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Recensioni

Gungrave G.O.R.E. | Recensione (PC) | Un sequel che puzza di vecchio

Le ere videoludiche si susseguono veloci, più di quanto riusciamo a vedere, forse anche troppo velocemente. Le varie software house vengono messe costantemente sotto una pressione sempre crescente, soprattutto dal lato creativo e si ritrovano a dover dar vita a giochi sempre nuovi, sempre diversi, sempre divertenti.

L’inevitabile conseguenza di questa bulimia ludica è stata buttarsi nel ripescaggio dal passato, proponendo remastered, remake ed a volte sequel di titoli usciti per due o tre generazioni fa di console. Non è certo l’unica motivazione; riproporre titoli vecchi e superati, con meccaniche e grafiche all’avanguardia, può contribuire ad evitare l’oblio a titoli validi che le nuove generazioni potrebbero non conoscere.

Tuttavia questo è materiale per altri discorsi, oggi qui parliamo di un sequel in particolare.

La storia dietro al brand

‘Mmazza

Agli inizi del 2000 in Giappone, la tendenza della cultura popolare tra anime e manga, aveva preso la piega di raccontare storie in cui la morale non era mai bianca o nera. Si discuteva sulle scale di grigio e tante opere a cavallo dei due secoli contribuirono a questa dialettica, nonché alla creazione di un’estetica definita.

Tra i tanti titoli d’intrattenimento giapponese impelagati in questo discorso come ad esempio Neon Genesis Evangelion o Cowboy Bebop, si fece strada un titolo molto particolare che con Cowboy Bebop condivideva stralci di ambientazione a metà tra il western e la fantascienza: Trigun.

L’opera di Yasuhiro Nightow, trasposta sia come anime che come manga, ebbe grande fortuna in terra nipponica, puntando su un’estetica volutamente esagerata tra pistole giganti e… croci portate a spalla. Nightow divenne uno dei grandi nomi del fumetto di genere e, agli inizi del 2000 ricevette l’incarico, coadiuvato da Kosuke Fujishima, dallo studio giapponese Red Entertainment, di realizzare il character design dei personaggi di una nuova IP videoludica.

Gungrave esce nel 2002 e la critica si spacca tra chi lo definisce eccessivamente breve, con una scarsa rigiocabilità e tra chi ne apprezza l’estetica grazie alla sapiente mano del maestro Nightow. Queste considerazioni gli faranno totalizzare un punteggio di 65/100 su metacritic. Tanto basta per produrre il secondo gioco della saga e, quasi in contemporanea, un anime ispirato al videogioco.

Gungrave: Overdose debutta nel 2004 e nonostante il voto su metacritic non si distanzi troppo da quello del primo (68/100), il gioco viene considerato un buon sequel che migliorava gli aspetti più carenti del primo come longevità e gameplay, con una buon bilanciamento della difficoltà e l’aggiunta di due personaggi giocabili oltre al protagonista Grave.

Bisogna poi aspettare il 2017 per riaprire il capitolo Gungrave.
Le software house sud coreane Iggymob e Blueside, sotto la supervisione di Red Entertainment tirano fuori Gungrave VR, titolo dimenticabilissimo ma utile come prologo diretto a ciò di cui parliamo oggi: Gungrave G.O.R.E. (Gunslinger of REsurrection).

Iniziamo facendo un’ideale divisione tra il Gungrave trattato come sequel e il Gungrave inteso come gioco a sè stante.

Il Gungrave sequel

Una testa di Cerberus

Come sequel, Gungrave G.O.R.E. non stupisce. Se il secondo capitolo della saga aveva rappresentato un passo avanti nel brand, riuscendo a dare una profondità diversa a personaggi e narrazione, G.O.R.E. non riesce ad aggiungere nulla che lo faccia percepire come il vero sequel del titolo del 2004.

