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Recensioni

Dragon Ball: The Breakers | Recensione (Ps4)| Nuovo (non) è bello

Era il 1984 quando il mangaka Akira Toriyama, già noto per la serializzazione del manga Dr.Slump, diede il via ad una delle più grandi avventure che la cultura pop abbia mai conosciuto. Sul numero 51 della rivista giapponese Shonen Jump inizia la serializzazione di Dragon Ball, l’opera che avrebbe cambiato il mondo dell’intrattenimento internazionale.

Il brand negli anni è cresciuto a dismisura, diventando un punto di riferimento transgenerazionale. Generazioni di genitori, figli e nipoti hanno almeno un ricordo legato al mondo di Dragon Ball, che si tratti della trasformazione di Goku in super saiyan o delle mani tese verso il cielo, per donare energia per la sfera Genkidama!

A livello videoludico, Dragon Ball ha sempre sofferto della mancanza di novità nel brand. A parte alcune rare eccezioni, i giochi di DB sono sempre stati dei picchiaduro o comunque, ciò che veniva messo al centro era il combattimento. A volte in maniera meno tecnica, come capitava con la saga di Budokai o Budokai Tenkaichi, altre volte in maniera più tecnica come il più recente FighterZ. L’equazione ha sempre visto il nome Dragon Ball legato alle pure e semplici mazzate.

Dunque, risulta perlomeno lodevole cercare di innovare un brand che rischiava di cadere nella totale stagnazione e giochi come Dragon Ball: The Breakers sono sicuramente ottimi arieti verso mondi nuovi. Ma sarà riuscito The Breakers a portare una ventata d’aria fresca nel mondo quarantennale di Dragon Ball?

“I magnifici otto”| i protagonisti

Freezer, ti preferisco dorato

Il titolo sviluppato da Dimps e distribuito da Bandai Namco, si presenta come un action online asimmetrico in cui potremo interpretare alternativamente i buoni o i cattivi della storia, per un totale di massimo otto giocatori. A causa degli eventi di Dragon Ball Xenoverse (che con The Breakers condivide l’universo narrativo), una frattura spazio-temporale ha creato dei passaggi che hanno riportato indietro nemici che tutti credevano sconfitti.

A contrapporsi ai semplici civili, saranno i cosiddetti razziatori che altri non sono se non i nemici che Goku ed i guerrieri Z affrontano nel corso di Dragon Ball Z: Freezer, Cell e Majin Bu. Lo scopo del gioco, per i civili sarà quello di scappare dall’area su cui i razziatori si aggirano. Quello dei razziatori sarà impedire la fuga dei civili.

Ciò che salta subito all’occhio è l’intento di creare qualcosa che nel brand non si è mai visto. Un gioco di Dragon Ball dove i protagonisti siamo noi e nessuno ci ruberà la scena, perché da noi dipende il futuro della storia. Risulta quindi gradevole assaporare l’idea e risulta spontaneo aspettarsi un lavoro che diverta ed intrattenga. Le premesse ci sono tutte.

“La trappola”| L’illusione della nostalgia

“Signora, si sbrighi che devo prelevare”

Il gioco, per come è strutturato, cerca di rivolgersi all’animo più bambinesco che risiede in noi, proponendoci un enorme nascondino a tema Dragon Ball, con esplosioni, combattimenti, gadget vari e opzioni che tentano di rendere il gameplay più vario possibile. Basterà però passare sul gioco qualche ora per rendersi conto di come la varietà di armamenti e successive soluzioni, sia parecchio limitata. Saranno presenti gadget per muoversi più velocemente o per creare diversivi evasivi quando ci si trova ad affrontare il razziatore.

La compagna che però più spesso troveremo ad assisterci dopo le prime fasi di gioco sarà una sola: la sincera noia.

Nonostante i tanti potenziamenti ottenibili già dalle prime fasi di gioco, ci si renderà subito conto di quanto i problemi di bilanciamento tra sopravvissuti e razziatore siano invalidanti per l’esperienza. Potremo prendere tempo ma, se malauguratamente dovessimo trovarci faccia a faccia col razziatore, da soli, saremmo spacciati. Sicuramente è lodevole che si voglia avvalorare il gioco di squadra ma per come funziona l’HUD di gioco, non sarà immediato né localizzare né comunicare coi propri compagni.

Inoltre, il gioco permette di adottare vari metodi per terminare una partita. Il razziatore può impedire la fuga distruggendo le macchine del tempo utili a volare via; il razziatore può uccidere tutti i sopravvissuti; i sopravvissuti possono attivare una macchina del tempo e scappare tutti insieme; ogni singolo sopravvissuto può fuggire da solo. Ancora, è lodevole che il ventaglio delle possibilità sia così ampio, poco viene fatto però per valorizzare il gioco di squadra, proposto come la base per una buona riuscita della sfida.

