente legate ad un’altra peculiarità del gioco: le carte e le meccaniche deck building. Negli shoot’em up con meccaniche twin stick non è insolito ritrovarsi a scegliere semplicemente un tipo di sparo e un potere speciale, ancorati fino alla fine agli stessi tasti. In TKW, invece, i tre tasti adibiti all’attivazione delle carte-incanto non sempre sprigionano lo stesso incantesimo.
Mi spiego meglio: ogni volta avremo a disposizione tre incantesimi legati ad uno dei tre tasti adibiti agli incanti. Quando utilizzeremo una di queste carte-incanto, al suo posto apparirà subito una nuova carta estratta dal mazzo precedentemente composto. Cambiando costantemente i poteri a nostra disposizione, l’imprevedibilità e la varietà di approccio aumentano sensibilmente, conferendo al titolo un tratto distintivo in grado di regalare scontri avvincenti. Grazie ad una discreta collezione, che può allargarsi fino a quaranta carte, avremo accesso a combo letali piuttosto galvanizzanti, sempre se non componiamo il mazzo con un approccio più difensivo.
Utilizzando le carte incantesimo possiamo evocare famigli, fasci di tuoni, gigantesche asce rotanti, grappoli di bombe, pugnali volanti, oppure possiamo semplicemente potenziare il nostro sparo, triplicandolo o trasformandolo in un lancia razzi, e tanto altro ancora.
Anche se il metroidvenia di Hyper Mega Super è ambientato sottoterra, non aspettatevi una mappa di gioco estesa e complessa come accade nel sotterraneo e splendido Hollow Knight. Sebbene siano presenti numerosi ostacoli e insidie, i livelli che compongono i territori non brillano di un design particolarmente ingegnoso o complesso e grazie al supporto della mappa sarà difficile provare spaesamento durante l’avventura.
Come nei più tradizionali metroidvania, non mancano stanze segrete o ostacoli che andranno superati con un opportuno backtracking, a patto di aver ottenuto nel frattempo la giusta abilità o strumento. Verremo sempre premiati quando raggiungiamo gli angoli più bui di Dungeonidas, con valute di gioco, preziosissime carte o le riviste di armature; quest’ultime ci permettono di migliorare l’offerta dei Necrofornai: i mercanti sparsi per i meandri fiabeschi di TKW. Il level design non è pigro o banale, semplicemente non riesce a brillare, vittima anche di mappe poco estese; gli ingredienti, alla fine dei conti ci sono tutti ed in linea di massima funzionano pure ma non riescono nel lasciare il segno nel cuore del giocatore.
Discorso diverso è da fare per le sezioni platform.
I metroidvania hanno sempre avuto un legame stretto con questo genere e TKW, nonostante una protagonista volante, non poteva fare eccezione; quelli che sono i tipici ostacoli del platform vengono rimodellati e trasferiti o lungo i bordi o nel bel mezzo della mappa, sotto forma di laser, spinosi cubi galleggianti e altre diavolerie. La presenza di ostacoli, quindi, finisce per chiudere al giocatore un tempo ed un controllo del movimento non da poco, perfettamente in linea con quanto succede nei platform; la differenza è da ritrovarsi giusto nel feeling piacevolmente diverso, perfettamente capace di incastrarsi con il genere di riferimento.
Le tipologie di nemici sono sufficientemente varie e abbastanza diversificate, e soprattutto ben impreziosite da una sapiente collocazione: ogni zona esplorabile ha un proprio roster di nemici, caratteristico e dal design accattivante, diversificando discretamente l’avventura anche riciclando qualche creatura. Le boss fight risultano essere altalenanti, soprattutto quando in campo entrano cattivoni che abbamo già visto durante il corso dell’avventura.
Fortunatamente sopravvivere ad una boss fight rimane comunque un compito divertente, ma gran parte del merito va al frenetico Combat System: ancora più veloce e ritmato una volta sbloccato lo scatto, utilissimo per evitare i colpi nemici e superare ostacoli prima invalicabili.
La progressione non offre potenziamenti che stravolgono il gameplay, ma si rivela comunque uno degli aspetti più personali del titolo. Abbiamo detto che il potere delle Knight Witch è strettamente legato alla fama e all’amore del popolo, di conseguenza se vogliamo ottenere Link (ovvero esperienza) dobbiamo soccorrere gli abitanti di Doungeonidas. Gli NPC che dobbiamo salvare saranno sparsi per i vari territori del gioco e sono sempre ingabbiati in prossimità di scontri o percorsi piuttosto pericolosi.
Ogni NPC ha un proprio character design e una volta liberati ci aspetteranno nella hub di gioco: un castello dove si sono trasferiti tutti i sopravvissuti sfuggiti ai golem. È una meccanica inizialmente piacevole, che rende tangibile ogni nostro salvataggio regalandoci diverse linee di dialogo ad ogni nuovo capitolo, ma tutto qui. Un elemento meramente accessorio, sicuramente funzionale ai fini dell’immersività, ma si percepisce la mancanza di un risvolto più ludico.
Un’altra occasione per aumentare il Link sono le conferenze stampa che avvengono a fine missione, particolare sezione di gioco in grado di regalare anche qualche stimolante riflessione. In queste fasi veniamo intervistati sugli ultimi avvenimenti della storia e, in base alle risposte che scegliamo, aumenta la nostra esperienza. Se riveliamo scomode verità rischiamo di spaventare il popolo e non ottenere la loro fiducia, traducendo il tutto in una misera manciata di Link. Se invece manteniamo l’intervista su toni leggeri e rassicuranti, l’esperienza guadagnata sarà parecchio generosa. Le scelte influiscono per lo più sulla nostra progressione e modificano qualche linea di dialogo, niente viene stravolto, ma riescono a regalarci più di un momento di godibile ruolaggio, in grado di avvicinarci a quella piacevole vena RPG tipica della scuola metroidvania.