Uno dei problemi di Gungrave come brand è l’essere estremamente legato come estetica e narrazione ad un periodo storico molto specifico. La collocazione spazio-temporale dei primi due capitoli, poteva contare sulla spinta dell’onda positiva che opere come lo stesso Trigun avevano contribuito a costruire. A ciò si aggiunge la scarsa popolarità che il brand ebbe al d fuori del Giappone.

Nonostante non sia infatti scontato che un gioco asiatico di quel periodo arrivasse in occidente, senza essere quello che oggi definiremmo un tripla A, Gungrave non è mai riuscito nell’impresa di costruire una nicchia di veri appassionati al brand. In parte a causa di un gameplay divertente ma che annoiava facilmente, in parte a causa di una narrazione carente.

Cercare quindi di riportare un brand così vecchio non solo anagraficamente ma anche concettualmente, in un mondo di videogiocatori più consapevoli delle potenzialità del medium videogioco, è quanto meno rischioso. Se poi ci mettiamo che Gungrave G.O.R.E. non presenta alcuna novità di gameplay, dando il feeling da sparatutto arcade da cabinato, direi che non si capisce veramente dove questo sequel volesse andare a parare.

Il Gungrave gioco: narrazione interna ed esterna

Cammy di Street Figh–ah no

Arriviamo quindi finalmente a parlare di Gungrave G.O.R.E. per quello che abbiamo potuto giocare ed analizzare.

Il primo punto da analizzare è la narrazione, la storia e il modo in cui questa viene messa in scena. Non è certo questo il punto su cui Gungrave vuole puntare in maniera prioritaria, e diciamo che si vede senza troppo bisogno di spaccare il capello in quattro. L’assetto narrativo di Gungrave G.O.R.E. si presenta con parecchie carenze sotto più livelli.

Vengono dati per scontati gli avvenimenti dei due prequel, creando molto spesso disorientamento nel giocatore che si troverà a sentire nomi di persone, luoghi o eventi di cui non conoscerà alcun background. Per venire incontro a chi non ha mai giocato i due giochi precedenti, il titolo propone dei riassunti parecchio veloci e densi d’informazioni, con una voce dedicata nel menù. Non sarà nulla di diverso da un powerpoint i cui sottotitoli risultano anche ostici da leggere.

Il dare per scontato, a livello concettuale, non è necessariamente sbagliato. Anzi, può essere utile a non appesantire l’esperienza. Questo discorso però può funzionare solo e soltanto se si ha un certo grado di certezza che la maggior parte dei giocatori a cui il titolo si propone abbia giocato i vecchi titoli e, vista l’analisi fatta sopra, ci permettiamo di dubitare di ciò.

Le generazioni di giocatori sono cambiate, chi era adolescente nel 2004 è ormai trentenne, magari con passioni diverse o con voglia di sentire storie diverse. E pare che non ci sia alcuna attenzione a questo aspetto, cosa che potrebbe dare l’impressione di una software house disattenta a tutto ciò che è marketing e proposta videoludica. Dobbiamo sempre ricordare che i videogiochi sono anche mercato.

L’unica altra riproposizione del brand, come già scritto qualche paragrafo fa, è un titolo in realtà virtuale del 2017, Gungrave VR appunto. Ed ancora, sembra esserci disattenzione al mondo in cui il titolo dovrà muoversi, perché cercare di riportare in auge un brand nato vent’anni prima su una piattaforma di gioco che, ad oggi, è appannaggio di pochi, non sembra la più oculata delle operazioni.

A sto punto leggevo un libro…

‘O Dimo

La storia in realtà è anche interessante visto che si tirano in ballo traffici illegali, droghe distribuite solo per devastare la popolazione cercando di creare dei zombi a tutti gli effetti, nemici volutamente esagerati, un sogno per gli occhi di chi ama i racconti in salsa cyberpunk con una spruzzata di mitologia un tanto al kilo. Vi è una forte critica ad un certo tipo di società, il tutto condito da cinematic realizzate perlopiù bene. Ci muoveremo nelle Scumland, quartieri malfamati gestiti da mafiosi e killer a sangue freddo.