Il risultato non è certo entusiasmante. Tante le meccaniche che potrebbero rendere avvincente il gioco come l’evoluzione del villain, le trasformazioni dei sopravvissuti in Guerrieri Z, l’evocare Shenron per ottenere vantaggi. Nessuna però sembrerà in grado di regalarci un sincero divertimento e questo è forse ciò che delude maggiormente.

D’altronde, le prime delusioni arrivano già dalla creazione del personaggio. L’editor per creare il nostro sopravvissuto sarà infatti scarno e poco profondo. Non si giudica un gioco da un editor, ma come primo impatto non è sicuramente quanto di più appagante ci si possa aspettare.

“Il Killer”| Che bello essere razziatori

Ka-me-ha-me-haaaaaa

Il ruolo del razziatore è sicuramente quello che regala più emozioni. Ne vedremo le criticità nella sezione dedicata al gameplay pad alla mano. Per ora, concentriamoci sul concetto dietro al razziatore e a come viene sfruttato.

Interpretare il cattivo sarà la fase di gioco più divertente.
Saremo da soli, potremo contare su evoluzioni che ci renderanno più facile il compito di non lasciar fuggire nessun civile dalla zona, senza contare le nostre capacità incredibili da sfruttare come il volo o l’utilizzo di colpi energetici. Tutta questa combinazione di elementi ci aiuterà ad evitare l’attivazione delle macchine del tempo, anche se la meccanica regina che rende questo gameplay frizzantino è la possibilità di distruggere intere zone di mappa.

Questa meccanica è interessante sotto tanti punti di vista. Oltre alla possibilità di uccidere i giocatori più disattenti che si troveranno nel raggio dell’esplosione, verrà limitata la capacità di movimento dei sopravvissuti all’interno della mappa. Enormi crateri traboccanti di lava andranno a sostituire verdi praterie o decadenti cittadine.

Una meccanica del genere è inoltre, un ottimo collante tra i due sottogeneri entro cui vuole collocarsi The Breakers: il battle royale e il survival. La parte survival del “tutti contro uno o uno contro tutti” è decisamente ispirata al concept di videogiochi come come Dead By Daylight o Alien Isolation mentre l’aspetto più vicino al battle royale sarà legato al motore immobile che è il razziatore, capace di imperdire l’accesso ad intere zone di mappa. In questo modo si tenderà a stringere l’area d’azione, rendendo più claustrofobico per i sopravvissuti muoversi e scappare.

“Fine della tregua”| grosse lacune tecniche

Verso l’infinito…

Passando al lato tecnico, iniziano i primi veri problemi. Mentre quanto detto sopra potrebbe venir confutato da giocatori con sensibilità diverse, risulta invece innegabile definire Dragon Ball: The Breakers tecnicamente superato.

Graficamente presenta modelli poligonali inadatti a quello che è stato lo sviluppo delle tecnologie applicate al campo videoludico. I movimenti risulteranno parecchio legnosi e le azioni macchinose da eseguire. Meccaniche come il salto o la possibilità di scalare muri a mani nude non riescono mai a dare al giocatore la sensazione di avere dei mezzi in più per godere del mondo di gioco; tuttalpiù, sono resi difficili da sfruttare con efficacia ed impegnativi da padroneggiare.

Frustrante sarà la quasi totale mancanza di musica e l’inettitudine nella costruzione del suono ambientale che renderà impossibile leggere l’ambiente attorno a noi. Il cattivo sfruttamento del sonoro nel gioco, trova una prima estrinsecazione in una delle meccaniche presenti per il razziatore:sarà possibile per lui infatti scovare NPC, civili rifugiati, ed ucciderli per aumentare il proprio potere I sopravvissuti potranno aiutare questi civili e farli scappare. Non ci sarebbe nulla da ravvisare se non fosse che l’audio posizionale, unica grande guida alla localizzazione dei civili (oltre ad alcuni gadget reperibili in gioco), non sarà mai chiaro.

Ciò che però ci ha fatto più male, in tutte le ore che abbiamo speso sul titolo è la gestione della telecamera. Questa infatti non sarà ancorata al giocatore ma avrà vita propria, rendendola quindi difficile da utilizzare in maniera intelligente per scrutare magari una parte consistente di mappa, sia che giochiamo come sopravvissuti che come razziatori. La telecamera tenderà a scivolare via portando come risultato una visuale con un personaggio perennemente decentrato e perennemente ai lati dello schermo.

Suono claudicante, telecamera inappropriata, movimenti legnosi ed ipersensibili, meccaniche inapplicabili a causa di tutti questi problemi. Tecnicamente, Dragon Ball: The Breakers fa acqua da tutte le parti.