Passando al lato più tecnico devo cominciare un discorso che avrei tanto voluto non dover fare. Ricordate il male inespugnabile che minaccia il mondo meraviglioso di cui parlavamo? In TKW ha un nome: si chiama frame rate.
Durante i combattimenti i problemi di stabilità sono tantissimi e portano spesso a ingombranti cali di frame, in grado di generare persino dei freeze molto frustranti. In un gioco dove mira, movimento e tempismo sono alla base del Combat System, è un difetto molto difficile da digerire.
Problema che si palesa con insistenza soprattutto nelle fasi in cui guidiamo il mini-sottomarino, portandomi più di una volta al game over e confermando la maledizione che attanaglia questi(maledettissimi) livelli sott’acqua dai tempi di Super Mario.
AGGIORNAMENTO 28/11/2022: A causa di alcuni problemi con il porting le versioni Playstation, Xbox e Windows 10 di The Knight Witch sono state rinviate al 2 Dicembre, ed è dunque prevista una patch imminente. In base all’efficacia nel risolvere i problemi di frame rate, nel corso delle prossime settimane il voto potrebbe cambiare.
Una svista che aiuta a coltivare il “rancore” è legata alla colorazione dei colpi avversari: verde, proprio come i frammenti di energia, la valuta di gioco rilasciata dai mostri che uccideremo durante le caotiche battaglie: spesso sarà difficile capire se quella lucetta verde che ci insegue vuole ammazzarci o renderci più ricchi. Inoltre, in TKW non sarà affatto difficile riempire le tasche di Rayne.
Grazie ai frammenti possiamo comprare armature temporanee, duplicare le nostre carte e rimediare al malcontento popolare viziando gli abitanti di Doungeonidas, ma sono tutte spese facilmente affrontabili una volta superato il midpoint del gioco. Senza considerare che non veniamo puniti in alcun modo dopo il game over: non si perde esperienza e nessuna valuta di gioco, ripartiamo semplicemente dall’ultimo checkpoint, un fattore che tende ad abbassare considerevolmente la difficoltà e la tensione del giocatore.
Un altro problema che va a minare l’efficacia di un avvincente Combat System è lo sbilanciamento che porteranno inevitabilmente alcune carte-incanto. Una volta scoperte le carte più forti del gioco gli scontri diventano fin troppo spensierati, soprattutto nelle fasi finali, permettendoci di sconfiggere con poche raffiche la maggior parte dei nemici più impegnativi del titolo.
Altri punti non esattamente a fuoco li troviamo anche nello storytelling, che troppo spesso scopre il fianco a intrecci artificiosi e situazioni ripetitive. Una delle tematiche più importanti affrontate nel cartoonesco metroidvania, oltre un didascalico e ridondante messaggio ambientalista, riguarda le origini dei poteri delle Knight Witch. Lo star-system a cui vengono sottoposte le superstreghe sarà un punto importante dell’avventura, aspetto sicuramente affascinante, ma che non diventa mai il vero perno della trama e finisce per regalare giusto una manciata di stimolanti riflessioni e poco più.
Purtroppo anche la caratterizzazione dei personaggi è spesso abbozzata, a tratti stereotipata e bidimensionale, e la maggioranza dei dialoghi risulta parecchio didascalica. Tutti difetti che inevitabilmente affossano un’esperienza narrativa tutto sommato lineare e a tratti godibile, ma che non lascia fiorire le brillanti intuizioni nascoste dietro il concept del gioco. Fortunatamente per noi giocatori, il personaggio più riuscito è proprio la protagonista: la strega è dotata di una spiccata umanità, esaltata da un’efficace contrasto tra ironia scanzonata e tenere fragilità.
Nel complesso TKW riesce a divertire, e quando non viene stroncato da problemi tecnici riesce persino a dimostrare un enorme potenziale ludico. Come detto qualche paragrafo prima, a rendere sempre memorabile l’esperienza ci pensano i nostri sensi, continuamente meravigliati da sublimi scenari e musiche emozionanti, ma l’aspetto più encomiabile a mio parere risiede proprio nell’ingegnoso mix di generi: le meccaniche shoot’em up e twin stick sembrano nate per far parte del panorama metroidvania.
Molte delle mancanze citate non influiscono tanto nella riuscita del titolo, sono infatti diversi gli aspetti magnificamente curati da Hyper Mega Super, ma con un gameplay del genere il frame rate è un punto impossibile da ignorare. Considerando che non tutte le mappe palesano questi cali e che alcuni scontri hanno un frame rate molto più stabile, speriamo che il talentuosissimo team spagnolo riesca a mettere fine al problema con delle patch al più presto. D’altronde in TKW non mancano prove dell’ottima qualità a cui può arrivare il team spagnolo, e sarebbe davvero un peccato non sfruttare a dovere un Combat System così avvincente e adrenalinico: potenzialmente in grado di rinfrescare gli stilemi del tanto amato filone metroidvania. Se siete appassionati del genere potrà offrirvi qualcosa di nuovo, se non siete avvezzi potrebbe essere invece un’ottima occasione per cominciare questo viaggio fatto di ostacoli, quintali di mostri, segreti, forzieri, poteri e backtracking.
This post was published on 28 Novembre 2022 14:00
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