La messa in scena lascia però parecchio a desiderare. Gli unici elementi che raccontano la storia in maniera coerente sono infatti delle righe di testo che è possibile leggere nei caricamenti tra un livello e l’altro. Ciò in che Boris viene definito ‘O Dimo, qui diventa un ‘O Scrivemo.

Vengono infatti descritti fatti che potrebbero permettere al giocatore di identificare la sua posizione nella storia, i motivi che ci spingono, le situazioni di ognuno dei personaggi che attorniano Grave. Non nascondo che nei primi capitoli, quando pensavo che quelle didascalie fossero i classici consigli di gameplay che ogni gioco inserisce nei caricamenti, li skippavo senza prestarvi troppa attenzione.

Solo dopo un po’ mi sono reso conto che, senza leggere, la trama sarebbe stata totalmente incomprensibile, svuotando il gioco di ogni mordente. Perché se è vero che un gioco come Gungrave G.O.R.E. punta soprattutto su un gameplay soddisfacente e mozzafiato, è anche vero che presentare situazioni che permettono al giocatore di empatizzare con la storia, sarebbe un passo necessario per dare profondità e peso alle situazioni che viviamo nei panni di Grave.

C’è tanta, troppa inconsistenza, più di quel che si potrebbe sospettare.

Pad alla mano

Che soddisfazione

Se parliamo di gameplay, la situazione cambia drasticamente. Gungrave G.O.R.E. propone un sistema di shooting con mira automatica, in cui la nostra unica preoccupazione sarà disintegrare i nemici nel minor tempo possibile. Come ogni titolo arcade che si rispetti, alla fine di ogni livello avremo un riassunto delle nostre prestazioni durante il livello, con tanto di voto.

Lo shooting è effettivamente la parte migliore del gioco poiché riesce a restituire il giusto feeling nelle mani del giocatore. Le nostre armi principali saranno due pistole, le Cerberus, chiamate così perché rappresentano due delle tre teste del cane infernale Cerbero; se siete curiosi riguardo la posizione della terza testa, beh, vi consigliamo di giocare Gungrave Overdose.

Oltre alle doppie pistole avremo una bara che porteremo dietro la schiena e che assurgerà a due funzioni: se la usiamo mentre siamo in movimento, avrà finalità offensive, diventando la nostra unica arma meelee in grado di rompere gli scudi nemici o, semplicemente, di dilaniare la feccia delle Scumland.

Se usiamo la bara mentre siamo completamente immobili, questa ci permetterà di effettuare una spazzata che realizzerà una deflessione di alcuni tipi d’attacchi come ad esempio i missili. Questa scelta non è sicuramente brillante poiché rischia di esporre il giocatore a colpi collaterali nel caso in cui decidesse di attendere l’arrivo dei razzi per rispedirli al mittente. Si tratta di un parry molto sommario, dove non servirà particolare tempismo e che non darà la stessa soddisfazione che potrebbe dare un bel colpo demolizione.

E parliamo dei colpi demolizione. Sono colpi speciali attivabili una volta riempita una barra d’energia a forza di proiettili in faccia ai nemici. Sono sicuramente una delle cose più divertenti del gioco a livello visivo. Ci permettono di lanciare un mega razzo che esplode a contatto coi nemici, di trasformare la bara in una mitragliatrice automatica, di lanciare sei razzi a ricerca o semplicemente di schiantare la bara al suolo e sterminare gli avversari con l’onda d’urto generata. E tanta altra roba ovviamente.

Vi è poi la possibilità di usare un rampino sui nemici storditi per finirli con un’esecuzione o, nel caso in cui non siano storditi, potranno fungere da scudo dai colpi nemici.

Tutto ciò che riguarda l’uccidere i nemici con metodi che non siano le semplici pistolettate, ci farà guadagnare punti artistici. Più il moltiplicatore di punti artistici salirà, più alta sarà la ricompensa alla fine del livello. Perciò siate creativi e sarete ricompensati.