“L’ultima speranza”| trasformazione in guerrieri Z

Me and the boys

Come spesso accade nel mondo di Dragon Ball, l’ultima speranza per la terra è rappresentata da Goku e dai suoi compagni, che con forza e cuore saranno in grado di salvare anche la situazione più disperata.

Ironicamente, la stessa linea di pensiero ricalca perfettamente ciò che vivremo in Dragon Ball: The Breakers. Per contrastare il villain di turno, capace di evolversi sia in forma che in potenza, disporremo della capacità di assumere la forma di uno dei Guerrieri Z.

A seconda di quanta energia riusciamo a raccogliere, potremo assumere le sembianze di combattenti sempre più potenti e performanti. Da Crilin a Piccolo, da Vegeta a Goku. E dietro quella che potrebbe sembrare una meccanica interessante quanto meno per i fan desiderosi di vedere i propri eroi all’opera, si nascondono valanghe di problemi.

Primo fra tutti è il combat system. Perché se è vero che The Breakers non è un picchiaduro, è impossibile immaginare il mondo di Dragon Ball senza mazzate e sfere d’energia che volano per la mappa. Il combattimento sarà tra le cose peggiori del gioco, con un movimento in volo impreciso quanto le nostre abilità.

Ogni battaglia sarà caotica ed ogni tentativo di fuga, maldestro.
I colpi sferrati agli avversari avranno un certo senso di inconsistenza e saranno incapaci di dare un feeling degno al giocatore; buona fortuna se volete attaccare l’avversario con le onde di energia, davvero difficili da direzionare correttamente a causa dell’uso della telecamera.

Nonostante il combattimento non sia il cuore pulsante del gioco ma solo una meccanica accessoria, notare quanto ne sia stata tralasciata la cura risulta fastidioso. La trasformazione simultanea di più giocatori potrebbe permettere di affrontare e magari sconfiggere il razziatore, ma il gioco resta altamente sbilanciato in favore di quest’ultimo.

E come quando in Dragon Ball Z, Trunks riferisce del suo futuro in cui i Guerrieri Z hanno fallito, così in Dragon Ball: The Breakers ci troveremo a vivere quella distopia, in cui gli eroi che abbiamo imparato a conoscere non riescono a salvare ciò per cui lottano.

“Fuga dallo spazio gioco”| Mappe e level design

Il contro del mondo

I gadget forniti ai sopravvissuti raramente permetteranno manovre evasive efficaci, diventando utili alla semplice esplorazione delle mappe. E parlando di mappe, viene fuori una ripetitività tediosa visto che vi saranno solo tre mappe giocabili, abbastanza piccole e tutte molto simili nel level design. Includere mappe con differenze d’approccio avrebbe sicuramente aiutato nella diversificazione di un gioco che osa più nelle idee che nella loro realizzazione.

Saranno presenti grotte e cunicoli in cui potremo trovare casse di potenziamenti, sfere del drago, chiavi necessarie a richiamare le macchine del tempo o sopravvissuti che potremo alternativamente salvare o uccidere, a seconda del nostro ruolo. Ma a livello esplorativo, il gioco offre ben poco.

Nonostante molte abilità potrebbero far sperare in meccaniche di movimento emozionanti, la realtà sarà parecchio più deludente. Tra i problemi di camera e i comandi non troppo ricettivi, l’esplorazione sarà lenta e ben poco emozionante.

Non divertirà l’idea d’imparare a memoria una mappa perché non sempre la varietà di modi d’approcciarla corrisponderà all’efficacia di questi. Ancora, la noia verrà a farci visita dopo poche ore di movimento in mappe scarne, piccole ed inconsistenti. Ed associare così tanto la noia ad un brand che intrattiene da quarant’anni circa, è quantomeno ironico.

“Arrivederci Goku”| Conclusioni

L’aspetto peggiore del gioco è sicuramente il lato tecnico e la gestione della telecamera. Inoltre, inserire meccaniche come il combattimento corpo a corpo ed implemetarle così maldestramente non lascia nei giocatori la soddisfazione di una scazzottata virtuale.

Si nota la volontà degli sviluppatori di creare qualcosa di diverso, che potesse intrattenere offrendo una boccata d’aria nel grandioso universo di Akira Toryiama e ci auguriamo con tutto il cuore che riescano ad imparare dagli errori. Al momento in cui scriviamo, il gioco risulta insufficiente sotto tanti aspetti. Un buon giochino per passare un’oretta con amici, ma abbiamo paura che in un mondo di free-to-play con proposte simili, Dragon Ball: The Breakers non riuscirà facilmente a trovare il suo posto.

This post was published on 28 Ottobre 2022 18:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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