Le abilità da implementare non sono troppe ma permettono quel tanto che basta di varietà d’approccio poiché vanno ad agire soprattutto sui colpi meelee che utilizzano la bara e sui colpi demolizione. Si possono poi implementare statistiche come punti vita, rigenerazione dello scudo ecc.

Sospensione dell’incredulità

Cerca il sanguesmunto

Gungrave G.O.R.E. punta ad essere un titolo divertente ed esagerato, a partire da un protagonista morto tornato in vita che ha bisogno, in teoria, di continue trasfusioni di sangue.

La caratteristica delle trasfusioni, viene presentata come un’urgenza che potrebbe colpire Grave da un momento all’altro, lasciandolo in fin di vita. Eppure, il gioco sembra dimenticarsene. Mai sentiremo l’ansia di non farcela, di aver bisogno di una trasfusione magari dopo una sfida particolarmente sfiancante.

Ricordiamo ancora che il gioco non punta in via prioritaria a restituire una storia realistica o attenta a tutti i dettagli, ma rimane un peccato non vedere sfruttate tutti gli spunti che la narrativa del mondo di Gungrave G.O.R.E. offre.

Se Gungrave fosse un racconto privo di gameplay, non avrebbe nulla da invidiare ad un Ghost In The Shell o ad un Akira in quanto a costruzione di un mondo cyberpunk, distorto da droghe e criminalità. Il modo in cui presentano la SEED (droga del gioco) e tutte il giro losco di raffinerie e smercio, genera istintivamente interesse in chi quei mondi narrativi li conosce e ne è appassionato.

Ma traspare solo grande superficialità sia nella situazioni che nei personaggi che non riescono a farti percepire, su schermo, ciò che le parole dei caricamenti ti comunicano. Il realismo di un’opera non passa da quanto questa sia simile alla nostra realtà, ma da quanto riesce a far credere di esserlo. E Gungrave purtroppo, in questo fallisce.

Grafica e art design

Da Boyz

Graficamente il gioco non si presenta decisamente come un gioco current gen e a malapena sta bene in old gen. Alcuni lo definirebbero uno stile vintage, ma se è vero che c’è un nome per ogni cosa, quello da attribuire allo stile di Gungrave G.O.R.E. è vecchio.

Vecchio nei design, vecchio nelle ambientazioni, vecchio nei particellari. Si respira tanta aria di gioco a cavallo tra la sesta e settima generazione di console. Nonostante nelle cinematic si arrivino a vedere palazzi incredibili, arzigogoli architettonici e spunti visivi ben collocati, durante le sessioni di gioco ciò che vedremo per la stragrande maggioranza del tempo saranno corridoi e scale di un asettico metallo grigio.

Vi saranno alcuni cambi di scenario che non daranno però nulla di nuovo all’occhio del giocatore, se non l’immediato stupore del trovarsi in una giungla o in una cava di roccia. Artisticamente l’unica figura che veramente spicca nel gioco è Grave che ora ritroviamo in una versione meno votata al gotico e più tendente al “cantante di band emo-punk del 2006”.

A ricordare i bei tempi andati dei giochi di una volta (si fa per ridere), vi saranno altri elementi che ci faranno seriamente interrogare sull’anno in cui ci troviamo. Ad esempio, le mappe saranno cosparse, disseminate, ricoperte di bauli e bidoni rossi. E cosa vuoi che significhi un bidone rosso se non “fuoco” una volta esploso? Ed infatti succede proprio questo.

Le esplosioni sono tante e fragorose, cercando di dare una sensazione soffocante al giocatore che si troverà a dover correre in mezzo alle fiamme tra una pioggia di proiettili e e degli Ogr Man che ci inseguono. Gli sprite delle esplosioni però, fanno sorridere da quanto siano totalmente inadatti ad un gioco uscito nel 2022.

Il feeling sarà quello dei vecchi film degli anni ’30 e ’40 del ‘900 che, per alcuni effetti visivi a basso budget, incollavano dei cartonati sulle pellicole. Non siamo riusciti a reperire informazioni univoche sul budget dedicato allo sviluppo del titolo, fatto sta che se non sapessimo che il brand ha una storia ventennale, G.O.R.E. darebbe l’impressione di indie di bassa lega. Almeno, per tutto ciò che è effetti visivi e art design.

Difficoltà

Brutte bestie!

Sarà possibile regolare tre diversi livelli di difficoltà, che permetteranno ad ogni giocatore di vivere l’esperienza che più gli aggrada senza privare totalmente il gioco della sfida. Anche a “facile” infatti, non dovremo sottovalutare determinati nemici e determinate orde, la morte sarà sempre dietro l’angolo e per quanto ci riguarda, questo è un grande merito.

Un bilanciamento tale della difficoltà permette a tutti di godere il gioco, senza far perdere il giusto mordente ai giocatori che vogliono solo arrivare alla fine. Chi cerca un alto grado di sfida poi, è più che accontentato. A “difficile” vi troverete orde quadruplicate, molti più nemici da abbattere in molto meno tempo rendendo essenziale il mettere a segno ogni colpo speciale.

I boss seguono più o meno lo stesso principio della difficoltà generale. Mentre però, nelle normali sessioni, la difficoltà crescente o calante si paleserà con più o meno nemici a schermo ed un leggero cambio nell’output di danno, coi boss si punterà per ovvie ragioni al solo aumento dell’output di danno.

In quanto a design delle battaglie, non vi saranno battaglie proibitive a nessuna difficoltà. ogni boss ha un suo moveset nemmeno troppo ampio, facile da decifrare. Una volta capiti i tempismi delle schivate, affrontare i boss sarà fin troppo semplice e sarà difficile trovare quella boss fight che ci resti nel cuore, se non per sporadici fattori estetici.

Il più grande nemico del gioco però sarà la gravità. Oltre a classiche sessioni di shooting, saranno presenti delle imbarazzanti sessioni di platforming che, un po’ per imprecisione dell’hitbox del salto, un po’ per esplosioni che ci sposteranno senza che ce l’aspettiamo, si riveleranno ostiche da superare. Giocando, le morti da caduta sono state la maggior parte.

Quindi Gungrave G.O.R.E. è un’operazione riuscita?

Che bello il fuoco eh?

La risposta semplice alla domanda “Gungrave G.O.R.E. è un’operazione riuscita” potrebbe essere un più che ignavo “ni”.

Diciamo che per un gioco che punta ad un gameplay caciarone, fatto di sangue e piombo, sono presenti tanti spunti e chiavi di lettura che riescono a tingere un po’ il mondo che circonda l’universo di Gungrave, sia in game che in fase di sviluppo.

Sicuramente resta il dubbio di quale sia il pubblico a cui questo gioco è rivolto. Sono presenti tanti elementi che strizzano l’occhio ai giocatori più navigati, dallo stile arcadish all’estetica anime inizio 2000. D’altra parte, il titolo fa ben poco per far entrare a dovere nella storia i nuovi giocatori o anche solo i più disattenti giocatori dei primi due titoli.

Proporre nel 2022 un gioco del genere, apre uno spettro di possibilità che lo colloca ora nella riuscita operazione nostalgia, ora in uno sviluppo pigro e inconsapevole del mondo entro cui dovrà muoversi.

Conclusioni

Gungrave G.O.R.E. offre ore di divertimento sapendo quando fermarsi. In certi frangenti ci si potrebbe sicuramente annoiare, pensando si star ripetendo dei pattern infinite volte senza veri e propri risvolti ma se si è alla ricerca di un titolo adrenalinico e frenetico senza troppe pretese, questo è il titolo giusto. Nonostante graficamente non sia per nulla a passo coi tempi, la risposta pad alla mano è molto positiva riuscendo a regalare belle sensazioni nel trucidare i propri avversari senza scrupoli.

This post was published on 22 Novembre 2022 11:00

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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